Freddo, in casa meglio 20 gradi ma umidi: troppo caldo fa male alla salute
Il medico: "Mai aria troppo secca, aerare sempre gli ambienti contro la concentrazione di virus e batteri"
Con l'arrivo del primo assaggio d'inverno, che farà scendere le temperature nei prossimi giorni, si comincia anche a lottare con il termostato. E per trovare un po' di conforto entrando in casa o in ufficio, budget energetico permettendo, la tendenza è a riscaldare gli ambienti più possibile. Ma il comfort del 'calduccio' non va sempre d'accordo con la salute. Stanze troppo calde, infatti, nascondono qualche insidia, "in particolare per gli sbalzi di temperatura quando poi si esce e per la vasodilatazione dovuta al calore", spiega all'Adnkronos Salute Giorgio Sesti, docente di Medicina interna all'università Sapienza di Roma, che ricorda: "La temperatura ideale in inverno, negli ambienti chiusi, dovrebbe essere tra i 18 e i 22 gradi, in media 20 gradi, evitando l'aria troppo secca".
Molto importante, infatti, umidificare: "Chi non ha l'umidificatore può mettere un contenitore con l'acqua sopra il termosifone, come si faceva un tempo. E' fondamentale - sottolinea lo specialista - perché è l'aria troppo secca che dà molto fastidio e che può determinare anche disturbi importanti a chi ha problemi respiratori, a chi soffre di asma, di broncopneumopatia cronico-ostruttiva. L'aria secca, infatti, asciuga le mucose che, invece, si devono tenere umide perché svolgano la loro funzione. L'umidità ideale è intorno almeno al 40-50%. Non di più, altrimenti creiamo un clima tropicale che diventa una serra. L'ambiente umidificato correttamente è necessario specie di notte, perché se si seccano le mucose si respira male nel sonno, si può russare e si riduce la qualità del sonno con effetti negativi generali sull'organismo".
Riscaldando troppo, continua Sesti, "oltre ai consumi maggiori e al maggior impatto ambientale, si possono anche determinare eccessivi sbalzi di temperatura, anche semplicemente affacciandosi al balcone: se ho una temperatura interna di 24 gradi, ho evidentemente una vasodilatazione e quando vado all'esterno, dove i gradi sono 8 per esempio, posso avere disturbi fastidiosi: da sbalzi pressori e giramenti di testa fino a forme respiratorie. Persone molto anziane che stanno sdraiate o sedute a lungo in ambienti troppo caldi rischiano di cadere alzandosi d'improvviso a causa della vasodilatazione: assumendo la posizione eretta rapidamente il sangue non va al cervello e si può avere senso di vertigine". Altro elemento da non trascurare è l'aerazione degli ambienti. "Il ricambio d'aria è una pratica da non trascurare - conclude l'internista - per evitare che virus e batteri si concentrino e la loro diffusione venga facilitata".
Salute e Benessere
Alopecia areata, Libro bianco e Manifesto per...
In Italia si stima che ne soffrano poco meno di 120mila persone
In Italia si stima che poco meno di 120mila persone soffrano di alopecia areata. Per questi pazienti da oggi ci sono un Libro bianco e un Manifesto per sensibilizzare sulla patologia poco nota. La presentazione si è tenuta oggi in Senato: l'evento ha rappresentato un momento cruciale per sensibilizzare l'opinione pubblica, le istituzioni e la comunità scientifica sull'impatto fisico, psicologico e sociale di questa patologia autoimmune, ancora troppo spesso sottovalutata.
