IA, Moricca (PagoPA): “Ci permette di avere il cittadino al centro con i suoi bisogni”
L'amministratore unico PagoPA è intervenuto all'evento Adnkronos Q&A, 'Trasformazione digitale, dentro l'AI'
"L'approccio che Pago.PA ha in questo momento è quello di riuscire ad unire le basi dati, tra l'altro uno dei nostri prodotti è la Pdnd, Piattaforma Digitale Nazionale dei Dati, e con questo riuscire ad avere varie applicazioni che si intersecano tra di loro, che costituiscono un vero e proprio ecosistema. Ciò ci permette di mettere il cittadino al centro, quindi di avere una situazione nella quale non è più il cittadino che si deve rivolgere alla Pubblica amministrazione, ma è la Pubblica amministrazione che suggerisce e che riesce ad intervenire su quello di cui il cittadino ha bisogno. Quindi è un completo cambio di paradigma". A dirlo Alessandro Moricca, amministratore unico PagoPA, intervenendo all'evento Adnkronos Q&A, 'Trasformazione digitale, dentro l'AI'
"In tutto questo - spiega - l'intelligenza artificiale ha un impatto molto importante, perché non è solo uno strumento di automatizzazione dei processi. L'intelligenza artificiale ci permette di rivolgersi alla Pubblica amministrazione, ci permette di avere un'organizzazione proattiva: di andare dal cittadino, di prevedere le sue necessità e di rispondere in maniera puntuale a quelle che sono le sue esigenze. In questo è chiaro che anche il feedback che si può dare al cittadino è diverso da quello che si dava prima, quindi si possono creare sulla base delle richieste del cittadino delle schede, dei report, dei documenti Pdf, delle pagine Html, dei fogli di calcolo, dei database che rispondano a quelle che sono le sue esigenze e offrirgli una gamma assolutamente diversa di potenzialità, di feedback".
"E' chiaro - sottolinea - che una risposta più veloce del pubblico genera fiducia nel cittadino, senza dimenticare tutti gli aspetti che devono essere considerati in queste evoluzioni: etici, legali, e privacy. Al momento abbiamo due casi d'uso dell'IA che abbiamo già lanciato, sono sulle nostre app e sul customer care: la piattaforma dei pagamenti Pago.Pa, e App.Io. Sulla piattaforma Pago.Pa, che è utilizzata da 48 milioni di cittadini e imprese, quello che abbiamo implementato è un sistema che durante i periodi serali e notturni e i weekend dà la possibilità al cittadino di avere informazioni sui pagamenti effettuati, quindi dando il tuo codice fiscale, o anche nel caso in cui si vada a chattare con Chatbot, dà la risposta su quale era lo stato del pagamento".
Per quanto riguarda invece App.Io, prosegue, "che è utilizzata mediamente oggi da circa 5 milioni di cittadini, c'è la possibilità, sempre con lo stesso tipo di funzionalità, di avere un'assistenza sul login, quindi se uno ha dimenticato, i propri dati della Cie o dello Spid, di aiutarlo nel recuperare i pagamenti".
"In realtà - precisa - stiamo lavorando su vari progetti che puntano all'eliminazione, o almeno di riduzione di lavoro, per i nostri team, su attività molto ripetitive e che possono essere assolutamente automatizzate. Dall'altra parte, stiamo lavorando per implementare dei sistemi che permettano al cittadino di avere risposte più concrete a domande che può fare sulla Pubblica amministrazione, quindi nel caso in cui abbia bisogno di una procedura che sia indirizzata o che riceva risposte su quali sono le attività da svolgere".
"IT wallet, che è stato lanciato di recente con dei test, e sarà pienamente diffuso da dicembre, ci offre ulteriori opportunità, perché è chiaro - aggiunge Moricca - che avere nel proprio smartphone tutte le credenziali e in realtà tutte le proprie informazioni permette anche di avere un'interazione diversa con la Pubblica amministrazione, ma non solo, ed è questa chiaramente la nuova frontiera alla quale stiamo guardando, soprattutto nell'ambito del customer care".
Economia
Da BancoPosta fondi Sgr nuovo prodotto flessibile
Un Fondo flessibile multiasset che rientra nella Linea Strategie della gamma base
In collaborazione con TgPoste.it
BancoPosta Fondi Sgr, società di gestione del risparmio del Gruppo Poste Italiane, ha lanciato sul mercato un nuovo prodotto d’investimento. Si tratta di BancoPosta Distribuzione Attiva, un Fondo flessibile multiasset che rientra nella Linea Strategie della gamma base e che mira a distribuire un provento trimestrale e a realizzare, in un orizzonte temporale di medio periodo, una crescita moderata del capitale investito attraverso un investimento diversificato dei suoi attivi nei principali mercati internazionali e in strumenti finanziari che generano reddito, selezionati con una politica d’investimento che tiene conto anche dei criteri di finanza sostenibile.
La composizione del portafoglio prevede strumenti del mercato monetario/titoli obbligazionari (minimo 50% e fino al 100%); strumenti finanziari di natura azionaria fino a un massimo del 40%; strumenti collegati al rendimento delle materie prime fino a un massimo del 10%; strumenti finanziari di emittenti di Paesi emergenti fino a un massimo del 30%; depositi bancari fino ad un massimo del 20%.
