Tragedia a Ercolano: esplosione in una fabbrica clandestina di fuochi d’artificio, tre giovani vittime
Ercolano, un posto che solitamente vibra di storia, di bellezza. Oggi, invece, un posto pieno di dolore, di macerie. Lunedì pomeriggio, un’esplosione devastante ha ridotto in pezzi un appartamento in via Patacca 94. Un quartiere tranquillo, che in un attimo è diventato un luogo di distruzione totale. Tre giovani vite spezzate in un istante: due sorelle, 26 anni, di Marigliano e Samuel Tafciu, 18 anni, di origine albanese. E cosa puoi dire, davvero? È difficile trovare parole che abbiano un senso, che possano spiegare. Questa tragedia ci lascia senza fiato, ci mette davanti, ancora una volta, ai pericoli che l’illegalità porta con sé. Fuochi d’artificio, illegalità e giovani vite che si perdono. Giovani che non dovevano essere lì, che avevano tutta la vita davanti.
Un’esplosione che scuote la comunità
Lunedì, verso le tre del pomeriggio, il silenzio di via Patacca è stato spezzato in mille pezzi. Un’esplosione, improvvisa, devastante e in un attimo tutto è cambiato. L’appartamento? Sparito, ridotto a un cumulo di macerie. Niente più muri, niente più niente. Da fuori, chi poteva anche solo immaginare cosa stava succedendo lì dentro? Quelle mura, così normali, così tranquille. E invece, dietro c’era una fabbrica clandestina di fuochi d’artificio. Tutto organizzato di fretta, giusto qualche giorno prima. E quel 18 novembre, per quei ragazzi, doveva essere il primo giorno di lavoro. Tre giovani, con la speranza negli occhi, con la voglia di provarci, di trovare una piccola occasione, una via d’uscita. Invece, si sono ritrovati in una trappola, senza via di scampo. E in un attimo, tutto è andato in pezzi, tutto è finito.
L’esplosione è stata così forte che tutto ha iniziato a tremare, come se la terra stessa si stesse spezzando. Gli edifici intorno hanno subito colpi pesanti, porte sfondate, finestre esplose in mille pezzi. E poi quell’odore, quell’odore acre di polvere da sparo che ti entra nei polmoni e non se ne va. Gli abitanti raccontano di un “boato assordante“, come se il mondo fosse esploso in un attimo. E dopo, le urla. La gente che gridava. E quella colonna di fumo nero, denso, che si alzava, visibile da chilometri. “Sembrava un terremoto“, ha detto una testimone, la voce ancora tremante. Il quartiere è stato evacuato immediatamente, tutti fuori, via, per paura che ci fosse un’altra esplosione. I vigili del fuoco sono arrivati di corsa, così come le forze dell’ordine, a cercare di mettere in sicurezza quel poco che era rimasto.
Vite spezzate, famiglie distrutte
Le vittime avevano un nome, delle storie. Due sorelle di 26 anni, con i loro sogni e Samuel Tafciu, 18 anni appena. Tutti e tre erano lì per il loro primo giorno di lavoro, convinti, forse, dalla promessa di guadagni facili, dalla speranza di un futuro migliore. Ma la realtà è stata tutt’altra. Una realtà crudele, che non fa sconti. Il sindaco di Ercolano, Ciro Buonajuto, non ha nascosto il suo dolore: “È una tragedia che ci lascia senza parole, un evento devastante“. E come dargli torto? “Non è concepibile che dei ragazzi così giovani perdano la vita in circostanze tanto assurde. Dobbiamo fare di più, tutti quanti: comunità, istituzioni, non possiamo più permettere che accada una cosa del genere“. Ha detto il sindaco, sottolineando l’urgenza di fare molto di più, di mettere un freno a queste attività illecite.
