Affitti brevi, nuove norme dal 1° gennaio. Ma i proprietari sono pronti?
Dal nuovo anno obbligo di Codice identificativo nazionale, ma in 230mila non lo sanno
Dal 1° gennaio 2025 gli immobili destinati all’affitto a breve termine dovranno obbligatoriamente esporre il cosiddetto Cin o Codice identificativo nazionale, ma i proprietari sono pronti? Solo in parte, tanto è vero che, secondo l’indagine commissionata da Facile.it a mUp Research e Norstat, ben il 33% degli intervistati ha detto di non essere a conoscenza di quest’obbligo, dato corrispondente a quasi 230.000 proprietari.
L'indagine
Contrariamente a quello che molti pensano, il 62% di chi ha un immobile in affitto a breve termine, pari a circa 430.000 individui, lo fa come ulteriore fonte di reddito rispetto a quella principale e non come attività professionale.
Il discorso cambia se si segmenta il campione per fasce anagrafiche; guardando ai rispondenti con età compresa fra i 25 ed i 34 anni, questa è attività professionale per il 61,3% degli intervistati che, così, si sono creati un lavoro. Riguardo al motivo per cui i proprietari di immobili hanno scelto di affittare a breve termine invece che in altre modalità, il 39,8% dichiara di averlo fatto per garantirsi maggiori guadagni, il 35,7% per tutelarsi dai rischi di inquilini morosi, il 28,3% per poter disporre con più libertà dell’immobile in caso di necessità e il 13,7%, vale a dire quasi 100.000 individui, per via di brutte esperienze precedenti con affitti a lungo termine.
La legge sarebbe dovuta entrare in vigore ad inizio novembre e solo pochi giorni prima di quella data è arrivato il rinvio al primo gennaio. A conferma che la situazione sia delicata un altro dato emerso dall’indagine: il 44% dei proprietari che dovranno esporre il Cin non ha ancora fatto richiesta per ottenerlo, mentre il 33% ha presentato domanda ma non lo ha ancora ricevuto; dati alla mano, quindi, solo 1 proprietario su 5 è pronto alla nuova norma.
Guardando più da vicino chi non ha ancora richiesto il Cin, emerge che il 30% dei rispondenti ha dichiarato di avere intenzione di farlo a breve, mentre il 38% ha detto di volersi prima informare a riguardo e solo dopo prenderà una decisione in merito a ciò che farà dell’attività. Addirittura, il 9,3% dei proprietari, vale a dire circa 30.000 persone, ha detto che smetterà l’attività perché 'sta diventando troppo complicata', percentuale che arriva a sfiorare il 14% tra i proprietari residenti al Sud e nelle Isole. Il 6% del campione intervistato, dato corrispondete a 18.000 individui, invece, non ha intenzione di richiedere il codice, ma continuerà comunque ad operare pur non rispettando la legge.
Il Cin non è l’unica novità introdotta dalla norma, che prevede anche l’installazione all’interno delle abitazioni concesse in affitto breve di alcuni dispositivi per la sicurezza degli ospiti; da questo punto di vista i proprietari sembrano essersi attivati con maggiore celerità. Per i rilevatori di fumo, ad esempio, il 63% del campione ha detto di averli già installati, ed anche per quanto riguarda gli estintori quasi 2 proprietari su 3 si sono messi in regola. Si ferma al 49%, invece, la percentuale di chi ha installato il rilevatore di monossido di carbonio.
Seppur non obbligatoria, se non in alcune regioni, il 65% dei proprietari ha dichiarato di aver sottoscritto una polizza casa per tutelarsi da eventuali danni agli ospiti durante il soggiorno; il 68%, invece, ha un’assicurazione che tutela l’immobile stesso da eventuali danni arrecati dagli affittuari. Il mercato assicurativo offre diverse polizze destinate ai proprietari di immobili che vogliono intraprendere la strada dell’affitto a breve termine. Si tratta di prodotti che, secondo l’analisi di Facile.it, hanno prezzi che partono da circa 150 euro l’anno, con premi che possono superare i 300 euro a seconda delle garanzie scelte.
Le coperture offerte variano da compagnia a compagnia; alcune, ad esempio, tutelano il proprietario solo in caso di danni o infortuni agli ospiti durante il soggiorno, altre invece, intervengono in presenza di danni arrecati all’immobile dagli affittuari, anche in presenza di atti vandalici o furti. Sono normalmente esclusi i danni derivanti dall’usura naturale dell’immobile, così come problemi derivanti da mancata manutenzione.
