Progetto Giovani debutta in Tv con la sitcom ‘Ho preso un granchio’
L'Istituto nazionale tumori di Milano diventa un set. Dal 18 novembre su Mediaset una serie scritta e recitata dagli adolescenti che combattono il cancro
C'è il latin lover di natura, chi è già influencer, c'è il musicista in erba e chi incarna debolezze, vizi e virtù: l'agofobico, la viziata, la problem solver. Scene di adolescenza che la malattia non può cambiare, nemmeno il cancro. Le racconta 'Ho preso un granchio', sitcom scritta e recitata dai ragazzi del Progetto Giovani dell'Istituto nazionale tumori (Int) di Milano. Avviato nel 2011 con l'obiettivo di creare e promuovere un modello di assistenza su misura per chi affronta una patologia oncologica nell'età più difficile, il 18 novembre il progetto debutterà in Tv su Mediaset con la serie realizzata in collaborazione con Mediafriends e con il supporto della Fondazione Bianca Garavaglia Ets. Sette episodi di 7 minuti l'uno, girati in un set speciale: l'Ambulatorio di oncologia pediatrica dell'Int, dove tutto è nato.
Ai teenager colpiti da un cancro - 'apolidi' troppo grandi per essere curati come bambini, non abbastanza per essere trattati come adulti - Progetto Giovani vuole dare una casa, una 'terra di mezzo' tra l'oncologia pediatrica e l'oncologia tout court, offrendo spazi di espressione creativa che permettono di elaborare e condividere le emozioni complesse legate al percorso di cura. Tante le iniziative artistiche firmate in questi anni dai ragazzi di Andrea Ferrari, l'oncologo pediatra coordinatore di Progetto Giovani: canzoni diventate 'hit', incursioni nel mondo della moda, esperienze di scrittura e fotografia. Adesso anche la televisione, nuova avventura, stessa filosofia: parlare di paure e speranze con sincerità e ironia.
"La qualità della vita è una componente essenziale - sottolinea Ferrari - tanto quanto la qualità della cura. Per questo abbiamo riservato ai nostri pazienti adolescenti spazi esclusivi dove possono partecipare a progetti che utilizzano percorsi artistici e creativi per permettere loro di raccontarsi, di esprimere paure, speranze e sogni. Questi progetti, che richiedono diversi mesi di realizzazione, offrono ai ragazzi un obiettivo verso cui tendere, una prospettiva di futuro". E intanto "servono a porre l'attenzione sulle peculiarità mediche dei pazienti adolescenti, che hanno meno probabilità dei bambini di essere curati nei centri di eccellenza e nei protocolli clinici - evidenzia Maura Massimino, direttore della Divisione di Oncologia pediatrica dell'Int - e per diverse neoplasie hanno meno problemi di guarire dei pazienti più piccoli".
La nuova sitcom "è stato un progetto meraviglioso - testimonia Ferrari - I ragazzi sono stati sceneggiatori e attori. E' stato divertente, impegnativo e, soprattutto, un momento di unione e condivisione". Supervisionati da un team multidisciplinare, i ragazzi sono stati protagonisti di ogni fase creativa del progetto. Ogni episodio affronta un aspetto della vita in ospedale, dalle difficoltà di chi arriva in reparto odiandolo per poi scoprire una seconda famiglia, alla festa a base di sushi organizzata alle spalle dei medici. "Forse sorprenderanno i temi che abbiamo scelto di raccontare - dicono Edoardo e Marta - ma in realtà sono proprio quelli che per un ragazzo della nostra età contano sul serio: come ti vedi allo specchio, come ti sai o non ti sai relazionare ai tuoi amici, alle ragazze con cui vorresti provarci, ma non hai il coraggio di farlo". Partire da storie vere e "renderle comunicabili agli altri, ridendoci sopra", aggiunge Marco. "La sitcom - spiega - ci ha permesso di affrontare tematiche che, per noi, leggere e ironiche purtroppo non sono. Non è facile raccontare la propria storia di malattia, gli ostacoli che ogni giorno abbiamo affrontato o che ancora dobbiamo affrontare. Possiamo dire, in questo senso, che è stato davvero terapeutico".
