Convegno Eurama precision oncology, test molecolari solo in 40% cancro polmone
Il presidente Pruneri, ‘offrire in modo uniforme profilazione per identificare biomarcatori un bisogno ancora insoddisfatto’
Oggi, in Italia, solo in circa il 40% dei pazienti con tumore del polmone viene eseguita la profilazione molecolare, che consente di stabilire il migliore trattamento personalizzato. Nel carcinoma della mammella, le percentuali sono addirittura inferiori. In questo contesto - spiega una nota - Eurama (Eurasia Mastology Association) Precision Oncology vuole superare gli ostacoli organizzativi che impediscono di garantire a tutti questi test, ponendosi come ‘cerniera’ tra le Istituzioni nazionali, gli stakeholder regionali e nazionali, le società scientifiche e l’Agenzia italiana del farmaco (Aifa), come è stato evidenziato oggi, a Milano, Al convegno ‘Società, ricerca e cura’.
“Vogliamo che sia offerta a tutti i pazienti oncologici la possibilità di identificare i biomarcatori, in maniera uniforme sul territorio, perché si tratta di un bisogno clinico ancora insoddisfatto non solo nel nostro Paese, ma a livello mondiale – afferma Giancarlo Pruneri, presidente di Eurama Precision Oncology e direttore del dipartimento di Patologia alla Fondazione Irccs Istituto nazionale dei tumori di Milano - È essenziale velocizzare la traslazione dei risultati della ricerca scientifica nella vita dei pazienti, a partire dalla profilazione molecolare del tumore in tutte le fasi, dalla diagnosi alla recidiva, per assicurare trattamenti personalizzati all’avanguardia a tutti. I farmaci personalizzati sono disponibili, ma il sistema oggi non è ancora in grado di individuare in tutti i pazienti i biomarcatori per quei farmaci in modo completo. Ogni paziente ha diritto alla profilazione molecolare completa del tumore. Eurama nacque nel 2012 per volere di Umberto Veronesi, con l’obiettivo di diffondere il sapere scientifico, soprattutto in senologia, ai Paesi dell’Europa e dell’Asia – ricorda Pruneri - Oggi dobbiamo rivolgere la nostra attenzione in particolare all’Italia, consapevoli delle difficoltà del nostro Servizio sanitario nazionale. Servono nuovi modelli. Ad esempio, in Regione Lombardia è stata data concreta attuazione al Decreto ministeriale che ha stanziato i fondi necessari ed è stata creata una piattaforma di laboratori che ha permesso, in un solo anno, di portare al 75% la percentuale di pazienti con carcinoma polmonare che hanno accesso ai test per tutti i biomarcatori utili. In questo modo, è possibile migliorare la distribuzione delle terapie e la qualità di vita dei pazienti”.
Un progetto di Eurama Precision Oncology riguarda la biopsia liquida nel tumore della mammella, per individuare alterazioni molecolari presenti nel 40% dei casi. “Attraverso un semplice prelievo di sangue – sottolinea - la biopsia liquida permette di isolare i frammenti di Dna circolante, tra cui anche quello tumorale. Questo tipo di test, pur essendo rimborsato dal Servizio sanitario, è ancora poco diffuso in Italia. Vi sono difficoltà nell’identificare le pazienti e testarle in tempi rapidi. Proprio sul Dna tumorale circolante, quindi sulla biopsia liquida, è possibile oggi applicare la tecnologia di sequenziamento di nuova generazione (Ngs)”.
A tale proposito, “Regione Lombardia - continua Pruneri - ha identificato i centri Hub che eseguono i test Ngs e le strutture territoriali da cui i centri Hub dovrebbero ricevere il materiale sui cui eseguire queste analisi. Ma deve essere implementato il processo di centralizzazione. Si tratta di un aspetto pratico per far arrivare il materiale da analizzare ai centri Hub. Eurama Precision Oncology vuole aiutare un centro Hub come l’Istituto nazionale dei tumori di Milano a ottenere, in modo coordinato e sicuro, le biopsie liquide provenienti dalle strutture periferiche. In questo modo può essere creato un modello da estendere dal tumore della mammella ad altre neoplasie, come quelle del colon e del polmone. Questo progetto ha risvolti sociali, tecnici e scientifici”.
A proposito del tumore della mammella, lo studio Breakfast-2 analizza l’utilità clinica della dieta ‘mima-digiuno’, quindi di un intervento metabolico, associata alla terapia convenzionale, cioè alla chemioimmunoterapia neoadiuvante nelle pazienti con tumore del seno triplo negativo in stadio iniziale. “È uno studio nazionale, accademico e multicentrico. Sono 12 i centri coinvolti – spiega Claudio Vernieri, ricercatore clinico, professore associato di Oncologia all’Università degli Studi di Milano e Principal Investigator dello studio - Con questa sperimentazione, che è già partita, vogliamo capire come migliorare l’efficacia delle cure tramite l’utilizzo di un programma nutrizionale. Il regime alimentare consigliato si basa su un’alimentazione sana e bilanciata, selezionata in base a studi preclinici pubblicati su riviste di altissimo impatto internazionale. Questa dieta, con Bbreakfast-2, è trasferita nella pratica clinica. Ricordiamo che il carcinoma mammario triplo negativo colpisce soprattutto pazienti giovani, in cui la malattia determina un forte impatto emotivo e in cui la gestione della dieta è complessa”.
