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Da Laurito a Barbareschi, Premio Bramante consacra le eccellenze del Paese

Tra i premiati quest'anno anche il direttore di Adnkronos Davide Desario, di Askanews Gianni Todini e il vicedirettore dell'Ansa Stefano Polli

Il direttore dell'Adnkronos Davide Desario tra i premiati del Bramante

Da Luca Barbareschi a Marisa Laurito passando anche per le autorevoli voci delle agenzie di stampa italiane e i giovani talenti, sono molti i nomi a cui è stato conferito oggi, 12 novembre, il Premio Riccardo Bramante (FOTOGALLERY), giunto quest'anno alla sua terza edizione e patrocinato della Camera dei Deputati. Il prestigioso riconoscimento destinato a giovani e personalità che si sono distinte nel campo dell'arte, della cultura e del giornalismo fortemente voluto da Ester Campese, moglie di Riccardo Bramante e presidente del Premio.

Nel corso della cerimonia Ester Campese ha rivolto un ringraziamento al presidente della Camera dei Deputati Lorenzo Fontana per il supporto all’iniziativa e a Fabrizio Santori, consigliere segretario dell'Assemblea Capitolina, che sin dall'inizio ha sostenuto il progetto. Alla presentazione sono intervenuti i giornalisti Tommaso Polidoro e Marzia Mancini, l’attore e regista Francesco Branchetti, l’avvocato cassazionista Patrizia Valeri per la lettura delle motivazioni, consegna dei premi e del testo 'Riccardo Bramante – Storia di un gentiluomo', scritto da Guido Campese.

I premiati

Per lo spettacolo è stato tributato il premio alla carriera a due personaggi molto amati dal pubblico, Marisa Laurito e Luca Barbareschi. Premiate altre figure di prestigio del cinema e del teatro, quali Claudio Gubitosi, fondatore del Giffoni Film Festival, indiscusso punto di riferimento per il cinema nazionale e internazionale dedicato ai giovani, Luca De Fusco, direttore artistico della Fondazione Teatro di Roma, Pino Strabioli, per l’impegno nello spettacolo, regia e teatro. In questo ambito premiati anche Matilde Brandi e Enrico Lo Verso.

Tra i giovani talentuosi premiati Marialuisa Genovese per le Istituzioni, Josè De la Paz per il teatro, Luca Rabotti e Filippo Corradini per il cinema, Dorotea Scicolone per il Premio Editoria 2025, sostenuto grazie al patrocinio di Patrizia Valeri.

Tra i premiati per la sezione Istituzioni, David Canosci Della Morte, consigliere personale del ministro dell'Università e della Ricerca con delega alla Ricerca Scientifica per il contributo alla scienza e alla ricerca, Simonetta Matone e Simona Loizzo, per il loro instancabile impegno verso la collettività, Andrea De Pasquale, per la preservazione della memoria documentaria dell’Italia, Roberto Proietti, presidente della Commissione Tributaria di Roma, per l’impegno profuso in ambito giuridico e tributario e il magistrato Leonardo Circelli, per l’alto senso della giustizia e la sua dedizione alla tutela dei valori sociali.

Il riconoscimento alle agenzie di stampa

In questa edizione, per il giornalismo è stato dato particolare risalto all’operato delle agenzie stampa, unitamente alle attività di giornalisti di alto profilo. Tra i premiati, Gianni Todini, direttore di Askanews, Davide Desario, direttore di AdnKronos, Stefano Polli, vicedirettore dell’Ansa, Flavia Giacobbe, direttore di Formiche e Tonia Cartolano, caporedattrice e conduttrice di SkyTg24.

Un team di giornalisti altamente specializzati che eleva il nostro quotidiano a nuovi livelli di eccellenza, fornendo analisi penetranti e notizie d’urgenza da ogni angolo del globo. Con una vasta gamma di competenze che spaziano dalla politica internazionale all’innovazione tecnologica, il loro contributo è fondamentale per mantenere i nostri lettori informati, impegnati e sempre un passo avanti.

Cultura

E’ morto Franco Ferrarotti, padre e decano della...

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Aveva 98 anni. La notizia della scomparsa è stata confermata all'Adnkronos dai suoi collaboratori

Franco Ferrarotti (Fotogramma)

Il sociologo Franco Ferrarotti, considerato il padre della sociologia italiana e suo decano, è morto all'età di 98 anni oggi a Roma. La notizia della scomparsa è stata confermata all'Adnkronos dai suoi collaboratori. E' stato un maestro della ricerca sociale, ha rappresentato una figura scientifica di profilo internazionale e ha contribuito in maniera decisiva all'insediamento della sociologia nelle istituzioni scientifiche italiane.