La dinamica dell’esplosione
Secondo le prime ricostruzioni, quel laboratorio era stato allestito in tutta fretta, come se il tempo fosse stato un lusso che non potevano permettersi. Nel giro di un weekend, tutto era stato messo su, alla buona, senza pensarci troppo, senza la minima precauzione. C’erano materiali pericolosi, infiammabili, ammassati lì, uno sopra l’altro, come se fosse tutto normale. E quei ragazzi, senza nessuna esperienza, erano stati catapultati in mezzo a quel caos. Un disastro in attesa di succedere. Una bomba pronta a esplodere. Non c’era bisogno di essere un esperto per capire che sarebbe finita male. Un mix letale, che non avrebbe mai potuto portare a niente di buono. Solo a una tragedia, purtroppo.
Gli inquirenti hanno aperto un fascicolo per omicidio plurimo e disastro colposo. Ora bisogna capire chi c’è dietro tutto questo. Chi ha messo quei ragazzi lì, in quella situazione disperata? Chi gli ha dato quei materiali esplosivi? Chi ha trasformato quell’appartamento, che da fuori sembrava una casa come tante, in una bomba a orologeria pronta a scoppiare? C’è molto di più dietro tutto questo: una rete nascosta, fatta di fabbriche clandestine di fuochi d’artificio. Un business che esplode, soprattutto prima delle feste di Natale, quando la richiesta cresce e nessuno vuole guardare troppo da vicino. Le indagini vanno avanti, ma le risposte scarseggiano. Eppure, qualcuno dovrà rispondere per queste vite spezzate, per questo dolore che rimane.
Un problema che va oltre via Patacca
Questa esplosione, purtroppo, non è un caso isolato. È una ferita aperta, che sanguina da anni nella nostra terra, un problema che conosciamo troppo bene. Qui, in Campania, i fuochi d’artificio sono parte di noi. Sono parte delle nostre feste, delle nostre radici, del nostro modo di celebrare la vita, di esprimere la gioia. Ma troppo spesso questa bellezza si trasforma in qualcos’altro. In qualcosa di oscuro, di pericoloso. Qui, in questa terra che ama i fuochi, ci scontriamo con quello che manca davvero: controlli seri, leggi che valgano per tutti, protezione per chi è più vulnerabile. E poi c’è l’avidità, quella che non conosce limiti, quella di chi non si fa scrupoli. Gente che pensa solo ai soldi facili, senza fermarsi a pensare alle vite che mette in pericolo, alle famiglie che spezza. E le conseguenze? Le paghiamo tutti, ogni singola persona. Perché quando si gioca con la vita, il conto arriva sempre. E fa male, maledettamente male.
Le condizioni in cui queste fabbriche lavorano sono davvero da incubo: spazi stretti, soffocanti, dove ogni angolo sembra gridare pericolo. Nessuna norma di sicurezza, niente che possa proteggere. Materiali esplosivi ammassati senza criterio, uno sopra l’altro, come se niente potesse andare storto. Una tragedia scritta già da tempo, solo in attesa di esplodere. E così è stato anche in via Patacca: un’altra tragedia, altre vite interrotte all’improvviso. Non è solo la fine di quei tre ragazzi, è il dolore delle loro famiglie, di tutte le persone che li conoscevano, dell’intera comunità che adesso si ritrova a fare i conti con il vuoto e con la rabbia. Un vuoto che fa male.
Le reazioni della comunità
I residenti di via Patacca non nascondono la loro preoccupazione e la loro rabbia. “Sapevamo che c’era qualcosa che non andava“, racconta un residente, “c’era sempre un via vai sospetto, ma nessuno ha fatto nulla“. L’abbandono e il degrado di alcune aree sono il terreno fertile per attività come quella che ha portato alla tragedia di lunedì. E ora il quartiere, ancora scosso dall’esplosione, chiede risposte. Chiede sicurezza.
Il sindaco Buonajuto ha parlato chiaramente della necessità di rafforzare i controlli. “Abbiamo bisogno di una maggiore vigilanza sul territorio. Le autorità locali fanno del loro meglio, ma senza un impegno coordinato sarà difficile fermare questo fenomeno“. Anche i sindacati e le associazioni del territorio si sono fatti sentire, chiedendo un intervento deciso. “Non si tratta solo di legalità, ma di sicurezza pubblica“, ha dichiarato un rappresentante di un’associazione anti-contrabbando.
