(dall'inviata Elvira Terranova) - Ancora un processo per il depistaggio sulle indagini sulla strage di via D’Amelio. E, ancora una volta, alla sbarra ci sono dei poliziotti, accusati questa volta di aver reso false dichiarazioni nel corso delle loro deposizioni in qualità di testi nel processo sul depistaggio che si era concluso, in appello, con la prescrizione del reato di calunnia per i tre colleghi poliziotti imputati. Tutti facevano parte del Gruppo investigativo ‘Falcone e Borsellino’, che era stato creato dopo le stragi per fare luce sulle uccisioni dei due giudici e degli agenti di scorta. La decisione è arrivata oggi con il rinvio a giudizio di Giuseppe Di Gangi, Vincenzo Maniscaldi, Angelo Tedesco e Maurizio Zerilli. Quasi tutti in pensione. "L'udienza preliminare, nonostante le modifiche della Cartabia, non ha determinato alcun reale esame del merito delle singole accuse e delle singole responsabilità. Dopo 10 anni di sottoposizione ad indagini a vario titolo, il mio assistito affronterà anche il calvario del processo, vera pena per tutti i cittadini esenti da responsabilità", dice all’Adnkronos l’avvocato Giuseppe Seminara, che difende il sovrintendente Giuseppe Di Gangi, prima di lasciare il Tribunale di Caltanissetta.
Il Gup David Salvucci ha accolto in pieno la richiesta di rinvio a giudizio del pm Maurizio Bonaccorso che oggi lascia la Procura di Caltanissetta per fare ritorno a Palermo. I poliziotti, tutti presenti in aula, dopo la decisione del gup Salvucci non hanno voluto dire nulla. Ma sulle loro facce si leggeva una grande delusione. “Restiamo convinti della insussistenza del reato di depistaggio che viene contestato ai miei assistiti", ha invece detto l’avvocata Maria Giambra, che difende Zerilli e Tedesco.
Nell’ultima udienza i difensori dei quattro poliziotti avevano più volte ribadito che gli imputati "Non hanno mai depistato", che "non hanno mai mentito al processo", che "sono servitori dello Stato", ma, soprattutto, che i poliziotti del Gruppo investigativo Falcone e Borsellino erano "l'ultimo chiodo della ruota di un carro che muove qualcun altro...". Davanti al gup del Tribunale di Caltanissetta avevano spiegato perché i poliziotti, tra di loro già in pensione, "non devono andare a processo", come chiesto, invece, dalla Procura. Per i 4 poliziotti, era stato chiesto il "non luogo a procedere perché il fatto non sussiste", o "in subordine, alla riqualificazione della condotta, in falsa testimonianza". "Non possiamo parlare di depistaggio su vicende già 'depistate'. Il depistaggio si è verificato allora. E' come se volessimo resuscitare oggi un fatto che già si è verificato e si è consumato. E su quel fatto ci sono stati processi a rimedio", aveva detto l’avvocato Maria Giambra che difende Maurizio Zerilli e Angelo Tedesco.
Il pm aveva accusato gli imputati di 'malafede, reticenze e false dichiarazioni'
"Se le false dichiarazioni che vengono addebitate agli imputati attengono ai fatti relativi alla strage di via D'Amelio e quindi a fatti che riguardano le indagini svolte e nei processi celebrati, come potrebbero oggi nel processo Bo depistare un processo e indagini che non solo sono state a loro tempo depistate, dalle quali sono derivati tre processi, che sono frutto del depistaggio e genesi di ulteriore depistaggio?", aveva spiegato la legale. "Nel momento in cui si sono celebrati quei processi - diceva ancora - il falso quadro che era stato costruito in sede di indagini entra nel processo e si sostiene nei processi. Il depistaggio c'è stato nel momento in cui le indagini sono state indirizzate verso falsi elementi investigativi. Sulla base di quelle indagini si sono concentrati tre processi e il depistaggio ha portato alla condanna ingiusta di persone".
