Regionali, per il centrodestra ora si apre la partita Veneto: i nodi da sciogliere
Dopo il doppio flop in Umbria ed Emilia, il partito di Meloni guarda con interesse alla ricca Regione del Nord
Dopo la doppia sconfitta rimediata in Emilia Romagna e Umbria, Fratelli d'Italia lavora per rifarsi in vista delle prossime sfide elettorali, a partire dal Veneto, dove - in attesa delle mosse del governatore uscente, il leghista Luca Zaia - si gioca una partita nazionale all'ultimo voto. Non è un mistero infatti che il partito di Giorgia Meloni guardi con interesse alla ricca Regione del Nord, mosso dal desiderio di candidare un proprio esponente alla guida di Palazzo Balbi.
I nodi da sciogliere
Due però sono i nodi da sciogliere: il primo riguarda la data delle elezioni (settembre 2025, scadenza naturale della legislatura, o primavera 2026?), il secondo riguarda il futuro di Zaia, che è già al suo terzo mandato e - in assenza di una legge che glielo consenta - non più 'arruolabile' per una nuova corsa. A quel punto Fratelli d'Italia potrebbe far pesare il suo ruolo di partito leader della coalizione ed esprimere una sua candidatura per la poltrona di governatore.
De Carlo in pole
Da tempo si fa il nome del senatore Luca De Carlo, presidente della Commissione Agricoltura di Palazzo Madama, che interpellato dall'Adnkronos predica prudenza, per ora: "Ho sempre detto che è alquanto prematuro parlare di un tema come questo", tuttavia, osserva il coordinatore veneto di Fdi, "qui siamo il primo partito, facciamo la miglior performance a livello nazionale. Alle europee abbiamo aumentato di 5 punti la percentuale rispetto alle politiche. E' un dato che ci mette nelle condizioni di giocare le nostre carte".
La partita in Veneto, dice ancora De Carlo, è "slegata" da quelle che si sono giocate nelle precedenti regionali: per la scelta del candidato "bisognerà tenere conto" anche delle dinamiche e delle scelte che verranno fatte sulle Regioni al voto l'anno prossimo, ossia Campania (dove Fdi e Forza Italia reclamano un loro candidato), Marche, Puglia, Toscana e Valle d'Aosta. "Dobbiamo guardare avanti e scegliere i candidati migliori. Noi siamo forti del consenso che oggi i veneti ci danno: oltre un veneto su tre dà fiducia a Fdi", prosegue il senatore.
Gli altri 'papabili'
Come papabile per il posto da governatore non c'è solo De Carlo: anche l'europarlamentare di Fdi Elena Donazzan, ex assessora della giunta Zaia, potrebbe ambire alla nomination. "In Veneto -spiega- siamo cresciuti come classe dirigente, esiste più di un profilo candidabile. Quando sarà il momento sceglieremo. Lo scopo è tenere il centrodestra unito, perché solo così si vince". La Lega aspira a mantenere la presidenza del Veneto, ma questo per De Carlo non rappresenta un problema: "Vorrei vedere qual è il partito che dice 'no, non vogliamo il presidente'. E' legittimo che il mio omologo, il segretario della Lega veneta Alberto Stefani, dica che la guida della Regione deve rimanere al suo partito. Mi stupirebbe se dicesse che il governatore devo farlo io...".
Rimanendo in Veneto, un altro esponente locale di Fdi, il vicecapogruppo al Senato Raffaele Speranzon, dice di non credere a una nuova candidatura dell'uscente Zaia, al netto della stima nei confronti dell'attuale governatore del Carroccio: "Qualora non dovessero esserci i numeri in Parlamento - come credo - sulla proposta di aumentare il numero dei mandati, alla fine di questa legislatura non ci sarà una ricandidatura di Zaia, del quale abbiamo grandissima stima e col quale stiamo lavorando bene".
Anche per Speranzon sono i numeri che consentono a Fdi di dare le carte: "Alle europee - ragiona - Fdi ha ottenuto in Veneto il 37,5%, ogni elezione ha visto crescere costantemente il consenso per noi. Le ultime europee ci hanno permesso di raggiungere una percentuale che Fdi non ha riscontrato in nessuna parte di Italia. Non siamo noi che rivendichiamo il Veneto, sono i veneti che col loro consenso danno indicazioni chiare sulla forza politica che li rappresenta. Il quadro è questo, dopodiché sono aperti i possibili scenari. Se non c'è un uscente ricandidabile, bisognerà sedersi attorno a un tavolo e trovare la quadratura del cerchio".
