Farmaci, pneumologo Bini: “Mepolizumab allontana recidiva in Egpa”
L'esperto sull'uso dell’anticorpo monoclonale nei casi di granulomatosi eosinofila con poliangioite
"L'anticorpo monoclonale mepolizumab permette di bloccare l'interleuchina 5, il fattore di crescita più specifico e principale degli eosinofili, i key driver nella patogenesi dell'Egpa", granulomatosi eosinofila con poliangioite. "Abbiamo la possibilità di utilizzare questo anticorpo monoclonale nel mantenimento e nella malattia refrattaria, cioè ancora attiva" perché "non ha completamente risposto alla terapia induttiva. Questo permette una riduzione della quantità di steroide sistemico e un aumento delle settimane in cui la patologia è sotto controllo". Lo ha detto Francesco Bini, direttore dell'Uoc di Pneumologia dell'Asst-Rhodense di Garbagnate Milanese, intervenendo in occasione del simposio Gsk sulle malattie eosinofile e l'evoluzione dell'approccio terapeutico con mepolizumab, che si è tenuto a Milano nella seconda giornata del XXV Congresso nazionale della Società italiana di pneumologia (Sip), in corso al MiCo.
La Egpa è un'infiammazione dei vasi sanguigni (vasculite) e si configura come malattia rara "che va incontro a recidive - rimarca Bini - Mepolizumab permette di poter allungare il tempo alla prima recidiva. In Italia mediamente l'incidenza è tra i 2 e i 7 casi per milione di abitanti, mentre la prevalenza è tra i 10 e i 13 casi per milione di abitanti". Nel nostro Paese "abbiamo un migliaio di pazienti in questo momento, più o meno attualmente diagnosticati".
La Egpa può essere una malattia grave, per questo "è molto importante il sospetto diagnostico - sottolinea lo pneumologo - Il rischio per un paziente con asma grave di avere anche una Egpa è un rischio presente. Quando un paziente con asma, moderata, grave o lieve, va incontro a una perdita di controllo della malattia per motivi che non sono evidenti, o quando un paziente con asma ha un flare-up", quindi un acutizzarsi "di eosinofili nel sangue, bisogna pensare alle Egpa. Visto che la maggior parte dei pazienti con asma è seguito nei centri pneumologici, deve essere lo pneumologo a pensare che questa malattia può manifestarsi nel corso della storia naturale dell'asma, quando se ne perde il controllo. Lo pneumologo - conclude Bini - deve essere al centro del processo diagnostico della Egpa".
Cronaca
Antibiotico-resistenza, farmaci usati troppo e male: le 5...
L'infettivologo del San Martino di Genova: "Superbatteri resistenti primo killer al mondo nel 2050, basta fai-da-te"
"Oggi è la Giornata europea degli antibiotici. I batteri diventano resistenti agli antibiotici per tante ragioni, ma anche e soprattutto perché gli antibiotici si usano troppo e male". Dice basta a questo abuso l'infettivologo Matteo Bassetti, che nella giornata europea - e nella Settimana mondiale della consapevolezza antimicrobica promossa dall'Oms - lancia via social 5 regole da seguire per contribuire alla lotta contro l'emergenza superbatteri: "Assumere antibiotici solo quando prescritti dal medico e rispettando la dose, gli intervalli e i tempi di trattamento prescritti; non prendere antibiotici per il raffreddore o l'influenza; prendere antibiotici solo per trattare le infezioni causate da batteri; evitare il fai da te con gli antibiotici; evitare di chiedere con insistenza antibiotici a medici e farmacisti".
"Gli antibiotici, se usati impropriamente, possono rendere i batteri più forti e resistenti", ammonisce il direttore della Clinica di Malattie infettive del Policlinico San Martino di Genova. "Ogni anno nel mondo muoiono milioni di persone a causa delle infezioni da batteri resistenti agli antibiotici", ricorda, e "si prevede che nel 2050 sarà la prima causa di morte al mondo con quasi 40 milioni di morti ogni anno. Questo è un problema enorme e deve riguardare tutti noi. Tutti possiamo fare qualcosa perché non arrivi il giorno in cui una semplice infezione non potrà più essere trattata con gli antibiotici disponibili. Ecco alcune cose che possiamo fare per proteggere noi stessi e gli altri", scrive introducendo la sua 'ricetta'. "Ci sono alcune cose molto semplici che ognuno di noi può fare".
Cronaca
Arriva il freddo. In casa massimo 18-22 gradi ma umidi, con...
Mai aria troppo secca e aerare sempre gli ambienti contro la concentrazione di virus e batteri. I consigli del medico per il riscaldamento degli ambienti chiusi in vista dell'ondata di gelo
Con l'arrivo del primo assaggio d'inverno, che farà scendere le temperature nei prossimi giorni, si comincia anche a lottare con il termostato. E per trovare un po' di conforto entrando in casa o in ufficio, budget energetico permettendo, la tendenza è a riscaldare gli ambienti più possibile. Ma il comfort del 'calduccio' non va sempre d'accordo con la salute. Stanze troppo calde, infatti, nascondono qualche insidia, "in particolare per gli sbalzi di temperatura quando poi si esce e per la vasodilatazione dovuta al calore", spiega all'Adnkronos Salute Giorgio Sesti, docente di Medicina interna all'università Sapienza di Roma, che ricorda: "La temperatura ideale in inverno, negli ambienti chiusi, dovrebbe essere tra i 18 e i 22 gradi, in media 20 gradi, evitando l'aria troppo secca".
