Neurologa Perani: "La riserva cerebrale va stimolata nell'arco di una vita"
Essere bilingui, avere un'istruzione superiore e un lavoro di un certo livello di complessità, ballare ("più che fare le flessioni"), giocare a scacchi. Sembrano attività che non hanno molto in comune, ma un filo rosso le lega. Una missione condivisa che ha a che fare con un tesoro nel nostro cervello. Una 'riserva aurea' che si alimenta tutta la vita e per non dissiparla serve un impegno costante, soprattutto quando l'età avanza. La posta in gioco? A livello ideale il sogno dell'eterna giovinezza, ma più concretamente questo tesoretto che si costruisce con esperienze e stimoli cognitivi aiuta il cervello a compensare i danni neurodegenerativi, a spingerli più in là nel tempo, ritardando il momento in cui si faranno sentire. Una forma di prevenzione delle demenze. E come mettere questo patrimonio al sicuro in banca lo spiega una scienziata che ha studiato per decenni proprio questo.
"Cos'è la riserva cerebrale? La caratteristica fondamentale del cervello è che è plastico, cioè si adatta alle situazioni esterne e interne per ottenere una risposta migliore, si modifica in accordo a stimoli sensoriali cognitivi rilevanti, all'esperienza, per modularsi a breve e lungo termine", illustra all'Adnkronos Salute Daniela Perani, neurologa e neuroradiologa, professore emerito di Neuroscienze all'università Vita-Salute San Raffaele di Milano, che approfondirà l'argomento domani, sabato 16 novembre, aprendo l'appuntamento con la proiezione di 'Remember' di Atom Egoyan nell'ambito del festival 'Cervello & Cinema' (in corso fino al 17 novembre all'Anteo Palazzo del Cinema). Quest'anno il festival esplorerà la longevità con il titolo 'Forever Young?', presentando 7 film cult che fanno riflettere sulle sfide dell'allungamento della vita.
"Il cervello è capace di cambiare nel giro di pochi secondi - assicura Perani -. Andando a studiare i topolini con la microscopia ottica si vedono le spine dendritiche che immediatamente dopo una stimolazione elettrica cominciano a formarsi, il neurone butta fuori questi bottoni che sono poi la base delle modifiche sinaptiche. La plasticità è questo: modifiche sinaptiche. Perché noi non moltiplichiamo i neuroni, per ora almeno non c'è evidenza di questo se non probabilmente nell'ippocampo, ma è una struttura unica quella. In ogni caso, la nostra corteccia si modifica per alcuni precisi motivi: si modificano la quantità dei dendriti, i punti in cui si toccano i neuroni, aumenta la vascolarizzazione cerebrale, possono anche ingrossarsi i neuroni", elenca. "La cosa importante di questa capacità plastica del cervello è che è possibile in tutto l'arco della vita. Quindi in tutto l'arco della vita possiamo creare la riserva cerebrale, che è questo nuovo assetto del nostro sistema nervoso centrale che ci permette di funzionare meglio da un punto di vista cognitivo, sensorimotorio, comportamentale, e per tante delle sue componenti".
Si chiama riserva, prosegue l'esperta, "perché oggi si sa che è legata a degli stimoli". E' come un tesoretto, appunto, perché "lo costruiamo tutta la vita e dietro c'è la plasticità. La riserva è tutte queste modifiche che oggi sappiamo però essere correlate ad alcune esperienze in particolare. Due su tutte: l'educazione e i livelli di occupazione. Se una persona fa l'Università, ha un bagaglio di esperienze e un modo di far funzionare il cervello che è diversissimo da un'altra persona che si è fermata alle elementari. L'Università, poi, genera occupazione di tipo diverso, almeno percentualmente nella storia. Certo, oggi la società sta cambiando, ma questo è quanto è stato misurato finora in persone anziane. Quindi l'occupazione della vita, se è di un livello elevato, fa sì che ci sia una quantità maggiore, anche misurabile con le tecniche di imaging, di spessore corticale, di forza della connettività dei sistemi neurali. Anche qualsiasi tipo di lavoro cognitivamente è uno stimolo. Questa è la riserva cognitiva che stimola per tutta la vita una riserva cerebrale, il cosiddetto tesoretto".
