Ucraina-Russia, decisione Biden “è passo verso la Terza guerra mondiale”
Da Mosca le parole del portavoce del Cremlino Dmitry Peskov e di alcuni parlamentari russi
Se dovesse essere confermata, la decisione del presidente uscente degli Stati Uniti Joe Biden di consentire all'Ucraina di colpire in profondità la Russia con missili Atacms significherebbe "un ulteriore aumento delle tensioni" e un maggiore coinvolgimento degli Stati Uniti nel conflitto che potrebbe portare verso la Terza guerra mondiale. Lo scrive il 'Kyiv Independent' che riporta le opinioni di diversi parlamentari russi.
Parlando alla sua consueta conferenza stampa quotidiana, il portavoce del Cremlino, Dmitry Peskov, ha detto di aver visto le notizie ed "è ovvio che l'Amministrazione uscente di Washington intende adottare misure per continuare a gettare benzina sul fuoco e provocare un'ulteriore escalation di tensioni".
Peskov ha anche affermato che non c'è stato alcun cambiamento di posizione rispetto a quanto dichiarato da Vladimir Putin a settembre. Secondo il presidente russo, attacchi a lungo raggio contro la Russia con armi occidentali significherebbero il coinvolgimento della Nato nella guerra e Mosca sta preparando "varie risposte" a tale passo.
"Un passo verso la Terza guerra mondiale"
"Si tratta di un passo molto importante verso l'inizio della Terza guerra mondiale", ha affermato il deputato Vladimir Dzhabarov, secondo quanto riportato dall'agenzia di stampa statale russa Tass.
"L'Occidente ha deciso un livello di escalation che potrebbe concludersi con la perdita completa dello status di Stato da parte dei resti dell'Ucraina", ha scritto Andrei Klishas, membro del Consiglio della Federazione russa, sul suo canale Telegram
Leonid Slutsky, residente della Commissione Esteri della Duma, ha affermato che tale decisione "porterebbe inevitabilmente a una grave escalation, con gravi conseguenze". L'amministrazione Biden lascia a Trump non solo il problema di risolvere la crisi ucraina ma anche quello di evitare uno scontro globale", dice. Maria Zakharova, portavoce del ministero degli Esteri, si limita a ricordare che sul tema si è già pronunciato il presidente Vladimir Putin.
Il quotidiano governativo Rossiyskaya Gazeta l'ha definita "una delle decisioni più provocatorie e impreviste" dell'amministrazione Biden, che potrebbe avere "conseguenze catastrofiche".
Host tv amico di Putin Kiselyov: "Usa, Francia e Gb entrano in guerra"
Il 'propagandista in capo' di Vladimir Putin e host tv Dmitry Kiselyov ha affermato ieri nel suo show su Rossiya 1 che la risposta della Russia all'impiego, da parte dell'Ucraina, di missili di fabbricazione americana Atacms contro obiettivi in territorio russo, "potrà essere di qualsiasi tipo". "Di qualsiasi tipo", ha ripetuto, mantenendo l'ambiguità su cui Mosca dall'inizio dell'invasione dell'Ucraina basa le sue minacce, sottolineando che "non a caso la dottrina nucleare russa è stata cambiata". Ha anche ribadito che in questo modo, Stato Uniti, Gran Bretagna e Francia (anche se gli ultimi due Paesi non hanno autorizzato a ora l'impiego dei missili forniti a Kiev contro la Russia, ndr) entrano direttamente in guerra "con tutte le derivanti conseguenze per i loro territori e per le loro popolazioni".
Mosca sta rivedendo la sua dottrina nucleare per considerare, come aveva detto Putin lo scorso settembre, l'aggressione alla Russia da parte di qualsiasi Stato non nucleare, ma con la partecipazione o il sostegno di uno Stato nucleare, sia considerata come un attacco congiunto alla Federazione Russa.
La decisione di Biden
Secondo quanto riportato da diversi organi di stampa il 17 novembre, Biden ha autorizzato l'Ucraina a utilizzare missili Atacms a lungo raggio forniti dagli Stati Uniti per attacchi all'interno della Russia, segnando un cambiamento significativo nella politica statunitense.
Secondo quanto riferito al New York Times da fonti ufficiali riservate, Kiev utilizzerà probabilmente inizialmente i missili contro le forze russe e nordcoreane nell'oblast di Kursk, ma Washington potrebbe autorizzarne l'uso anche altrove.
La decisione non è stata confermata pubblicamente né da Kiev né da Washington, con il presidente Volodymyr Zelensky che ha affermato che "i missili parleranno da soli".