Il prezzo dell’illegalità
Ogni volta che una tragedia come questa accade, si ripetono sempre le stesse parole: bisogna fare di più, bisogna intervenire, bisogna fermare queste attività illegali. Ma poi, nella realtà, cosa cambia davvero? La tragedia di Ercolano deve essere un monito. L’industria pirotecnica, quando regolamentata, è parte della nostra cultura, delle nostre tradizioni. Ma quando viene lasciata all’illegalità, diventa un’arma, capace di distruggere vite, famiglie, comunità intere.
E allora, che fare? Le istituzioni devono sicuramente fare la loro parte, con controlli e interventi più severi. Ma anche la società civile deve farsi sentire, deve denunciare, deve partecipare. Non possiamo permettere che altre giovani vite vengano spezzate per un guadagno facile. Serve consapevolezza, serve educazione e serve che tutti noi ci prendiamo la responsabilità di non girarci dall’altra parte.
In ricordo delle tre giovani vittime, ci auguriamo che questa tragedia non sia dimenticata in fretta. Che sia l’occasione per cambiare qualcosa, per fare davvero la differenza. Perché nessuno dovrebbe perdere la vita in modo così assurdo e ingiusto.
Cronaca
Anm: “Governo non ci metta all’angolo”
(dall’inviata Elvira Terranova) – “Su cosa possiamo parlare? Ce lo dica il ministro Nordio… L’apparenza di imparzialità non può essere la chiave per chiedere ai magistrati di stare in silenzio e metterli in un angolo, estrometterli dalle questioni che si dibattono nella comunità dei giuristi”. Arriva da Messina la replica a distanza del Presidente dell’Anm Giuseppe Santalucia al ministro della Giustizia Carlo Nordio, che ieri da Bruno Vespa aveva auspicato il “silenzio dei magistrati”. “Il ministro deve rivedere la sua riflessione su questo con un maggiore approfondimento”, aggiunge Santalucia prima di partecipare all’Università di Messina alla presentazione di un saggio, scritto dal magistrato Andrea Apollonio, ‘A cosa serve il ricordo’. Il volume raccoglie 14 intensi discorsi pronunciati dal Capo dello Stato in occasione del plenum del CSM per commemorare i magistrati vittime di mafia e terrorismo. All’incontro, con Santalucia, hanno partecipato anche la rettrice di Unime, Ganna Spatari, Giovanni Moschella, Presidente del Centro Studi sulle Mafie, e Antonella Ferrara, ideatrice e direttrice di Taobuk.
“Credo che il ministro Nordio debba rivedere la sua riflessione su questo, con maggiore approfondimento. Richiamo alcune sentenze della Corte costituzionale che segnano un punto di non ritorno sulla legittimità dei magistrati che esercitano diritto di parola”, ribadisce il Presidente dell’Anm Giuseppe Santalucia. Ieri Nordio aveva detto: “Il giudice meno parla e meglio è, deve apparire imparziale”. “I magistrati appaiono imparziali – spiega Santalucia- ma partecipare a un convegno o esprimere un pensiero anche su un disegno di legge o sulle linee politiche del governo in materia di giustizia è un diritto dovere del magistrato”. “Credo che il governo debba condurre una riflessione su questo- aggiunge Santalucia – Richiamo alcune sentenze della Corte costituzionale che segnano un punto di non ritorno”.
“Si deve apparire imparziale ma questo non significa che debba essere ridotto al silenzio- sottolinea con forza il magistrato – I giudici silenziosi erano una caratteristica del periodo pre costituzionale. Dopo di che alcuni diritti fondamentali, come manifestare un pensiero o partecipare al dibattito pubblico è riconosciuto incontestabilmente anche dalla Corte costituzionale. Si tratta solo di vedere come esercitare questo diritto, ed è stata la riflessione che abbiamo condotto al nostro congresso nazionale di Palermo. Il magistrato può e deve intervenire ma deve individuare gli spazi e i temi del suo intervento e con sobrietà. E affidandosi soprattutto ad argomentazioni di ciò che afferma, non affermazioni assertive. Quindi, un uso moderato dei social, un uso saggio. Ma questo noi lo abbiamo già nel nostro patrimonio culturale. Quello del ministro Nordio è un passo in avanti, che segna due passi indietro rispetto alla storia democratica del nostro paese”.