BancoPosta Distribuzione Attiva è indicato per tutti coloro che desiderano ricevere regolarmente un provento dal proprio investimento, vogliono avvalersi di una gestione professionale, dove la selezione degli strumenti finanziari avviene tenendo conto anche di criteri di finanza sostenibile. E’ inoltre adatto ad investimenti in un universo ampio e diversificato di classi di attivo, aree geografiche, valute, attraverso scelte di gestione attive che ricercano in tutto il mercato le migliori opportunità d’investimento con focus sul reddito e la crescita.
Economia
Ia, Marco Re (Tor Vergata): “Microelettrica fulcro...
Il professore Elettronica digitale dell' Università Tor Vergata, intervenendo all'evento Adnkronos Q&A, 'Trasformazione digitale, dentro l'AI'.
"L'intelligenza artificiale nasce dal punto di vista degli algoritmi negli anni '40 in realtà, il machine learning è stato usato nelle nostre aziende per tanti anni, il vero elemento che ha portato a questo veloce e molto veloce incremento dell'applicazione è la microelettronica, cioè la convergenza in particolare di due tecnologie, tutte e due dipendenti dalla microelettronica. La convergenza di queste due tecnologie ha consentito di arrivare a prendere gli algoritmi magari nati 15 anni fa o 20 anni fa dai nostri ricercatori del settore della fisica e dell'ingegneria, e della matematica, e metterli su un hardware. Quindi è fondamentale sempre porre l'attenzione sul fatto che, oggi, in questo strumento, noi abbiamo l'implementazione dell'intelligenza artificiale perché abbiamo un cosiddetto hardware accelerator, cioè un oggetto hardware, un circuito integrato specifico che svolge queste funzioni con grande efficienza energetica". A dirlo Marco Re, professore Elettronica digitale Università Tor Vergata, intervenendo all'evento Adnkronos Q&A, 'Trasformazione digitale, dentro l'AI'.
"Nel futuro - spiega - avremo anche la possibilità di non dover accedere alla rete, al cloud o al fuoco per fare il learning, ma avremo un learning locale. Ma questo sarà il risultato della convergenza di dati trasferiti e microelettronica molto spinta. Allora bisogna poi capire bene qual è la situazione della microelettronica mondiale, che è centrale per l'intelligenza artificiale. E quali sono le sue criticità? Il problema è che la microelettronica moderna è estremamente complessa. Noi lavoriamo attualmente su nodi, si chiama nodo l'elemento 3D, il transistor singolo, e si va verso tecnologie più spinte. Questo ha significato che negli ultimi vent'anni la concentrazione del Fab, del cosiddetto firmware Fab, è assolutamente diventata necessaria per poter sfruttare i costi di produzione di oggetti così sofisticati. Quindi noi abbiamo della produzione di cibi integrati di ultima generazione fatta sostanzialmente in Sud Corea, in Taiwan".
"Questo - assicura - fa venire in mente un po' di 'problemini', perché Taiwan è ovviamente in una situazione geopolitica molto complessa, la South Korea non sta proprio vicino ad un paese calmo, come si dice, e quindi il problema è che queste forti concentrazioni sono estremamente rischiose, costituiscono un punto critico che può interrompere la catena di produzione di circuiti integrati. E questo è il problema. Ergo, la gran parte dei paesi sta cercando di spostare la produzione in loco. Quindi gli Stati Uniti stanno investendo, con il National Science Chips Act, 280 milioni di dollari per rifare i circuiti integrati negli Stati Uniti, l'Europa sta facendo qualcosa, anche l'Italia sta facendo qualcosa".
"C'è il rischio - si chiede il professore Marco Re - che sia la geopolitica a fermare questa corsa tecnologica che stiamo vivendo? C'è un rischio reale? Questo secondo me è un rischio reale, ma insieme a questo rischio ci sono ulteriori rischi. Questo non è l'unico rischio della criticità della catena di produzione di circuiti conduttori; è molto interessante questo, perché è talmente sofisticata e spinta la tecnologia, che ad esempio i macchinari per la produzione di circuiti integrati che oggi abbiamo nei nostri iPhone, sono costruiti in un solo paese del mondo che è l'Olanda con Asml".
"In Ucraina - prosegue - vengono prodotti la gran parte dei gas nobili che sono utili nelle industrie sui produttori, come l'Argon e altri gas nobili. Per fare la futura classe di circuiti integrati dell'intelligenza, ci vogliono non solo le tecnologie, ma ci vogliono gli uomini per gestire le tecnologie e anche uomini che progettino i nuovi sistemi di intelligenza artificiale".
"Non ci sono più iscritti - ammette - nei corsi di ingegneria elettronica a livello mondiale. C'è un incremento degli iscritti nei corsi di computer science, cioè chi fa il software, non ci sono iscritti nei corsi di electrical engineering, che sono quelli che progettano i circuiti integrati, che sono gli acceleratori che ci consentono di fare l'inferenza a basso costo energetico".