Ma non c'è alcuna fretta, secondo il senatore: "I tempi non ci impongono di essere tempestivi. Siamo convinti di avere una classe dirigente con persone e figure che rispondono ai requisiti giusti. Luca De Carlo sicuramente è uno di queste. Il confronto tra i leader delle forze politiche del centrodestra poterà sicuramente a una sintesi", promette Speranzon.
Politica
Regionali, centrodestra battuto due volte “ma la...
In Umbria ed Emilia Romagna vince il centrosinistra, Meloni si complimenta "al di là delle differenze politiche" e Tajani rivendica il risultato di Forza Italia. Ma il caso della leghista Tesei brucia
Doppia sconfitta per il centrodestra in Emilia Romagna e Umbria. La prima Regione resta saldamente nelle mani del centrosinistra, grazie alla vittoria del sindaco di Ravenna Michele De Pascale su Elena Ugolini; la seconda ritorna 'rossa' dopo la parentesi degli ultimi cinque anni targati Donatella Tesei, la candidata della Lega e del centrodestra che non è riuscita a bissare il successo del 2019.
Alle 19.09, quando il quadro emerso dalle proiezioni era ormai chiaro, la premier e leader di Fratelli d'Italia Giorgia Meloni non può che riconoscere la vittoria dei candidati dello schieramento rivale: "Desidero rivolgere i miei auguri di buon lavoro ai nuovi presidenti della Regione Umbria, Stefania Proietti, e della Regione Emilia Romagna, Michele De Pascale. Al di là delle differenze politiche, auspico una collaborazione costruttiva per affrontare le sfide comuni e lavorare per il benessere e il futuro delle nostre comunità", scrive su X la presidente del Consiglio, che rivolge un "ringraziamento sentito" a Donatella Tesei ed Elena Ugolini "per l'impegno, la dedizione e la passione dimostrati in questa competizione elettorale".
Alle parole di Meloni si aggiungono quelle del segretario di Forza Italia Antonio Tajani, che sottolineava come la sua forza politica abbia "raddoppiato i consensi in entrambe le Regioni" promettendo "un'opposizione costruttiva". Per il vicepremier e numero uno della Lega Matteo Salvini "gli elettori hanno sempre ragione. Già da domani - assicurava il ministro delle Infrastrutture - sono a disposizione dei nuovi amministratori per portare avanti tutte le opere pubbliche che servono a cittadini e territori". "Questo voto non avrà ripercussioni sul governo e sulla maggioranza, ma sarà uno stimolo a riprendere con vigore e compattezza la via delle riforme e della modernizzazione del Paese", l'opinione di Maurizio Lupi, soddisfatto del risultato di Noi Moderati, che in Umbria ha "più che quintuplicato i voti rispetto alle politiche, arrivando quasi al tre per cento".
L'analisi della sconfitta, il caso Umbria brucia
In casa Fdi, a taccuini chiusi si analizza l'esito di un voto sul quale non si nutrivano grandi aspettative: "Quest'estate partivamo molto sotto nei sondaggi, in campagna elettorale c'è stata una grossa rimonta ma non è bastata. Quando si perde, si ascoltano sempre gli elettori" spiegano all'Adnkronos fonti di peso di Via della Scrofa, che in tema di regionali rivendicano il risultato di "11 a 3" da quando il centrodestra ha vinto le elezioni politiche del 2022. Se, da una parte, sull'Emilia Romagna nessuno riponeva speranze di successo, discorso diverso lo merita l'Umbria, dove la sconfitta brucia di più. Mentre Fi e Lega tengono botta rispetto alle europee, sono i voti di Fratelli d'Italia quelli che mancano all'appello: a giugno il partito di Meloni aveva ottenuto il 32,62% in Umbria al voto di giugno, questa volta non arriva al 20%. Ma anche se nessuno lo ammette apertamente, a penalizzare il centrodestra secondo diversi meloniani sarebbero stato lo scarso appeal comunicativo di Tesei. Molti, dalle parti di Fdi, dubitavano delle capacità carismatiche della leghista: "Nel caso specifico ovviamente uno fa le giuste riflessioni, ma è facile parlare il giorno dopo: Tesei si è impegnata per cinque anni, ha fatto la campagna elettorale. Per ora si ringrazia tutti, non buttiamo la croce su nessuno. Poi faremo le dovute riflessioni", spiegano le stesse fonti, secondo le quali "non cambia nulla per la maggioranza, che resta solida ed è serena. Non si può vincere sempre".