Il progetto, realizzato da FB&Associati e voluto dall'Associazione italiana pazienti alopecia and friends Odv (Aipaf Odv) - riporta una nota - ha ricevuto il patrocinio delle più autorevoli società scientifiche del settore, tra cui l'Associazione dermatologi venereologi ospedalieri italiani e della sanità pubblica (Adoi), la Società italiana di dermatologia medica, chirurgica, estetica e delle malattie sessualmente trasmesse (Sidemast), la Società italiana di tricologia (S.I.Tri.), la Società italiana di dermatologia pediatrica (SIDerP) e la Federazione italiana medici di medicina generale (Fimmg), ed è stato realizzato grazie al contributo non condizionante di Giuliani, Lilly, Pfizer, CRLab e Difa Cooper Cantabria. L'incontro ha evidenziato la partecipazione attiva e centrale di tutti gli attori coinvolti nel progetto, insieme a rappresentanti istituzionali ed esperti scientifici.
Aipaf Odv, in stretta collaborazione con gli attori presenti, ha sottolineato il valore cruciale di una sinergia forte e strutturata per trasformare i bisogni dei pazienti in azioni concrete e mirate. "L'alopecia areata non è solo una questione estetica, ma una condizione che influisce profondamente sulla vita di chi ne è colpito. Per questo - dichiara Claudia Cassia, presidente Aipaf - è fondamentale che venga riconosciuta a livello istituzionale come una malattia invalidante, per garantire ai pazienti accesso a cure, supporto psicologico e servizi che li aiutino a vivere con serenità. Come Aipaf Odv, stiamo lavorando per creare consapevolezza e spingere affinché i pazienti ricevano il rispetto e il supporto che meritano. Per molti pazienti, la perdita dei capelli non è solo un problema fisico, ma anche emotivo e sociale. Come associazione, ci impegniamo a creare una rete di supporto che offra assistenza, informazioni e soprattutto libertà di scelta: se una persona vuole indossare una parrucca o mostrarsi senza capelli, deve poterlo fare senza timori o pregiudizi. Vogliamo che ogni paziente si senta libero di vivere la propria condizione senza vergogna, con la consapevolezza di avere alle spalle una comunità solidale".
"Negli ultimi anni, abbiamo fatto significativi passi avanti nella comprensione dei sofisticati meccanismi immunitari che causano l'alopecia areata - afferma Alfredo Rossi, professore associato presso la Clinica dermatologica dell'Università di Roma La Sapienza, Policlinico Umberto I - Grazie a queste scoperte, oggi possiamo utilizzare farmaci target, mirati a colpire selettivamente gli intimi meccanismi alla base di questa malattia. Tali farmaci, già impiegati con successo in altre malattie autoimmuni come l'artrite reumatoide, potranno essere usati anche per trattare i pazienti con alopecia areata. La nostra speranza è che in futuro le terapie diventino ancora più efficaci e personalizzate, permettendo a chi soffre di questa malattia di migliorare sensibilmente la propria qualità di vita".
Il Libro bianco dell'alopecia areata' rappresenta un "passo importante per sensibilizzare sia i medici che i pazienti - sottolinea Michela Valeria Rita Starace, Unità Dermatologia, Irccs Azienda ospedaliero-universitaria di Bologna, Policlinico S. Orsola-Malpighi, Dipartimento di Scienza medica e chirurgica, Alma Mater Studiorum - Università di Bologna - E' uno strumento che aiuta a diffondere informazioni scientifiche e pratiche, rendendo il percorso di cura più chiaro e accessibile. Inoltre, è fondamentale per promuovere il riconoscimento dei diritti dei pazienti, perché fa luce sulle loro difficoltà e sui loro bisogni reali, rafforzando la loro voce e la richiesta di un’assistenza adeguata. Ma soprattutto, è un mezzo importante per dare dignità a questa malattia".
Il Libro bianco ha voluto dedicare un focus particolare al ruolo del medico di medicina generale, figura fondamentale per il paziente affetto da alopecia areata. "E' il primo punto di accesso alle cure per la maggior parte dei pazienti, anche per condizioni come l'alopecia areata che ha un forte impatto emotivo oltre che fisico - ricorda Giuseppe Zagami, vicesegretario nazionale vicario Fimmg, Esecutivo nazionale Continuità assistenziale - Il nostro ruolo è fondamentale per identificare precocemente i sintomi, indirizzare verso lo specialista e fornire un supporto continuativo. Per valorizzare il medico di medicina generale in questo percorso, appare utile promuovere una formazione specifica sulla patologia e rafforzare il collegamento con i dermatologi, creando un team di cura integrato che possa rispondere al meglio ai bisogni dei pazienti".