Molto importante, infatti, umidificare: "Chi non ha l'umidificatore può mettere un contenitore con l'acqua sopra il termosifone, come si faceva un tempo. E' fondamentale - sottolinea lo specialista - perché è l'aria troppo secca che dà molto fastidio e che può determinare anche disturbi importanti a chi ha problemi respiratori, a chi soffre di asma, di broncopneumopatia cronico-ostruttiva. L'aria secca, infatti, asciuga le mucose che, invece, si devono tenere umide perché svolgano la loro funzione. L'umidità ideale è intorno almeno al 40-50%. Non di più, altrimenti creiamo un clima tropicale che diventa una serra. L'ambiente umidificato correttamente è necessario specie di notte, perché se si seccano le mucose si respira male nel sonno, si può russare e si riduce la qualità del sonno con effetti negativi generali sull'organismo".
Riscaldando troppo, continua Sesti, "oltre ai consumi maggiori e al maggior impatto ambientale, si possono anche determinare eccessivi sbalzi di temperatura, anche semplicemente affacciandosi al balcone: se ho una temperatura interna di 24 gradi, ho evidentemente una vasodilatazione e quando vado all'esterno, dove i gradi sono 8 per esempio, posso avere disturbi fastidiosi: da sbalzi pressori e giramenti di testa fino a forme respiratorie. Persone molto anziane che stanno sdraiate o sedute a lungo in ambienti troppo caldi rischiano di cadere alzandosi d'improvviso a causa della vasodilatazione: assumendo la posizione eretta rapidamente il sangue non va al cervello e si può avere senso di vertigine". Altro elemento da non trascurare è l'aerazione degli ambienti. "Il ricambio d'aria è una pratica da non trascurare - conclude l'internista - per evitare che virus e batteri si concentrino e la loro diffusione venga facilitata".
Cronaca
Antibiotico-resistenza, Italia maglia nera in Europa:...
Contagi per 8,2% ricoverati in ospedale contro 6,5% in Ue
Italia maglia nera in Europa per decessi da batteri resistenti agli antibiotici. I morti causati nel nostro Paese dall'antibiotico-resistenza in ospedale sono circa 12mila all'anno, un terzo di tutti i decessi che si verificano tra i ricoverati. Nel biennio 2022-23 sono infatti 430mila i ricoverati che hanno contratto una infezione durante la degenza, l'8,2% del totale dei pazienti, contro una media Ue del 6,5%. Lo indica l'ultimo rapporto di sorveglianza dell'Ecdc - Centro europeo per la prevenzione e il controllo delle malattie - presentato oggi, 18 novembre, in un dossier dedicato al tema, dall'Agenzia italiana del farmaco (Aifa) in occasione della Giornata europea per la lotta all'antibiotico-resistenza che apre la Settimana mondiale per il consumo consapevole di questi farmaci, organizzata dall'Organizzazione mondiale della sanità (Oms).
Peggio di noi con l'8,9% fa solo il Portogallo, che però ha una popolazione più giovane della nostra e quindi meno suscettibile. Ma siamo in fondo alla classifica anche per l'uso di antibiotici, somministrati al 44,7% dei degenti contro una media europea del 33,7%. E così il cane si morde la coda, perché l'uso tanto massiccio di antimicrobici fa nascere superbatteri resistenti agli stessi farmaci.
Tra i microbi più diffusi c'è la Klebsiella, che infetta le vie urinarie con una mortalità che arriva alla metà dei casi, lo Pseudomonas che provoca infezioni osteoarticolari con mortalità al 70%, l'Escherichia coli che causa diarrea anche sanguinolenta, il Clostridium difficile che prolifera nell'intestino con una mortalità a 30 giorni che si avvicina al 30%.
La situazione regione per regione
Nonostante le campagne di sensibilizzazione l'uso degli antibiotici da noi è in aumento, con il 35,5% dei pazienti, non solo ricoverati, che ne ha ricevuto almeno uno negli ultimi 2 anni, contro il 32,9% del periodo 2016-17. La situazione, poi, come sempre quando si parla di sanità, varia da regione a regione. Come documenta un'indagine dell'Istituto superiore di sanità, dopo un intervento chirurgico si va dal record delle 500 infezioni ogni 15mila dimessi contratte nella piccola Valle d'Aosta alle sole 70 dell'Abruzzo, passando per le 454 della Liguria e dell'Emilia Romagna, le 300 della Lombardia, le 211 del Lazio. Fatto sta - documenta il rapporto dell'Ecdc - che l'impatto sul nostro Ssn è enorme, con 2,7 milioni di posti letto occupati proprio a causa di queste infezioni, con un costo che arriva a 2,4 miliardi di euro l'anno.
Certo, i microbi in ospedale non è possibile azzerarli, perché parliamo di un ambiente chiuso dove vivono a stretto contatto pazienti che virus e batteri se li portano anche da fuori. Ma secondo la Simit, la Società italiana di malattie infettive e tropicali, "l'impatto di queste infezioni potrebbe essere ridotto di un buon 30% inaugurando un percorso virtuoso". Un obiettivo che per essere centrato richiederebbe non solo una maggiore appropriatezza prescrittiva, tanto in ambito umano che veterinario, ma anche un rinnovamento dei nostri ospedali, spesso datati come lo sono i loro impianti di riscaldamento e aria condizionata, veicolo di diffusione dei microbi. Per questo sono stati riservati 1,2 miliardi del piano di investimenti nell'edilizia sanitaria da destinare all'ammodernamento degli ospedali