L'elenco di esperienze che consentono di custodire questo tesoro in realtà non è breve: "Sapere più lingue, ad esempio - dice Perani - un aspetto su cui ho fatto diverse ricerche. Ovviamente parlarle, non imparare solo 5-10 parole. Sono lo sforzo e l'esperienza di un certo livello che incidono". Ancora: "Giocare a scacchi è impressionante come crei plasticità e quindi contribuisca alla riserva. Pure l'attività motoria è fondamentale per il cervello, perché ad esempio aumenta il fattore neurotrofico Bdnf (Brain Derived Neurotrophic Factor). Per alzare l'asticella ci vuole tanto e costante". E infatti l'attività che ha più sorpreso la specialista per l'impatto sulla riserva cognitiva è "sicuramente quella che dura tutta la vita, quindi l'educazione e l'occupazione, e abbiamo evidenze fortissime su questo. Ci sono più studi epidemiologici. Per esempio uno canadese su 6.800 soggetti seguiti per anni e per tutte le demenze - vascolare, Alzheimer, frontotemporale - mostra che più sale la scolarità più si abbatte l'incidenza di queste patologie. La riserva non ti toglie la demenza, però la rallenta".
Il bilinguismo
L'impatto del bilinguismo è emerso invece "studiando gli indiani: livello scolastico basso, spesso contadini, ma parlano 5 o 6 dialetti, o non potrebbero commerciare e sopravvivere. Quello di cui i neurologi si sono accorti esaminando queste popolazioni è che la demenza insorge da 6 a 7 anni dopo" nei bilingui, "quindi questo gruppo ha un'età di insorgenza che è molto più anziana. Noi abbiamo poi fatto degli esperimenti che mostrano che c'è una riserva: il cervello dei bilingui anziani e con demenza è diverso da quello dei" corrispettivi "monolingui, perché hanno network rafforzati, connettività migliore, e così via. Così come ci sono gli effetti della musica, ma sono meno misurabili rispetto a qualcosa che dura tutta la vita".
Quali sono dunque i consigli per coltivare la propria riserva cognitiva? "Negli anziani vanno considerati alcuni fattori negativi - avverte la scienziata - smettere il lavoro ha un effetto deleterio, magari si associa anche a un po' di depressione reattiva, l'anziano si chiude in se stesso. Questo va combattuto. Si deve stimolare la persona a continuare a mangiare bene, ad avere una vita sociale, a trovare svaghi e divertimenti stimolanti. Non è male imparare uno strumento, una lingua, ascoltare la musica, anche con un certo approfondimento culturale, e fare moto. Quando si diventa anziani si perde massa muscolare, ma i fisiologi hanno studiato i motoneuroni della corteccia e del midollo spinale e questi si riducono, riducono le spine, la mielina degli assoni. Quindi bisogna fare moto per stimolarli".
Il movimento fisico
Quale tipo di movimento fisico è migliore? "Gli studi hanno anche dimostrato che l'attività motoria monotona fa bene alle fibre muscolari, certamente, ma parlando di cellule nervose si è scoperto che per esempio il ballo è la cosa migliore: ti muovi tanto, però i movimenti sono vari e devi mantenere l'equilibrio. Quindi per mantenere le cellule nervose, per quanto riguarda il sistema motorio, è meglio il ballo, che fare i piegamenti", sorride Perani. A che età cominciare? Dal giorno zero di vita, sembra essere il suggerimento. "Va detto che per esempio i bambini che sanno suonare gli strumenti sono molto bravi nel linguaggio, sulle capacità matematiche, esecutive e così via. E' tutto l'arco della vita che conta, perché il cervello si modifica. Però non bisogna mollare invecchiando, o dopo la pensione. Oggi si può vivere fino a 90-100 anni e ritardare la malattia di 6-7 anni è anche un risparmio" per il sistema sociosanitario "che vale miliardi".