Poi, Santalucia, commentando ancora le parole di Nordio a ‘Cinque minuti’ sulla riforma sulla separazione delle carriere, ha detto: “Sarà pressoché inevitabile che ci sia un referendum”. “I cittadini credo che sapranno scegliere tra un assetto costituzionale, quale quello attuale, che ha assicurato in tutti questi decenni un equilibrio tra i poteri dello Stato, e un nuovo assetto che – basta leggere il testo – per rendersi conto che altera un equilibrio come ci guida dal 1948 in poi e che ha consentito alla magistratura di essere in alcuni momenti drammatici del paese un avanguardia di democrazia”, dice. Nordio aveva annunciato: “Speriamo entro l’estate di arrivare all’approvazione definitiva” per la riforma sulla separazione delle carriere in magistratura. Aggiungendo: ”Se non vi sarà una maggioranza qualificata e non credo che vi sia andremo al referendum. Ma tutto sommato io auspico che si arrivi al referendum, perché su una materia così delicata e importante è bene che il giudizio definitivo e finale spetti al popolo italiano”.
E Santalucia ha spiegato: “Entro l’estate l’approvazione della riforma? Il calendario parlamentare non ci appartiene, ogni spazio pubblico che ci è consentito, argomenteremo le ragioni della nostra contrarietà questo consente a tutti di decidere con migliore cognizione di causa”.
Inevitabile parlare anche della proposta della maggioranza di togliere alle sezioni immigrazione dei tribunali la competenza a decidere sulle convalide dei trattenimenti dei migranti, attribuendola ai giudici di secondo grado. Secondo Santalucia “è una scelta sostanzialmente irragionevole, che ha il solo sapore di dire alle sezioni specializzate ‘cambiate registro’, un modo per metterli all’angolo”. Ieri i 26 presidenti delle Corti d’Appello di tutta Italia hanno scritto una lettera alle massime cariche dello Stato lanciando un nuovo preoccupato allarme sull’iniziativa, definita ”un disastro annunciato” che renderà ”irrealizzabili gli obiettivi del Pnrr” e ”determinerà un’ulteriore recrudescenza dei tempi e dell’arretrato dei processi”. “L’appello contro i provvedimenti in materia di protezione internazionale fu tolto nel 2017, ormai sono passati 7 anni e il sistema si è assestato sulle sezioni specializzate- ha detto Santalucia – La specializzazione è stata fatta proprio per consentire un intervento più attento ai diritti dei migranti da parte di un giudice specializzato”. “E fu tolto l’appello- dice ancora Santalucia – Con il decreto legge flussi si reintroduce l’appello ma contestualmente un emendamento della relatrice abroga che l’appello introduce l’appello sulle convalide dei trattenimenti. Diciamo che la confusione regna sovrana”. “Il fuoco della questione è che le sezioni specializzate che sono formate da magistrati che fanno solo quello e che conoscono sia la normativa che le tecniche di esame, vengono tolti, messi in un angolo nel momento della convalida dei trattenimenti in nome della corte d’appello che non ha né le risorse per farlo, e lo hanno detto tutti i presidenti, che non trattano la materia del 2017”, ha concluso. E ci tiene a dire, nel corso del suo intervento, che “I temi della giustizia non devono essere riservati solo a chi fa politica per mestiere. E’ un modo per deprimere la qualità della democrazia. La politica decide ma devono partecipare tutti coloro che hanno qualcosa da dire”.