Economia
“Coopetizione”: la via ibrida per affrontare il futuro nel...
Creare (cooperando) più valore a monte e costruire (competendo) soluzioni a valle per innovare: una ricetta vincente per stati e aziende, spiega il presidente Cerra
È il concetto di “Coopetizione”, fusione tra competizione e cooperazione, a dominare il nuovo rapporto annuale del Centro Economia Digitale. Presentandolo martedì presso la Sala Aldo Moro del Ministero degli Esteri, il presidente e fondatore Rosario Cerra spiega che il termine racchiude una strategia virtuosa per trarre il meglio dalla combinazione di dinamiche cooperative e competitive per affrontare le grandi sfide globali come innovazione tecnologica, cambiamenti climatici e sicurezza economica.
Lo sguardo del rapporto – intitolato “Coopetizione: Aziende e Stati di fronte alla sfida di un mondo che cambia” – è rivolto al futuro; la base di partenza è la necessità di fare sistema per svilupparsi e prosperare in un mondo sempre più complesso da navigare. Del resto, conviene a tutti i commensali avere una torta più grande prima di tagliarla a fette, anche quando l’impulso sarebbe quello di rivaleggiare e basta. “Bisogna essere capaci di utilizzare le strategie più avanzate per aver successo in un contesto globale in rapidissima evoluzione. Questo vale tanto per le aziende quanto per gli stati”, dice Cerra ad Adnkronos.
Non si può non pensare all’urgenza dell’Unione europea delineata nel rapporto di Mario Draghi: la necessità di recuperare terreno rispetto ai grandi concorrenti economici, Cina e Stati Uniti in primis, India e altri in prospettiva. La nuova realtà è che “nessuno basta più a sé stesso” sia in ambito istituzionale che in quello d’impresa; nonostante gli enti siano in competizione fra loro, contemporaneamente non possono fare a meno di collaborare in certi ambiti, evidenzia il presidente del Ced.
Un processo già in corso
L’elemento sorprendente, rileva Cerra, è che la tendenza alla coopetizione è già emersa e ben visibile nelle economie mature. Lui ne parla come di un “fenomeno strutturale e dinamico” in cui istituzioni e imprese si trovano immersi “anche inconsapevolmente”. E sviluppare competenze specifiche in questo campo è quanto mai opportuno, anzi prioritario, per tutte le organizzazioni sia private che pubbliche. Anche perché bisogna essere capaci di gestire un rapporto di coopetizione per non diventare il soggetto che ci perde, sottolinea.
Uno sguardo ai dati evidenziati dal rapporto fa intuire la potenzialità di una dinamica di coopetizione. Su un campione di 2000 aziende globali e un lasso temporale che va dal 2003 al 2022, il Ced ha preso in esame 15.000 casi di brevetti collaborativi tra competitor diretti – cresciuti del 159% in termini assoluti, con una quota relativa quasi raddoppiata (+82%) rispetto al totale delle innovazioni brevettate.
La coopetizione “non solo cresce, ma evolve in maniera più significativa rispetto alle dinamiche brevettuali complessive, specialmente nei settori tecnologici avanzati come aerospazio, salute, energia tecnologie dell’informazione e della comunicazione”, spiega Cerra. A livello geografico sono gli Usa a guidare questa tendenza, seguiti da Europa e Giappone. L’Ue mostra una maggiore apertura verso le collaborazioni internazionali (specie nell’ottica del programma Horizon): complessivamente sono in aumenti i finanziamenti, anche se non sempre è stato dato il giusto peso agli aspetti di competizione nei progetti con realtà estere potenzialmente rivali.
Dall’idea ai benefici
Come sfruttare, nel pratico, la coopetizione? Il modello strategico e di governance delineato nel rapporto combina elementi di separazione, integrazione e conciliazione delle dinamiche per fare in modo che i partecipanti a un progetto “coopetitivo” mantengano il controllo del processo, gestiscano in anticipo le tensioni e costruiscano rapporti sostenibili. L’obiettivo è creare valore a monte, più di quanto non si sarebbe fatto singolarmente, e costruire soluzioni concorrenti a valle – favorendo le dinamiche competitive che alimentano l’innovazione.
In un processo del genere è essenziale la fiducia, rileva Cerra, è un fattore essenziale. E guardando a un mondo con sempre più competizione geopolitica e interdipendenza globale, anche e soprattutto nel campo della tecnologia, “gestire strategicamente relazioni ‘coopetitive’ è cruciale per bilanciare cooperazione e autonomia”. Un esempio di successo? Lo sviluppo collaborativo di vaccini contro il Covid-19, una “collaborazione ponderata per sviluppare tecnologie critiche senza sacrificare autonomia e sicurezza”.
L’ultimo punto che il presidente del Ced tiene a evidenziare è che l’Italia, nel suo muoversi a livello internazionale e nel suo tessuto economico, ha sempre dimostrato la capacità di affrontare interdipendenze e complessità. Possono il Belpaese e le sue realtà essere campioni di coopetizione in potenza? “Con questa tradizione, possiamo guardare al futuro con ottimismo”.