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This is me, Emma Marrone: “Amici mi ha cambiato la vita. Solo Maria De Filippi sapeva della mia malattia”

La cantante salentina ha vinto 'Amici' nel 2010

Emma Marrone - This is me

Emma Marrone è stata l’artista che ha aperto il primo appuntamento con This is me, il programma di Canale 5 condotto da Silvia Toffanin. La sua esperienza ad Amici è cominciata nel 2009, quando Emma aveva solo 25 anni. "Io stavo uscendo dalla prima battaglia contro il cancro, mia mamma chiamò la redazione di Amici, a mia insaputa, e poi sono andata a fare il provino e... mi ha cambiato letteralmente la vita".

La battaglia contro il cancro

L'avventura di Emma dentro la scuola di Amici non è stata semplice, c’è chi la giudicava e pensava che la sua voce non fosse adatta a fare la cantante: "Troppo rauca", dicevano alcuni professori. Ma Emma, alla fine ce l’ha fatta. Ha vinto l'edizione di Amici, dedicando la vittoria al suo paese Aradeo, e alla sua famiglia: mamma Maria, papà Rosario e il fratello Francesco.

“Era un periodo della mia vita in cui ero molto arrabbiata con la vita per la mia condizione di salute, la mia voce rifletteva la mia anima: ero spaventata, avevo paura della vita. Volevo riprendermi la mia rivincita”, ha detto Emma ricordando gli inizi della sua carriera. “Della mia battaglia contro il cancro non l’ho raccontato a nessuno dentro Amici, lo sapevamo solo io e Maria, non volevo passare da vittima”.

Emma ha fatto ballare lo studio di 'This is me' con un medley dei suoi maggiori successi del momento: 'Apnea', 'Hangover', 'Pretaporter'. "Amici mi ha cambiato la vita. Qui ho scoperto davvero cosa significa fare musica, è una scuola a tutti gli effetti", ha detto la salentina che sarà sempre grata a talent show di Canale 5, il suo trampolino di lancio.

Una carriera lunga 15 anni, con quattro partecipazioni al Festival di Sanremo, tra cui uno vinto nel 2011 con il brano 'Non è l'inferno'. "Io ho avuto l'onore di collaborare con grandissimi artisti della musica italiana, sono grata di far parte nel mio piccolo nel mondo della musica italiana". "Dedico questo mio successo a me stessa, alla mia famiglia che mi ha sempre dato tanta libertà. Lo dedico anche a Maria De Filippi che è sempre stata un punto di riferimento per me. E in particolare, lo dedico al mio pubblico che non mi ha mai abbandonata in tutti questi anni", ha chiosato Emma.

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Spettacolo

Pietro Morello torna a teatro: “La musica è di tutti,...

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In 'Non è un concerto' il suo racconto, tra musica, guerra e missioni umanitarie

Pietro Morello  - Agenzia Fotogramma

"I bambini piangono e ridono tutti nella stessa lingua", dice Pietro Morello riassumendo così lo spettacolo che segna il suo ritorno nei teatri italiani e che incarna perfettamente tutte le sue facce. Musicista, operatore umanitario e creator sui social, il pianista torinese è in tournée a partire da oggi con 'Non è un concerto', spettacolo in cui racconta le sue esperienze di vita tra missioni umanitarie e attività negli ospedali con i bambini, arricchito da una selezione di musica originale e brani celebri. "Ho deciso di non fare un concerto, ma un momento musicale tutti insieme. Porto sul palco dei racconti in cui la musica è il filo rosso che cuce tutto perché avevo voglia di parlare di quello che conosco in campo musicale in veste teorica e ciò che mi hanno raccontato i bambini in ospedale e nei teatri di guerra", ha detto Morello all'Adnkronos.

La musica alla portata di tutti

Nato nel 1999 a Torino, Pietro Morello ha trovato nella musica "un linguaggio di connessione con me stesso", che ha utilizzato anche nella cura e nel sostegno dei bambini nei reparti ospedalieri e nelle zone di guerra: "È uno strumento che ti fa parlare zulu, arabo, swaili".

L'artista ha deciso di raccontare la sua esperienza di operatore umanitario sui social dove è diventato un vero e proprio punto di riferimento positivo. Con oltre 3,7 milioni di follower su TikTok e 1 milione tra Instagram e YouTube, ha utilizzato il suo talento musicale per connettersi emotivamente con il pubblico, dimostrando che la musica è ovunque: dal suo pianoforte alle campane di un campanile fino agli strumenti musicali realizzati con quello che si ha a portata di mano. "La musica non è dentro due binari, è orizzontale, è libertà: la possono fare tutti con qualsiasi cosa. Me l'hanno insegnato i bambini", ha spiegato. "Quando mi trovavo in una zona di povertà o di guerra - ha continuato - i bambini pur di fare musica costruivano strumenti musicali con la spazzatura. Sui social ho imitato loro ed è diventato un fenomeno gigantesco".

