Delmastro replica a polemiche per frasi su auto blindata 41-bis: “E’ alla mafia che non diamo respiro”
Critiche dalle opposizioni per le parole del sottosegretario alla Giustizia durante la presentazione della nuova autovettura blindata per il trasporto dei detenuti
"Ci mancherebbe altro che diamo respiro alla mafia e alla criminalità organizzata". A quanto apprende l'Adnkronos, il sottosegretario alla Giustizia Andrea Delmastro replica così alle polemiche per le affermazioni, pronunciate ieri durante la presentazione della SsangYong Rexton Dream e-XDi220, la nuova autovettura blindata con cellula detentiva che il Dipartimento dell'Amministrazione Penitenziaria ha fatto realizzare per il trasporto di detenuti al regime del 41-bis e di alta sicurezza.
Le parole di Delmastro
Nel corso della presentazione, ieri nel piazzale antistante l’ingresso del Dap, Delmastro aveva sottolineato in un passaggio dell'intervento: "L'idea di veder sfilare questo potente mezzo, che dà il prestigio, con il gruppo operativo mobile sopra, far sapere ai cittadini chi sta dietro a quel vetro oscurato, come noi sappiamo trattare chi sta dietro quel vetro oscurato, come noi incalziamo chi sta dietro quel vetro oscurato, come noi non lasciamo respirare chi sta dietro quel vetro oscurato, è una intima gioia per il sottoscritto e credo che, in una visione molto semplificata dell'esistenza, sia una gioia per tutti i ragazzi che vogliono scegliere di servire lo Stato e possono e debbono scegliere di servirlo con la divisa della Penitenziaria come prima scelta perché ne valorizzeremo le sue specializzazioni".
Bufera sui social
Parole che, rimbalzate sui social, hanno scatenato la reazione da parte dei partiti di opposizione con richieste di dimissioni e l'annuncio da parte di Iv di una mozione di censura con richiesta di dimissioni per le parole sui detenuti.
Il giorno in cui il sottosegretario Del Mastro si vergognerà sarà comunque troppo tardi. Ma intanto che si dimetta. Subito. Sono parole vergognose, orribili, indegne di un uomo che dovrebbe rispettare la Costituzione e lo Stato di diritto https://t.co/jaLMWOHybK
— Matteo Renzi (@matteorenzi) November 15, 2024
Ma che, secondo il sottosegretario, erano invece strettamente collegate alla lotta alla criminalità organizzata: "Ci mancherebbe altro che diamo respiro alla mafia", la replica, a quanto si apprende, di Delmastro. E da parte del sottosegretario filtra anche "amarezza per il fatto che fino a oggi nessuno ha pensato di dotare questo gruppo specifico di questo tipo di auto che consente il trasporto in sicurezza" di detenuti al 41 bis.
Donzelli: "Da sinistra polemiche surreali per indebolire 41 bis"
"Le parole di Delmastro nel presentare le vetture per il trasferimento di mafiosi e terroristi a regime di carcere duro hanno il chiarissimo significato di non dare tregua e fiato ai mafiosi al 41 bis e quindi alla criminalità organizzata nel suo complesso" scrive in una nota il deputato e responsabile organizzazione di Fratelli d’Italia, Giovanni Donzelli. "La sinistra solleva polemiche surreali per cercare ancora una volta di inquinare il dibattito politico per indebolire la difesa del 41 bis da parte del governo Meloni. Siamo invece orgogliosi di non aver lasciato fiato alla criminalità organizzata, di non aver dato tregua ai mafiosi e di continuare a portare avanti una lotta alla mafia determinata e senza tentennamenti".
Politica
Autonomia, Guzzetta (Clep): “Sui lep non cambia...
Il costituzionalista membro del Comitato sui lep: 'Per quelle funzioni che non richiedono i lep si può procedere fin da subito. Se no dpcm per lep allora neanche per lea?'
"La Corte costituzionale ha spazzato il campo da quelle contestazioni generali e preliminari sulla legittimità dell'articolo 116 della Costituzione. Quindi l'Autonomia differenziata non contrasta con i principi fondamentali dell'ordinamento costituzionale". E' fiducioso Giovanni Guzzetta, professore di diritto costituzionale all'università di Roma Tor Vergata, che da membro del Comitato per l'individuazione dei livelli essenziali di prestazioni (Clep), sulle anticipazioni della sentenza sulla legge Calderoli provenienti da Palazzo della Consulta afferma: "Per quanto riguarda i lep dal punto di vista del lavoro del Clep non cambia nulla, perché noi già stiamo lavorando sulle singole funzioni all'interno delle materie ed il lavoro istruttorio non ha motivo di fermarsi".
L'ex presidente della Corte costituzionale Cesare Mirabelli in base all'orientamento dei giudici costituzionali ammonisce però sulle macro funzioni che equivalgono a trasferire materie... "Noi lavoriamo per singole funzioni, non macro - ribatte il costituzionalista - Poi quale è il confine fra la funzione, la macro funzione e la materia, potrà definirlo la Corte". "Ovviamente alla luce della sentenza il legislatore dovrà ridefinire il veicolo normativo attraverso cui disciplinare i lep nell'ordinamento - precisa - ma il lavoro che stiamo facendo resta inalterato. Anzi siccome la Corte ha detto che non sono attribuibili le singole materie ma solo singole funzioni, per quelle funzioni che non richiedono i lep si può procedere fin da subito".