Nel corso dell'udienza preliminare, il pm Bonaccorso aveva accusato di poliziotti "di malafede, reticenze e false dichiarazioni". ''Agli imputati vengono contestate una serie di condotte che si concretizzano in false dichiarazioni e reticenze, secondo l'impostazione accusatorie mascherate da 'non ricordo'", aveva detto il pm Maurizio Bonaccorso nel suo intervento, concluso con la richiesta di rinvio a giudizio. Ma le difese avevano respinto tutte le accuse. Sotto la lente di ingrandimento, tra l’altro, una relazione di servizio, redatta da Maurizio Zerilli e trovata solo un anno fa, quasi per caso. "Se il rinvenimento di questi documenti può costituire, dal punto di vista del pm, una conferma al depistaggio, sulla posizione del poliziotto Maurizio Zerilli che refluenza può avere? Zerilli che consegna l'annotazione di servizio al proprio dirigente e poi il dirigente ritiene di non trasmetterla. E non ci interessa la ragione per la quale quella annotazione non fu trasmessa. Zerilli è l'ultimo chiodo di una ruota di un carro che muove qualcun altro", spiegava la legale. "Maurizio Zerilli e Angelo Tedesco (due dei quattro poliziotti imputati ndr) nel 1994 erano giovanissimi poliziotti, uno appena 20enne e uno 30enne. L'annotazione non è stata trovata in un ufficio, l'hanno trasmessa al dirigente. Cosa ha fatto Arnaldo La Barbera, l'allora dirigente, e le ragioni, lo ribadisco, non le conosciamo. Permettetemi di dire che sulla posizione di Zerilli, sono ininfluenti". Insomma, i poliziotti sarebbero stati l’ultima ruota del carro. Ma chi muoveva quelle fila?
Mentre l'avvocato Giuseppe Panepinto, legale dell'ispettore Vincenzo Maniscaldi, aveva spiegato che "è documentalmente provato che quanto dichiarato dall'ispettore Vincenzo Maniscaldi è sempre stato vero". "Non solo non c'è una ipotesi di condanna ma non doveva essere neppure formulato il capo di imputazione", aggiungeva. "Non c'è alcuna falsa dichiarazione nell'annotazione", diceva il legale". "Sulla base del dato documentale è evidente e provato che Maniscaldi non ha mai negato il vero, non ha mai dichiarato il falso- spiegava l'avvocato Panepinto - già oggi siamo nelle condizioni di dire che sarebbe ingiusto un processo per una posizione già documentata. Il pm avrebbe dovuto chiedere l'archiviazione per Maniscaldi perché le sue dichiarazioni avevano lo scopo di ricostruire la verità". Invece, oggi il gup ha ritenuto che Maniscaldi e gli altri non avrebbero detto il vero. "Sotto il profilo oggettivo -aveva detto - c'è la prova della veridicità delle dichiarazioni rese da Maniscaldi e la insussistenza di qualunque condotta ipotizzata dal pm". Per poi aggiungere: “Se depistaggio c'è stato è stato quello di Vincenzo Scarantino", il falso pentito che con le sue dichiarazioni ha fatto condannare degli innocenti. Per l’avvocato Seminara "Di Gangi è un servitore dello Stato che per 40 anni, da agente fino a diventare Sovrintendente capo, continua la progressione della carriera proporzionata, all'interno di una vicenda che ha riguardato non solo gli appartenenti alle forze di Polizia ma anche la magistratura. Di Gangi ha ricevuto encomi, ha partecipato all'arresto di latitanti, ha svolto con onore il suo servizio per 40 anni, è esente di qualunque pregiudizio penale"
Ma il pm Bonaccorso aveva parlato con insistenza, durante l’udienza preliminare, di “assoluta malafede dei testimoni che hanno fatto parte del Gruppo Falcone e Borsellino, nel processo Borsellino quater”. “Abbiamo Borsellino uno, bis e ter prima di Spatuzza e dopo Spatuzza abbiamo il Borsellino quater e depistaggio. Se andiamo ad esaminare le dichiarazioni dei poliziotti nei primi tre tronconi quando ancora non si era il smantellato il castello di menzogne, abbiamo dei testimoni tranquilli e sereni che rendono dichiarazioni che dopo scopriremo essere totalmente false”, aveva detto il pm.