'Ho preso un Granchio' debutterà lunedì in seconda serata su La 5, il canale 30 del digitale terrestre, con un episodio della serie arricchito dalla partecipazione straordinaria di Aldo, Giovanni e Giacomo, che verrà riproposto il giorno successivo alle 17 su Cine34, spiega una nota.
Tutte e 7 le storie, che vedono protagonisti 25 ragazzi tra i 15 e i 24 anni, saranno invece visibili su Mediaset Infinity. Una campagna di sensibilizzazione sul tema dei giovani oncologici che durerà un anno e che sarà disponibile per tutto questo arco di tempo, gratuitamente, su Mediaset Infinity, in una sezione arricchita da contenuti extra, realizzati sempre dai protagonisti.
Anche il programma di Italia 1 'Le Iene', attraverso i propri canali social, sarà parte attiva nel sostenere il Progetto Giovani dell'Int, che rappresenta un modello di eccellenza nell'oncologia adolescenziale, considerando la cura come un percorso che va oltre il trattamento clinico e includendo strumenti innovativi per migliorare la qualità della vita e favorire la resilienza.
Cronaca
Palermo, spari a salve a scuola davanti ai bambini: è...
La simulazione della cattura di un ladro con tanto di unità cinofila è andata in scena nel cortile dell'istituto scolastico. La preside si scusa: "Errore umano nato da drammatica sottovalutazione"
Un "corto circuito", un "errore umano", nato da "drammatica sottovalutazione". Lucia Sorce, dirigente scolastico dell'Istituto comprensivo statale 'Rita Borsellino' di Palermo, finito nella bufera dopo la simulazione dell'arresto di un malvivente da parte della Polizia municipale con tanto di spari a salve, è visibilmente provata. "Mi assumo pienamente la responsabilità di quanto successo - dice all'Adnkronos - e chiedo scusa a tutti i docenti e ai genitori. C'è stato un errore umano, un'inaccettabile leggerezza. E' chiaro che la proposta è stata inadatta e incoerente, ma non è stata fatta in cattiva fede". A ogni modo, dice senza giri di parole, "come scuola non possiamo permetterci di non avere uno sguardo critico, di non contestualizzare, di non capire che abbiamo dei bambini a cui dobbiamo garantire ben altri scenari".
La cattura del ladro con tanto di unità cinofila è andata in scena nel cortile del plesso Ferrara, alla Magione. Poco prima ai bimbi dai 3 ai 7 anni di età era stata fatta una lezione di educazione stradale. "Hanno parlato di come attraversare la strada, di come difendersi dai cani randagi. I vigili urbani si sono dimostrati sensibili e professionali. Tutto era apparso come un gioco". Poi, terminata quella lezione, era arrivata la proposta. Simulare l'arresto di un ladro. Una proposta fatta con "superficialità", ragiona adesso la preside alla guida dell'istituto comprensivo da 18 anni, e accolta con "altrettanta leggerezza" dalle insegnanti. Così ai bimbi era stato spiegato che ci sarebbero state pistole giocattolo, ma che nessuno sarebbe davvero morto. "Nessuno mi aveva parlato di spari o di caccia al cattivo", dice adesso la preside, sottolineando che "al di là del fatto che una simile attività non ha nulla a che fare con l'educazione stradale, la cattura di un malvivente si può spiegare in tanti altri modi".