Cosa farà Putin
Ci pensa l'agenzia Tass a ricordare le parole del leader, che circa un mese fa ha fatto riferimento a "varie opzioni" per rispondere all'eventuale attacco con missili a lungo raggio. "Solo gli specialisti della Nato possono farlo", ha aggiunto riferendosi alla gestione dei missili. "Questo significa che la Nato - gli Usa e i paesi europei - sono in guerra con la Russia. E se questa è la situazione, prenderemo le decisioni appropriate in risposta alle minacce nei nostri confronti".
Esteri
Ucraina, ambasciatore Zazo: “Con soldati Nordcorea no...
L'ex capo missione a Kiev: 'Putin si sente incoraggiato dopo Scholz, non conti troppo su Trump'
L’invio di migliaia di soldati nordcoreani nel Kursk difficilmente darà “una svolta” al conflitto in Ucraina, ma potrebbe essere stato uno degli elementi alla base della decisione di Joe Biden di autorizzare Kiev all’uso di missili a lungo raggio per colpire obiettivi in territorio russo. E’ l’analisi fatta dall’ambasciatore Pier Francesco Zazo, a capo della missione italiana in Ucraina fino al luglio scorso, con un’esperienza precedente anche a Mosca.
“E’ improbabile – dice all’Adnkronos alla vigilia del millesimo giorno di guerra e all’indomani del via libera arrivato da Washington - che il dispiegamento dei circa dodicimila soldati nordcoreani possa rappresentare un "game changer" - in grado di imprimere una svolta militare decisiva al conflitto”.
Secondo Zazo, “il loro utilizzo può essere da un lato interpretato come un pericoloso segnale di escalation della determinazione della Russia di voler andare avanti nella sua offensiva militare e dall’altro come una conferma dell’evidente difficoltà del Cremlino costretto a ricorrere al sostegno esterno di regimi repressivi quali l’Iran e la Corea del Nord pur di poter continuare nel suo sforzo bellico”.
E allora ecco “la recente decisione di Biden di autorizzare finalmente l’utilizzo delle armi a lungo raggio – sostiene l’ ambasciatore - può essere letto come una reazione all'alleanza militare tra Mosca e Pyongyang ed al dispiegamento delle truppe nordcoreane nell’area di Kursk. L’obiettivo è quello di consentire agli ucraini di cercare di mantenere il controllo della regione di Kursk come merce di scambio nell’ipotesi di un futuro avvio di negoziati”.
Non solo: Zazo sottolinea anche “un aspetto potenzialmente positivo per Kiev” dell’invio di soldati nordcoreani: “Il coinvolgimento diretto di Pyongyang nel conflitto ha messo in allarme la Corea del Sud, la quale era stata finora restia a concedere aiuti e che invece potrebbe ora essere indotta a fornire un forte sostegno bellico all’Ucraina”.
L'ambasciatore commenta poi il colloquio di venerdì scorso tra Olaf Scholz e Putin - a seguito del quale il leader russo non ha cambiato atteggiamento, mentre si sente tuttora incoraggiato ad andare avanti nella sua offensiva militare, come hanno dimostrato i bombardamenti di ieri - e l’atteggiamento di Donald Trump, che non è detto accetti la resa incondizionata di Kiev auspicata da Mosca, per non dare l’immagine di sé di “presidente debole”. Zazo esorta a essere “più cauti che ottimisti” dinanzi alle dichiarazioni che arrivano sia da Washington che da Kiev sulla possibilità di una fine rapida del conflitto. Mentre la notizia dell’ok di Joe Biden all’uso di missili a lungo raggio in territorio russo è stata accolta con soddisfazione dall’Ucraina che ha la possibilità di “combattere finalmente senza le mani legate dietro la schiena”.
“Penso che sia più opportuno essere cauti anziché ottimisti - afferma - poiché non è affatto scontato che Trump riuscirà nel suo intendimento di porre fine al conflitto subito dopo il suo insediamento come da lui promesso. Anche se non si conoscono ancora i dettagli del suo piano è presumibile che Trump proporrà da un lato un congelamento del conflitto consentendo così alla Russia l’acquisizione de facto dei territori già occupati e dall’altro una sospensione temporanea della richiesta d’ingresso dell’Ucraina nella Nato”. In cambio, secondo l’ambasciatore, “potrebbe offrire a Kiev un forte sostegno nel settore della difesa al fine di rafforzare la sua capacità di deterrenza militare”.