Mentre l’avvocato di parte civile, Fabio Trizzino, che rappresenta i figli del giudice Paolo Borsellino, nonché marito di Lucia Borsellino, figlia maggiore del magistrato ucciso in via D’Amelio, nella discussione si era rivolto direttamente ai quattro poliziotti: “Avete visto che stavano creando il mostro (Scarantino ndr) e avete taciuto. Poi, quando finalmente l’impostura si è disvelata, dovevate darci una mano. Dovevate dirci quello che avete visto, quello che i vostri colleghi hanno commesso. Alcuni hanno mentito in maniera spudorata. Abbiamo assistito a momenti in cui avete umiliato i vostri colleghi, la memoria dei vostri colleghi”. Oggi, invece, non ha voluto commentare il rinvio a giudizio.
“Chi ha partorito il depistaggio lo ha fatto nel momento in cui ha deciso di accelerare la strage- aveva detto il legale - L’agenda rossa non l’hanno presa né Zerilli né Di Gangi o Maniscaldi. E’ stata fatta sparire da chi aveva da temere qualcosa. Però non ci avete aiutato, ci avete umiliato. E questo a mio giudizio è grave. Vi siete accorti e avete coperto”. Per Trizzino il depistaggio “è iniziato alle 17 del 19 luglio 1992. Loro sono stati chiamati a fare parte di un abominio. Ciascuno è entrato, ha fatto il suo. Siccome sono validi poliziotti, sono convinto che si sono resi conto di quello che stavano facendo”. Spetta adesso al Tribunale di Caltanissetta stabilire se davvero i quattro poliziotti hanno depistato le indagini, come sostiene la Procura nissena, oppure avrebbero detto la verità, come continuano a ripetere i legali.
Cronaca
Progetto Giovani debutta in Tv con la sitcom ‘Ho...
L'Istituto nazionale tumori di Milano diventa un set. Dal 18 novembre su Mediaset una serie scritta e recitata dagli adolescenti che combattono il cancro
C'è il latin lover di natura, chi è già influencer, c'è il musicista in erba e chi incarna debolezze, vizi e virtù: l'agofobico, la viziata, la problem solver. Scene di adolescenza che la malattia non può cambiare, nemmeno il cancro. Le racconta 'Ho preso un granchio', sitcom scritta e recitata dai ragazzi del Progetto Giovani dell'Istituto nazionale tumori (Int) di Milano. Avviato nel 2011 con l'obiettivo di creare e promuovere un modello di assistenza su misura per chi affronta una patologia oncologica nell'età più difficile, il 18 novembre il progetto debutterà in Tv su Mediaset con la serie realizzata in collaborazione con Mediafriends e con il supporto della Fondazione Bianca Garavaglia Ets. Sette episodi di 7 minuti l'uno, girati in un set speciale: l'Ambulatorio di oncologia pediatrica dell'Int, dove tutto è nato.
Ai teenager colpiti da un cancro - 'apolidi' troppo grandi per essere curati come bambini, non abbastanza per essere trattati come adulti - Progetto Giovani vuole dare una casa, una 'terra di mezzo' tra l'oncologia pediatrica e l'oncologia tout court, offrendo spazi di espressione creativa che permettono di elaborare e condividere le emozioni complesse legate al percorso di cura. Tante le iniziative artistiche firmate in questi anni dai ragazzi di Andrea Ferrari, l'oncologo pediatra coordinatore di Progetto Giovani: canzoni diventate 'hit', incursioni nel mondo della moda, esperienze di scrittura e fotografia. Adesso anche la televisione, nuova avventura, stessa filosofia: parlare di paure e speranze con sincerità e ironia.
"La qualità della vita è una componente essenziale - sottolinea Ferrari - tanto quanto la qualità della cura. Per questo abbiamo riservato ai nostri pazienti adolescenti spazi esclusivi dove possono partecipare a progetti che utilizzano percorsi artistici e creativi per permettere loro di raccontarsi, di esprimere paure, speranze e sogni. Questi progetti, che richiedono diversi mesi di realizzazione, offrono ai ragazzi un obiettivo verso cui tendere, una prospettiva di futuro". E intanto "servono a porre l'attenzione sulle peculiarità mediche dei pazienti adolescenti, che hanno meno probabilità dei bambini di essere curati nei centri di eccellenza e nei protocolli clinici - evidenzia Maura Massimino, direttore della Divisione di Oncologia pediatrica dell'Int - e per diverse neoplasie hanno meno problemi di guarire dei pazienti più piccoli".