A chi le chiede se sia mancato il traino di Fratelli d'Italia, che in Umbria si attesta sotto il 20%, la governatrice sconfitta Donatella Tesei risponde che "tutti i partiti hanno dato il massimo", anche "per far conoscere anche quello che forse non siamo in grado di comunicare bene durante questi cinque anni". Anche il segretario della Lega in Umbria Riccardo Marchetti non cerca "colpevoli": "Tutti nell'alleanza hanno condotto una campagna seria, anche gli alleati di Fratelli d'Italia. Bisogna invece capire cosa gli elettori, evidentemente, non hanno capito", dobbiamo "prepararci per difendere quelle che sono le tante azioni messe in campo dal governo regionale e nazionale".
Non fa professione di modestia il sindaco di Terni Stefano Bandecchi, che con la sua Alternativa Popolare ha sostenuto la corsa di Tesei dopo aver accarezzato il sogno di una sua candidatura in prima persona: "Con me candidato presidente avremmo vinto contro Stefania Proietti, senza ombra di dubbio. Parliamo di un leader contro acqua fresca...", afferma con l'Adnkronos l'imprenditore, senza giri di parole. Sul risultato di Ap "posso dire con orgoglio che abbiamo portato anche più di quanto fosse prevedibile. Abbiamo fatto la nostra parte e non abbiamo nulla da recriminare, al contrario di quello che fa la sinistra quando perde. Come centrodestra dobbiamo fare un esame di coscienza e lavorare meglio. Per esempio, penso a Tesei: ha fatto tantissimo, ma forse non ha comunicato i suoi risultati nel modo giusto", osserva Bandecchi.
In una nota Forza Italia rivendica il suo "trend positivo": l'ultima tornata elettorale conferma il movimento come "secondo partito della coalizione di centrodestra e la terza forza politica in assoluto", risultato che rende l'obiettivo del 20% alle prossime politiche "assolutamente alla nostra portata" a detta degli azzurri. Su X fa discutere però il tweet pubblicato dalla deputata di Fi Rita Dalla Chiesa: "Alla prossima alluvione se lo ricorderanno", scrive l'ex conduttrice a proposito dell'esito del voto in Emilia Romagna. Poi la precisazione: "E' una terra che ha vissuto momenti difficilissimi. Tante persone hanno perso tutto a causa dell'alluvione. Da esponente del centrodestra, speravo che questo dramma potesse essere anche un momento di riflessione, soprattutto per gli emiliani. Mi fa male pensare che non abbiano compreso che con il centrosinistra si rischia di arrivare a queste situazioni...", affermava la parlamentare, interpellata dopo le polemiche sollevate dal suo post.
Politica
G20, l’Italia aderisce ad Alleanza contro fame e...
Stop and go all'intesa dell'Argentina di Milei, alla fine arriva l'ok ma con qualche distinguo
Nella ‘città meravigliosa’, ma anche “sintesi delle contraddizioni del mondo” (copyright Luis Inàcio Lula da Silva), il G20 dà disco verde all’Alleanza contro la fame e la povertà, iniziativa testardamente voluta dal presidente brasiliano, ‘bandiera’ del summit di Rio de Janeiro, per “porre fine a una vergogna dell’umanità”. Del resto il G20, ha ricordato il ‘padrone di casa’, rappresenta l’85% del Pil mondiale, ed è chiamato a rispondere a numeri che mettono i brividi, ovvero 700 milioni di persone in condizioni di povertà estrema, con l’aggravante che per la metà si tratta di bambini costretti a vivere con meno di 2,15 dollari al giorno, così poco da non riuscire nemmeno a garantire acqua potabile e cibo per sfamarsi.
Lo stop di Milei
Mentre gli sherpa continuano a lavorare sulla dichiarazione finale e a sciogliere i nodi delle guerra in Ucraina e Medio Oriente, anche l’obiettivo che sembrava a portata di mano - l’intesa contro fame e povertà - in un primo momento appare vacillare, con uno stop del presidente argentino Javier Milei che sembra volersi tenere fuori anche da questa partita. La ferita si rimargina in tarda mattinata: anche l’Argentina entra nell’alleanza, seppur con alcuni distinguo.