Alla scena lei non era presente. "Ho sentito un rumore - racconta - ma non ho capito fossero spari e quando mi sono affacciata ho trovato i bimbi che applaudivano. Anche io ingenuamente ho sottovalutato, non ho capito quello che era successo". Né qualcuno subito dopo le ha fatto presente l'irritualità di quanto accaduto nel cortile. "Nessuno nell'immediato è venuto a parlarmi, l'ho scoperto l'indomani". A sollevare il caso ieri era stata la consigliera comunale del Pd Mariangela Di Gangi che ha inviato una lettera al comandante della Polizia municipale di Palermo, Angelo Colucciello, e all'assessore comunale, Aristide Tamajo. "Pur comprendendo e apprezzando l'impegno della polizia municipale nel promuovere la cultura della sicurezza e della legalità nelle scuole - ha scritto - mi chiedo quanto una simulazione di arresto, con l'utilizzo di armi, sia pertinente al tema dell'educazione stradale". Anche la preside concorda. "Quella simulazione non aveva nulla a che fare con l'educazione stradale. Gli agenti, forse con superficialità, l'hanno proposta e spiegata alle insegnanti che con altrettanta superficialità l'hanno accolta con una paradossale buonafede da parte di entrambi, perché tutto era stato fatto come un giorno. Un terribile gioco". A qualcuno, però, il dubbio sarebbe potuto venire. "Questo non mi perdono - dice la preside -. Anche perché si tratta di insegnanti che io stimo molto, parecchio in gamba, inclusivi, professionali. Eppure nessuno dei presenti ha attivato un senso critico, una lettura del contesto e delle sue conseguenze". Oggi la dirigente scolastica ha inviato un comunicato interno a tutto il personale della scuola e ai genitori perché "dobbiamo approfittare di questa spiacevolissima vicenda per riflettere sul fatto occorre sempre interrogarsi, coltivare quel senso critico di cui abbiamo estremamente bisogno, proprio per contrastare una dilagante riduzione della complessità. E questo vale ancora di più quando si ha a che fare con bambini".
"Reputo che la Polizia municipale - scrive la preside nella comunicazione interna rivolta ai docenti e ai genitori - abbia sbagliato a proporre, in maniera estemporanea, non preventivata, non concordata in principio, un linguaggio militare e la scena di un crimine all’interno di un percorso formativo sull’educazione stradale, probabilmente poiché resta innegabile la fascinazione che la repressione, la cattura e l’arresto vittorioso possa produrre su adulti e bambini. Reputo molto più grave che il personale educativo presente, all’unanimità, abbia accolto, acriticamente, la proposta presentata nel dettaglio, qualche minuto prima, dagli agenti. Noi educatori non possiamo sbagliare, non dovremmo sbagliare ma, laddove sbagliamo, dobbiamo avere l’umiltà professionale di chiedere scusa"."Poteva forse capitare a tutti di sottovalutare la scena, il rumore, le conseguenze - dice ancora all'Adnkronos la preside Sorce -. A noi è capitata questa drammatica sottovalutazione e adesso dobbiamo riflettere e tutta la comunità educante lo sta facendo". Quello che, però, è altrettanto sbagliato è "la strumentalizzazione di un errore umano. Le strumentalizzazioni non fanno bene a nessuno. Noi abbiamo capito l'errore". Ai genitori, "tutti non solo quelli dei bambini che hanno assistito alla simulazione" la preside chiede scusa. "Perché la scuola è un luogo sacro, in cui i bambini passano metà della loro giornata e perché vicende simili rischiano di ledere la fiducia tra la comunità educante e le famiglie", conclude. (di Rossana Lo Castro)
Cronaca
Carabinieri, passaggio consegne tra generali Luzi e Luongo:...
Cerimonia di avvicendamento del comandante generale dell’Arma dei Carabinieri stamattina alla caserma “Salvo D’Acquisto” di Tor di Quinto: passaggio di consegne tra il generale di Corpo d’Armata Teo Luzi, cedente ed il generale di Corpo d’Armata Salvatore Luongo, subentrante. L’evento è stato suggellato dalla presenza del ministro della Difesa, Guido Crosetto, e del Capo di Stato Maggiore della Difesa, generale Luciano Portolano.