L'impegno umanitario e il racconto della guerra

Uno dei temi più importanti del suo racconto sui social e del suo spettacolo è sicuramente la guerra, che Morello ha visto con i suoi occhi in Kenya, Congo, Ucraina, Palestina e Siria. "In questo momento viviamo la pornografia della guerra e siamo talmente sovraesposti e assuefatti da queste immagini terrificanti che non ci rendiamo conto che sono vere", ha detto. "Stando dentro la guerra durante le missioni, sentendo le bombe cadere e vedendo le persone che sono lì, si capisce che la guerra sono bambini da soli che chiamano la mamma e la mamma non arriva", ha continuato.

Ciò che più vuole comunicare al suo pubblico è che "i bambini piangono e ridono tutti nella stessa lingua". "Se non cominciamo a ricordarci questa cosa - ha spiegato - siamo in grado di deumanizzare gli esseri umani e farli diventare solo dei numeri. E invece sono sempre esseri umani, sono sempre bambini. Quando vedi in un teatro di guerra terrificante un bambino che sogna resti impietrito, è fondamentale raccontarlo. Voglio raccontare le storie dei bambini per renderli più umani".

Un racconto, già iniziato online, che ha ispirato tantissimi ragazzi e ragazze. "Fa parte integrante della missione umanitaria invitare le persone a unirsi alla missione umanitaria e quindi provo un gigantesco senso di soddisfazione quando le persone mi scrivono che hanno iniziato a fare volontariato grazie a me. Vuol dire che ho seminato bene".

La salute mentale

Sui social Morello, con il suo approccio positivo, parla anche dell'importanza di prendersi cura della propria salute mentale, contribuendo a normalizzare un tema che per tanto tempo è stato un tabù. "Andare in terapia e risolvere i nostri traumi che non conosciamo e non pensiamo di avere è il miglior investimento che si possa fare", ha detto all'Adnkronos. "I social sicuramente giocano un ruolo fondamentale nel normalizzare un tema così importante e c'è indubbiamente un avvicinamento in corso, ma le generazioni passate esprimono spesso contrarietà verso la terapia e quelle voci ci condizionano. Ecco perché ne parlo: per mostrare che è qualcosa di normale".

'Non è un concerto'

Prodotto da Midriasi e Compagnia della Rancia, con la regia di Mauro Simone, 'Non è un concerto' riprende con dodici nuovi appuntamenti a partire dal 20 novembre a Recanati (MC) al Teatro Persianiper poi proseguire il 22 novembre a Legnano (MI) presso il Teatro Galleria, il 27 novembre a Biella presso il Teatro Odeon, il 28 novembre ad Ivrea presso Officina H, il 30 novembre a Bari presso il TeatroTeam; il 1 dicembre a Pescara al Teatro Massimo; il 4 dicembre a Napoli al Teatro Augusteo; il 6 dicembre a Sondrio presso il Teatro Sociale; il 7 dicembre ad Alessandria al Teatro Alessandrino; il 10 dicembre a Lodi presso il Teatro alle Vigne: il 13 dicembre a Padova al Gran Teatro Geox e, infine, il 14 dicembre a Brescia al Teatro Clerici. (di Corinna Spirito)

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Spettacolo

Massimo Ranieri voce di ‘Spellbound’: “Sono tornato...

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Il cantante doppia Bolinar e Flink nel film d’animazione Netflix e Skydance, dal 22 novembre in streaming

Massimo Ranieri

“Con ‘Spellbound – L’incantesimo’ ma anche con ‘Il gobbo di Notre Dame’ sono tornato bambino. Quando ero piccolo lavoravo, non avevo tempo per guardare i cartoni. Le esigenze a casa erano altre, servivano i soldi”. A dirlo all’Adnkronos è Massimo Ranieri che, a 28 anni dall’uscita del classico Disney in cui ha prestato la voce a Quasimodo, torna al doppiaggio con ‘Spellbound – L’incantesimo’. Nel film Netflix e Skydance Animation, dal 22 novembre in streaming, doppia Bolinar e Flink. In sala doppiaggio “mi sono divertito, ma non è stato facile perché presto la voce a due personaggi completamente diversi tra loro. Spero di poter entrare nei cuori dei bambini, è affascinante il loro mondo”, racconta Ranieri, che ha un sogno nel cassetto. Anzi “uno non basta, ho bisogno di un armadio a sei ante per contenere tutti i miei sogni. La mia scrivania trabocca di progetti e purtroppo non tutti andranno in porto, ma io continuo a sognare”, dice l’interprete di ‘Perdere l’amore’ o ‘Rose rosse’ ed ‘Erba di casa mia’, solo per citare alcuni brani. “Quando torno a casa – racconta Ranieri – io non dormo perché penso a cosa vorrei domani quando sarò giovane. Penso a quello che vorrei fare perché ho ancora il desiderio di dare e di scoprire cose nuove”, conclude.