"Il consiglio quando si è alle prese con la scelta di una polizza casa -spiega Andrea Ghizzoni, Managing Director assicurazioni di Facile.it - è di verificare con attenzione i fascicoli informativi per identificare la soluzione più adatta alle proprie esigenze. Ad esempio, è importante non limitarsi alla polizze proposte da alcune piattaforme per gli affitti brevi; queste coperture sono spesso limitate e, naturalmente, sono valide solo per le prenotazioni effettuate tramite la piattaforma stessa, lasciando così il proprietario scoperto nel caso operi attraverso altri canali".
Economia
IA, Mura (Manageritalia): “Manager guidano...
"Ormai lo vediamo in tutte le realtà organizzative, sta cambiando un po' tutto, il manager guida questo cambiamento e lo fa, lo deve fare, con delle modalità che abbiano due caratteristiche principali. Intanto, la capacità di ascolto delle caratteristiche dell'impresa, dell'organizzazione all'interno della quale è inserito, dalla quale non può prescindere sia per gli obiettivi che la propria organizzazione si pone, sia perché la velocità con la quale questi obiettivi devono essere raggiunti, garantendo l'efficacia e l'efficienza, è il suo mandato. Dall'altra parte, lo fa insieme alle persone che popolano le nostre aziende e le organizzazioni e che oggi, al pari della velocità con cui l'intelligenza artificiale scardina diversi modelli organizzativi, portano nei mondi organizzativi diversi significati del lavoro. Quindi assistiamo anche a un veloce cambiamento. Cambiamento del senso e del significato che il lavoro stesso ha all'interno dell'organizzazione". A dirlo Maria Antonietta Mura, Manageritalia, intervenendo all'evento Adnkronos Q&A, 'Trasformazione digitale, dentro l'AI'.
"A livello manageriale - spiega - inserire cultura manageriale vuol dire non lasciare indietro nessuna di queste valutazioni. Non si può fare, perché comunque nella quotidianità delle imprese e delle organizzazioni, le persone che realizzano quello che l'intelligenza artificiale ci richiede di fare, ci sono. Ma non si può fare neanche perché lasciare indietro una qualsiasi di queste nuove modalità di interpretare il posto del lavoro è 'rallentante' rispetto alla velocità nella realizzazione dei propri obiettivi. Quindi questo è il mandato che oggi i manager hanno, lo hanno nelle realtà più complesse e organizzate, lo hanno anche in quelle piccole, con delle complessità diverse".
Maria Antonietta Mura ricorda l'esistenza di "aziende e organizzazioni che non hanno i manager perché non se li possono permettere. perché ci sono dei costi nell'inserimento delle figure manageriali afferma. Ci sono tantissime piccole e medie imprese che proprio oggi hanno la necessità di crescere per non morire, ma non hanno ancora la capacità di inserire all'interno figure di un certo rilievo, di un certo peso".
"L'idea - propone - è di mettere a fattore comune competenze manageriali. Manageritalia ha sviluppato diversi progetti proprio per offrire, volontariamente, ma con profonda competenza, figure manageriali che si adoperino nelle imprese, nelle realtà che non hanno una propria figura manageriale all'interno. Questo nella convinzione che mettere a fattore comune competenze e capacità di leggere dei contesti organizzativi più o meno complessi, possa essere un acceleratore nel raggiungimento degli obiettivi che tutte le realtà si devono per propria esistenza porre".
"Tre - spiega - sono i pilastri fondamentali per il manager. Uno è la conoscenza digitale, alla quale nessuno può sottrarsi e il manager da questo punto di vista deve anche facilitare un atteggiamento positivo, che non sia di faccia di entusiasmo. Credo che a questo livello si possa veramente andare in profondità nell'atteggiamento di ogni persona che fa parte dei gruppi di lavoro, che possa utilizzare in maniera diversa, più affine al proprio ruolo e alle proprie caratteristiche, l'intelligenza artificiale e non solo essa. Il secondo punto è la capacità di essere flessibili, essere aperti verso il cambiamento e verso la velocità che il cambiamento ci imprime forse è la sfida più grossa, perché noi comunque ragioniamo e reagiamo ancora con dei tempi anche neuronali diversi da quelli dell'intelligenza artificiale, però dobbiamo per forza, essere flessibili".
