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Camera, question time con 4 ministri: economia, imprese, Ucraina e lavoro al centro

Rispondono i ministri Ciriani, Urso, Crosetto e Calderone

Camera dei deputati - Afp

Si svolge oggi, mercoledì 20 novembre, alle 15, il question time trasmesso dalla Rai in diretta televisiva dall'Aula di Montecitorio, a cura di Rai Parlamento. Lo rende noto la Camera. Quattro i ministri che risponderanno alle interrogazioni su economia, imprese, escalation in Ucraina e lavoro.

Le interrogazioni

Il ministro per i Rapporti con il Parlamento, Luca Ciriani, risponde a un’interrogazione - rivolta al ministro dell’Economia e Finanze – sul quadro complessivo delle misure adottate a favore dei lavoratori dipendenti in confronto a quanto previsto per il periodo d'imposta 2022 (Foti – FDI).

Il ministro delle Imprese e del Made in Italy, Adolfo Urso, risponde a interrogazioni sulle iniziative volte ad assicurare la concreta fruibilità per le imprese degli incentivi previsti dal piano “Transizione 5.0” (Peluffo – PD-ODP); sulle iniziative a favore del comparto automobilistico, con particolare riferimento ai piani industriali di Stellantis e all'incentivazione della produzione di veicoli sul territorio nazionale (Grimaldi – AVS); sulla predisposizione del disegno di legge annuale per le piccole e medie imprese (Lupi – NM(N-C-U-I)-M-CP).

Il ministro della Difesa, Guido Crosetto, risponde a una interrogazione sull’impegno militare ed economico a sostegno dell'Ucraina, in considerazione della minaccia di escalation nucleare e dei recenti sviluppi dello scenario internazionale (Faraone - IV-C-RE).

La ministra del Lavoro e delle Politiche Sociali, Marina Elvira Calderone, risponde a interrogazioni sulle iniziative volte a favorire l’inclusione sociale e lavorativa delle donne vittime di violenza, anche mediante forme di sostegno all'indipendenza economica (Tenerini – FI-PPE); sulle iniziative di carattere strutturale per il contrasto della povertà, con particolare riguardo alla situazione dei minori (Ricciardi – M5S); sulle iniziative volte ad evitare effetti discriminatori a danno degli agenti di assicurazione in relazione all'applicazione dell’agevolazione cosiddetta «decontribuzione Sud» (D’Alessio - AZ-PER-RE); sulle iniziative volte a proseguire il percorso di rilancio dei cosiddetti fringe benefits (Nisini – Lega).

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Politica

Fiamma tricolore via da simbolo FdI? Il parere...

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Per il giurista Gabriele Maestri i "militanti storici non abbandonerebbero il partito"

(Fotogramma)

Cosa perderebbe (o guadagnerebbe) Fratelli d'Italia in caso di addio alla fiamma tricolore? Si tratterebbe di una mossa vantaggiosa o controproducente? Dopo le parole del ministro Luca Ciriani al Foglio, l'Adnkronos ha provato a chiedere al giurista Gabriele Maestri, esperto di simboli di partito, che effetti potrebbe avere sulla forza politica fondata da Giorgia Meloni lo 'spegnimento' della storica fiamma, eredità del Msi: "I militanti dalla storia più lunga - osserva il blogger, autore del libro 'I simboli della discordia' - potrebbero sentire mutilata quell'esperienza politica, non vedendo più il simbolo delle origini, ma difficilmente abbandonerebbero il partito solo per questo".

Per i simpatizzanti di FdI che hanno iniziato a votare Meloni in un secondo momento, il superamento della fiamma potrebbe essere un elemento positivo: "I militanti e gli elettori arrivati in seguito, potrebbero non avvertire nessun particolare cambiamento concreto; anzi, apprezzerebbero soprattutto il venir meno di un argomento utilizzato spesso contro Fdi, con l'idea di costruire anche sul piano grafico un partito conservatore contemporaneo", prosegue Maestri, ricordando come in origine il simbolo di Fdi non contenesse la fiamma: "Il partito era nato senza. La fiamma fu chiesta alla Fondazione An per evitare che altri utilizzassero quel simbolo: ora, oltre dieci anni dopo averne ottenuto l'uso, quel bisogno probabilmente si è affievolito. Sarebbe interessante, piuttosto, immaginare se si troverà un simbolo nuovo, magari lavorando sul leone dei Conservatori e riformisti europei, o se si rinuncerà del tutto a raffigurare quelle idee politiche", conclude Maestri.