La nuova sitcom "è stato un progetto meraviglioso - testimonia Ferrari - I ragazzi sono stati sceneggiatori e attori. E' stato divertente, impegnativo e, soprattutto, un momento di unione e condivisione". Supervisionati da un team multidisciplinare, i ragazzi sono stati protagonisti di ogni fase creativa del progetto. Ogni episodio affronta un aspetto della vita in ospedale, dalle difficoltà di chi arriva in reparto odiandolo per poi scoprire una seconda famiglia, alla festa a base di sushi organizzata alle spalle dei medici. "Forse sorprenderanno i temi che abbiamo scelto di raccontare - dicono Edoardo e Marta - ma in realtà sono proprio quelli che per un ragazzo della nostra età contano sul serio: come ti vedi allo specchio, come ti sai o non ti sai relazionare ai tuoi amici, alle ragazze con cui vorresti provarci, ma non hai il coraggio di farlo". Partire da storie vere e "renderle comunicabili agli altri, ridendoci sopra", aggiunge Marco. "La sitcom - spiega - ci ha permesso di affrontare tematiche che, per noi, leggere e ironiche purtroppo non sono. Non è facile raccontare la propria storia di malattia, gli ostacoli che ogni giorno abbiamo affrontato o che ancora dobbiamo affrontare. Possiamo dire, in questo senso, che è stato davvero terapeutico".
'Ho preso un Granchio' debutterà lunedì in seconda serata su La 5, il canale 30 del digitale terrestre, con un episodio della serie arricchito dalla partecipazione straordinaria di Aldo, Giovanni e Giacomo, che verrà riproposto il giorno successivo alle 17 su Cine34, spiega una nota.
Tutte e 7 le storie, che vedono protagonisti 25 ragazzi tra i 15 e i 24 anni, saranno invece visibili su Mediaset Infinity. Una campagna di sensibilizzazione sul tema dei giovani oncologici che durerà un anno e che sarà disponibile per tutto questo arco di tempo, gratuitamente, su Mediaset Infinity, in una sezione arricchita da contenuti extra, realizzati sempre dai protagonisti.
Anche il programma di Italia 1 'Le Iene', attraverso i propri canali social, sarà parte attiva nel sostenere il Progetto Giovani dell'Int, che rappresenta un modello di eccellenza nell'oncologia adolescenziale, considerando la cura come un percorso che va oltre il trattamento clinico e includendo strumenti innovativi per migliorare la qualità della vita e favorire la resilienza.
Cronaca
Covid Italia oggi, 2.631 casi e 86 morti: bollettino ultima...
Contagi in calo e tasso di positività scende dal 6% al 4%. Le vaccinazioni non decollano: lo ha fatto solo il 2% della popolazione a rischio
Casi e morti Covid ancora in calo nell'ultima settimana in Italia. Dal 7 novembre al 13 novembre sono stati registrati 2.631 casi, in diminuzione rispetto ai 3.911 della settimana precedente. I decessi sono stati 86, 10 in meno rispetto ai 96 della settimana precedente. E' quanto indica il bollettino diffuso sul sito del ministero della Salute. A fronte di 66.289 tamponi (erano 65.685 la settimana prima), il tasso di positività scende dal 6% al 4%.
La Lombardia è la regione che in valori assoluti riporta più nuovi positivi (712 contro 1.019 contro della settimana precedente).
Non si vaccina più nessuno: meno del 2% da inizio campagna 2024
Intanto le vaccinazioni Covid non decollano. In totale - secondo i dati pubblicati sulla pagina del Governo dedicata - dall'inizio della campagna 2024-2025 ad oggi sono state somministrate 281.964 dosi, nell'ultima settimana 62.261. Un andamento 'lumaca' rispetto ad esempio all'antinfluenzale che fa registrare numeri più grandi in molte regioni (in Lombardia già 1,3 milioni di vaccinati, nel Lazio 713mila), con dati in rialzo rispetto allo scorso anno.