Ma il punto fondamentale, ricorda, “è che sarà comunque sempre e solo Putin a decidere se e quando sarà arrivato il momento di negoziare venendo incontro a Trump, non certo l’Ucraina che dipende troppo dagli aiuti militari e finanziari degli alleati occidentali”. E in effetti, il Cremlino ha reagito “in maniera cauta all’apertura di Trump mettendo in chiaro che gli obiettivi dell’operazione militare speciale rimangono inalterati”.
Resta il fatto, è l’analisi di Zazo, che “finora il bilancio per la Russia è alquanto magro e pertanto Putin difficilmente potrà accontentarsi di una semplice tregua: innanzitutto la Russia dovrà perlomeno completare l’occupazione delle quattro regioni (Donetsk e Lugansk nel Donbass, Zaporizhzhia e Kherson) già formalmente annesse nel settembre 2023 ma che in parte sono ancora sotto il controllo ucraino. Inoltre Putin non ha mai specificato gli obiettivi dell’operazione militare speciale poiché egli si riserva tuttora la possibilità di cercare di occupare la maggior parte possibili dei territori russofoni dell’Ucraina orientale e meridionale”.
“Soprattutto al momento Putin è tuttora convinto di poter vincere”, insiste l’ambasciatore, sottolineando “l’evidente soddisfazione con cui a Mosca hanno accolto la telefonata del cancelliere tedesco Scholz che consente finalmente a Putin di uscire per la prima volta dall’isolamento internazionale ed a restituirgli la legittimità di poter interloquire con i leader occidentali nonostante il mandato di arresto emesso dalla Corte Penale Internazionale nei suoi confronti" .
"Il Cremlino interpreta l’iniziativa di Scholz, dopo una totale assenza di contatti negli ultimi due anni, come un segnale di debolezza e si sente pertanto incoraggiato ad andare avanti nella sua offensiva militare – ragiona Zazo - come del resto confermato dagli ultimi massicci bombardamenti alle infrastrutture energetiche e città ucraine, e di continuare a premere per una resa incondizionata di Kiev. Soprattutto Mosca spera che la mossa di Scholz possa preludere ad un indebolimento della compattezza del fronte occidentale antirusso e che la Germania possa diventare un primo anello debole tra i Paesi europei, disponibile a riavviare un dialogo con il Cremlino”.
Ma, avverte l’ex ambasciatore a Kiev, “qualora Putin dovesse andare avanti nella sua offensiva militare ed insistere per una resa incondizionata di Kiev Trump potrebbe irrigidirsi e decidere di dare invece un sostegno convinto a Kiev non volendo certo accreditare di se l’immagine di un Presidente debole responsabile della sconfitta dell’Ucraina. E’ questa l’aspettativa e la speranza degli ucraini, che non mancano anche di evidenziare la variabile rappresentata dalla notoria imprevedibilità di Trump anche se è indubbio che in passato i suoi rapporti con Zelensky non sono mai stati facili. Gli ucraini ricordano come durante la sua precedente presidenza Trump, nonostante le esternazioni di ammirazione nei confronti di Putin, diede comunque il via libera all’esportazione di armamenti verso Kiev e all’adozione di sanzioni nei confronti della Russia”.
In questo contesto, “la tanto attesa autorizzazione data da Biden all’utilizzo dei missili a lungo raggio Atacms per colpire gli obiettivi militari in territorio russo da cui partono gli attacchi alle infrastrutture energetiche ed obiettivi civili ucraini sembrerebbe al momento limitata solo alla regione di Kursk, ma è stato nondimeno accolto con grande soddisfazione dal governo di Zelensky che nel suo piano della vittoria ha sempre insistito di poter finalmente combattere ad armi pari con i russi senza una mano legata dietro alla schiena”. E d’ altro canto, “gli ucraini sono convinti che la minaccia di un escalation nucleare da parte della Russia rappresenti un bluff, principalmente per spaventare le opinioni pubbliche occidentali e ridurre il sostegno degli alleati a Kiev, tenuto conto che l’eventuale ricorso alle armi atomiche tattiche non solo la esporrebbe alla dura condanna dell’intera comunità internazionale, compresa il suo principale alleato, la Cina, ma comporterebbe anche grandi rischi di nubi radioattive diretti sui territori russi confinanti”.