Su Cosa nostra, il Presidente dell’Anm spiega: “Anche se non c’è la mafia stragista, questo non vuol dire che c’è stata una diminuzione della pericolosità di Cosa nostra, una realtà criminale capace di infiltrarsi nel tessuto economico e sociale del paese. Questa è la sua pericolosità e la sua insidiosità. Sapere penetrare nella realtà economico e sociale ma anche politica”. Parlando dell’incontro di oggi, Santalucia ha spiegato: “E’ un momento importante che riguarda non solo la magistratura, ma anche tutte le Istituzioni democratiche. Trarre lezioni e riflessioni dal passato ci consente di agire meglio nel presente e per tutto il tempo che siamo chiamati a vivere. La drammaticità di tutti quei momenti citati nel libro, ancora oggi, ci richiama ad una compartecipazione emotiva che si può e deve concretizzare in azioni a vantaggio della legalità. Gli ultimi anni per la magistratura non sono stati facili e nonostante il diritto alla critica sia giusto non deve mai mancare la fiducia. Anche la giustizia, come il resto delle Istituzioni, vive se è credibile. Bisogna mettere da parte tutto ciò che può generare ostilità, per allontanare la confusione e riprendere il dialogo con la società civile per il bene del Paese”.
“Oggi – ha commentato il curatore Andrea Apollonio – seppur ci troviamo in un’Aula ricca di storia stiamo uscendo dal palazzo per riallacciare le fila di un dialogo con la società civile ormai spezzato da tempo, sin dai tempi delle stragi e di Tangentoli. Il libro risponde alla necessità di ricostruire il legame con la società e può essere uno strumento per stimolare un riavvicinamento reciproco. Non si tratta solo di una operazione di archivio, bensì è un viaggio sentimentale per ripercorrere il cammino che spinge la magistratura a servire, in qualità di fedele amica ed alleata, il proprio Paese”.
“Il libro che presentiamo oggi – ha detto la Rettrice Spatari – è un’occasione importantissima per ribadire l’importanza ricoperta dalla memoria di fatti che hanno segnato il nostro Paese e che non vanno mai dimenticati. I discorsi commemorativi dei magistrati vittime della criminalità organizzata, pronunciati dal Presidente della Repubblica nel plenum del Consiglio Superiore della Magistratura, permettono ad una Istituzione come quella universitaria di stimolare i propri studenti e di motivarli in vista del loro futuro. Il ricordo di magistrati così straordinari, paladini di giustizia e legalità che in parte sono riusciti a modificare le sorti della nostra nazione, è vivo ancora oggi”.
Cronaca
Vaccini, italiani divisi: efficaci per 7 su 10 ma rischiosi...
I risultati di un'indagine condotta da EngageMinds Hub, Centro di ricerca dell'Università Cattolica, campus di Cremona
I vaccini, secondo 7 italiani su 10, sono efficaci nel prevenire le malattie. Per 4 italiani su 10, però, c'è poca fiducia nella loro sicurezza. Sono i risultati di un'indagine condotta da EngageMinds Hub, Centro di ricerca dell'Università Cattolica, campus di Cremona. Dall'indagine emerge che poco più di 5 italiani su 10 sono certi che le autorità pubbliche agiscano per il bene della comunità; 2 su 10 esprimono preoccupazione per la possibile insorgenza di una nuova pandemia, mentre quasi 7 su 10 ritengono che la fase peggiore sia alle spalle.
L'identikit dello scettico
Tra i più scettici rispetto alla loro efficacia, ossia 3 italiani su 10 - riporta una nota relativa al report disponibile sul sito www.engagemindshub.com - ci sono persone con un basso titolo di studio (50%) o senza un orientamento politico (42%) o che si collocano a destra (40%) e manifestano una mentalità complottista (56%).
La quota di chi ritiene i vaccini efficaci contro le malattie per cui sono stati realizzati è in lieve crescita rispetto alla precedente rilevazione (68% gennaio 2024 contro 70% novembre 2024). Cala invece di 4 punti la percentuale degli italiani che pensano che le autorità pubbliche agiscano nell'interesse della comunità (59% gennaio, 55% novembre). Al tempo stesso crescono in modo significativo le percentuali di quanti considerano la vaccinazione un'azione collettiva (72% contro 80%), che ritengono importante essere informati prima di effettuarla (74% contro 79% ), che valutano la sua utilità (67% contro 76%) nonché rischi e benefici (57% contro 73%)".
Quanti temono una nuova pandemia?
