La vicepresidente democratica lascerà il prossimo 20 gennaio la Casa Bianca
Digerita la sconfitta, cosa farà ora Kamala Harris? Amici ed alleati dicono che è ancora troppo presto perché possa pensare a cosa farà una volta che la vice presidente avrà lasciato, insieme a Joe Biden, la Casa Bianca per passarla, il prossimo 20 gennaio, a Donald Trump e a JD Vance. Ma, scrive oggi il New York Times, già circolano diverse ipotesi per il futuro della 60enne democratica che si è visto negare il sogno di diventare la prima presidente donna d'America.
La prima delle possibilità, in effetti la più ardua e difficile da realizzarsi, è quella di aspettare e tentare di nuovo la corsa per la Casa Bianca. I democratici nei passati cicli elettorali non sono stati molti inclini a dare una seconda chance ai loro candidati sconfitti. Non lo hanno fatto con Hillary Clinton - che va ricordato prima della sconfitta del 2016, aveva incassato quella nelle primarie nel 2008 - né con John Kerry, che è tornato al Senato e poi è diventato segretario di Stato, e neanche con Al Gore, che perse la Casa Bianca di fatto solo per la decisione della Corte Suprema in favore di George Bush.
La seconda possibilità è che si candidi a un altro incarico, ma anche questo è improbabile, dal momento che la California, che lei rappresentava al Senato prima di diventare vice presidente, ha senatori che hanno appena iniziato i loro mandati. Potrebbe candidarsi alle elezioni per il governatore nel 2026, quando Gavin Newsom non potrà più ricandidarsi. Avrebbe un illustre precedente: Richard Nixon, dopo la sconfitta ad opera di Jfk nel 1960, si candidò governatore della California ma fu sconfitto di nuovo. Sei anni dopo, vinse poi finalmente la Casa Bianca, anche se le cose, come è noto, non gli andarono benissimo.
La terza opzione sarebbe quella di un incarico nel settore privato, in uno studio legale o una società di lobbying a Washington o in California. Con una scelta del genere, Harris seguirebbe l'esempio di tanti altri ex esponenti politici, che dopo una sconfitta elettorale o arrivato il momento della pensione, hanno scelto di monetizzare gli anni e i contatti di Washington. Ma molto probabilmente Harris, se vuole tenersi aperta la possibilità di una nuova candidatura presidenziale, si terrà lontano da incarichi lucrosi come lobbista o avvocato.
La quarta opzione sarebbe quella di entrare in un think tank progressista come il Center for American Progress che, durante le amministrazioni repubblicane, diventano il laboratorio per sviluppare idee, programmi e candidati per tornare a vincere. Ma un incarico in un'istituzione già esistente potrebbe essere una mossa troppo piccolo per qualcuno che è stata a un passo dallo Studio Ovale.
Mentre crearne uno proprio sarebbe un compito troppo difficile e costoso, che richiederebbe il sostegno di finanziatori dem, forse riluttanti e delusi per la debacle elettorale. Potrebbe però scegliere di mettersi alla guida di un movimento per "continuare a lottare", come ha detto nel discorso in cui ha ammesso la sconfitta, trovando una particolare tematica su cui concentrarsi.
Un'altra possibilità, anche questa classica per i politici sconfitti, è quella di scrivere un libro sugli anni alla Casa Bianca e sulla campagna elettorale. Come fece Clinton che rimase concentrata sulla traumatica sconfitta in 'What Happened', Cosa è successo, il titolo del libro, e Al Gore che invece comprese che la sfida del clima e dell'ambiente sarebbe stata quella del nuovo millennio producendo il film 'An Inconvenient Truth', con cui vinse l'Oscar nel 2007. Per il suo impegno ambientalista lo stesso anno l'ex vice presidente vinse anche il Nobel per l pace.
Infine, tra il serio e il faceto, il Times conclude che Harris potrebbe "dedicarsi a se stessa", citando la stessa vice presidente che, prima della sconfitta, diceva di aspettare la fine della campagna per riprendere a mangiare bene. "Voglio riprendere qualche chilo, mi stanno riducendo pelle e ossa" aveva scherzato durante una tappa della campagna in Pennsylvania.