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Politica

Fiamma tricolore nel simbolo di Fratelli d’Italia,...

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L'idea sta facendo discutere. C'è chi è contrario come il vicepresidente della Camera Rampelli, ma la maggior parte si dice pronta ad affrontare la questione attraverso un confronto nel partito

Simbolo di Fratelli d'Italia (Fotogramma)

"Se vogliamo andare avanti, e noi certamente vogliamo guardare avanti cioè al futuro, allora arriverà anche il momento di spegnere la Fiamma". A fare la proposta il ministro per i Rapporti con il Parlamento ed esponente di Fratelli d'Italia, Luca Ciriani, in un colloquio con il quotidiano Il Foglio. La riflessione sta facendo discutere e non tutti sono d'accordo.

La Russa: "Via la fiamma? Anche il mondo finirà prima o poi"

"Anche il mondo finirà prima o poi..." ha risposto con una battuta il presidente del Senato, Ignazio La Russa.

Rampelli: "Fiamma c'è ed è logico lasciarla lì"

La fiamma tricolore? "Una storia antica che ha vinto, diversamente da altre che sono state sotterrate in pochi decenni" dice all'Adnkronos il vicepresidente della Camera Fabio Rampelli, esponente di spicco di Fratelli d'Italia. "Quasi il 30 per cento degli italiani - ricorda Rampelli - ha messo una croce sul nostro simbolo, che contiene la fiamma tricolore, non mi pare che i cittadini si pongano questo problema. Anzi, forse ci scelgono anche perché abbiamo la fiamma, bella ma nemmeno troppo originale. In tanti la usano nel proprio logo".

Fratelli d'Italia, osserva Rampelli, "nasce senza fiamma, poi l'abbiamo recuperata, più per stroncare una congiura di alcuni ex colonnelli di An che volevano sabotarci che per convinzione. Ma ora c'è e penso sia logico lasciarla", rimarca il padre dei 'Gabbiani' di Colle Oppio, secondo il quale "nei contenuti" la fiamma "rappresenta un argine a una visione della società indistinta, eguale, mercatista, anti-identitaria, ordo-liberista, materialista. Si tratta della costola sociale del conservatorismo".

Figlia Almirante: "Mio padre dimenticato, tolgano pure fiamma, finirà presa in giro"

''Può sembrare assurdo, tutto sommato a me sta bene che tolgano la fiamma, perché così almeno finisce questa presa in giro...''. Lo dice all'Adnkronos Giuliana de' Medici Almirante, figlia dello storico leader missino Giorgio e di Donna Assunta. ''Ci stanno prendendo in giro con questa fiammella, la lasci stare - avverte Giuliana dè Medici, attuale segretario generale della Fondazione Almirante - chi ormai non ha più niente a che vedere con il Movimento sociale italiano né nel modo di essere e di fare, né per le idee che portano avanti. Almeno usciamo da questo equivoco finalmente, una volta per tutte''.

Per la figlia dell'ex leader missino chi vuol spegnere la fiamma, vuol dimenticare il passato e la figura di Almirante. ''A questo punto - si sfoga - è inutile dire che la fiamma è di An o di Fdi. La fiamma è di tutti quelli che ci credono e ne portano avanti i valori. Ho letto le dichiarazioni di Ciriani. Lui dice di esser un missino. Io ci sono nata in questo partito ma francamente non me lo ricordo... Questa proposta che ha fatto non mi sembra una sua idea, ma un'apripista, della serie: buttiamola lì e vediamo che succede... Il ministro ha menzionato Pinuccio Tatarella, definendolo il padre di questa nuova destra ma vorrei ricordare semplicemente che l'unico vero padre della destra italiana è un signore che si chiama Giorgio Almirante, che ha vissuto per l'Msi, ha lavorato tutta la sua vita per questo partito, l'ha fondato e portato avanti arrivando ad avere anche 100 parlamentari''.