Secondo i dati dell'indagine, a quasi 5 anni dall'emergenza sanitaria da Covid, quasi 2 italiani su 10 (18%) esprimono preoccupazione per la possibile insorgenza di una nuova pandemia, mentre per quasi 7 italiani su 10 (68%) la fase peggiore è alle spalle. Solo il 16% degli intervistati si sente a rischio di contagio.
A tal proposito, i dati segnalano come ci sia stato un aumento degli italiani che, in caso di febbre, si somministrerebbero un tampone rapido fai da te (30% a gennaio, 34% a novembre) e che si metterebbero in quarantena spontanea (9% contro 22%). Rispetto alle intenzioni di vaccinazione contro Covid-19, solo il 10% vorrebbe vaccinarsi anche quest'anno. Il 69% degli italiani non ritiene necessaria un'ulteriore dose di richiamo, mentre gli indecisi si attestano sul 21%.
L'analisi del sondaggio
"L'opinione pubblica è divisa sul tema vaccinazione - dichiara Guendalina Graffigna, direttrice di EngageMinds Hub della Cattolica - Da un lato c'è chi la considera un gesto di responsabilità verso se stessi e la comunità. Dall'altro si manifesta una certa diffidenza, spesso alimentata da informazioni contrastanti e forse non chiare che possono minare la fiducia nelle istituzioni, portando alcune persone a percepire le misure preventive come non indispensabili. Dal nostro report, per esempio, si evidenzia che coloro che hanno bassi livelli di attivazione e coinvolgimento nella gestione della loro salute si mostrano meno fiduciosi verso l'utilità dei vaccini. Il 29% degli italiani percepisce la vaccinazione come un'azione preventiva non necessaria, poiché ritiene che il proprio sistema immunitario sia abbastanza forte o la malattia non viene percepita come grave".
Continuando nell'osservazione degli atteggiamenti degli italiani verso i vaccini, dalla survey viene evidenziato "che poco più di 4 italiani su 10 (42%) hanno una bassa fiducia nella loro sicurezza: tra questi, il 54% ha un basso titolo di studio, il 48% è schierato politicamente a destra e il 58% non lo è affatto. Inoltre, chi ha una bassa fiducia nella sicurezza dei vaccini ha anche bassi livelli di fiducia nella scienza (78%), nel Servizio sanitario nazionale (59%) e nelle istituzioni (52%)", si legge nell'indagine.
"Nonostante vi siano esitazione e resistenza - conclude Graffigna - i vaccini rappresentano uno strumento essenziale per contenere la diffusione dei virus e prevenire picchi di contagi che potrebbero mettere anche sotto pressione il sistema sanitario. In questo contesto, comunicare in modo chiaro e trasparente i benefici della vaccinazione rimane una sfida fondamentale per ristabilire la fiducia e garantire un’ampia adesione alle campagne vaccinali".
Cronaca
Tumori, 3.200 casi l’anno al polmone in Emilia R.,...
A Bologna il convegno 'Excellence in lung cancer'con oltre 50 specialisti
Ogni anno nella regione Emilia Romagna più di 3.200 uomini e donne vengono colpiti da tumore polmonare. In totale i nuovi casi l'anno in tutta Italia ammontano a più di 44mila e la probabilità di sopravvivenza a 5 anni si attesta al 16% negli uomini e al 23% nelle donne. Stanno comunque continuamente migliorando le possibilità diagnostico-terapeutiche grazie ai progressi della ricerca scientifica. Oggi gli specialisti sono in grado di ottenere informazioni più precise sul singolo caso di tumore e in particolare sulle sue caratteristiche molecolari. Sono state così messe a punto terapie che agiscono in modo mirato (target therapy) e farmaci immunoterapici che attivano il sistema immunitario verso le cellule tumorali. A questa malattia è dedicato il convegno 'Excellence in Lung Cancer', in corso da ieri a Bologna e che vede la partecipazione di oltre 50 tra i massimi esperti nazionali.