"Non è soltanto una patologia medica, ma un fenomeno con rilevanti implicazioni sociali, relazionali ed economiche. I costi diretti per la gestione clinica e quelli indiretti legati alla perdita di produttività, all'isolamento sociale e all'impatto psicologico possono essere estremamente significativi - evidenzia Giovanni Ciofalo, professore associato in Sociologia dei processi culturali e comunicativi Dipartimento Comunicazione e Ricerca sociale della Sapienza Università di Roma - Il Libro bianco si pone come uno strumento prezioso per comprendere non solo l’onere sanitario, ma anche il peso che questa malattia esercita sulla società nel suo complesso, invitando a riflettere sulla necessità di politiche sanitarie più inclusive e sulle adeguate risorse per affrontarla".
"Come molte altre malattie autoimmuni, l'alopecia areata richiede un'attenzione che vada oltre il semplice trattamento medico, investendo su prevenzione, diagnosi precoce e supporto globale ai pazienti. L'Intergruppo parlamentare per la prevenzione e la cura delle malattie autoimmuni, che ho avuto l'onore di fondare, nasce proprio con l'obiettivo di dare voce a patologie come questa, troppo spesso ignorate - rimarca il senatore Ignazio Zullo, membro della 10° Commissione permanente (Affari sociali, sanità, lavoro pubblico e privato, previdenza sociale) del Senato - La presentazione del Libro bianco sull'alopecia areata è un passo importante verso un approccio più consapevole, multidisciplinare e inclusivo, capace di rispondere alle reali necessità di chi vive ogni giorno le difficoltà di queste malattie".
"Attualmente, la legislazione italiana prevede diverse misure per il supporto ai pazienti con malattie croniche, ma per l'alopecia areata è necessario fare di più - sostiene Augusta Montaruli, membro della I Commissione (Affari costituzionali, della Presidenza del Consiglio e Interni) della Camera - Le istituzioni possono intervenire promuovendo il riconoscimento della patologia nell'ambito delle malattie croniche e invalidanti, facilitando così l'accesso ai trattamenti e ai servizi di supporto psicologico. Il mio impegno, e quello della I Commissione, è lavorare affinché venga aumentata l'attenzione su queste tematiche e si sviluppino politiche sanitarie che riconoscano e rispondano alle esigenze specifiche di chi convive con questa malattia". Il Libro bianco rappresenta "una sintesi autorevole che finalmente porta al centro del dibattito scientifico e sociale una patologia complessa e spesso fraintesa - conclude la Società italiana di tricologia - Per noi della S.I.Tri., questo documento è un manifesto che promuove conoscenza, sensibilità e innovazione. La sua realizzazione ci permette di tracciare un percorso chiaro per migliorare la diagnosi, l'accesso alle cure e il supporto ai pazienti, restituendo a questa condizione la dignità che merita e offrendo risposte concrete alle esigenze di chi ne è colpito".
Salute e Benessere
Giornata del bambino, pediatri ‘luce e ombre,...
Come stanno i bambini e gli adolescenti italiani? A fare il punto, alla vigilia della Giornata mondiale del bambino e dell'adolescente, è la Società italiana di pediatria (Sip) che proprio domani aprirà a Firenze il suo 79esimo congresso. Gli esperti scattano una fotografia "in chiaroscuro sul loro stato di salute e sul loro benessere psico-fisico". Se da un lato "si registrano indicatori di eccellenza, dall'altro emergono difficoltà che, se non affrontate, rischiano di compromettere il benessere presente e futuro delle giovani generazioni", evidenzia la Sip.
