UniBs: inaugurato il 43° Anno Accademico dell’ateneo bresciano
Nel corso dell'evento, lectio magistralis dell'ex ministro della Giustizia Paola Severino, presidente della Scuola Nazionale dell'Amministrazione dal titolo 'La formazione: una sfida fondamentale per una crescita rispettosa dei valori della democrazia e del merito'
Inaugurato il 43esimo Anno Accademico dell’Università degli Studi di Brescia, a cinquant’anni di distanza dall’avvio dei primi corsi di Ingegneria che inauguravano nel 1974 in questo stesso mese. Dopo i saluti istituzionali della Sindaca del Comune di Brescia Laura Castelletti, del Presidente della Provincia di Brescia Emanuele Moraschini e dell’Assessore all’Istruzione, Formazione, Lavoro di Regione Lombardia Simona Tironi, ha aperto la cerimonia il discorso inaugurale del Magnifico Rettore Prof. Francesco Castelli.
"Il panorama universitario italiano affronta molte sfide strutturali in un mondo mutevole che richiede una sempre maggior grado di professionalità e competenza – ha dichiarato il Magnifico Rettore Prof. Francesco Castelli –. L’Università degli Studi di Brescia presenta uno scenario solido, di progressiva crescita di reputazione e di gradimento dell’offerta didattica. I parametri di ricerca sono elevatissimi, ma vogliamo fare ancora di più per posizionare stabilmente il nostro Ateneo in un contesto internazionale di sempre maggiore innovazione e trasferimento tecnologico. Permane tuttavia la preoccupazione sullo stato di salute del sistema universitario italiano: la situazione del nostro Paese nel contesto europeo rimane critica, con un tasso di istruzione terziaria nella fascia di età 25-39 ben al di sotto della media dell’Europa continentale e la nostra Provincia purtroppo non fa eccezione. A queste criticità si aggiunge poi quest'anno una contrazione del Fondo di Finanziamento Ordinario. È assolutamente necessario che le istituzioni pubbliche e private del territorio comprendano il valore aggiunto della “loro” università supportandola e creando sinergie e alleanze in ottica di mutua fiducia". A seguire gli interventi della Rappresentante degli Studenti in Senato Accademico Linda Anelli e della Rappresentante del Personale Tecnico e Amministrativo e Coordinatrice del Comitato Partecipativo del Personale Tecnico-Amministrativo Federica Pellegrini.
La Professoressa Paola Severino, Presidente della Scuola Nazionale dell’Amministrazione e già ministro della Giustizia, ha tenuto la Lectio Magistralis 'La formazione: una sfida fondamentale per una crescita rispettosa dei valori della democrazia e del merito' sul ruolo della formazione universitaria e della Pubblica amministrazione quale spina dorsale di uno Stato costituzionale efficiente. Si tratta di un tema sul quale l’Università degli Studi di Brescia continua ad investire anche in ragione dell’attivazione del nuovo corso di laurea magistrale interdipartimentale in 'Governo delle amministrazioni pubbliche'. "Occorre rendere il mondo del lavoro più dinamico, aperto al confronto internazionale e al cambiamento tecnologico. La formazione gioca un ruolo chiave in questo processo, come sfida fondamentale per una crescita rispettosa dei valori della democrazia e del merito – ha dichiarato la Prof.ssa Paola Severino -. Agli studenti che sceglieranno di intraprendere una carriera nella Pubblica Amministrazione, vorrei trasmettere l'orgoglio e la soddisfazione che derivano dal servire il proprio Paese. Lavorare nella PA offre l'opportunità di contribuire al benessere collettivo, di fare la differenza nella vita delle persone".
ISCRITTI. TREND IN CRESCITA
Il numero degli studenti iscritti dell’Università degli Studi di Brescia è in progressiva crescita: 16356 per l’anno accademico 2023/24 contro 15907 per l’anno accademico 2022/23. Se le proiezioni delle iscrizioni saranno confermate, quest’anno potremo superare la soglia dei 17.000 iscritti. I dati sulle immatricolazioni si mantengono stabilmente in crescita anche per l’anno accademico 2024/2025: gli immatricolati “puri”, coloro, cioè, che si immatricolano per la prima volta al sistema universitario italiano, passano da 4.817 dell’a.a. 2023/2024 a 4.886.
