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In Italia oggi circa il 9,7% della popolazione vive in condizioni di povertà assoluta, una cifra che corrisponde a circa 5 milioni e 694 mila individui, distribuiti tra 2 milioni 217 mila famiglie. Ogni giorno, migliaia di persone, tra cui bambini, anziani e lavoratori, affrontano la dura realtà di una vita segnata dalla deprivazione materiale, un fenomeno che, nonostante gli sforzi e le politiche di supporto, continua a crescere in maniera preoccupante.

La VIII Giornata Mondiale dei Poveri, fissata per il 17 novembre, torna a sollevare il velo su una problematica che rimane centrale nell’agenda sociale italiana, e per farlo, Caritas Italiana pubblica la ventottesima edizione del suo Rapporto su povertà ed esclusione sociale, un’opera che, come di consueto, porta alla luce la vastità e la gravità di una condizione che non accenna a diminuire.

“Fili d’erba nelle crepe”

Il rapporto di Caritas intitola l’edizione 2024 con una metafora potente e simbolica, “Fili d’erba nelle crepe. Risposte di Speranza”, un titolo che riflette un messaggio di speranza che, purtroppo, non riesce a mascherare la durezza della realtà. La povertà assoluta, infatti, continua a crescere in maniera preoccupante. Dal 2022 al 2023, il numero delle famiglie povere è aumentato, con un particolare balzo nelle regioni del Nord Italia, dove il numero delle famiglie in difficoltà è praticamente raddoppiato, passando da 506 mila a circa un milione. Le ragioni di questo aumento sono molteplici, ma tra le principali ci sono le difficoltà legate all’aumento del costo della vita e alla crescente precarizzazione del lavoro. Anche se la crescita è più contenuta nel Centro e nel Sud, l’analisi complessiva indica una situazione in cui la povertà non risparmia nessuna parte del Paese. È innegabile che, nonostante gli interventi pubblici, il divario tra il Nord e il Sud stia diminuendo, e con esso la disparità tra le aree più ricche e quelle più povere.

Di generazione in generazione

Uno degli aspetti più allarmanti della povertà in Italia è la sua natura di “fenomeno generazionale“. Il 34% degli adulti italiani tra i 25 e i 59 anni che sono cresciuti in condizioni di povertà, oggi si trovano a vivere in una situazione di difficoltà economiche. Questo dato, che ci pone ai vertici delle classifiche europee, evidenzia come la povertà non solo perdura, ma tende a perpetuarsi di generazione in generazione, contribuendo a creare un ciclo vizioso dal quale è difficile uscire.

Il fenomeno della povertà minorile, inoltre, è in costante crescita: ben il 13,8% dei bambini italiani vive in povertà assoluta, e nonostante i tentativi di contrasto, la condizione di svantaggio in cui si trovano le nuove generazioni si fa sempre più grave. La povertà infantile non è solo un problema economico, ma anche un ostacolo al diritto all’educazione, alla salute e alla possibilità di avere una vita dignitosa. Questi bambini sono destinati a crescere con un bagaglio di difficoltà che preclude loro molte opportunità, creando le basi per una povertà che si trasmette di generazione in generazione.

Quando l’occupazione non basta

L’aspetto che desta maggiore preoccupazione, tuttavia, è la diffusione della povertà tra i lavoratori. In Italia, l’8% dei lavoratori vive in condizioni di povertà, un dato che evidenzia una crescente precarizzazione del lavoro e la difficoltà di molti italiani a guadagnarsi da vivere in modo dignitoso, nonostante siano occupati. A farne le spese sono soprattutto i lavoratori con contratti precari, gli operai e coloro che appartengono a categorie professionali con bassa retribuzione. Il contrasto tra lavoratori che, pur avendo un impiego, non riescono a raggiungere un livello di reddito sufficiente per mantenere sé stessi e le proprie famiglie, e coloro che ricoprono ruoli dirigenziali o professioni ben remunerate, diventa sempre più evidente. Per questi ultimi, la povertà rappresenta una condizione distante, quasi sconosciuta. La crescente disuguaglianza tra chi lavora e chi non trova occupazione è una delle sfide più difficili da affrontare in una società in cui il lavoro dovrebbe essere la chiave per il benessere.

La dimensione abitativa della povertà è un altro aspetto che non può essere ignorato. Un numero crescente di famiglie vive in condizioni abitative precarie, sovraffollate, senza i servizi di base. Oltre un milione e mezzo di famiglie italiane si trova in questa situazione, e nonostante gli sforzi pubblici per migliorare le condizioni abitative, il problema rimane persistente. La difficoltà di accesso a un’abitazione dignitosa è uno dei principali ostacoli all’inclusione sociale, soprattutto per le famiglie con bambini o per le persone anziane. Questo fenomeno, che coinvolge anche il pagamento degli affitti e la gestione delle morosità, continua a crescere, con oltre 30 mila sfratti per morosità registrati nel 2023.