''Almirante - rammenta Giuliana deì Medici - aveva contro i giornali, l'opinione pubblica e allora rischiavano la pelle, non come questi che vanno in giro con l'auto blu. C'e' una profonda differenza tra quelli dell'Msi e quelli di oggi, proprio dal punto di vista culturale. Tutto il rispetto per Tatarella che è stato un grande dirigente di partito, ma non possono dimenticarsi di Almirante, mi sembra un'assurdità. La Meloni non l'ha mai nominato negli ultime tre anni. Questa si chiama ingratitudine e significa anche non avere una visione politica, perché non possono dimenticare e vergognarsi del passato. Almirante ha sempre guardato avanti, non indietro. La smettessero, quindi, con questa storia, lasciassero stare la fiamma. Lascino stare non solo la fiamma ma anche i beni che mio padre ha lasciato... Ricordo che la sede di via della Scrofa è stata comprata da Almirante. Io nella Fondazione Almirante ho trovato mucchi di cambiali a firma di mio padre e anche di mia madre, e allora di che parliamo?''.

Messina: "Tema su cui ci possiamo confrontare nel partito"

''Togliere la Fiamma dal simbolo? E' un tema su cui io credo il partito si possa confrontare tranquillamente...'' dice all'Adnkronos Manlio Messina, vicecapogruppo vicario di Fdi alla Camera. ''Ormai - sottolinea Messina - è arrivato il momento di immaginare un percorso che ci possa anche far comprendere anche agli altri che il nostro è un partito maturo e aperto. Non credo che la Fiamma rappresenti il contrario, ma discutere d'innovazione, novità e di nuovi percorsi penso che faccia sempre bene''.

Foti: "Nessun problema ad affrontare il tema"

"Quando l'argomento dovesse essere posto nelle competenti sedi politiche, non vi sarà difficoltà ad affrontarlo". Lo dice il capogruppo di Fdi alla Camera Tommaso Foti, interpellato sul tema della fiamma tricolore dopo l'intervista a Il Foglio del ministro per i Rapporti con il Parlamento, Luca Ciriani.

De Corato: "Su fiamma concordo con Toti"

"Concordo con Foti, che come me viene dal Msi. Ha vissuto l'epoca che ho vissuto io e mi ritrovo con quella dichiarazione" dice il deputato di Fratelli d'Italia Riccardo De Corato, interpellato sulla questione della fiamma tricolore.

Menia: "Quella fiamma è il simbolo della mia vita"

"Sono entrato in Parlamento da missino. Per quanto mi riguarda, quella sulla fiamma è una polemica che ho visto più volte. Ricordo quando dicevano ad An di togliere la fiamma. Da una parte il dibattito non mi appassiona, d'altra parte dico che (la fiamma, ndr.) è il simbolo della mia vita" dice il senatore di Fdi Roberto Menia. "Fdi - ricorda Menia - ebbe in concessione la fiamma dalla Fondazione An e lo fece per scelta politica, per rivendicare il legame con la storia della destra. Per quanto mi riguarda lo continuo a considerare il simbolo della mia vita, un simbolo integerrimo che ha dimostrato sempre purezza. Mi rappresentava 40 anni fa e mi rappresenta tuttora".

Zanella: "Fiamma è oltraggio e La Russa fa battute"

"La fiamma esprime la radice e il legame con il passato fascista di Fratelli d’Italia: è dunque un oltraggio alla memoria dei caduti della Resistenza e alla nostra Carta costituzionale ma Ignazio La Russa fa battute”. Così Luana Zanella, capogruppo di AVS alla Camera, sottolineando come "i simboli comunichino significati, condensano senso e contenuti".

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Politica

Ucraina, ombra Trump ma Meloni non tentenna:...