Eurama Precision Oncology “ha contribuito, insieme a ingegneri informatici – aggiunge Pruneri - allo sviluppo di una app che permette alle pazienti coinvolte nello studio di disporre dell’agenda della dieta e di un rapporto diretto con i nutrizionisti. Le pazienti possono così aderire con maggior precisione al regime alimentare proposto. È un modo innovativo di fare ricerca scientifica. La web-app dedicata infatti permette di monitorare costantemente le pazienti e di raccogliere dati preziosi per la ricerca”.
L’oncologia di precisione “ha rivoluzionato il modo di curare il cancro - conclude Paolo Marchetti, direttore scientifico Idi-Irccs di Roma, Ordinario f.r. di Oncologia all’Università La Sapienza di Roma e presidente della Fondazione per la medicina personalizzata (Fmp) e Principal Investigator del Rome Trial - Ora serve una piattaforma nazionale che valuti la possibilità di implementare farmaci innovativi nel trattamento di quei pazienti con malattia avanzata, finora privi di standard di cura. In questo contesto, diventa centrale il ruolo dei Molecular Tumor Board, che valutino i risultati della profilazione molecolare estesa e individuino i possibili bersagli molecolari dei farmaci personalizzati. Nel ‘Rome Trial’, promosso dall’Istituto superiore di sanità, dall’Università di Roma La Sapienza e dalla Fmp, è stato dimostrato che la discussione multidisciplinare della profilazione genomica estesa da parte del Molecular Tumor Board consente di modificare il trattamento scelto in circa un terzo dei pazienti colpiti da tumore metastatico. In questo modo - conclude - è possibile garantire ai malati le migliori opportunità di cura”.
Salute e Benessere
Nervo (Diabete Italia): “Contro malattia garantire...
"Approvazione nuove terapie deve essere veloce, solo così possiamo migliorare la qualità di vita di mln di pazienti"
"Dal momento della diagnosi di diabete occorre puntare sulla prevenzione delle complicanze: quindi è assolutamente fondamentale, in tal senso, che ci sia per i pazienti la possibilità di accedere ai nuovi farmaci, a tutti i device il più presto possibile. Obiettivo, infatti, è riuscire a prevenire le complicanze che possono interessare le persone con diabete, causandone un deterioramento della qualità di vita. L'accesso ai nuovi farmaci infatti può garantire una migliore qualità di vita a milioni di pazienti". Così all'Adnkronos Salute Stefano Nervo, presidente Diabete Italia Odv, in occasione dell'incontro - oggi in Senato - promosso dalla senatrice Daniela Sbrollini per il World Diabets Day, durante il quale è stata presentata la campagna 'Facciamo squadra attorno al diabete' realizzata da FeSDI, Federazione società diabetologiche italiane.
Per Nervo, anche per il Wdd 2024 la parola d'ordine "deve essere prevenzione - spiega - per quanto riguarda il diabete tipo 2, attraverso l'adozione di corretti stili di vita. Combattendo il sovrappeso e l'obesità possiamo prevenire la malattia". Prevenzione e diagnosi precoce anche "per il diabete tipo 1 che colpisce soprattutto i bambini. Grazie agli screening - conclude - dal 2025 in tutta Italia saremo in grado di evitare la chetoacidosi, la più grave e temibile complicanza del diabete di tipo 1, che può portare anche alla morte".
Salute e Benessere
Prematuro 1 neonato su 10, ‘fino al 50% rischia...
Nel mondo circa 1 neonato su 10 nasce pretermine, cioè prima della 37esima settimana di gestazione che è il tempo necessario al feto per completare lo sviluppo nell'utero materno. Per l'Italia la percentuale di bebè nati prima del tempo è intorno al 6,3% secondo il Rapporto Cedap 2022, per un totale di circa 24mila neonati pretermine: in maggioranza (75,3%, oltre 3 su 4), venuti alla luce tra la 34esima e la 36esima settimana gestazionale, ma con uno 0,9-1% molto o estremamente pretermine, 'bimbi piuma' nati sotto le 32 settimane di gestazione. In vista della Giornata mondiale della prematurità in calendario il 17 novembre, sono questi i dati ricordati dalla Società italiana di neuropsichiatria dell'infanzia e dell'adolescenza (Sinpia) che avverte: "I disturbi del neurosviluppo sono una delle conseguenze più frequenti della nascita pretermine". Li rischia fino a 1 bebè prematuro su 2.