Il sì dell'Italia e il no ai cibi in laboratorio
Gli altri Grandi del mondo riuniti nella città carioca non mostrano invece alcun tentennamento. Compresa la premier Giorgia Meloni, che “aderisce convintamente” all’Alleanza voluta da Lula, ricordando, nel suo intervento alla prima sessione di lavori del summit, quanto fatto dal G7 a guida italiana, con l’Apulia Food Systems Iniziative promossa al vertice di Borgo Egnazia.
“Sono convinta che la cooperazione tra G7 e G20, anche e soprattutto su questi temi – avrebbe detto la premier, a quanto si apprende -, possa essere decisiva per trovare soluzioni concrete ed efficaci alla complessità delle sfide del nostro tempo. Sfide sempre più interconnesse, che ci dicono una cosa estremamente importante: i problemi del Sud sono anche i problemi del Nord del mondo, e viceversa”.
Contrastare la fame nel mondo e la povertà, avrebbe sottolineato Meloni, “è certamente una delle sfide più ambiziose e complesse che affrontiamo”. Sfide rese ancor più complicate dalle guerre con cui il pianeta è chiamato a fare i conti. La premier avrebbe fatto riferimento sia all’Ucraina che al Medio Oriente nella prima sessione di lavori del summit, rimarcando come, nella guerra in Ucraina, anche il grano sia stato usato come arma, “come strumento di guerra, colpendo soprattutto le nazioni più deboli”. E ricordando l’impegno di Italia in Medio Oriente per aiutare le popolazioni civili: “l'iniziativa Food for Gaza abbiamo consegnato 47 tonnellate di prodotti di prima necessità”.
Ma la presidente del Consiglio, nel suo intervento, sarebbe tornata anche su temi cari a lei e al suo governo. Come il no agli alimenti sintetici destinati, a suo dire, ad acuire il gap tra Paesi ricchi e poveri. Per contrastare la fame nel mondo, il suo ragionamento, è fondamentale il ruolo della ricerca, “ma voglio essere chiara: non per produrre cibo in laboratorio. Perché significa andare verso un mondo nel quale chi è ricco potrà mangiare cibo naturale e a chi è povero verrà destinato quello sintetico. E non è il mondo nel quale voglio vivere”.
Meloni e il ripensamento di Milei
Altro tema battuto con convinzione è quello dell’identità: “se vogliamo raggiungere la sicurezza alimentare, dobbiamo prima di tutto difendere il diritto di ogni popolo e di ogni Nazione di scegliere il modello produttivo e il sistema di alimentazione che reputano più adatto alle proprie caratteristiche”. Ogni Nazione, il ragionamento della premier, ha le sue peculiarità e le scelte non possono che partire dai territori, dalle realtà locali, dalla propria cultura.
“Anche perché un rapporto più forte tra territorio, popolo e lavoro consente anche di ottenere cibo di maggiore qualità e catene di produzione sostenibili. Identità, come sempre, significa ricchezza”, la sua convinzione. Poi a margine dei lavori, i bilaterali con l’indiano Narendra Modi, il principe ereditario dell’Emirato di Abu Dhabi Sheikh Khaled bin Mohamed bin Zayed Al Nahyan, il presidente della Banca Mondiale Ajay Bangra e il primo ministro canadese Justin Trudeau, per un primo passaggio di consegne della presidenza del G7, con la raccomandazione di non dimenticare l’impegno per l’Africa.
Quanto all’Alleanza contro fame e povertà stretta oggi a Rio, difficile capire se Meloni abbia avuto un ruolo per far sì che anche l’Argentina di Milei rientrasse nella partita. “La presidente parla con tutti…”, si limitano a rispondere da Palazzo Chigi. Domani, terminato il vertice, la premier lascerà Rio per raggiungere Buenos Aires e iniziare la sua visita ufficiale nel Paese guidato da Milei.
Politica
Regionali, vittoria doppia per il centrosinistra: Pd...
Per i dem percentuali 'bulgare' in Emilia Romagna con De Pascale e primi in Umbria con Proietti. Ma gli alleati vengono 'cannibalizzati': l'alleanza ampia (con Iv compresa) vince, ma i nodi restano
Il centrosinistra agguanta il 2 a 1 alle elezioni regionali, nella tornata d'autunno 2024, e il Pd di Elly Schlein esulta per la doppietta. Un trionfo in Emilia Romagna con Michele De Pascale. Una vittoria meno larga per Stefania Proietti in Umbria, ma decisiva. Un risultato, quello umbro, incerto fino alla vigilia, con lo 'spauracchio Bandecchi' ad agitare la coalizione progressista poi svanito con il passare delle ore e il consolidarsi dei voti per la candidata sostenuta dal centrosinistra. Un successo particolarmente importante per Schlein. Interno ed esterno. Il Pd vola e la vittoria seda malumori emergenti tra i riformisti dem per la gestione della partita ligure.