"Questa - sottolinea - è una competenza che si allena, che si forma, con iniziative anche innovative, che possono essere anche semplicemente di confronto tra realtà diverse. Oggi c'è veramente un panorama che offre di tutto di più, basta iniziare a farle anche in rete queste iniziative. E la terza cosa è che accanto all'intelligenza artificiale c'è un'altra intelligenza, della quale i manager non si devono dimenticare, che è l'intelligenza emotiva. Cambia una vocale, ma credo che l'abbinamento tra le due possa essere il vero fattore critico di successo, da formare sempre, a tutti i livelli, e da allenare".
Economia
Ia, Seghi Recli (Farmindustria): “Taglia tempi...
Seghi Recli: "Primo step del percorso, forse quello più incerto, prima della parte clinica e poi registrativa"
Lo scenario farmaceutico internazionale si sta allineando alla sfida della sanità digitale e delle applicazioni dell'intelligenza artificiale, "che sono un'opportunità a livello competitivo - il report Draghi è una fonte importante di elementi di competitività - ma anche un'ancora di sostenibilità per il Servizio sanitario nazionale", e nel settore ricerca e sviluppo l'Ai è già utilizzata dalle aziende. "Oggi, già nella parte precoce del percorso di sviluppo di un farmaco, i tempi - e si parla di anni - si sono ridotti del 40%. Un'enormità, ma sono casistiche di grandi multinazionali che sono state in grado di partire in anticipo con queste strumentazioni. Via via che si affinano le tecnologie e divengono appannaggio anche delle aziende grandi a livello nazionale, l'accellerazione dell''early stage' - parliamo del primo step del percorso, forse quello più incerto, dell'iter di 3 fasi che poi prevede lo sviluppo clinico e poi registrativo - dovrebbe diventare uno standard per tutti". Lo ha detto Giuseppe Seghi Recli, componente della Giunta di Farmindustria, ospite dell'evento 'Trasformazione digitale dentro l'Ai', promosso oggi a Roma dall'Adnkronos.
"Sicuramente ci sono margini ancora di miglioramento per questi strumenti nell'accorciare i tempi e mirare ancora meglio le molecole su cui scommettere. E' una risorsa per il settore e una garanzia per il cittadino", ha aggiunto Seghi Recli. L'Italia ha una leadership a livello farmaceutico in Ue "e potrà valorizzarla anche attraverso l'uso di strumenti di salute digitale", ha proseguito, "e l'uso dell'Ai non solo nelle leve competitive dell'industria, ma nell'ecosistema dei dati sanitari. Questo discorso diventerà centrale".
Per Seghi Recli, "il Regolamento europeo che è stato approvato quest'anno sull'European Health Data Space (Ehds) è l'architrave su cui lavorare come sistema Paese, mettendo in pista quelle agenzie di accesso ai dati che il Regolamento prevede - ma dovranno lavorare molto sia i centri clinici che le imprese del settore farmaceutico nel poter, in base alle normative in vigore, usare questi dati clinici di 'real word' - per far sì che siano strutturati e generino evidenze, cliniche, regolatorie e di accesso, per arrivare - ha concluso - all''evidence based medicine', per giocare tutti a carte scoperte, la parte pubblica e privata".
Economia
Ia, Bazzi (Minsait Italia): “Capire come set...
A dirlo Alberto Bazzi, head of offering & operations Minsait Italia, intervenendo all'evento Adnkronos Q&A, 'Trasformazione digitale, dentro l'AI'
"Quando parliamo di IA parliamo di un set di tecnologie molto ampio, parliamo di motori, di guida di veicoli, di guida autonoma, di robotizzazione; quindi il tema è capire come questo set di tecnologie integrato anche con altre tecnologie come l'IoT blockchain possa portare valore in un mercato e in una specifica azienda". A dirlo Alberto Bazzi, head of offering & operations Minsait Italia, intervenendo all'evento Adnkronos Q&A, 'Trasformazione digitale, dentro l'AI'.
"Tutte le applicazioni di queste tecnologie - spiega - possono migliorare la componente dei ricavi, migliorare la struttura dei costi o entrambi, mi vengono in mente tutte quelle applicazioni che sono relative al miglioramento della relazione con il cliente. Pensiamo all'evoluzione delle tecnologie di Nlp come il chatbot e il voicebot che permettono di migliorare e digitalizzare una relazione con il consumatore, un cliente, un utente".