Padre e decano della sociologia italiana

Nato a Palazzolo Vercellese il 7 aprile 1926, si era laureato in filosofia all'Università di Torino nel 1949 con una tesi su "La sociologia di Thorstein Veblen", autore che poi tradusse per Einaudi su invito di Cesare Pavese. Professore emerito di sociologia all'Università "La Sapienza" di Roma, dove ha svolto tutta la carriera accademica, nel 1961 Ferrarotti ottenne la cattedra di sociologia dopo aver vinto il primo concorso bandito in Italia per questa disciplina. Nel 1962 contribuì alla creazione della Facoltà di sociologia dell'Università di Trento, dove ha poi avuto la sua seconda cattedra di sociologia.

Fra gli anni Cinquanta e Sessanta Ferrarotti ha condotto una serie di ricerche pionieristiche sul sindacalismo, sui movimenti sociali, la trasformazione del lavoro, le comunità locali e la sociologia urbana. Si è particolarmente interessato ai fondamenti di legittimazione del potere in una società in trasformazione come quella moderna e ha studiato il problema dei fini e dell'orientamento culturale di fondo della società industriale.

Ferrarotti è stato fondatore, con il filosofo Nicola Abbagnano, nel 1951 dei "Quaderni di sociologia", di cui fu direttore fino al 1967, anno in cui dette vita alla rivista "La critica sociologica", di cui da allora è stato sempre il direttore. È stato tra i fondatori, a Ginevra, del Consiglio dei Comuni d'Europa, responsabile della divisione dei progetti di ricerca dell'Ocse a Parigi. Nominato direttore di studi alla Maison des Sciences de l'Homme di Parigi nel 1978, è stato insignito del Premio per la carriera dall'Accademia nazionale dei Lincei nel 2001 e del titolo di Cavaliere di Gran Croce al merito della Repubblica dall'allora presidente Carlo Azeglio Ciampi nel 2005. Era Membro della New York Academy of Sciences e presidente onorario dell'Associazione Nazionale Sociologi.

Ferrarotti ha insegnato nelle università di Chicago, Boston, New York, Toronto, Mosca, Varsavia, Colonia, Tokyo e Gerusalemme. Generazioni di studenti ricordano le appassionanti lezioni di Ferrarotti all'università romana. Provocatori i suoi interventi sui diversi temi politici e sociali del paese dagli anni '60 fin quasi ad oggi. La attività di ricerca e di studio di Ferrarotti è contenuta in una mole enorme di scritti che ha continuato a pubblicare fin oltre i 90 anni. Tra il 2019 e il 2020 l'editore Marietti ha pubblicato l'Opera omnia di Ferrarotti composta da sei volumi per un totale di 5mila pagine.

Prima di avviare la carriera accademica, Ferrarotti fu il più stretto collaboratore dell'imprenditore Adriano Olivetti (dal 1948 al 1960), elaborando per suo conto il progetto politico e sociale di Comunità. Fu deputato indipendente nel Parlamento durante la terza legislatura (1959-63), in rappresentanza del Movimento di Comunità fondato da Olivetti, di cui prese il posto dopo le sue dimissioni dalla Camera. Su questa importante collaborazione ha pubblicato “Un imprenditore di idee. Una testimonianza su Adriano Olivetti” (Edizioni di Comunità, 2001) mentre sull'esperienza parlamentare “Nelle fumose stanze. La stagione politica di un 'cane sciolto'” (Guerini Studio, 2006).

Le opere

Fra le opere principali di Ferrarotti si segnalano: “Sindacati e potere” (Edizioni di Comunità, 1954); “La protesta operaia” (Edizioni di Comunità, 1955); “La sociologia come partecipazione” (Taylor, 1961); “Max Weber e il destino della ragione” (Laterza, 1965); “Trattato di sociologia” (Utet, 1968); “Roma da capitale a periferia” (Laterza, 1970); “La sociologia del potere” (Laterza, 1972); “Vite di baraccati. Contributo alla sociologia della marginalità” (Liguori, 1974); “Studenti, scuola, sistema” (Liguori, 1976); “Giovani e droga” (Liguori, 1977); “Alle radici della violenza” (Rizzoli, 1979); “La società come problema e come progetto” (Mondadori, 1979); “Storia e storie di vita” (Laterza, 1981); “Il paradosso del sacro” (Laterza, 1983); “La qualità nella sociologia” (Laterza, 1988).