Misure di sostegno alla povertà

Nel contesto di questa crescente povertà, la Caritas continua a svolgere un ruolo fondamentale, offrendo supporto e assistenza a chi si trova in difficoltà. Il Rapporto 2024 testimonia come, nonostante la crescente domanda di aiuto, la risposta delle organizzazioni caritative non sia sufficiente a colmare il divario. Oltre 269 mila persone sono state accolte nei centri di ascolto della Caritas nel 2023, un dato che segnala una costante e crescente domanda di aiuto. Questo fenomeno è particolarmente evidente nel Sud Italia, dove le difficoltà economiche e sociali sono più acute. Tuttavia, anche nel Nord Italia si registra un aumento significativo delle persone in cerca di supporto. Un dato che deve far riflettere è che la povertà in Italia non riguarda solo i singoli individui, ma anche le intere famiglie, con il 26,4% degli assistiti che ha sperimentato più forme di vulnerabilità, e il 29% che ha vissuto tre o più fragilità contemporaneamente. Il fenomeno della povertà si sta quindi consolidando come un problema complesso, che coinvolge aspetti economici, psicologici e sociali.

In risposta a questa situazione, il governo italiano ha cercato di attuare delle misure di sostegno alla povertà, come l’Assegno di Inclusione e il Supporto alla Formazione e al Lavoro, che hanno sostituito il Reddito di Cittadinanza. Tuttavia, queste misure non sono riuscite a risolvere il problema e, anzi, hanno escluso un numero significativo di famiglie dalla possibilità di beneficiare del supporto. Il nuovo sistema di welfare ha ridotto drasticamente il numero dei beneficiari, escludendo circa 331.000 nuclei familiari, e ha introdotto difficoltà pratiche nell’accesso, soprattutto nel Nord Italia, dove la povertà è in aumento. La Caritas ha più volte sollecitato il governo a rivedere queste misure, per garantire che nessuno venga lasciato indietro, e a ripristinare un sistema universale di sostegno che copra tutti i cittadini in difficoltà.

Un team di giornalisti altamente specializzati che eleva il nostro quotidiano a nuovi livelli di eccellenza, fornendo analisi penetranti e notizie d’urgenza da ogni angolo del globo. Con una vasta gamma di competenze che spaziano dalla politica internazionale all’innovazione tecnologica, il loro contributo è fondamentale per mantenere i nostri lettori informati, impegnati e sempre un passo avanti.

Demografica

Russia, multe a chi promuove una propaganda child free

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Il presidente russo Vladimir Putin

In Russia è vietata la propaganda child free. Il provvedimento è stato votato ieri, martedì 12 novembre, dalla camera bassa del parlamento russo. Con il parere favorevole all’unanimità il provvedimento sarà legge e prevede il divieto di quella che le autorità hanno definito una “propaganda perniciosa a favore di uno stile di vita senza figli”, nella speranza di rilanciare un tasso di natalità in calo.

E sono previste anche multe per chi contravviene e promuoverà “uno stile di vita Occidentale”, contro i valori tradizionali della famiglia.

La natalità in Russia

Il tasso di natalità in Russia è arrivato, lo scorso settembre, ad essere il più basso degli ultimi 25 anni. Dai dati ufficiali pubblicati è emerso che nascono meno bambini, mentre aumentano i tassi di mortalità con la guerra di Mosca in Ucraina. Il Cremlino ha definito le cifre “catastrofiche per il futuro della nazione”.

Il numero di neonati nella prima metà del 2024 è stato pari a circa 599.600 bambini, 16.000 in meno rispetto alla prima metà del 2023 e il numero più basso dal 1999. Il numero di decessi è aumentato di 49.000. Tuttavia, l’immigrazione è aumentata del 20%.

Il presidente Vladimir Putin ha, così, incoraggiato le donne ad avere almeno tre figli, dicendo che ciò aiuterà a garantire il futuro dei russi e del Paese. Ma a pesare sulle scelte delle donne ci sarebbero i “valori tradizionali dell’Occidente” che promuovono una propaganda child free.

Il provvedimento si unisce alle restrizioni alla libertà di espressione, al divieto di relazioni omosessuali e al divieto di adozione da parte di coppie formate da due persone dello stesso sesso o all’estero (Italia compresa, la cui sospensione di adozioni internazionali con la Russia risale già al 2022 da parte del Bel Paese).

Multe in arrivo

Cosa succede a chi promuove una vita senza figli? Le multe saranno fino a 400mila rubli (3.840 euro) per i cittadini, 800mila (7.680 euro) per i funzionari pubblici e fino a 5 milioni di rubli (47.992 euro) per enti giuridici.