'Cibo' per neuroni
I neuroni vanno anche nutriti bene. "La saggezza è la cosa migliore - conclude l'esperta - fa molto male l'eccesso di cibo pieno di grassi, che è dannoso per il cuore, il sistema vascolare e quindi anche per il cervello. La carenza di vitamine è dimostrato essere un problema, e infatti la prima cosa che si fa quando arrivano dei pazienti con disturbi cognitivi è misurare la vitamina B12 per vedere se è bassa. Il cervello ha bisogno di vari meccanismi metabolici. Incide negativamente la disidratazione, la carenza di vitamine, sono fondamentali anche le proteine perdendo massa muscolare. E oggi si scopre sempre di più che magari mangiare a intervalli regolari e soprattutto lasciare lunghi periodi di digiuno sembra faccia bene, perché le cellule del corpo, per dirlo in maniera semplice, sono più in grado di organizzare le scorie, di buttarle fuori meglio, quindi di non ammalarsi e morire".
Cronaca
Palermo, spari a salve a scuola davanti ai bambini: è...
La simulazione della cattura di un ladro con tanto di unità cinofila è andata in scena nel cortile dell'istituto scolastico. La preside si scusa: "Errore umano nato da drammatica sottovalutazione"
Un "corto circuito", un "errore umano", nato da "drammatica sottovalutazione". Lucia Sorce, dirigente scolastico dell'Istituto comprensivo statale 'Rita Borsellino' di Palermo, finito nella bufera dopo la simulazione dell'arresto di un malvivente da parte della Polizia municipale con tanto di spari a salve, è visibilmente provata. "Mi assumo pienamente la responsabilità di quanto successo - dice all'Adnkronos - e chiedo scusa a tutti i docenti e ai genitori. C'è stato un errore umano, un'inaccettabile leggerezza. E' chiaro che la proposta è stata inadatta e incoerente, ma non è stata fatta in cattiva fede". A ogni modo, dice senza giri di parole, "come scuola non possiamo permetterci di non avere uno sguardo critico, di non contestualizzare, di non capire che abbiamo dei bambini a cui dobbiamo garantire ben altri scenari".
La cattura del ladro con tanto di unità cinofila è andata in scena nel cortile del plesso Ferrara, alla Magione. Poco prima ai bimbi dai 3 ai 7 anni di età era stata fatta una lezione di educazione stradale. "Hanno parlato di come attraversare la strada, di come difendersi dai cani randagi. I vigili urbani si sono dimostrati sensibili e professionali. Tutto era apparso come un gioco". Poi, terminata quella lezione, era arrivata la proposta. Simulare l'arresto di un ladro. Una proposta fatta con "superficialità", ragiona adesso la preside alla guida dell'istituto comprensivo da 18 anni, e accolta con "altrettanta leggerezza" dalle insegnanti. Così ai bimbi era stato spiegato che ci sarebbero state pistole giocattolo, ma che nessuno sarebbe davvero morto. "Nessuno mi aveva parlato di spari o di caccia al cattivo", dice adesso la preside, sottolineando che "al di là del fatto che una simile attività non ha nulla a che fare con l'educazione stradale, la cattura di un malvivente si può spiegare in tanti altri modi".