L'Italia si distingue ancora in alcuni fondamentali indicatori di salute pediatrica, osservano i pediatri. "Uno dei successi principali - ricordano - è rappresentato dal basso tasso di mortalità infantile, tra i migliori al mondo e superiore a Paesi come Francia e Germania, a testimonianza di un sistema di cure all'avanguardia. La qualità delle cure pediatriche è riconosciuta a livello internazionale: secondo una recente indagine della rivista 'Newsweek', ben 13 unità pediatriche italiane figurano tra le migliori al mondo, segno di un impegno costante per la salute dei più piccoli". Accanto alle luci, le ombre. "Vediamo una crescita dei disturbi d'ansia e depressione, soprattutto a partire dalla pandemia - afferma Annamaria Staiano, presidente Sip - Secondo la letteratura internazionale, 1 adolescente su 4 oggi mostra sintomi di depressione e 1 su 5 soffre di disturbi d'ansia, una condizione che porta con sé rischi e vulnerabilità che richiedono attenzione. Le recenti cronache ci ricordano quanto questo disagio sia ormai diffuso: dagli episodi di isolamento volontario (hikikomori), che riguardano oltre 60mila adolescenti italiani, ai tragici fatti di violenza giovanile legati a dinamiche di esclusione sociale e mancanza di supporto familiare. Non meno allarmante è l'aumento dell'uso di alcol tra i minorenni, facilitato dalla reperibilità di bevande a basso costo".
C'è poi l'emergenza povertà, che erode il diritto alla salute e accorcia la vita. "Vivere in condizioni di povertà incide direttamente sulla salute fisica e psicosociale dei bambini. Oggi oltre 1 milione e 295mila minori in Italia sono in condizioni di povertà assoluta, il che significa non potersi permettere le spese essenziali per avere uno standard di vita minimamente accettabile", rimarca la Sip.
A pesare sul futuro dei bambini anche le disuguaglianze, che alimentano la migrazione sanitaria. "Le disuguaglianze territoriali, sia sanitarie che sociali - spiegano i pediatri - penalizzano l'accesso alle cure costringendo molte famiglie a migrare verso altre regioni per garantire ai loro figli le cure necessarie. In particolare, i bambini residenti nel Sud Italia si trasferiscono molto spesso nei centri ospedalieri del Centro-Nord, spinti dall'aspettativa delle famiglie di offrire ai propri figli cure di migliore qualità rispetto a quelle disponibili nella propria regione. In altri casi la motivazione è determinata dall'impossibilità di accedere alle prestazioni necessarie o dalla presenza di lunghe liste di attesa nella regione di residenza. Questi trasferimenti, che comportano un costo significativo a carico dei bilanci delle regioni di residenza, sono iniqui poiché non tutte le famiglie possono permettersi di sostenere le spese. Inoltre, violano il diritto costituzionale all'uguaglianza dei cittadini, compromettendo l'equità nell'accesso alla tutela della salute".
Per affrontare queste sfide, la Sip avanza 3 proposte concrete: 1) Estensione dell'assistenza pediatrica fino ai 18 anni, sia negli ospedali che sul territorio, per evitare che gli adolescenti restino privi di un medico di riferimento in una fase critica della loro crescita. Attualmente i bambini sono assistiti dal pediatra del territorio sino ai 14 anni, mentre in ospedale non c'è una regola uniforme sul territorio nazionale; 2) Rafforzare le reti pediatriche, prevedendo nelle Case di comunità la presenza di pediatri specialisti nelle varie branche della pediatria (endocrinologia, pneumologia, etc) per garantire un'assistenza più diffusa e facilmente accessibile in grado di contrastare le disparità territoriali e sociali; 3) Promuovere l'educazione sanitaria nelle scuole per sensibilizzare le nuove generazioni e favorire una cultura della salute sin dalla giovane età, riducendo il carico di malattie croniche e contribuendo a garantire la sostenibilità del Ssn.