Il Pd cannibalizza gli alleati
Resta però aperto il capitolo alleanze. Intanto, il successo non arriva allo stesso modo per tutte le forze del centrosinistra. Il voto in Emilia e Umbria conferma la tendenza della Liguria, la regione persa di un soffio: il Pd cresce e 'cannibalizza' gli alleati. I dem toccano percentuali bulgare in Emilia con lo sfondamento oltre il 42 per cento. E anche in Umbria il Pd è primo partito a quota al 30,43% staccando di parecchio Fdi. In entrambe le regioni c'è una crescita consistente dei dem rispetto alle europee.
Per gli alleati la musica diversa: leggermente al di sotto del risultato delle europee Alleanza Verdi e Sinistra e, come in Liguria, male i 5 Stelle in calo di consensi rispetto al voto di giugno: era l'8,9% in Umbria contro l'attuale 4,74% e al 7,2% in Emilia contro il 3,55%. Le liste centriste stanno sull'ordine di un paio di punti percentuali. A differenza della Liguria, persa, in Emilia e in Umbria anche Iv (senza simbolo) era in coalizione. Se ci fossero stati anche in Liguria si starebbe parlando di 3 a 0? Non ci sarà mai la controprova ma l'alleanza ampia vince nelle due regioni in cui si è presentata e Matteo Renzi arriva puntuale come un orologio a sottolinearlo: "Il centrosinistra unito vince. Il centrosinistra diviso perde. Lo dice la matematica da sempre, lo conferma la politica oggi".
Per Schlein le vittoria di Emilia e Umbria sono la conferma dello schema 'testardamente unitaria' a cui lavora, con alterne fortune, da mesi. "E' il segno di una vittoria che è la vittoria della coesione di una squadra e di una coalizione, e anche dell'unità e della coesione del Partito democratico. E' il segno di dove possiamo arrivare quando siamo uniti e compatti attorno a un obiettivo", scandisce la segretaria.
Il racconto della giornata in due fasi
Il racconto della giornata è in due fasi: il festeggiamento a Bologna per la vittoria schiacciante di De Pascale, accompagnato al comitato da Schlein e Stefano Bonaccini, mentre in Umbria il risultato era ancora aperto. "Una bellissima vittoria, una vittoria emozionante quella di Michele De Pascale'', esultava la segretaria del Pd. Una vittoria anche sulle polemiche durissime con il centrodestra sull'alluvione. Il neo governatore chiama subito in causa Giorgia Meloni chiedendo di aprire una fase nuova: "E' stato un anno e mezzo di scontri. Da questa campagna elettorale deve finire la speculazione politica e deve iniziare una nuova collaborazione istituzionale. Io spero, già nei prossimi giorni di poter incontrare la presidente del Consiglio e su questo poter segnare un cambio un cambio di passo", dice De Pascale 'offrendosi' di assumere la "responsabilità" di nuovo commissario alla ricostruzione nei territori coinvolti dalle alluvioni.
Poco dopo i festeggiamenti a Bologna, con il consolidarsi della vittoria in Umbria dai dem, arriva l'annuncio che la segretaria andrà a Perugia al comitato di Stefania Proietti. E qui è attesa per il festeggiamento meno scontato e più importante della tornata elettorale d'autunno. Per il Pd e per lo sforzo unitario perseguito da Schlein. Ma che si vada verso una alleanza strutturale è ancora tutto da vedere. Una risposta dovrebbe arrivare dalla Costituente dei 5 Stelle sabato e domenica a Roma. A cui Conte fa riferimento nella telefonata con Proietti: "Vittoria strepitosa, promesse last minute centrodestra non hanno ingannato gli umbri. Nessun dubbio fossi tu la candidata migliore. Stiamo preparando Nova, siamo in dirittura d’arrivo; non riesco a raggiungerti per festeggiare e abbracciarti, la Costituente mi blocca a Roma". Avs intanto non ha dubbi: "Avanti con alleanza, non dismettere il progetto messo in campo qui in Umbria", dice Elisabetta Piccolotti.