Il gen. c.a. Luzi, giunto al termine di una “entusiasmante vita militare iniziata 46 anni fa”, ha sottolineato: “L’Arma mi ha permesso di vivere la magia di rapporti profondi e autentici con i Carabinieri, che ammiro per la tempra e la professionalità. Li considero veri e propri eroi del quotidiano”. Rivolgendosi poi ai militari: “Fate il vostro dovere e sarete ricompensati da mille soddisfazioni, come lo è stato per me”. Concludendo: “Il mio grazie più grande all’Arma dei Carabinieri che mi ha spinto ogni giorno a spostare avanti i miei limiti, a pormi nuovi traguardi per affrontare sfide sempre più complesse”. Il generale di Corpo d’Armata Teo Luzi lascia il comando dopo aver guidato l’Arma dal 16 gennaio 2021. Ha intrapreso la carriera militare nel 1978, reggendo prestigiosi incarichi di comando per oltre 18 anni, tra cui quello di comandante della compagnia di Roma Centro e dei comandi provinciali di Savona e Palermo e della Legione Carabinieri “Lombardia”.
Ha ricoperto, dal 6 settembre 2018 al 15 gennaio 2021, l’incarico di capo di Stato maggiore del comando generale dell’Arma dei Carabinieri. Dall'1 gennaio 2023, nell’ambito dell’annuale presidenza di turno di EuroGendFor, ha assunto, in rappresentanza della Difesa, la Chairmanship italiana in seno al Comitato Interministeriale di Alto Livello (Cimin).
Il generale Luongo, intervenuto successivamente ha ricordato la figura di “un maresciallo, comandante di Stazione, che, pur avendo difficoltà a mettere insieme il pranzo con la cena per la propria famiglia si prodigava a ospitare nel proprio alloggio bambini per offrire loro un pasto caldo. Era un vero tutore dell’ordine, un militare dalla schiena dritta, ma al tempo stesso un uomo di straordinaria dignità, con un enorme attaccamento alla sua comunità e con innato senso della giustizia. Quel maresciallo riuniva in sé, nel suo agire, tutti i valori dell’Arma, la generosità, il coraggio, l’empatia, l’attitudine ad essere vicino ai più bisognosi”.
Successivamente, il gen. c.a. Luongo ha sottolineato come “l’Arma deve continuare a massimizzare l’impiego della tecnologia, sia in funzione preventiva che repressiva, sfruttando anche le reali potenzialità dell’intelligenza artificiale e migliorando la capacità di governare lo spazio cibernetico per contrastare il crimine”. Rivolgendosi poi alle nuove generazioni tra le fila dell’Arma: “Scommettiamo sui nostri giovani Carabinieri, incitiamoli al cambiamento, stimoliamoli a cercare nuove strade in modo che ogni militare si senta pienamente coinvolto in un virtuoso progresso di crescita”. Infine, concludendo: “Nel solco della secolare storia dell’Arma e degli insegnamenti che ho ricevuto dai miei maestri, sarò sempre a fianco di tutti i carabinieri che servono i cittadini con determinazione, diligenza e costanza, perché l’Arma deve continuare essere strumento virtuoso per la costruzione di una società più giusta”.
La carriera del nuovo comandante, gen. c.a. Luongo, classe 1962, è iniziata nel 1977 alla scuola militare “Nunziatella”. Ha ricoperto ruoli di prestigio nell’Arma dei Carabinieri, tra cui comandante provinciale di Milano e Roma, assistente militare e aiutante di Campo per l’Arma dei carabinieri del presidente della Repubblica e capo Ufficio legislativo del ministro della Difesa. Dal dicembre 2023 è comandante interregionale carabinieri 'Podgora' e, dal giugno 2024, è vice comandante generale dell’Arma. Ha ricevuto numerosi encomi e onorificenze, tra cui quella di Grande ufficiale dell’Ordine al merito della Repubblica Italiana, medaglia mauriziana e, da ultimo, cavaliere di Gran Croce dell’Ordine al merito della Repubblica Italiana.