"In inglese - riprende Staiano - esiste un termine, 'flourishing', che significa fiorire: è uno stato di benessere che va oltre la semplice felicità, abbracciando la capacità di prosperare anche in condizioni difficili. Questo stato è correlato al benessere della famiglia, all'instaurarsi di relazioni familiari sane e quindi, alla crescita del bambino in un ambiente sano. Affinché i bambini italiani possano davvero 'fiorire', è fondamentale proteggerli da disuguaglianze e offrire alle loro famiglie il supporto necessario per una crescita serena e in salute. Solo costruendo una società che metta 'il bambino al centro' - conclude la presidente della Sip - potremo garantire a ogni giovane la possibilità di crescere in un ambiente che rispetti i loro diritti fondamentali".
Salute e Benessere
Pediatri, 1,3 mln di bambini in povertà, incidenza più alta...
In Italia, secondo i dati Istat relativi al 2023, oltre 1 milione e 295mila bambini vivono in povertà assoluta, che significa non avere i mezzi per condurre uno standard di vita minimamente accettabile. Un numero che corrisponde al 13,8% del totale dei minori residenti nel nostro Paese, con una percentuale che varia dal 12,9% del Nord al 15,5% del Mezzogiorno. Particolarmente a rischio di povertà assoluta sono i bambini figli di genitori senza cittadinanza italiana: in tali nuclei familiari, composti esclusivamente da stranieri, l'incidenza della povertà assoluta è pari al 35,1% contro il 6,3% delle famiglie italiane. "Eppure ogni bambino dovrebbe avere la possibilità di crescere e svilupparsi in maniera ottimale, essere curato nel migliore dei modi quando si ammala, essere educato in modo da poter sviluppare tutte le sue potenziali risorse intellettuali e conoscitive. Ma la povertà, nelle sue diverse forme, ostacola il raggiungimento di questo diritto". 'Bambini e povertà' è il tema dell'intervento di Mario De Curtis, presidente del Comitato per la bioetica della Società italiana di pediatria (Sip) e già professore ordinario di Pediatria presso la Facoltà di Medicina e Odontoiatria dell'Università di Roma La Sapienza, al 79esimo Congresso della Sip che si apre domani a Firenze.
La povertà non è solo economica, ma esistono altre forme di povertà come quella alimentare, quella sanitaria, quella educativa, quella ereditaria e quella energetica. Povertà alimentare: più di 7 bambini su 100 di età inferiore a 16 anni presentano una deprivazione alimentare nel Mezzogiorno. "L'incapacità da parte della famiglia di sostenere le spese per un pasto proteico al giorno, oppure l'incapacità di affrontare le spese per comprare il cibo necessario, delinea una condizione di deprivazione alimentare nel 2021 ha interessato il 5,9% dei minori di 16 anni. Questa percentuale sale nel Mezzogiorno al 7,6%. Un indicatore dell'aumento della povertà alimentare è il progressivo incremento delle attività delle associazioni benefiche che distribuiscono alimenti provenienti dalla grande distribuzione e da donazioni, destinati a centri impegnati nell'assistenza ai più poveri. A conferma di questa tendenza, si evidenzia l'attività della Fondazione Banco alimentare Onlus, che lo scorso anno ha distribuito oltre 110mila tonnellate di alimenti, aiutando più di 1 milione e 700mila persone, di cui circa 330mila con meno di 14 anni", spiega De Curtis.
Povertà educativa: asili nido non garantiti al Sud. "Maria Montessori affermava che un bambino senza istruzione 'è un cittadino dimenticato'. La povertà educativa indica l'impossibilità dei minori di apprendere, sperimentare e sviluppare le proprie capacità, talenti e aspirazioni. L'asilo nido - ricorda De Curtis - è un luogo di apprendimento e socializzazione dove i bambini possono interagire con coetanei e adulti e offre un supporto essenziale per conciliare le esigenze lavorative dei genitori con la cura dei figli. Il Consiglio europeo di Barcellona aveva stabilito l'obiettivo di raggiungere entro il 2010 una copertura del 33% di posti per bambini sotto i 3 anni in ogni Paese membro. Ma circa la metà delle Regioni italiane, soprattutto al Sud, ad oggi non lo ha raggiunto. E il nuovo obiettivo target del 45% entro il 2030 fissato nel 2022 dalla Commissione europea appare difficilmente raggiungibile, specie se si considera che alcune Regioni del Sud si attestano attualmente intorno al 13%".