"Un'altra area di intervento - avverte - che forse è la più innovativa è legata all'IA generativa. Ad esempio come utilizzare l'Ia per sviluppare nuovi prodotti, ci sono casi di aziende del mondo del lusso che stanno già utilizzando l'IA negli uffici stile per capire come potrebbe evolvere il design di prodotti classici; quindi stile, immaginazione e creazione unita alle potenzialità dell'IA per capire dove e come entrare in determinati mercati, come sviluppare dei nuovi modelli di esigenza. L'IA va a supporto dei processi di gestione strategici, sulla parte dei costi di sicuro abbiamo tutte le applicazioni che afferiscono all'automatizzazione dei processi".
"Da una ricerca che abbiamo fatto con la Luiss quest'anno - afferma - si vede come tutte le aziende considerate innovative avevano una caratteristica, anzi due, una era proprio quella che avevano identificato nella strategia dell'azienda il ruolo dell'IA e delle altre tecnologie abilitanti e il secondo era che avevano già avviato e stavano lavorando su grossi progetti di gestione dei dati. Quindi questi sono due fattori che caratterizzavano tutte queste aziende".
Per Alberto Bazzi, "tra i principali abilitatori di una strategia di intelligenza artificiale all'interno di un'azienda c'è la componente dei dati. Cioè qualsiasi modello di IA si basa su un addestramento e l'addestramento si fa su dati, che devono essere completi, aggiornati, sicuri e questo è un fattore abilitante. Sempre nella ricerca che abbiamo fatto, la caratteristica che univa tutte le aziende innovative era che avevano avviato dei grossi progetti di lavoro sui dati. C'è il tema dello storage, quindi come vengono raccolti, immagazzinati e distribuiti i dati. C'è il fattore più tecnologico, l'infrastruttura di rete, la connessione. Cioè i dati viaggiano su autostrade dove vengono trasferiti e se non abbiamo questo abilitatore, quello che noi elaboriamo non viene distribuito. Poi c'è la capacità computazionale e qui abbiamo tutto il tema dell'evoluzione dei processori. Quindi i dati devono essere 'addestrati', ci serve una capacità di lavorazione sui dati molto forte. Poi c'è la capacità di sicurezza legata ai dati. Quindi i dati devono essere raccolti, elaborati ma in un contesto sicuro. Questi sono gli abilitatori, direi tecnologici infrastrutturali. Poi ci sono quelli organizzativi che sono altrettanto importanti".
Bazzi pone poi l'accetto sulla "scarsità di risorse specialistiche, anche perché molte figure stanno nascendo adesso, quindi non c'è stato il tempo di formarle, pensiamo agli architetti, ai data scientists, ai data engineer. Il problema è, rispetto agli obiettivi che ci si pone, come le organizzazioni devono cambiare, e quando intendo come devono cambiare è come devono essere ridisegnati i processi aziendali, come devo ridisegnare i ruoli e le responsabilità, come devo formare le persone, riskillare le persone. Questi sono fattori forse più importanti della competenza in sé e della ricerca delle figure".
"L'utilizzo più diffuso dell'IA - sottolinea - di sicuro porta a un decentramento delle decisioni. I modelli organizzativi in futuro saranno più piatti, ci saranno meno gerarchie, ci sarà una fase soprattutto iniziale dove bisognerà pensare a creare dei team misti, dove avremo delle persone che hanno delle competenze di dominio, di marketing, di produzione, integrate con competenze specifiche di dominio tecnologico, può essere l'IoT, l'Ia e tutte le altre tecnologie. E' già successo con la digitalizzazione negli anni scorsi, succederà anche adesso. Poi c'è il tema della formazione che è una formazione tecnica: bisogna formare le persone ad utilizzare certe tecnologie, è più facile farlo su persone che hanno un background tecnologico".
Per Alberto Bazzi, bisogna guardare al cambiamento perché "se applico una tecnologia agli stessi modi di lavoro precedenti, i benefici che otterrò saranno minimi e questo non vale solo per l'IA. E' sempre stato evidente che è un fattore determinante come le organizzazioni cambieranno e con che velocità; perché prima si parlava delle preoccupazioni legate alla distruzione di certe tipologie di lavoro, ci sarà e c'è stato in tutte le ondate tecnologiche che hanno riguardato l'evoluzione della nostra economia".
"Il tema è quanto riusciremo a raggiungere un punto di pareggio, cioè tra quello che verrà cambiato, quello che verrà distrutto e quello che nascerà da questo, quanto sarà impattante e in quanto tempo lo faremo e quali supporti verranno messi a disposizione delle aziende anche a livello pubblico per accompagnare le persone a cambiare, ad acquisire nuove competenze", conclude.