Guzzetta esprime dei dubbi sull’interpretazione del comunicato sulla sentenza della Corte relativa all’affermazione che il Parlamento può modificare l'intesa tra governo e regione con emendamenti. "Non si capisce se, una volta approvata, la legge emendata dal Parlamento entri in vigore (potendosi solo aprire un nuovo negoziato per una nuova intesa) o se invece il procedimento si interrompa e si possa ritornare al tavolo negoziale; Rimane da capire anche, qual è il destino di quei decreti già vigenti con cui in passato sono stati identificati i livelli essenziali, ad esempio in materia di assistenza sanitaria. L'orientamento toccherà quindi anche i Lea? Sicuramente la motivazione della sentenza chiarirà molti dubbi".
Certo è che "il processo non si è arrestato, si tratta di adeguarsi a quanto richiesto dalla Corte. E siccome il termine che si era data la legge Calderoli è 24 mesi, c'è tutto il tempo di rifare una nuova legge delega rispettando le indicazioni della Corte e nello stesso tempo approvare entro 24 mesi gli stessi decreti, tanto più che si può continuare a svolgere attività istruttoria sui costi e fabbisogni standard che sono il presupposto per individuare i lep", conclude il costituzionalista.
Politica
Centinaio: “Solidarietà a Di Giuseppe, anche io sotto...
Il vicepresidente del Senato commenta all'Adnkronos l'arresto di un uomo che aveva fabbricato un tubo bomba nella fabbrica del deputato italiano
“Esprimo la massima solidarietà a un collega che conosco, di cui conosco il grande lavoro e la serietà con cui lo fa. Mi rivedo nel suo modo di operare: quando ricopri un ruolo pubblico e vai a toccare questioni scomode o rischiose, finisci per dover limitare la tua libertà personale". A palare con l’Adnkronos è Gian Marco Centinaio, vicepresidente del Senato e già sottosegretario poi ministro delle Politiche agricole alimentari. Il senatore leghista commenta la notizia dell’arresto di un dipendente di una società di Andrea Di Giuseppe, deputato di Fratelli d’Italia eletto nella circoscrizione Centro e Nord America, dopo il ritrovamento di un tubo-bomba all’interno di uno stabilimento poco prima della visita del deputato. Di Giuseppe è sotto tutela da un anno e mezzo dopo aver denunciato un giro milionario di visti e passaporti falsi.
“Anche io come Di Giuseppe affronto i problemi a viso aperto e cerco di risolverli. Questo mi ha portato a vivere sotto scorta”, prosegue Centinaio, che ha ricevuto minacce di morte, buste con proiettili recapitate a casa e lettere intimidatorie sull’auto della moglie. “In parte ero abituato perché da ministro la scorta era una componente dell’incarico istituzionale. Ma alla fine del mandato la tutela è scattata per una serie di eventi diversi, e gestire questa situazione diventa più difficile, quando pensi che potrebbero essere minacciati tuo figlio, tua moglie, tua madre o altri membri della famiglia. Per questo quando sento che c’è qualcuno che subisce minacce di questo tipo, il pensiero va immediatamente a quello che sta passando, e la solidarietà è il primo sentimento”, conclude.
Politica
Ordigno nello stabilimento del deputato italiano, arrestato...
Il tubo bomba è stato trovato nel giorno della visita allo stabilimento del parlamentare di Fratelli d'Italia, eletto nella circoscrizione Centro e Nord America e già sotto scorta
Sventato un attentato nella fabbrica di Andrea Di Giuseppe, il deputato italiano di Fratelli d'Italia eletto nella circoscrizione Centro e Nord America, sotto scorta da un anno e mezzo? L’ufficio dello sceriffo della Contea di Highlands, in Florida, ha annunciato di aver arrestato James Wayne Phillips, di 37 anni, dipendente di una società di proprietà di Di Giuseppe. I colleghi dello stabilimento di Sebring, cittadina a meno di 300 km da Miami, hanno trovato nel suo armadietto un tubo-bomba (pipe bomb) parzialmente completato, e hanno chiamato le forze di polizia.
“L'ordigno è un tubo metallico con il fondo chiuso e la parte superiore filettata, chiuso con un dado rimovibile con biglie di acciaio all'interno e con altre caratteristiche che ne garantiscono l'efficacia se usato come arma esplosiva”, hanno fatto sapere dall’ufficio dello sceriffo. Data la natura dell'ordigno, è stata chiesta l'assistenza di esperti di esplosivi per le indagini. Un artificiere della Divisione dei Vigili del Fuoco ha esaminato l'ordigno e ha dichiarato che, anche se non conteneva al momento esplosivi, aveva le caratteristiche di un ordigno esplosivo. I colleghi di Phillips hanno detto che l’oggetto non era associato al suo lavoro e che non era autorizzato a usare la saldatrice usata per costruirlo. L’uomo è ora accusato del reato di fabbricazione di ordigni esplosivi, un “second degree felony”, che nello stato della Florida può portare a condanne fino a 15 anni di reclusione.
A quanto risulta all’Adnkronos, Di Giuseppe doveva visitare l’impianto proprio ieri, prima dell’arresto del dipendente. Il deputato è sotto protezione delle forze dell’ordine dal 2023, quando con una serie di denunce ha scoperchiato un sistema di compravendita di visti e passaporti in diversi consolati italiani. Dopo i suoi esposti alla Guardia di Finanza, ha iniziato a subire minacce e intimidazioni.