Ha quindi preso la parola il generale Luciano Portolano, capo di Stato maggiore della Difesa, il quale ha evidenziato il suo orgoglio per l’Arma, una nicchia di eccellenza che ha assunto un ruolo di primo piano nel campo delle moderne missioni di training, advising, assistance e capacity building; oltre a rappresentare un riferimento mondiale nell’esercizio della funzione di stability policing, anche con il Centro di Eccellenza “CoEspu” di Vicenza.
Infine il ministro della Difesa, Guido Crosetto, ha dichiarato: “Si chiude un capitolo di storia dell’Arma dei Carabinieri. Sotto la guida del generale Luzi, cui esprimo profonda gratitudine, abbiamo visto una Benemerita all’avanguardia, radicata nelle tradizioni, con 'il Carabiniere' sempre al centro. Al generale Luongo il compito di confermare l’Arma come presidio di legalità e, insieme, punta di innovazione. A tutti i carabinieri il plauso, la fiducia e la riconoscenza della Nazione. Non esiste Difesa senza Carabinieri e non esiste Italia senza Carabinieri”.
In mattinata, prima dell’evento, i due alti ufficiali hanno reso omaggio ai Caduti deponendo prima una corona d’alloro al Sacello del Milite Ignoto, situato presso l’Altare della Patria e poi al sacrario presso il Museo Storico dell’Arma, un gesto simbolico che sottolinea l’importanza dei sacrifici compiuti dai militari italiani per la difesa e la libertà del Paese.
Cronaca
Covid, no risarcimento per morte 85enne contagiato in...
La sentenza ad Alessandria su caso in seconda ondata pandemica con misure preventive in atto ma contagi elevatissimi
Nessun risarcimento per la morte di un paziente di 85 anni, contagiato in ospedale, dopo un intervento per la frattura del femore, a ottobre 2020. Pur nell'evidenza che il virus era stato contratto in ospedale, la giudice del tribunale di Alessandria ha ritenuto che l'azienda sanitaria, chiamata in causa dalla moglie e dalla figlia dell'uomo deceduto, aveva adottato tutte le misure prescritte e che, in base alle consulenze tecniche, "non era possibile evitare o contenere se non molto limitatamente il rischio di diffusione del virus in ambiente ospedaliero". La sentenza, del 16 ottobre 2024, ha quindi rigettato le richieste delle familiari condannandole al pagamento di tutte le spese del procedimento.
"Si tratta - spiega all'Adnkronos Salute l'avvocato torinese Federico Fossati, legale dell'azienda sanitaria pubblica di Alessandria contro la quale le congiunte del paziente deceduto avevano fatto causa - del primo provvedimento decisorio su scala nazionale di rigetto di richiesta di risarcimento per una morte da contagio da Sars-CoV-2. Ad oggi abbiamo soltanto un'altra sentenza, pronunciata dal tribunale di Padova a settembre, di segno opposto", che riguardato un anziano di 82 anni deceduto in Rsa e che si è conclusa con un maxi risarcimento da circa 500mila euro alla famiglia.
"La giudice alessandrina - sottolineato l'avvocato Fossati - ha considerato il problema attraverso una lente di realtà clinica, considerando che Sars-CoV-2 non è una comune infezione nosocomiale. Inoltre ha tenuto conto anche della sequenza temporale. Il contagio è avvenuto all'interno della seconda ondata pandemica, durante la quale i controlli erano noti, erano diffusi, ma la giudice, in base ai dati, ha considerato che anche una stretta osservanza dei protocolli non avrebbe potuto scongiurare il contagio in una fase di altissima circolazione virale. La Asl è stata assolta per la richiesta di risarcimento perché il caso è stato ritenuto senza colpa dato che non poteva essere evitato".