La patologia si divide in 2 sottogruppi. Uno è il carcinoma a piccole cellule (o microcitoma), che rappresenta il 15% di tutte le neoplasie polmonari e in cui, salvo casi diagnosticati in fase molto precoce, la chirurgia non ha alcuna indicazione. E' una neoplasia molto aggressiva e rapidamente metastatica, caratterizzata, dal punto di vista microscopico, da cellule di piccole dimensioni. Il carcinoma non a piccole cellule (Nsclc) rappresenta invece circa l'85% dei casi di tumore polmonare.
"Nella regione Emilia Romagna sono presenti diversi centri di riferimento nazionale per la gestione di tutti i casi di neoplasia - afferma Andrea Ardizzoni, direttore Oncologia medica dell'Irccs Aou di Bologna, Policlinico di Sant'Orsola - Sono inoltre attivi 12 Percorsi diagnostico terapeutici assistenziali che garantiscono, ad ogni singolo paziente, una presa in carico completa dalla diagnosi fino alla riabilitazione successiva alle cure".
'Excellence in lung cancer' è il terzo e ultimo appuntamento nazionale in cui gli esperti si confrontano sulle più recenti novità sul fronte delle cure. "Le terapie a bersaglio molecolare hanno rappresentato una svolta importante per pazienti e clinici - sottolinea Marcello Tiseo, professore di Oncologia medica all'Università di Parma e direttore dell'Oncologia medica dell'Aou di Parma - Tra queste terapie, alectinib rappresenta un'opzione terapeutica standard per la malattia Alk positiva in stadio avanzato: l'impiego in pratica clinica del farmaco in questi anni ha confermato quanto ottenuto nello studio registrativo Alex, consentendo tassi di sopravvivenza superiori ai 5 anni. All'evento di oggi discutiamo anche dello studio Alina, che è un ulteriore passo in avanti nella gestione dei pazienti con tumore polmonare in stadio precoce. Per la prima volta lo studio dimostra l'utilità di una terapia mirata nella malattia precoce resecata Alk positiva. Il farmaco nello studio ha portato ad una riduzione di circa l'80% del rischio di recidiva di tumore rispetto al trattamento standard chemioterapico, dato statisticamente significativo e clinicamente molto rilevante. In altre parole, il paziente può ricevere per 2 anni un farmaco biologico che prolunga il tempo libero da malattia e che presenta, inoltre, una migliore tollerabilità rispetto alla chemioterapia tradizionale".
"Anche l’immunoterapia ha rivoluzionato i percorsi di cura per i pazienti con tumore polmonare - prosegue Ardizzoni - Se facciamo riferimento ai pazienti colpiti da microcitoma, l'aggiunta di atezolizumab alla chemioterapia ha dimostrato anche in questa patologia estremamente aggressiva, un aumento sensibile dei lungosopravviventi a 5 anni (tasso di sopravvivenza del 12%) come emerso dallo studio Imbrella A. Inoltre, il farmaco è attualmente disponibile (GU n°263 del 9/11/2024) anche nella formulazione sottocutanea somministrabile in pochi minuti in regime ambulatoriale e, per questo, preferibile dalla maggior parte dei pazienti rispetto alla somministrazione endovenosa".
"Il mondo della medicina di precisione e delle target therapy per il tumore polmonare è destinato a crescere - afferma Silvia Novello, Università di Torino Aou San Luigi Gonzaga, Orbassano - La sfida maggiore, per questa tipologia di trattamenti, continuerà ad essere lo studio dei meccanismi di resistenza per poter offrire migliori opportunità ai pazienti. Per quanto riguarda l'immunoterapia, la vera rivoluzione è stata la sua adozione nelle fasi precoci di malattia, sia nel setting perioperatorio, ovvero prima e dopo l’intervento chirurgico, sia nel setting adiuvante, ovvero dopo l'intervento chirurgico. Questa tipologia di trattamento è inserita in uno schema nuovo, che vede la combinazione e l'integrazione delle due tipologie di cure. Gli eventi di aggiornamento come questo che si apre oggi a Roma sono di fondamentale importanza, perché le novità scientifiche sono tante ed incalzanti e il confronto costruttivo tra i diversi specialisti è ormai imprescindibile".