INCREMENTO DELL’OFFERTA FORMATIVA
Cresce l’offerta formativa con 30 corsi di laurea triennale, 24 magistrali, 5 a ciclo unico oltre a master, dottorati e molte scuole di specializzazione, prevalentemente in area medica. Coinvolte 7 sedi di insegnamento a testimonianza della volontà di raggiungere capillarmente le esigenze degli studenti. Tre i nuovi corsi attivati per l’anno accademico 2024/2025: la triennale in Ingegneria Fisica e Matematica, la triennale in Ortottica ed Assistenza Oftalmologica e la magistrale in Governo delle Amministrazioni Pubbliche.
OCCUPABILITÁ
Anche per l'edizione 2024/2025 della classifica Censis delle Università italiane, l’Università degli Studi di Brescia si riconfer prima in Italia tra gli atenei medi (con un numero di studenti compreso tra 10.000 e 20.000) per occupabilità con un punteggio di 107. Secondo il Rapporto Almalaurea 2024, i dati occupazionali dei laureati triennali e magistrali dell’Università degli Studi di Brescia si confermano superiori alla media regionale e nazionale. L’88,8% dei laureati triennali trova lavoro ad un anno dalla laurea (79% la media regionale), 88,1% il tasso di occupazione dei laureati di secondo livello (81,1% la media regionale, 75,7% quella nazionale). In particolare, sale al 95,6% (94,6% del 2023) la percentuale dei laureati magistrali biennali occupati a cinque anni dalla laurea. In aumento anche la percentuale di laureati che ritengono il titolo conseguito efficace per il lavoro svolto e le retribuzioni medie, che arrivano in media sui 2 mila euro mensili netti per i laureati magistrali a ciclo unico.
RICERCA
L’Università degli Studi di Brescia si distingue per citazioni e qualità della ricerca. Nell'edizione 2025 di THE World University Rankings, la prestigiosa classifica internazionale curata dalla rivista indipendente britannica Times Higher Education sui migliori atenei del mondo, l’Università degli Studi di Brescia sale alla posizione 351-400 su un totale di 2092 università, raccogliendo un punteggio di 89 su 100 in tema di qualità della ricerca, che la porta al 4° posto in Italia (2° se si guardano solo le Università pubbliche) e al 133° a livello globale. Degno di nota l’indicatore relativo all’impatto delle citazioni scientifiche dove l’ateneo bresciano ottiene un punteggio di 93.6. Nella classifica nazionale l’Università degli Studi di Brescia si colloca alla 14° posizione su 55 università italiane prese in esame. Nell’aggiornamento della “World’s 2% Top Scientists”, la prestigiosa classifica dell’Università di Stanford che tiene conto dei ricercatori che si distinguono a livello mondiale per autorevolezza scientifica, sale a 70 il numero di docenti e ricercatori dell’Università degli Studi di Brescia inseriti nel ranking.
INTERNAZIONALIZZAZIONE
Presso l'Università degli Studi di Brescia studiano studenti provenienti da 85 Paesi. Per quanto riguarda l’attrattività degli studenti stranieri si registra un aumento degli studenti che hanno conseguito un titolo di ingresso all’estero, + 50% negli ultimi 3 anni accademici. Sul fronte dell’internazionalizzazione, l’Università degli Studi di Brescia partecipa a tre cordate nell’ambito del progetto PNRR definito TNE (Trans National Education), finalizzato a far meglio conoscere il sistema universitario italiano nel mondo, in Asia, America ed in Africa. Di quest’ultima cordata l'Università degli Studi di Brescia è capofila nazionale con il progetto UNITAFRICA, Alleanza composta da 21 università italiane e 93 atenei africani mira a potenziare la cooperazione reciproca per migliorare la qualità e l'efficacia dell’istruzione superiore, promuovendo nel contempo il sistema accademico italiano in Africa.
Cronaca
Turetta, oggi parla il pm: chiederà ergastolo per omicidio...
Accusato di omicidio volontario aggravato, sequestro di persona e occultamento di cadavere
Filippo Turetta ha pianificato l'omicidio Giulia Cecchettin: si è appuntato su un foglio gli oggetti da comprare per immobilizzare l'ex fidanzata, ha studiato le mappe per potersi disfare del corpo e ha organizzato la sua fuga da Vigonovo (Padova). Non ha mai considerato l'idea di poter lasciare in vita chi aveva deciso di lasciarlo, tanto meno ha pensato di fare del male a se stesso. Ne è convinto il pm Andrea Petroni che lo ha incalzato durante l'interrogatorio e che oggi, davanti alla corte d'Assise di Venezia, è pronto a chiedere l'ergastolo per il ventiduenne, imputato per omicidio volontario pluriaggravato, sequestro di persona e occultamento di cadavere.