La sua produzione saggistica è proseguita corposa anche negli anni successivi: “L'Italia in bilico” (Laterza, 1990); “Roma madre matrigna” (Laterza, 1991); “I grattacieli non hanno foglie” (Laterza, 1991); “Mass media e società di massa” (Laterza, 1992); “La tentazione dell'oblio: razzismo, antisemitismo e neonazismo” (Laterza, 1993); “Homo sentiens: giovani e musica” (Liguori, 1995); “Rock, rap e l'immortalità dell'anima” (Liguori, 1996); “L'Italia tra storia e memoria” (Donzelli, 1997); “La verità? È altrove” (Donzelli, 1999); “Il potere” (Newton Compton, 2004); “La televisione” (Newton Compton, 2005); “America oggi. Capitalismo e società negli Stati Uniti” (Newton Compton, 2006); “Vita e morte di una classe dirigente” (Edup, 2007); “L'identità dialogica” (Ets, 2007); “Fondi di bottiglia” (Solfanelli, 2008); “Il senso del luogo” (Armando, 2009). Nel 2010 è tornato a riflettere sul ruolo della sociologia nel volume “Perché la sociologia?” (Mondadori Education), intervistato da Umberto Melotti e Luigi Solivetti, mentre nel 2012 ha pubblicato il testo autobiografico "Atman. Il respiro del bosco" (Empiria) e il saggio “Un popolo di frenetici informatissimi idioti” (Solfanelli), cui ha fatto seguito “La religione dissacrante. Coscienza e utopia nell'epoca della crisi” (Solfanelli, 2013). Il suo volume più recente è “Dalla società irretita al nuovo umanesimo” (Armando, 2020).

Nel corso della sua attività di ricerca Ferrarotti ha analizzato il tipo e la qualità di razionalità che regge le società tecnicamente orientate e post-tradizionali, ponendosi il problema dei limiti della razionalità formale, puramente tecnica, e quello del passaggio dalla razionalità tecnico-formale alla razionalità sostanziale. In questa prospettiva ha ripreso criticamente la lezione del marxismo, depurata dai meccanicismi ma anche dalle "impazienze dialettiche", nello stesso tempo analizzando il problema dei fini e dell'orientamento culturale di fondo della società industriale. Da ultimo, si è particolarmente interessato all'analisi e alla comprensione della polarità razionale-irrazionale, “al di fuori di ogni catastrofismo romantico ma anche di ogni facile fede illuministica”, per sua stessa ammissione. (di Paolo Martini)

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Cultura

In libreria ‘Puccini 100 anni’ di Maurizio Sessa

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'Viaggio sentimentale da Lucca al mondo'. Nel volume anche una commemorazione inedita di Rito Selvaggi

In libreria 'Puccini 100 anni' di Maurizio Sessa

È uscito nelle librerie, in tempo per la celebrazione del centenario della morte del grande compositore ed operista che cade il 29 novembre 2024, 'Puccini 100 anni – Viaggio sentimentale da Lucca al mondo' di Maurizio Sessa, giornalista e scrittore appassionato pucciniano. Il volume si rivolge sia al vasto pubblico che a quello più addentro alle cose pucciniane e propone un percorso che si basa sui principali e più aggiornati contributi in materia, alla scoperta di un uomo e di un artista per molti aspetti ancora da scoprire, al centro, come già in vita, di una pubblicistica agiografica all'insegna di tanti e troppi aneddoti di discutibile attendibilità.

Puccini è fra i compositori tuttora più richiesti. Tira, tiene banco, fa sold out nei teatri. Il libro di Sessa svela un Puccini due volte inedito. Una commemorazione ritrovata di Rito Selvaggi, e fino ad oggi mai pubblicata, un pucciniano relegato nel dimenticatoio: una conferenza tenuta in Svizzera nel maggio 1926, un mese dopo l'esordio dell’incompiuta Turandot, tenuta dal compagno di viaggio di d’Annunzio a Fiume dal titolo “Puccini e il Novecento musicale italiano”. E, come se non bastasse, molti importanti documenti, lettere e testimonianze iconografiche finora mai viste, legate alla figura e all’opera del grande compositore lucchese di cui quest’anno ricorre il centenario della morte.

La pubblicazione di Maurizio Sessa con taglio divulgativo ma attento ai migliori risultati della critica odierna, ha come corredo fotografico un'ampia sezione iconografica, circa 150 immagini, riproducenti immagini e documenti che provengono dalla collezione dell'Autore. Un'immersione nell'immaginario collettivo che farà riemergere l'immagine del Maestro Lucchese per alcuni aspetti inedita e accattivante.

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Cultura

Booker Prize, Samantha Harvey vince con il romanzo...

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L'autrice britannica racconta la vicenda di sei astronauti della Stazione Spaziale Internazionale

Samantha Harvey vince il Booker Prize 2024 - Atp

'Orbital' di Samantha Harvey, 49 anni, l'unica scrittrice inglese in finale quest'anno, ha vinto il Booker Prize 2024, il più prestigioso premio del Regno Unito per la narrativa. La proclamazione è avvenuta nella serata di martedì 12 novembre all'Old Billingsgate di Londra, con la vincitrice che ha ricevuto un assegno di 50.000 sterline (60.000 euro). In Italia 'Orbital' sarà pubblicato nel mese di febbraio 2025 da NN Editore nella traduzione di Gioia Guerzoni.