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La presidente del Consiglio al G20: "Il sì Usa ai missili a lungo raggio e la risposta all'aggressività russa senza precedenti"

Giorgia Meloni

A mille giorni dall'inizio della guerra tra Ucraina e Russia, la presidente del Consiglio Giorgia Meloni torna a schierarsi convintamente al fianco di Kiev. Una presa di posizione ferma e affatto scontata visto che sul G20 di Rio de Janeiro incombe l'ombra di Donald Trump, convitato di premier del summit.

E' tutto da vedere quel che accadrà quando, il 20 gennaio, il tycoon farà ritorno alla Casa Bianca, ma mentre i trumpiani criticano duramente la scelta dell'uscente Joe Biden di inviare missili a lungo raggio a Kiev -proprio in queste ore l'Ucraina ha iniziato a farne uso- la presidente del Consiglio non mostra tentennamenti, convinta su da che parte l'Italia debba stare.

Sì Usa a missili contro Russia "è risposta a aggressività senza precedenti"

In un rapido punto stampa fuori dal suo albergo, affacciato sulla costa di Cobacabana ma con una favela alle spalle, la presidente del Consiglio si spinge a 'difendere' la decisione degli Usa di inviare missili a Kiev pungendo ancora una volta Vladimir Putin, pur marcando le distanze con quanto deciso a Roma, che supporta l'Ucraina con sistema di difesa aerea, scudo alla popolazione alle infrastrutture.

Con Biden, salutato ieri a margine del vertice, non ne hanno parlato, mette in chiaro, ma "credo che la scelta sia la risposta all'aggressività senza precedenti vista in questi giorni da parte della Russia, alla vigilia di un G20 a cui la Russia partecipa. Credo tradisca bene la volontà di dialogo da parte della Russia", dice durissima. E a chi le chiede cosa farà l'Italia semmai l'America di Trump dovesse optare per un disimpegno in Ucraina, Meloni risponde spiegando che bisogna "vedere cosa accade", ma che ora è importante "non divaricare il fronte occidentale", ovvero restare uniti.

Parole che appaiono tanto più incisive alla vigilia della missione della presidente del Consiglio a Buenos Aires, dove ad attenderla ci sarà il presidente argentino Javier Milei, l'uomo che ha terremotato il vertice di Rio de Janeiro con i suoi tanti no. E che nei giorni scorsi, dopo esser volato a Mar-a-Lago da Trump per festeggiarne la vittoria, ha auspicato un asse tra Usa, Italia, Israele e Argentina, potenziale "faro del mondo".

"Fronte occidentale deve restare unito"

Ma non è tempo di alleanze alternative, lascia intendere Meloni, il fronte occidentale deve restare unito in tempi in cui anche il "grano è usato come un'arma", pungola ancora la Russia. Di cui non vede la volontà di trattare, di cercare davvero la pace. La prova è nella discussa telefonata di Olaf Scholz allo zar di venerdì scorso, che ha fatto indispettire diversi leader, tra questi il primo ministro britannico Keir Starmer.

"Non mi sono scandalizzata" per la chiamata, chiarisce Meloni, spiegando che il Cancelliere ha tenuto con Putin quella che è una linea condivisa, pur agendo in solitario. Piuttosto, dal racconto che Scholz le ha fatto, si evince che, allo stato attuale, Putin non "sia disposto a qualsiasi forma di dialogo".

Per questo, "finché c'è una guerra in Ucraina noi siamo a fianco dell'Ucraina", dice la presidente del Consiglio, confermando la volontà, a fine anno, di dare disco verde al decreto in scadenza che consente l'invio di armi a Kiev anche nel 2025. Un messaggio chiaro anche a chi, nella sua maggioranza -leggi Lega- si mostra freddo all'idea di continuare a battere la strada portata avanti finora. Seppur anche Matteo Salvini, sul dl che proroga l'invio di armi anche all'anno prossimo, abbia proprio oggi ricordato che “i voti della Lega non sono mai mancati, le armi per difendersi, come gli aiuti umanitari, gli aiuti economici, li abbiamo sempre giustamente sostenuti sia in Italia che in Europa".

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