Alla scena lei non era presente. "Ho sentito un rumore - racconta - ma non ho capito fossero spari e quando mi sono affacciata ho trovato i bimbi che applaudivano. Anche io ingenuamente ho sottovalutato, non ho capito quello che era successo". Né qualcuno subito dopo le ha fatto presente l'irritualità di quanto accaduto nel cortile. "Nessuno nell'immediato è venuto a parlarmi, l'ho scoperto l'indomani". A sollevare il caso ieri era stata la consigliera comunale del Pd Mariangela Di Gangi che ha inviato una lettera al comandante della Polizia municipale di Palermo, Angelo Colucciello, e all'assessore comunale, Aristide Tamajo. "Pur comprendendo e apprezzando l'impegno della polizia municipale nel promuovere la cultura della sicurezza e della legalità nelle scuole - ha scritto - mi chiedo quanto una simulazione di arresto, con l'utilizzo di armi, sia pertinente al tema dell'educazione stradale". Anche la preside concorda. "Quella simulazione non aveva nulla a che fare con l'educazione stradale. Gli agenti, forse con superficialità, l'hanno proposta e spiegata alle insegnanti che con altrettanta superficialità l'hanno accolta con una paradossale buonafede da parte di entrambi, perché tutto era stato fatto come un giorno. Un terribile gioco". A qualcuno, però, il dubbio sarebbe potuto venire. "Questo non mi perdono - dice la preside -. Anche perché si tratta di insegnanti che io stimo molto, parecchio in gamba, inclusivi, professionali. Eppure nessuno dei presenti ha attivato un senso critico, una lettura del contesto e delle sue conseguenze". Oggi la dirigente scolastica ha inviato un comunicato interno a tutto il personale della scuola e ai genitori perché "dobbiamo approfittare di questa spiacevolissima vicenda per riflettere sul fatto occorre sempre interrogarsi, coltivare quel senso critico di cui abbiamo estremamente bisogno, proprio per contrastare una dilagante riduzione della complessità. E questo vale ancora di più quando si ha a che fare con bambini".
"Reputo che la Polizia municipale - scrive la preside nella comunicazione interna rivolta ai docenti e ai genitori - abbia sbagliato a proporre, in maniera estemporanea, non preventivata, non concordata in principio, un linguaggio militare e la scena di un crimine all’interno di un percorso formativo sull’educazione stradale, probabilmente poiché resta innegabile la fascinazione che la repressione, la cattura e l’arresto vittorioso possa produrre su adulti e bambini. Reputo molto più grave che il personale educativo presente, all’unanimità, abbia accolto, acriticamente, la proposta presentata nel dettaglio, qualche minuto prima, dagli agenti. Noi educatori non possiamo sbagliare, non dovremmo sbagliare ma, laddove sbagliamo, dobbiamo avere l’umiltà professionale di chiedere scusa"."Poteva forse capitare a tutti di sottovalutare la scena, il rumore, le conseguenze - dice ancora all'Adnkronos la preside Sorce -. A noi è capitata questa drammatica sottovalutazione e adesso dobbiamo riflettere e tutta la comunità educante lo sta facendo". Quello che, però, è altrettanto sbagliato è "la strumentalizzazione di un errore umano. Le strumentalizzazioni non fanno bene a nessuno. Noi abbiamo capito l'errore". Ai genitori, "tutti non solo quelli dei bambini che hanno assistito alla simulazione" la preside chiede scusa. "Perché la scuola è un luogo sacro, in cui i bambini passano metà della loro giornata e perché vicende simili rischiano di ledere la fiducia tra la comunità educante e le famiglie", conclude. (di Rossana Lo Castro)
Cronaca
Carabinieri, passaggio consegne tra generali Luzi e Luongo:...
Cerimonia di avvicendamento del comandante generale dell’Arma dei Carabinieri stamattina alla caserma “Salvo D’Acquisto” di Tor di Quinto: passaggio di consegne tra il generale di Corpo d’Armata Teo Luzi, cedente ed il generale di Corpo d’Armata Salvatore Luongo, subentrante. L’evento è stato suggellato dalla presenza del ministro della Difesa, Guido Crosetto, e del Capo di Stato Maggiore della Difesa, generale Luciano Portolano.