‘Spellbound - L’incantesimo’, diretto da Vicky Jenson (già alla regia di ‘Shrek’), narra le avventure di Ellian, la tenace figlia dei sovrani di Lumbria, che deve intraprendere una pericolosa missione per salvare la famiglia e il regno dopo che un misterioso incantesimo trasforma i suoi genitori in mostri. “Questo film parla ai giovani e anche ai grandi perché tutti ci siamo sentiti un po’ incompresi nella vita o abbiamo sentito la mancanza d’affetto in un momento particolare della vita in cui ci serviva”, racconta Luigi Esposito del duo comico Gigi e Ross, che doppia Luno. “Io e Gigi ci sentiamo sempre fuori contesto e incompresi nel lavoro, spesso capita di non accettare quello che ci propongono. Ma tra di noi mai un’incomprensione e questo ci rende fieri di noi stessi”, dice il collega e amico Rosario Morra, che doppia Sunny.

Al centro del film anche “la perdita dell’infanzia e i cambiamenti, che affrontano non solo i ragazzi ma anche gli adulti, questo mi ha commossa”, ammette Arianna Craviotto, voce della principessa Ellian, che aggiunge: “oggi il tempo scorre velocemente e crescere è difficile. Ci attanaglia la ‘Fomo’, che è la paura di essere tagliati fuori da qualcosa”. Gli fa eco Sissi, tra i protagonisti del talent ‘Amici di Maria De Filippi’ nel 2021, che nel film interpreta i brani della principessa Ellian: “io ho capito che non ci si può paragonare agli altri. Ho imparato a pensare al mio percorso e a gestire il mio tempo. Quello che ho capito grazie a ‘Spellbound’ è che si possono attraversare tantissimi ostacoli e possono capitarti cose assurde ma si può superare tutto con l’amore, l’affetto e la comprensione”. “Viviamo in un’epoca - aggiunge Gigi - in cui c’è bisogno di restare un po’ più uniti e di ritornare al valore della famiglia ma anche dell’amicizia. Restare uniti ma dal vivo”, non sui social. (di Lucrezia Leombruni)

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Spettacolo

Ivan Orrico e Arcangelo Badolati: al via i casting per la...

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Nella suggestiva cornice dell’antica città di Medma, fondata dai greci di Locri nel IV secolo a.C., oggi Rosarno, prenderanno il via il 23 e 24 novembre i casting della nuova serie TV del regista e attore calabrese Ivan Orrico, ideata e sceneggiata con il principe dei cronisti di nera, il giornalista e scrittore anch’egli calabrese Arcangelo Badolati.

Dopo il successo del lungometraggio “I Kustodi di Napoli Est”, attualmente su Amazon Prime tra i film più visti, Orrico si prepara per le riprese di un nuovo progetto, prodotto dalla Togo Film e distribuito da Mediterranea Production.

Il regista, dal sapore neorealista, i cui film prendono sempre spunto da fatti realmente accaduti, racconterà una storia ambientata in Calabria, ma che potrebbe replicarsi in ogni angolo del pianeta. Un racconto trasversale che, toccando tasti delicati, mette a fuoco senza filtri una triste e cruda realtà, con lo scopo di coinvolgere e scuotere lo spettatore. L’amore verso questa terra, continuamente martoriata, lo esprime nel far vedere tutta la sua bellezza, con i suoi suggestivi paesaggi e la sua inconfondibile tradizione.

Il risultato del suo metodo neorealista vanta un cast d’eccellenza, perfettamente omogeneo, composto da attori professionisti e da nuovi talenti che, come sottolinea Orrico, ricercherà nei vari casting in giro per la Calabria.

Un progetto che Orrico e Badolati hanno voluto completamente in dialetto calabrese, perché sostengono che, se i personaggi parlassero italiano, sarebbero evidentemente falsi e farebbero cadere il film dentro quella mimesi televisiva che tanto spesso ammorba il cinema italiano. Il dialetto parlato aiuta a descrivere i caratteri degli umani che animano la storia e offre allo spettatore una sorta di orientamento tutto interno al punto di vista dei protagonisti.

Inoltre, chiosano: “È doveroso tramandare e far conoscere l’identità culturale che conserva storia, usi e valori della nostra amata comunità”.

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