In aula, il pubblico ministero - nella Giornata internazionale per l'eliminazione della violenza contro le donne - ricostruirà la relazione altalenate di circa un anno e mezzo fra i due studenti di Ingegneria biomedica, la crescente ossessione dell'imputato, la scelta della vittima di allontanarsi e l'insistenza di Turetta che si trasforma in persecuzione soffocante - fino a spiarla con un'app sul cellulare - che gli costa l'aggravante dello stalking. Impossibile, per l'accusa, non sostenere la crudeltà: sono 75 le coltellate inflitte contro la vittima che lo rifiutava.
Cosa ha detto Turetta
"Ho ucciso Giulia perché non voleva tornare con me, soffrivo di questa cosa. Volevo tornare insieme e lei non voleva…mi faceva rabbia che non volesse" le parole di Turetta. E' nel patriarcato che il femminicidio di Giulia Cecchettin affonda le sue radici.
Dopo una serata insieme e l'ultimo 'no', Turetta realizza il suo piano appuntato nella lista, un elenco di oggetti da comprare e idee, che è la prima parziale confessione. "Ho ipotizzato di rapirla in macchina, di allontanarci insieme verso una località isolata per stare più tempo insieme…poi aggredirla, togliere la vita a lei e poi a me" dice interrogato. Bugie, il piano è sempre stato uno.
La ricostruzione
L'11 novembre 2023 nel parcheggio di Vigonovo, a pochi passi da casa Cecchettin, Turetta sa cosa vuole. Quando uno dei coltelli si rompe lui non si ferma: costringe l'ex a salire in macchina, la blocca con dello scotch e quando prova a scappare la finisce con un'altra lama, nella zona industriale di Fossò. Dopo cento chilometri abbandona il corpo, avvolto in sacchi neri, vicino al lago di Barcis e prosegue la fuga in solitaria tra stradine studiate in anticipo, usando solo contanti e spegnendo il telefono per non farsi trovare. Fino alla resa in Germania, una settimana dopo l'omicidio di Giulia Cecchettin.
Cronaca
La storia di Diego il clochard, ‘cacciato di casa per...
"Sto in strada da sei mesi. I miei mi hanno cacciato di casa perché mi drogavo". Lui è Diego, ha 28 anni, nato e cresciuto in quelle che lui stesso chiama "borgate romane", e da cui i genitori lo hanno mandato via: "Dovevo fare un percorso di riabilitazione dalla tossicodipendenza, ma i centri diurni erano pieni. Sono andato a Bracciano al Sert ma ho visto che comunque non c'erano cambiamenti: stando in borgata e tornando a casa tutti i giorni, andavo a sbattere sempre contro le stesse persone, che volevano darmi qualcosa da prendere. Mia madre, in extremis, ha preso e mi ha cacciato di casa: "Mi ha detto 'vai per la strada tua'", racconta Diego, mentre si scalda tenendo fra le mani un bicchiere di tè caldo, portatogli da alcuni volontari.
La sua strada è via della Conciliazione, ora, sotto il colonnato di San Pietro, dove sono decine quelli che non hanno una casa e trovano rifugio fra le colonne marmoree e possono contare sull'assistenza fornita loro dal Vaticano e dalle organizzazioni di volontariato: "Io mica lo sapevo che c'erano questi rifugi e queste associazioni, prima di arrivare qui sono stato un mese al parco sotto la Basilica di San Paolo. Sono arrivato qui per un colpo di fortuna: un giorno mi sono addormentato sull'autobus e sono arrivato al capolinea, fermandomi proprio a San Pietro". Fra i sampietrini, la vita non è facile, soprattutto per chi non ha un soldo per sopravvivere: "Per mangiare, i primi tempi, lo devo ammettere, andavo a rubare un panino a pranzo e uno a cena. Niente di più di quello che mi serviva per sopravvivere, perché avevo fame, null'altro", giura Diego. Per difendersi dal freddo poi, una vera lotta: "Avevo un sacco a pelo, ma me l'hanno rubato. Purtroppo qui si gioca a rubarsi le cose fra di loro, anche quando si dorme. Per questo alcuni evitano di andare nelle strutture, perché non possono portare la loro roba e rischiano di perderla". Ma c'è anche tanta solidarietà in strada: "Grazie a un ragazzo ho avuto una tenda, un altro mi ha regalato una delle sue stecche per montarla. Una stecca per uno - sorride Diego - ma almeno dormiamo bene entrambi".