“Stiamo parlando di proteggere i cittadini, in primo luogo le giovani generazioni, dalle informazioni diffuse dai media che hanno un impatto negativo sulla formazione della personalità delle persone”, ha affermato Vyacheslav Volodin, presidente della Camera bassa e alleato di Putin. “Bisogna fare tutto il possibile per garantire che le nuove generazioni dei nostri cittadini crescano incentrate sui valori tradizionali della famiglia”.

Per il World Factbook della Cia, la Russia rientra tra i 40 Paesi col tasso di natalità più basso nel 2023: circa 9,22 ogni 1.000 abitanti. Nei prossimi 20 anni, sostiene l’agenzia di statistica statale Rosstat, la popolazione passerà da 146,1 milioni di abitanti a 130 milioni. Il presidente russo aveva proclamato il 2024 come “anno della famiglia”: ma qualcosa sembra essere andato storto.

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Una mamma su quattro si addormenta mentre allatta il...

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Allattare Al Seno Canva

Un quarto delle madri che allattano al seno ammette di addormentarsi mentre il neonato è impegnato a nutrirsi. Un comportamento che, purtroppo, può aumentare i rischi di soffocamento e di sindrome della morte improvvisa del lattante (SIDS). A rilevarlo è una ricerca condotta dal team dell’Università della Virginia a Charlottesville, che ha evidenziato che quando un bambino si addormenta in ambienti con cuscini morbidi e spazi angusti, come quelli di divani, poltrone o letti, il rischio di improvvisa morte aumenta significativamente.

Nell’80% dei casi, le madri non avevano intenzione di addormentarsi, ma è accaduto spontaneamente.

Lo studio

La dottoressa Fern Hauck, ricercatrice e esperta di sonno sicuro presso l’Università della Virginia Health and School of Medicine, ha spiegato che “mentre il fatto di addormentarsi quando si allatta non è sorprendente di per sé, ciò che è allarmante è che la maggior parte delle madri non aveva pianificato di addormentarsi, creando quindi un ambiente potenzialmente pericoloso per il bambino mentre entrambi dormivano”.

Il team di ricerca, infatti, ha sottolinea l’importanza di educare i genitori sui rischi legati al sonno durante l’allattamento e sulla necessità di pianificare lo spazio in cui il bambino si trova. “È essenziale preparare l’ambiente per garantire che la via respiratoria del bambino rimanga libera“, ha aggiunto la dottoressa Hauck.

Ciò include la rimozione di cuscini e coperte, per evitare che il neonato possa trovarsi in una posizione pericolosa.

Lo studio si basa su un’indagine condotta su 1.250 neomamme intervistate in 16 ospedali negli Stati Uniti. I bambini avevano tra i 2 e i 3 mesi al momento dell’intervista. Più del 28% delle donne ha dichiarato di essersi addormentata “a volte” o “solitamente” durante l’allattamento nelle due settimane precedenti alla rilevazione.

Molte mamme che si sono addormentate durante l’allattamento hanno scelto di farlo su un divano o su una poltrona, piuttosto che sul letto, per cercare di evitare di addormentarsi. Tuttavia, spesso questa precauzione non ha funzionato.

L’importanza della posizione e delle raccomandazioni ufficiali

Le raccomandazioni attuali dell’American Academy of Pediatrics (Aap) non supportano la condivisione del letto con un neonato, per evitare il rischio di rotolarsi sopra il bambino o che quest’ultimo si ritrovi intrappolato nei cuscini o nelle coperte.

Lo studio ha mostrato che le probabilità di addormentarsi durante l’allattamento sono molto più alte quando il bambino è nel letto (circa il 34% dei casi) rispetto a quando è su un divano o una poltrona (circa il 17%).

Tuttavia, le linee guida sottolineano anche che se la madre teme di addormentarsi, il letto è un posto relativamente più sicuro rispetto a un divano o una poltrona. La questione principale, spiegano i ricercatori, è trovare soluzioni per aiutare le mamme ad evitare il sonno mentre allattano, specialmente quando sono particolarmente stanche.

Soluzioni pratiche e consapevolezza

“È importante venire incontro alle esigenze delle famiglie e aiutarle a pianificare un programma per l’allattamento e il sonno che funzioni per loro e che sia il più sicuro possibile”, ha affermato la dottoressa Ann Kellams, pediatra e specialista in medicina dell’allattamento presso il dipartimento di Health Children’s dell’Università della Virginia. “I nostri dati suggeriscono che troppi incidenti di sonno non sono pianificati, quindi è fondamentale discutere di come gestire l’allattamento quando si è molto stanchi“.

L’educazione delle madri sui pericoli potenziali legati al sonno durante l’allattamento è cruciale, affermano i ricercatori. “Speriamo che i genitori di neonati pensino proattivamente a cosa potrebbe accadere nel mezzo della notte”, ha concluso la dottoressa Rachel Moon, pediatra e esperta di sonno sicuro. “Allattare il proprio bambino nel letto è più sicuro che farlo su un divano o una poltrona, se si rischia di addormentarsi”.