"Nel neonato pretermine - spiegano i neuropsichiatri dell'infenzia - anche quando non ci sono lesioni cerebrali visibili con le tecniche di neuroimaging più utilizzate, il sistema nervoso che si sviluppa e matura in un ambiente molto diverso da quello fisiologico si trova in qualche modo 'impreparato' ad affrontare la vita extrauterina in un momento cruciale in cui avviene la massima crescita e maturazione delle connessioni cerebrali, e facilmente va incontro a fenomeni lesionali e/o dismaturativi, con un'alterazione dei circuiti cerebrali che sottendono alle funzioni adattive". Se "esiste ancora una quota di bambini pretermine, nati di peso estremamente basso, che sviluppa deficit di tipo motorio come paralisi cerebrale infantile (dal 5% al 10%), una percentuale che va dal 25% al 50% dei nati pretermine può presentare ritardi di sviluppo, disabilità cognitiva di varia gravità, problemi comportamentali, deficit dell'attenzione e/o iperattività, difficoltà di regolazione delle emozioni, disturbi dello spettro autistico".
"La nascita pretermine - commenta la presidente Sinpia Elisa Fazzi, direttore Uo Neuropsichiatria dell'infanzia e dell'adolescenza (Uonpia) Asst Spedali Civili e docente all'università di Brescia - resta una condizione di rischio per lo sviluppo delle funzioni del sistema nervoso centrale", perché "all'aumento delle possibilità di sopravvivenza non corrisponde anche una diminuzione delle problematiche presentate a distanza rispetto al neurosviluppo". Piuttosto, "negli anni abbiamo assistito a un cambiamento delle conseguenze neuropsichiche della nascita prematura: a fronte di una riduzione delle gravità delle problematiche motorie e cognitive (come le paralisi cerebrali e la disabilità intellettiva grave), un tempo le più temute, assistiamo a un aumento di problemi legati alla coordinazione motoria, alle funzioni attentive, esecutive e di apprendimento, a quelle comunicativo-linguistiche e quelle emotivo-relazionali e sociali. Possiamo quindi dire che un bambino nato pretermine può potenzialmente rappresentare il prototipo di un soggetto a rischio di un disturbo del neurosviluppo". La Sinpia raccomanda di "seguire e accompagnare i bambini e le loro famiglie anche dopo le dimissioni dalla Terapia intensiva neonatale attraverso programmi di follow-up dedicati in cui il neuropsichiatra infantile affianchi il pediatra neonatologo, per individuare precocemente i soggetti più a rischio e avviare in modo tempestivo programmi abilitativi, per informare e sostenere i genitori e continuare il monitoraggio fino all'età scolare quando possono emergere nuove problematiche del neurosviluppo".
"L'impatto di questi deficit" del neurosviluppo nei neonati pretermine "può essere molto significativo - sottolinea Simona Orcesi della Sc Neuropsichiatria infanzia e adolescenza dell'Irccs Fondazione Mondino, docente di Neuropsichiatria infantile all'università di Pavia e membro del direttivo Sinpia - sia sui pazienti e sulle famiglie, sia per i costi a carico dell'assistenza sanitaria pubblica, soprattutto perché si tratta di problematiche le cui conseguenze rischiano di permanere per tutta la vita. Sicuramente - conferma la specialista - negli anni più recenti abbiamo assistito a un cambiamento rispetto allo scenario delle sequele della prematurità: il numero di bambini che crescono senza disabilità gravi è aumentato perché sono diminuite le lesioni cerebrali più gravi, ma una significativa percentuale di soggetti con età gestazionale più bassa è ancora ad alto rischio di uno sviluppo neuropsichico non del tutto ottimale".
"La protezione dello sviluppo cerebrale nei neonati pretermine, intesa come possibilità di prevenire o mitigare gli eventi dismaturativi nell’arco dei primi mesi di vita - rimarca la past president della Sinpia Antonella Costantino, direttore Uonpia Fondazione Irccs Policlinico di Milano - è fondamentale perché il cervello in questa precoce fase evolutiva ha una caratteristica determinante che è la sua plasticità. Il cervello è in grado quindi di modificare la propria struttura e funzione in base all'esperienza attraverso meccanismi 'epigenetici', influenze ambientali che possono agire sul nostro Dna 'accendendo' o 'spegnendo' determinati geni capaci di influenzare lo sviluppo". In altre parole, "l'ambiente agisce come un 'farmaco' sul cervello del pretermine, tracciando in qualche modo le basi dello sviluppo futuro".