Il gen. c.a. Luzi, giunto al termine di una “entusiasmante vita militare iniziata 46 anni fa”, ha sottolineato: “L’Arma mi ha permesso di vivere la magia di rapporti profondi e autentici con i Carabinieri, che ammiro per la tempra e la professionalità. Li considero veri e propri eroi del quotidiano”. Rivolgendosi poi ai militari: “Fate il vostro dovere e sarete ricompensati da mille soddisfazioni, come lo è stato per me”. Concludendo: “Il mio grazie più grande all’Arma dei Carabinieri che mi ha spinto ogni giorno a spostare avanti i miei limiti, a pormi nuovi traguardi per affrontare sfide sempre più complesse”. Il generale di Corpo d’Armata Teo Luzi lascia il comando dopo aver guidato l’Arma dal 16 gennaio 2021. Ha intrapreso la carriera militare nel 1978, reggendo prestigiosi incarichi di comando per oltre 18 anni, tra cui quello di comandante della compagnia di Roma Centro e dei comandi provinciali di Savona e Palermo e della Legione Carabinieri “Lombardia”.
Ha ricoperto, dal 6 settembre 2018 al 15 gennaio 2021, l’incarico di capo di Stato maggiore del comando generale dell’Arma dei Carabinieri. Dall'1 gennaio 2023, nell’ambito dell’annuale presidenza di turno di EuroGendFor, ha assunto, in rappresentanza della Difesa, la Chairmanship italiana in seno al Comitato Interministeriale di Alto Livello (Cimin).
Il generale Luongo, intervenuto successivamente ha ricordato la figura di “un maresciallo, comandante di Stazione, che, pur avendo difficoltà a mettere insieme il pranzo con la cena per la propria famiglia si prodigava a ospitare nel proprio alloggio bambini per offrire loro un pasto caldo. Era un vero tutore dell’ordine, un militare dalla schiena dritta, ma al tempo stesso un uomo di straordinaria dignità, con un enorme attaccamento alla sua comunità e con innato senso della giustizia. Quel maresciallo riuniva in sé, nel suo agire, tutti i valori dell’Arma, la generosità, il coraggio, l’empatia, l’attitudine ad essere vicino ai più bisognosi”.
Successivamente, il gen. c.a. Luongo ha sottolineato come “l’Arma deve continuare a massimizzare l’impiego della tecnologia, sia in funzione preventiva che repressiva, sfruttando anche le reali potenzialità dell’intelligenza artificiale e migliorando la capacità di governare lo spazio cibernetico per contrastare il crimine”. Rivolgendosi poi alle nuove generazioni tra le fila dell’Arma: “Scommettiamo sui nostri giovani Carabinieri, incitiamoli al cambiamento, stimoliamoli a cercare nuove strade in modo che ogni militare si senta pienamente coinvolto in un virtuoso progresso di crescita”. Infine, concludendo: “Nel solco della secolare storia dell’Arma e degli insegnamenti che ho ricevuto dai miei maestri, sarò sempre a fianco di tutti i carabinieri che servono i cittadini con determinazione, diligenza e costanza, perché l’Arma deve continuare essere strumento virtuoso per la costruzione di una società più giusta”.
La carriera del nuovo comandante, gen. c.a. Luongo, classe 1962, è iniziata nel 1977 alla scuola militare “Nunziatella”. Ha ricoperto ruoli di prestigio nell’Arma dei Carabinieri, tra cui comandante provinciale di Milano e Roma, assistente militare e aiutante di Campo per l’Arma dei carabinieri del presidente della Repubblica e capo Ufficio legislativo del ministro della Difesa. Dal dicembre 2023 è comandante interregionale carabinieri 'Podgora' e, dal giugno 2024, è vice comandante generale dell’Arma. Ha ricevuto numerosi encomi e onorificenze, tra cui quella di Grande ufficiale dell’Ordine al merito della Repubblica Italiana, medaglia mauriziana e, da ultimo, cavaliere di Gran Croce dell’Ordine al merito della Repubblica Italiana.