Lo studio, che è stato pubblicato nel numero di novembre della rivista Pediatrics, invita quindi le famiglie a riflettere sui rischi e a prendere precauzioni per garantire un sonno sicuro per il neonato, senza compromettere la sicurezza durante i momenti di allattamento.

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Un quarto delle madri che allattano al seno ammette di addormentarsi mentre il neonato è impegnato a nutrirsi. Un comportamento che, purtroppo, può aumentare i rischi di soffocamento e di sindrome della morte improvvisa del lattante (SIDS). A rilevarlo è una ricerca condotta dal team dell’Università della Virginia a Charlottesville, che ha evidenziato che quando un bambino si addormenta in ambienti con cuscini morbidi e spazi angusti, come quelli di divani, poltrone o letti, il rischio di improvvisa morte aumenta significativamente.

Nell’80% dei casi, le madri non avevano intenzione di addormentarsi, ma è accaduto spontaneamente.

Lo studio

La dottoressa Fern Hauck, ricercatrice e esperta di sonno sicuro presso l’Università della Virginia Health and School of Medicine, ha spiegato che “mentre il fatto di addormentarsi quando si allatta non è sorprendente di per sé, ciò che è allarmante è che la maggior parte delle madri non aveva pianificato di addormentarsi, creando quindi un ambiente potenzialmente pericoloso per il bambino mentre entrambi dormivano”.

Il team di ricerca, infatti, ha sottolinea l’importanza di educare i genitori sui rischi legati al sonno durante l’allattamento e sulla necessità di pianificare lo spazio in cui il bambino si trova. “È essenziale preparare l’ambiente per garantire che la via respiratoria del bambino rimanga libera“, ha aggiunto la dottoressa Hauck.

Ciò include la rimozione di cuscini e coperte, per evitare che il neonato possa trovarsi in una posizione pericolosa.

Lo studio si basa su un’indagine condotta su 1.250 neomamme intervistate in 16 ospedali negli Stati Uniti. I bambini avevano tra i 2 e i 3 mesi al momento dell’intervista. Più del 28% delle donne ha dichiarato di essersi addormentata “a volte” o “solitamente” durante l’allattamento nelle due settimane precedenti alla rilevazione.

Molte mamme che si sono addormentate durante l’allattamento hanno scelto di farlo su un divano o su una poltrona, piuttosto che sul letto, per cercare di evitare di addormentarsi. Tuttavia, spesso questa precauzione non ha funzionato.

L’importanza della posizione e delle raccomandazioni ufficiali

Le raccomandazioni attuali dell’American Academy of Pediatrics (Aap) non supportano la condivisione del letto con un neonato, per evitare il rischio di rotolarsi sopra il bambino o che quest’ultimo si ritrovi intrappolato nei cuscini o nelle coperte.

Lo studio ha mostrato che le probabilità di addormentarsi durante l’allattamento sono molto più alte quando il bambino è nel letto (circa il 34% dei casi) rispetto a quando è su un divano o una poltrona (circa il 17%).

Tuttavia, le linee guida sottolineano anche che se la madre teme di addormentarsi, il letto è un posto relativamente più sicuro rispetto a un divano o una poltrona. La questione principale, spiegano i ricercatori, è trovare soluzioni per aiutare le mamme ad evitare il sonno mentre allattano, specialmente quando sono particolarmente stanche.

Soluzioni pratiche e consapevolezza

“È importante venire incontro alle esigenze delle famiglie e aiutarle a pianificare un programma per l’allattamento e il sonno che funzioni per loro e che sia il più sicuro possibile”, ha affermato la dottoressa Ann Kellams, pediatra e specialista in medicina dell’allattamento presso il dipartimento di Health Children’s dell’Università della Virginia. “I nostri dati suggeriscono che troppi incidenti di sonno non sono pianificati, quindi è fondamentale discutere di come gestire l’allattamento quando si è molto stanchi“.

L’educazione delle madri sui pericoli potenziali legati al sonno durante l’allattamento è cruciale, affermano i ricercatori. “Speriamo che i genitori di neonati pensino proattivamente a cosa potrebbe accadere nel mezzo della notte”, ha concluso la dottoressa Rachel Moon, pediatra e esperta di sonno sicuro. “Allattare il proprio bambino nel letto è più sicuro che farlo su un divano o una poltrona, se si rischia di addormentarsi”.

Lo studio, che è stato pubblicato nel numero di novembre della rivista Pediatrics, invita quindi le famiglie a riflettere sui rischi e a prendere precauzioni per garantire un sonno sicuro per il neonato, senza compromettere la sicurezza durante i momenti di allattamento.

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