Perché la campagna di prevenzione contro il Covid non decolla? "I dati ci dicono che, nonostante 3mila decessi per Covid nel 2024, le persone al momento si vaccinano poco. Se i candidabili all'immunizzazione, tra anziani, fragili e immunocompromessi, si stimano in 18 milioni di soggetti, ad oggi meno del 2% si ha fatto il vaccino anti-Covid". E' la risposta all'Adnkronos Salute di Massimo Andreoni, direttore scientifico della Simit, la Società italiana di malattie infettive e tropicali.
Secondo Andreoni, "un certo numero di persone non si vaccina perché ha fatto la malattia durante l'estete quando c'è stato un rialzo di casi". Comunque "al momento la campagna vaccinale per il Covid non sembrerebbe essere un successo, anzi. Si sta salvando un po' quella antinfluenzale. Ma i conti - precisa - poi si faranno alla fine".
Economia
Bonus Natale 2024 anche ai disoccupati: requisiti e...
Anche i neo disoccupati possono ottenere il bonus Natale in presenza dei requisiti, così come aggiornati dal DL n. 167 del 14 novembre, ma in tempi più lunghi: istruzioni e procedure da seguire
Nella platea dei potenziali beneficiari del bonus Natale ci sono anche i neo disoccupati, coloro che in questo periodo non stanno svolgendo un’attività lavorativa ma che nel corso del 2024 hanno avuto un contratto di lavoro dipendente.
I requisiti da verificare, così come aggiornati dal DL n. 167 del 14 novembre, sono quelli previsti dalla generalità delle lavoratrici e dei lavoratori dipendenti.
Ma le procedure cambiano in assenza di un datore di lavoro che agisce come sostituto d’imposta e i tempi di attesa sono più lunghi.
Il bonus Natale spetta anche ai disoccupati?
Il bonus Natale 2024, in linea con le novità arrivate il 14 novembre in Gazzetta Ufficiale, sarà riconosciuto ai dipendenti che rispettano le seguenti condizioni:
● hanno un reddito complessivo fino a 28.000 euro;
● hanno capienza fiscale, ovvero un’imposta lorda sui redditi di lavoro dipendente di importo superiore a quello della detrazione per lavoro dipendente;
● hanno almeno un figlio o una figlia fiscalmente a carico.
Con le modifiche ai requisiti, approvate dal Governo, l’accesso diventa più semplice e si slega dalla condizione del coniuge, come previsto in prima battuta.
Alla luce dei chiarimenti forniti dall’Agenzia delle Entrate con la circolare numero 19 del 2024, anche i neo disoccupati, che si trovano nella situazione descritta ma non hanno più un contratto di lavoro, hanno diritto al bonus Natale 2024.
“Si ritiene che il lavoratore dipendente che ha cessato l’attività lavorativa nel corso del 2024 possa beneficiare dell’indennità direttamente nella dichiarazione dei redditi riferita all’anno d’imposta 2024, fermo restando il rispetto dei requisiti sostanziali”, ha specificato il documento di prassi.
Bonus Natale 2024: le istruzioni per i neo disoccupati
Accesso libero, quindi, all’indennità prevista dal DL Omnibus, ma seguendo una strada diversa.
Senza un datore di lavoro che opera come sostituto d’imposta, è possibile beneficiare del contributo solo presentando la dichiarazione dei redditi relativa al 2024 e, quindi, nel corso del 2025.
Per questa categoria di beneficiari e beneficiarie, dunque, sarà improprio parlare di bonus Natale perché i tempi di attesa saranno più lunghi.
Diverso sarà anche l’importo che si riceverà: l’indennità sarà pari a 100 euro solo per coloro che hanno lavorato in via continuativa.
Sempre dall’Agenzia delle Entrate, infatti, arrivano le istruzioni per orientarsi tra le regole: il contributo che spetta a lavoratrici e lavoratori deve essere calcolato in base ai giorni che hanno dato diritto alla retribuzione.
E il chiarimento risulta più che mai rilevante per coloro che nel corso dell’anno hanno concluso la loro attività lavorativa.