Il Times ricorda infine come la Clinton si prese una lunga pausa dopo lo shock dell'inaspettata sconfitta elettorale e una delle sue prima immagini pubbliche fu postata da una donna che l'aveva incontrata su un sentiero di trekking nei pressi della sua casa di Chappaqua.
Esteri
Gb, si dimette l’arcivescovo di Canterbury dopo...
Abusi su oltre 100 ragazzi sono stati tenuti nascosti all'interno della Chiesa d'Inghilterra per decenni
L'arcivescovo di Canterbury ha annunciato le sue dimissioni in seguito alle critiche per la sua gestione del caso di pedofilia collegato alla Chiesa d'Inghilterra. Justin Welby ha dovuto affrontare crescenti pressioni dopo che la scorsa settimana è emerso che non aveva dato seguito in modo sufficientemente rigoroso alle segnalazioni degli abusi commessi da John Smyth su oltre 100 ragazzi e giovani uomini.
"E' molto chiaro che devo assumermi la responsabilità personale e istituzionale per il lungo e traumatico periodo compreso tra il 2013 e il 2024", ha detto Welby.
John Smyth - l'uomo accusato di aver commesso abusi su oltre 100 ragazzi - era un avvocato britannico che aggredì i ragazzi che incontrava nei campi estivi cristiani negli anni Settanta e Ottanta. Era un membro anziano dell'ente di beneficenza cristiano Iwerne Trust e si ritiene che sia il più prolifico abusatore seriale associato alla Chiesa d'Inghilterra, secondo una revisione indipendente commissionata un anno dopo la sua morte nel 2018.
Secondo un rapporto pubblicato giovedì, gli abusi commessi da Smyth su oltre 100 bambini e ragazzi sono stati tenuti nascosti all'interno della Chiesa d'Inghilterra per decenni. Si dice che abbia sottoposto le sue vittime ad attacchi traumatici fisici, sessuali, psicologici e spirituali. Nel 1982 l'Iwerne Trust condusse una propria indagine, dalla quale emerse che Smyth portava gli alunni a casa sua, vicino a Winchester, e li frustava con una canna da giardino nel suo capanno.
Secondo quanto riferito, otto dei ragazzi hanno ricevuto un totale di 14.000 frustate, mentre altri due hanno ricevuto complessivamente 8.000 colpi nell'arco di tre anni. L'ente di beneficenza ha definito la pratica "orribile", ma le denunce non sono state segnalate alla polizia fino al 2013, più di 30 anni dopo i fatti.
Esteri
Germania verso le elezioni anticipate, le tappe fino al...
Accordo tra Spd e Cdu/Csu sulla data. Il 16 dicembre Scholz affronta un voto di fiducia
Germania verso le elezioni anticipate dopo la crisi del governo guidato dal Cancelliere Olaf Scholz. I capogruppi parlamentari di Spd e Cdu/Csu hanno concordato la data del 23 febbraio per il voto anticipato. Il Cancelliere dovrà affrontare il voto di fiducia al Bundestag il 16 dicembre. Il capo del governo, la cui coalizione è implosa una settimana fa, "porrà la questione di fiducia per iscritto l'11 dicembre", e i deputati voteranno lunedì 16 dicembre, hanno dichiarato Rolf Mützenich, leader del gruppo parlamentare Spd, e il leader dei conservatori Cdu/Csu, Friedrich Merz, in due conferenze stampa separate. La decisione finale sulla data delle elezioni spetta al Presidente federale Frank-Walter Steinmeier.
Dopo l'annuncio di un'intesa tra i leader dei partiti tedeschi sulla data del 23 febbraio per il voto anticipato, spetta ora a Scholz avviare l'intero processo che si concluderà con le elezioni.