Nel caso in cui dovessero finalmente partire negoziati tra Mosca e Kiev, “per Putin la vera linea rossa è rappresentata dal divieto di ingresso dell’Ucraina nella Nato laddove potrebbe invece accettare di limitare le sue conquiste territoriali fermo restando che presumibilmente sarà inflessibile nel non cedere neanche un millimetro delle aree già occupate”, spiega infine Zazo, parlando di quali potrebbero essere i punti chiave della trattativa. “Dal canto suo l’Ucraina, in crescente difficoltà sul fronte bellico ed alle presa con il grave problema della carenza di uomini da inviare a combattere, potrebbe adottare un atteggiamento più flessibile e rinunciare ad esempio alla richiesta, al momento poco realistica, di un ritorno alle frontiere del 1991 – è l’analisi dell’ambasciatore - E’ probabile che, qualora pressato dagli alleati occidentali, il governo Zelensky sarebbe disponibile ad accettare sia pure a malincuore il recupero dei territori occupati dai russi ma in cambio insisterebbe per ottenere il via libera ad una futura adesione di Kiev nella Nato, considerata dagli ucraini come l’unica credibile garanzia di sicurezza per scongiurare future aggressioni da parte del potente vicino russo”.
Dinanzi a queste posizioni negoziali inconciliabili, secondo Zazo, “nell’attuale congiuntura uno scenario alternativo più credibile, ma sicuramente meno rassicurante per Kiev, per arrivare ad una tregua è che gli alleati occidentali aiutino l’Ucraina a dotarsi di una forte capacità di deterrenza militare ed a rafforzare la sua industria di difesa, replicando cosi il modello già adottato per Israele e la Corea del Sud che non sono membri della Nato”. “Si ripeterebbe cosi una situazione simile a quello del passato conflitto coreano conclusasi con un armistizio – chiosa - In tal caso il lungo confine tra i due Paesi sarebbe comunque destinato a rimanere un’area di elevata instabilità poiché Kiev sarebbe inevitabilmente esposta al rischio di future nuove aggressioni da parte della Russia di Putin non potendo godere dell’ombrello protettivo della Nato”.
Esteri
Bassetti: “Kennedy Jr che mangia McDonald’s?...
L'infettivologo: "Il suo approdo alla Salute Usa è una chance per l'Europa"
"La coerenza, questa sconosciuta". È il commento laconico via X dell'infettivologo Matteo Bassetti alla foto che ritrae Robert Kennedy jr mentre si appresta a consumare hamburger e patatine di McDonald's a bordo dell'aereo di Donald Trump. A postarla sempre su X il figlio di Trump, Donald Trump jr, con tanto di battuta: "Make America Healthy Again starts tomorrow', cioè 'la missione di rendere l'America di nuovo sana parte domani'. Il riferimento è a una delle battaglie più sbandierate da RFK jr, che guiderà il Dipartimento Salute nella nuova era Trump: la lotta ai cibi ultra processati e l'impegno annunciato per migliorare l'alimentazione degli americani.
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Bassetti è critico sulla scelta di Kennedy jr alla Salute Usa, ma - spiega anche su Facebook il direttore Malattie infettive ospedale policlinico San Martino di Genova - per l'Europa questa "è una grande chance. Siamo già più bravi degli americani così li supereremo anche in ricerca e sviluppo di nuovi farmaci e vaccini". Se Kennedy si occuperà di salute negli Usa, "noi europei festeggeremo - conclude in un altro post social - Sarà una straordinaria opportunità per la vecchia Europa di affermare la sua leadership anche nel campo della scienza, della ricerca e della medicina. Viva l'Europa".
Esteri
India soffocata dallo smog, a Delhi valori 60 volte sopra i...
Disposta la chiusura delle scuole
Nuova Delhi soffoca a causa dell'inquinamento. Le immagini che arrivano dalla capitale indiana mostrano una città avvolta da una coltre di smog. Alle 12.30 ora locale, riportano i media indiani, l'indice di qualità dell'aria (Aqi) era pari a 1743, secondo IQAir, e un Aqi pari o superiore a 301 è considerato "pericoloso".
Dopo giorni di allarme nella capitale indiana e in aree limitrofe i livelli record di inquinamento - 60 volte superiori ai limiti 'consentiti' dall'Organizzazione mondiale della sanità, come riporta l'agenzia Afp - hanno costretto le autorità a decidere per la chiusura delle scuole. Aule vuote e 'dad' fino a nuovo avviso per tutti gli alunni, ad eccezione degli studenti più grandi delle ultime classi. Vietato l'ingresso ai camion, ad eccezione di quelli carichi di generi alimentari, e stop anche per i cantieri dei lavori pubblici.
A Delhi, riferiscono i media locali, sono stati segnalati casi di irritazione agli occhi e problemi respiratori. Nella città, dove si stima vivano 33 milioni di persone, erano già state adottate una serie di misure pensate per la 'lotta allo smog', compreso lo stop ai cantieri non essenziali, che però molti hanno giudicato inutili. A inizio mese l'inquinamento aveva costretto anche le autorità del vicino Pakistan a chiudere temporaneamente le scuole elementari di Lahore.