Ha quindi preso la parola il generale Luciano Portolano, capo di Stato maggiore della Difesa, il quale ha evidenziato il suo orgoglio per l’Arma, una nicchia di eccellenza che ha assunto un ruolo di primo piano nel campo delle moderne missioni di training, advising, assistance e capacity building; oltre a rappresentare un riferimento mondiale nell’esercizio della funzione di stability policing, anche con il Centro di Eccellenza “CoEspu” di Vicenza.
Infine il ministro della Difesa, Guido Crosetto, ha dichiarato: “Si chiude un capitolo di storia dell’Arma dei Carabinieri. Sotto la guida del generale Luzi, cui esprimo profonda gratitudine, abbiamo visto una Benemerita all’avanguardia, radicata nelle tradizioni, con 'il Carabiniere' sempre al centro. Al generale Luongo il compito di confermare l’Arma come presidio di legalità e, insieme, punta di innovazione. A tutti i carabinieri il plauso, la fiducia e la riconoscenza della Nazione. Non esiste Difesa senza Carabinieri e non esiste Italia senza Carabinieri”.
In mattinata, prima dell’evento, i due alti ufficiali hanno reso omaggio ai Caduti deponendo prima una corona d’alloro al Sacello del Milite Ignoto, situato presso l’Altare della Patria e poi al sacrario presso il Museo Storico dell’Arma, un gesto simbolico che sottolinea l’importanza dei sacrifici compiuti dai militari italiani per la difesa e la libertà del Paese.
Cronaca
Covid, no risarcimento per morte 85enne contagiato in...
La sentenza ad Alessandria su caso in seconda ondata pandemica con misure preventive in atto ma contagi elevatissimi
Nessun risarcimento per la morte di un paziente di 85 anni, contagiato in ospedale, dopo un intervento per la frattura del femore, a ottobre 2020. Pur nell'evidenza che il virus era stato contratto in ospedale, la giudice del tribunale di Alessandria ha ritenuto che l'azienda sanitaria, chiamata in causa dalla moglie e dalla figlia dell'uomo deceduto, aveva adottato tutte le misure prescritte e che, in base alle consulenze tecniche, "non era possibile evitare o contenere se non molto limitatamente il rischio di diffusione del virus in ambiente ospedaliero". La sentenza, del 16 ottobre 2024, ha quindi rigettato le richieste delle familiari condannandole al pagamento di tutte le spese del procedimento.
"Si tratta - spiega all'Adnkronos Salute l'avvocato torinese Federico Fossati, legale dell'azienda sanitaria pubblica di Alessandria contro la quale le congiunte del paziente deceduto avevano fatto causa - del primo provvedimento decisorio su scala nazionale di rigetto di richiesta di risarcimento per una morte da contagio da Sars-CoV-2. Ad oggi abbiamo soltanto un'altra sentenza, pronunciata dal tribunale di Padova a settembre, di segno opposto", che riguardato un anziano di 82 anni deceduto in Rsa e che si è conclusa con un maxi risarcimento da circa 500mila euro alla famiglia.
"La giudice alessandrina - sottolineato l'avvocato Fossati - ha considerato il problema attraverso una lente di realtà clinica, considerando che Sars-CoV-2 non è una comune infezione nosocomiale. Inoltre ha tenuto conto anche della sequenza temporale. Il contagio è avvenuto all'interno della seconda ondata pandemica, durante la quale i controlli erano noti, erano diffusi, ma la giudice, in base ai dati, ha considerato che anche una stretta osservanza dei protocolli non avrebbe potuto scongiurare il contagio in una fase di altissima circolazione virale. La Asl è stata assolta per la richiesta di risarcimento perché il caso è stato ritenuto senza colpa dato che non poteva essere evitato".