"Proprio questa neuroplasticità - conclude Fazzi - fa sì che le caratteristiche delle esperienze e delle relazioni precoci siano fondamentali per lo sviluppo cerebrale del neonato pretermine, così come la qualità delle cure neonatali e l'intervento precoce, mediato dalla relazione con i genitori e con la famiglia, primo e fisiologico ambiente in cui un neonato cresce".
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Sanità: 4,5 milioni di italiani nel 2023 hanno rinunciato a...
Indagine Altroconsumo, 1 intervistato su 5 ha cancellato o posticipato visite odontoiatriche, 3 su 10 non effettuano controlli regolari perché non può pagare'
"Sempre più cittadini rinunciano alle cure: nel 2023 sono stati 4 milioni e mezzo, un trend confermato anche dalla nostra indagine sulle cure odontoiatriche. Servono investimenti aggiuntivi, più medici e infermieri: intervenire è ormai un'urgenza, lo dicono i numeri e lo testimoniano le persone". Così Federico Cavallo, responsabile Relazioni esterne di Altroconsumo, commenta i dati di un'inchiesta condotta dall'Organizzazione tra maggio e luglio 2024 su un campione di oltre mille cittadini. La survey rivela che un numero crescente di italiani rinuncia o rimanda le cure dentali per ragioni economiche. Nell'ultimo biennio - si legge nel report - un quinto degli intervistati ha cancellato o posticipato le visite odontoiatriche, e 3 su 10 non effettuano controlli regolari, nella maggior parte dei casi per motivi economici.
"La nostra ultima inchiesta conferma quanto già evidenziato dal rapporto Gimbe - sottolinea Cavallo - la sanità pubblica italiana è in difficoltà per carenza di personale e mancanza di investimenti. In Italia, la spesa sanitaria pubblica è al 6,2% del Pil, sotto la media europea del 6,8%, e quella pro capite è di 3.574 dollari, ben al di sotto dei 4.470 dollari dei paesi Ocse. I fondi previsti coprono ormai solo costi insostenibili e finanziano assunzioni e aumenti per il personale sanitario, ma non bastano a dare ossigeno al sistema".
Le cure dentistiche sono costose e completamente a carico dei cittadini, visto che il Ssn non è in grado di coprirle e le sostiene solo in parte per le fasce più deboli della popolazione - riporta una nota - Dall'inchiesta emerge che anche chi ha un'assicurazione che copre le cure dentistiche (fondo sanitario integrativo o polizza assicurativa privata), il 15% degli intervistati, non va più spesso dal dentista. Forse perché la copertura è insoddisfacente, visto che 3 italiani su 10 non sono soddisfatti dei rimborsi che ricevono sia per l'importo sia per il tempo necessario a ottenerli, così come della gestione amministrativa e più in generale del contratto di assicurazione.
La fotografia scattata da Altroconsumo non solo mostra che l'assicurazione copre poco, sia in termini di prestazioni odontoiatriche sia in entità dei rimborsi, ma spesso impone di andare da un dentista convenzionato e gli italiani, come è comprensibile, preferiscono affidarsi a un professionista di fiducia e, quindi, restano scoperti oppure sono costretti a pagare una franchigia più alta. Infatti, il 46% degli intervistati sceglie il dentista con cui ha già avuto un'esperienza precedente e solo il 4% perché convenzionato con l’assicurazione.
Dall'inchiesta emerge un disagio degli assicurati che troppo spesso non riescono ad accedere alle cure odontoiatriche previste dall'assicurazione sanitaria. Un disagio - riferisce la nota - riscontrato dalle numerose segnalazioni che Altroconsumo riceve su Reclama Facile, la piattaforma per i reclami aperta a tutti i cittadini. Segnalazioni su mancati rimborsi, procedure burocratiche complesse, lente e poco trasparenti per l'accesso alle prestazioni, impossibilità di accesso al servizio informazioni, contestazione delle diagnosi medico sanitarie che l'organizzazione ha portato all'attenzione dell'Antitrust che, nel maggio scorso, ha sanzionato due società, Intesa Sanpaolo Rbm Salute S.p.A. e Previmedical Servizi per la Sanità Integrativa S.p.A., con multe rispettivamente di 2,5 milioni e 1 milione di euro per pratiche commerciali scorrette che hanno ostacolato i consumatori nella fruizione dei servizi.
Oltre alla difficoltà economica, una parte degli italiani (35%) non considera necessario sottoporsi a controlli dentali regolari, evidenziando una bassa consapevolezza sull'importanza della prevenzione orale. In assenza di controlli frequenti, piccoli problemi dentali possono diventare interventi costosi e complessi, come avvenuto per il 24% di chi ha rimandato o cancellato la visita dal dentista. Anche le abitudini di igiene orale sono carenti - evidenzia lì'indagine - Oltre la metà degli italiani non utilizza strumenti come filo interdentale o scovolino, e il 20% non usa dentifricio al fluoro, un ingrediente essenziale per prevenire la carie.