Di cosa parla il libro e perché ha vinto

Il romanzo di Harvey racconta la storia di sei astronauti immaginari sulla Stazione Spaziale Internazionale che riflettono sul senso della vita e da lontano guardano la Terra da un'altra prospettiva, è stato scelto all'unanimità come vincitore dopo una "vera e propria giornata di riflessione" sulla rosa dei sei candidati (composta da cinque donne e un uomo), secondo quanto dichiarato dal presidente della giuria, l'artista e autore Edmund De Waal. "La nostra unanimità su 'Orbital' ne riconosce la bellezza e l'ambizione. Riflette la straordinaria intensità dell'attenzione di Harvey per il mondo prezioso e precario che condividiamo".

I personaggi di "Orbital" compiono sedici volte il giro della Terra: nel tempo sospeso del cosmo, la loro vita è scandita da un'intima quotidianità e dalle riflessioni che la lontananza da casa e il posto in cui si trovano scatenano. Come sarebbe il nostro pianeta senza vita umana? E come sarebbe la vita umana se non ci fosse una terra a ospitarla?

La dedica di Harvey

"Non mi aspettavo di vincere", ha dichiarato Harvey nel suo discorso di accettazione. "Ci era stato detto che non era consentito dire parolacce nel nostro discorso, e così il mio discorso è finito. Era solo una parolaccia per 150 volte". La scrittrice ha poi dedicato la sua vittoria a coloro che "parlano a favore e non contro la Terra, a favore e non contro la dignità degli altri esseri umani, delle altre vite, e a tutte le persone che parlano, chiedono e lavorano per la pace".

Il successo in libreria

Pubblicato nel novembre 2023 da Atlantic Monthly Press, 'Orbital' è stato il libro più venduto della shortlist del Booker, con 29.000 copie nel Regno Unito quest'anno. Con le sue 136 pagine, è il secondo libro più corto a vincere il premio nella sua storia (è più lungo di quattro pagine rispetto a 'Offshore' di Penelope Fitzgerald, che vinse nel 1979).

'Orbital' era già il favorito alla vigilia per la vittoria, insieme a 'James' di Percival Everett, (pubblicato in Italia da La Nave di Teseo, traduzione di Andrea Silvestri), una rivisitazione di 'Le avventure di Huckleberry Finn' di Mark Twain dal punto di vista dello schiavo Jim. Essendo Everett l'unico uomo nella rosa dei candidati, quest'anno è stata la prima volta che cinque donne sono state selezionate nei 55 anni di storia del Booker Prize. Portando a casa il premio, Harvey è diventata la prima donna a vincere il premio negli ultimi cinque anni.

Harvey era già stata inserita nella lista dei candidati al Booker Prize nel 2009 per il suo romanzo d'esordio, 'The Wilderness'. 'Orbital' è il suo quinto romanzo, dopo 'All Is Song', 'Dear Thief' e 'The Western Wind' (quest'ultimo tradotto con il titolo 'Vento dell'Ovest' da Neri Pozza nel 2020). Ha scritto anche un libro di memorie sull'insonnia, 'The Shapeless Unease', pubblicato nel 2020.

Booker Prize

Insieme a Harvey ed Everett erano entrati nella shortlist Rachel Kushner per 'Creation Lake', Anne Michaels per 'Held', Yael van der Wouden per 'The Safekeep' (annunciato a inizio 2025 per Garzanti) e Charlotte Wood per 'Stone Yard Devotional'. Accanto a De Waal nella giuria di quest'anno c'erano le scrittrici Sara Collins e Yiyun Li, la redattrice di narrativa del 'Guardian' Justine Jordan e il musicista Nitin Sawhney. "Come giudici eravamo determinati a trovare un libro che ci commuovesse, un libro che avesse capacità e risonanza, che fossimo costretti a condividere", ha detto De Waal. "Volevamo tutto".

Lo scorso anno il Booker Prize è andato a 'Il canto del profeta' dello scrittore irlandese Paul Lynch, pubblicato in Italia da 66thand2nd, finalista del Premio Strega Europeo 2024.

Istituito nel 1969, il premio viene assegnato alla miglior opera di narrativa scritta in lingua inglese e pubblicata nel Regno Unito (e dal 2018 nella Repubblica d'Irlanda). È aperto alle opere di scrittori di qualsiasi nazionalità. Una caratteristica del Booker Prize è che non sempre è vinto da autori mainstream. È successo certo con nomi incontestabili come Salman Rushdie e Margaret Atwood ma altre volte è andato a esordienti come Lynch o Douglas Stuart. (di Paolo Martini)

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