La Germania verso il voto, le tappe
- l'11 dicembre Scholz porrà la questione di fiducia al Bundestag, prevedendo il mancato superamento del voto, in assenza di una maggioranza che appoggia il suo governo. Il voto del Bundestag è possibile al più presto 48 ore dopo. La Camera deciderà sulla mozione di Scholz il 16 dicembre.
- Il Cancelliere propone lo scioglimento del Bundestag al Presidente Frank-Walter Steinmeier ai sensi dell'articolo 68 della Costituzione tedesca.
- Steinmeier ha 21 giorni per sciogliere il Bundestag. La Costituzione non lo obbliga a farlo.
- Se il Presidente scioglie il Bundestag, contemporaneamente fissa la data delle elezioni, entro 60 giorni, in base all'articolo 39 della Costituzione.
- Di norma, il Presidente segue la raccomandazione del governo per la data delle elezioni.
- Le elezioni sono in programma per il 23 febbraio, tra meno di tre mesi e mezzo. Le elezioni federali si svolgono sempre di domenica.
Esteri
Effetto Trump, in Usa corsa all’acquisto di pillole...
Il timore è che il presidente possa firmare un decreto che ne limiti la vendita
Dopo la vittoria elettorale di Donald Trump, si sta registrando negli Stati Uniti un'impennata delle vendite della pillola abortiva. Le donne americane temono infatti che dopo l'insediamento alla Casa Bianca il 20 gennaio, il presidente possa firmare un decreto che ne limiti la vendita, annullando le misure di senso opposto adottate da Joe Biden per difendere il diritto d'aborto sotto attacco in decine di Stati a guida repubblicana.
Aid Access, una delle principali fornitrici di pillole abortive, ha reso noto di aver ricevuto 10mila richieste del farmaco nelle 24 ore successive alla vittoria di Trump, all'alba di mercoledì scorso, un numero circa 17 volte maggiore alle 600 richieste giornaliere che riceve in media. Mentre Just the Pill, una nonprofit che prescrive la pillola abortiva con visite in telemedicina, ha detto che delle 125 richieste ricevute tra mercoledì e venerdì, 22 venivano da donne non in stato di gravidanza e che volevano fare "una scorta".
Mentre Plan C, che fornisce informazioni sull'accesso alla pillola abortiva, mercoledì ha ricevuto 82mila visite sul suo sito mercoledì scorso, contro una media giornaliera di 4-5mila. "La gente capisce che la minaccia è molto concreta e che la minaccia ai diritto all'aborto da parte dell'amministrazione Trump è terribile", spiega Brittany Fonteno, presidente della National Abortion Federation, sottolineando che c'è "grande, comprensibile preoccupazione riguardo alla possibilità di ricevere l'assitenza necessaria".
La posizione di Trump sull'aborto
Trump ha assunto una posizione ondivaga sull'aborto da una parte definendosi il "presidente più pro life della storia", rivendicando il fatto di aver nominato lui i tre giudici che hanno dato i voti decisivi della Corte Suprema per abolire il diritto costituzionale all'aborto - ma dall'altra dicendo che porrà il veto ad una legge federale che limiti o vieti del tutto, sul modello di quelle passate da decine di stati a guida repubblicana dopo la sentenza della Corte, l'interruzione di gravidanza.
Bisogna anche considerare che gruppi antiabortisti, che fanno riferimento spesso alla destra cristiana che è un importante blocco elettorale di Trump, hanno avviato cause per limitare l'accesso al mifepristone, uno dei due farmaci usati come pillola abortiva, sostenendo che è poco sicuro e che la Fda non avrebbe dovuto approvarlo, usando tesi smentite dalla comunità scientifica.
Va comunque ricordato che la Corte Suprema a maggioranza conservatrice lo scorso giugno all'unanimità ha respinto la richiesta di vietare l'acquisto online e la ricezione per posta del mifepristone. Ma lo hanno fatto solo per una questione formale, aprendo quindi alla possibilità che la questione rivenga presentata in un'altra formula. E' stato Biden a firmare nel 2023 il decreto che permetta alle farmacie di vendere il mifepristone on line ed inviarlo via posta.