Prima di finire per la strada Diego ha lavorato per 12 anni nei cantieri: "Ogni giorno, quando i poliziotti ci vanno sgomberare per le 5 e mezza o le 6 del mattino, io cerco un lavoro, non demordo. Ho imparato un mestiere grazie a mio papà. Qualcosa si trova, magari in nero... Ma la mia speranza è quella di rimboccarmi le maniche. So che tutto questo è transitorio, molti stanno anche peggio di me e hanno storie che fanno venire i brividi. E l'ho detto anche a mia madre: quando le ho detto di questo percorso - conclude Diego - mi ha detto 'non me l'aspettavo' anche perché un percorso migliore di questo per disintossicarmi non c'è".
Cronaca
Violenza su donne, il presidente del Tribunale di Milano:...
Roia: "L'intermittenza o il giustificazionismo non fa bene, non fa bene un linguaggio improprio, non fanno bene interventi scomposti o inappropriati perché il tema maggiore è fare capire agli uomini che agiscono violenza che quello è un crimine"
"Non sono gli immigrati che creano il problema della violenza sulle donne, il problema della violenza di genere è storico, strutturale e sociale". Il presidente del Tribunale di Milano Fabio Roia, intervistato dall’Adnkronos alla vigilia della Giornata internazionale per l'eliminazione della violenza contro le donne, non fa giri di parole e d'altronde ha i numeri dalla sua parte.
Gli italiani condannati in tribunale a Milano per reati legati al genere sono 440 negli ultimi 12 mesi, con un incremento del 15%. Se si guarda alla nazionalità, gli italiani rappresentano il 62% delle 714 condanne totali, in crescita del 3% rispetto all'anno precedente. Nel 2024 il Tribunale di Milano, dove si registra un aumento delle misure cautelari (1.246 a fronte delle 758 precedenti, +64% in un anno) ha inflitto pene per 798 anni di carcere. Inutile negare che in alcuni paesi la donna gode di meno diritti rispetto agli standard medi europei, ma se "questo può incrementare il numero delle violenze, non incrementa un fenomeno che ha solide radici nel patriarcato".
E' l'identità della donna che chi compie violenza vuole cancellare. "Deve cambiare il linguaggio, a maggior ragione quello degli atti giudiziari", per non incorrere in "una cattiva informazione e nella vittimizzazione secondaria" spiega Roia. "Ad esempio, abbiamo ancora una categoria giuridica, che applichiamo dal diritto romano, che è la 'diligenza del buon padre di famiglia' che è espressione di un linguaggio antico che necessiterebbe di un cambiamento". Occorre insomma una rivoluzione culturale per un fenomeno che anche quest'anno tocca le tre cifre: sono quasi cento i femminicidi in Italia. Secondo i dati diffusi a inizio novembre dal Tribunale di Milano, le vittime più numerose - il totale è di 1.132 (circa il 70% italiane) - ha tra 26-35 anni (187, pari al 16,5%) seguita dalla fascia 36-45 anni (180).
E' tra le "mure domestiche" che si annida maggiormente la violenza, conferma il presidente Roia che definisce "Allarmante" i dato sui minorenni coinvolti come vittime: sono 325 con un aumento pari al 46% rispetto al 2023. "Quando i figli sono esposti a situazioni di violenza subiscono un trauma e da adulti possono sviluppare un trauma mediato, come autori o come vittime. Quando ci sono minori che assistono a fatti di violenza è importante parlarne, andare ai centri antiviolenza, trovare dei riferimenti per uscire da un legame tossico che fa più vittime".
Gli strumenti offerti dal legislatore sono "ottimi per intervenire sotto tutti i punti di vista: nel settore penale, nel campo della prevenzione dove possiamo usare per la violenza domestica il codice antimafia, o nel civile con gli ordini di protezione in caso di violenza familiare in presenza di un bambino. Le leggi ci sono, vanno applicate bene, con competenza, efficacia e specializzazione". Eppure la violenza di genere sembra un problema che non riguarda tutti.
L'emergenza "viene vista a intermittenza, con troppo giustificazionismo, forse con troppa ideologia, non capendo che questo è un tema di civiltà trasversale che deve andare da destra a sinistra, da sinistra a destra passando per il centro, che deve interessare e impegnare tutti i punti cardinali della politica perché è una spia del grado di civiltà di un paese". L'intermittenza o il giustificazionismo "non fa bene, come non fa bene un linguaggio improprio, come non fanno bene certi interventi scomposti o inappropriati perché il tema maggiore è fare capire agli uomini che agiscono violenza che quello è un crimine al pari di commettere una rapina in un officio postale o spacciare droga" conclude il presidente del Tribunale di Milano, Fabio Roia. (di Antonietta Ferrante)