"Il nuovo Piano strutturale di Bilancio 2025-2029 - continua De Curtis - desta molte preoccupazioni: le proiezioni del ministero dell'Economia indicano che in alcune aree del Sud, in particolare in Sicilia e Campania, la copertura non raggiungerà nemmeno il 20% entro il 2027, perpetuando così le disuguaglianze territoriali anche in ambito educativo. Nonostante il calo del tasso di abbandono scolastico negli ultimi 2 decenni, il nostro Paese, poi, continua ad essere fanalino di coda dell'Unione europea, con un tasso pari all'11,5%, contro una media europea del 9,6%", avverte il professore.
Povertà sanitaria: se il diritto alla salute dipende dalla regione in cui si vive. "La salute è un diritto di tutti, tutelato dalla Costituzione italiana, ma oggi questo diritto dipende dalla regione in cui una persona ha la fortuna o sfortuna di nascere e di vivere. Nel 2020 la mortalità infantile è stata del 2,51 per mille nati vivi, e maggiore del 60% nei figli di genitori stranieri rispetto a quelli di genitori italiani. I bambini nati nel Mezzogiorno hanno registrato un tasso di mortalità infantile superiore del 70% rispetto a quelli nati nel Nord. Se nel 2020 il Mezzogiorno avesse avuto lo stesso tasso di mortalità infantile del Nord, sarebbero sopravvissuti 155 bambini in più", prosegue De Curtis. La migrazione sanitaria genera e alimenta iniquità, poiché non tutte le famiglie sono in grado di sostenere i costi dei trasferimenti per garantire le cure migliori ai propri bambini.
Povertà ereditaria: 5 generazioni per colmare il divario, ma l'offerta educativa può ridurlo. "Secondo un'indagine della Caritas, la povertà ereditaria si trasmette di padre in figlio e si riferisce al fatto che occorrono almeno 5 generazioni affinché una persona nata in una famiglia povera possa raggiungere un livello medio di reddito. Solo l'8% dei giovani con genitori privi di un titolo di studio superiore riesce infatti a ottenere un diploma universitario. Un'offerta educativa valida e di qualità potrebbe però interrompere il ciclo di trasmissione da una generazione all'altra", rimarca De Curtis.
Povertà energetica: 1 bambino piccolo su 10 ha sperimentato una povertà energetica. Secondo un recente documento di Save the Children, nel 2023 1 bambino su 10 di età inferiore a 5 anni ha sperimentato una povertà energetica, cioè, è vissuto in una casa che non era adeguatamente riscaldata in inverno. Tale percentuale ha raggiunto il 16% nel Mezzogiorno.
La povertà accorcia la vita, ammoniscono i pediatri. La povertà ha conseguenze anche sulla salute psico-fisica, poiché aumenta la vulnerabilità a malattie croniche e infezioni, nonché a disturbi psicologici e comportamentali. I bambini provenienti da famiglie svantaggiate presentano maggiori rischi di obesità, malnutrizione e condizioni igieniche precarie, con effetti negativi che persistono anche in età adulta. "Ci sono modificazioni epigenetiche indotte dalla povertà, che accelerano significativamente il ritmo del processo biologico di invecchiamento, esponendo di fatto il bambino ad una aumentata e precoce vulnerabilità alle malattie dell’età adulta. Ciò vuol dire che le lancette dell'orologio biologico dei bambini poveri corrono più in fretta", conclude De Curtis.