Turismo, Airbnb all’Anci: sì a legge per limitare affitti brevi in centri città d’arte, ecco proposte
Secondo studio Nomisma, lo stock di abitazioni destinate a questo mercato non ha eroso l’offerta abitativa a livello nazionale
Un quadro normativo nazionale per gli affitti brevi che permetta alle città storiche di applicare regole proporzionate e mirate, laddove vi sia una chiara necessità, e una serie di iniziative concrete per uno sviluppo sostenibile del settore turistico. Sono tra le proposte avanzate da Airbnb intervenendo nel corso della 41ma Assemblea annuale Anci a Torino, in cui è stato presentato un nuovo rapporto Nomisma sugli affitti brevi. In particolare, lo studio mostra, da un lato, come lo stock di abitazioni destinate a questo mercato non abbia eroso l’offerta abitativa a livello nazionale. Dall’altro, registra come la situazione dei centri storici delle principali città d’arte, dove la pressione turistica è significativamente più elevata e la penetrazione delle locazioni brevi superiore alla media, risulti più delicata e giustifichi la necessità di intervenire con strumenti legislativi.
L’analisi Nomisma commissionata da Airbnb sottolinea come quasi il 13% delle abitazioni italiane risulti vuoto oppure sotto utilizzato. Un dato significativamente più ampio della quota di immobili attualmente destinata agli affitti brevi (1,3%), soprattutto di quelli interamente dedicati a questa attività e affittati per oltre 120 notti l’anno (0,11%), mentre un impatto attribuibile di questi ultimi sarebbe riconducibile in prevalenza ad alcuni quartieri dei centri storici sui quali intervenire.
"Mentre le misure eccessivamente punitive adottate da città come New York o Barcellona non hanno affatto risolto i problemi abitativi locali, riconosciamo le sfide legate al sovraffollamento turistico nei quartieri storici di città come Firenze, Venezia e Roma, e sosteniamo la richiesta di un quadro normativo nazionale per gli affitti brevi basato su dati, che permetta ai sindaci di preservare i quartieri sensibili, tutelando al contempo il diritto delle famiglie di affittare occasionalmente la propria abitazione", ha dichiarato Valentina Reino, Policy Lead di Airbnb Italia. "Crediamo che un’ospitalità ‘made in Italy’ offerta in prima persona non solo arricchisca l'esperienza degli ospiti, ma costituisca un servizio anche per la comunità", ha aggiunto.
Gli affitti brevi e il turismo in casa, il cui contributo all’economia Nomisma valuta in 7,9 miliardi di euro di valore della produzione nel 2023, con un sostegno a oltre 54.000 posti di lavoro, costituirebbero per Airbnb una risorsa per l’ospitalità made in Italy, che l’azienda si è offerta di sostenere avanzando in Assemblea alcune proposte. Eccole punto per punto.
1. Supporto alla registrazione nazionale. Airbnb è impegnata a sostenere l’applicazione del nuovo codice di registrazione nazionale delle strutture ricettive e delle locazioni brevi (Cin), che garantirà piena trasparenza nel settore dell’ospitalità. La piattaforma ha già informato tutti gli host italiani circa l’obbligo di registrazione presso il ministero del Turismo e dell’intenzione di rimuovere nel 2025 gli annunci sprovvisti di codice.
2.Condivisione dei dati. Airbnb supporta la condivisione dei dati al fine di consentire alle autorità di avere tutte le informazioni necessarie per prendere decisioni informate sulla gestione del turismo. Oltre al City Portal, Airbnb offre la possibilità di sviluppare uno strumento di visualizzazione dei dati per le città, utile per definire in futuro regole locali sugli affitti brevi che siano proporzionate e mirate.
3. Ospitalità ‘Made in Italy’. Airbnb è pronta a bilanciare i benefici dell’hosting con le esigenze uniche delle città storiche. Gli ospiti scelgono Airbnb per vivere esperienze di soggiorno autentiche. Per questo motivo l’azienda intende supportare le città - come Firenze, Roma e Venezia - nei loro sforzi per promuovere l’ospitalità di persona. Questo include interventi per contrastare l’uso illegale di cassette portachiavi (keybox) in spazi pubblici come parchi o recinzioni, sia attraverso campagne educative sia sfruttando la rete di co-host di Airbnb presente sul territorio.
4. Buon vicinato. La grande maggioranza di host e ospiti sono vicini responsabili e si preoccupano di non creare disturbo. L’azienda ha introdotto diverse innovazioni per affrontare comportamenti inopportuni, tra cui strumenti che hanno permesso di bloccare o reindirizzare prenotazioni a rischio. La politica globale di Airbnb contro le feste vieta eventi non autorizzati. L’azienda sostiene inoltre iniziative locali di educazione, volte a informare ospiti e host su linee guida e suggerimenti per essere buoni vicini e rispettare le città e le comunità locali in tutta Italia, come la campagna Enjoy Respect Florence.
5. Un turismo a beneficio di tutti. Airbnb raccoglie e riversa tasse e contributi di soggiorno in oltre 35.000 giurisdizioni in tutto il mondo, tra cui numerose città italiane, semplificando il processo per ospiti, host e amministrazioni locali. In continuità con quanto fatto negli ultimi anni, Airbnb continua a offrire supporto ai comuni per la raccolta dell’imposta a livello locale con l’obiettivo di garantire ai Comuni e agli Enti locali entrate costanti che possano essere reinvestite per la valorizzazione dei territori.
6. Tutela del patrimonio culturale e dispersione dei flussi. Il turismo può svolgere un ruolo fondamentale nell’aiutare a distribuire i flussi turistici al di fuori dei centri urbani, diffondendone i benefici economici in aree rurali e contribuendo alla conservazione di dimore storiche, monumenti, edifici di pregio e paesaggi per le generazioni future. Airbnb collabora con destinazioni turistiche per promuovere e rispettare aree al di fuori delle località più note, come le Colline del Prosecco, sito patrimonio Unesco a Conegliano e Valdobbiadene. Allo stesso tempo, Airbnb sostiene l’artigianato Made in Italy e i percorsi enogastronomici per incentivare un turismo che valorizzi esperienze autentiche in tutto il Paese.
7. Attenzione all’ambiente. L’impegno di Airbnb per promuovere pratiche sostenibili prevede, tra le altre cose, la condivisione di materiali e risorse educativi, come quelli sulla gestione dei rifiuti sviluppati in collaborazione con la città di Firenze. L’azienda ha inoltre introdotto programmi per aiutare gli host a rendere le loro proprietà più efficienti, con l’obiettivo di ridurre le emissioni e generare risparmi a lungo termine sui costi energetici.
Economia
Venezia modello internazionale di resilienza climatica, Vsf...
Organizzato al Padiglione Italia una conferenza dal titolo "Il paradigma di Venezia: strategie per l’adattamento all’innalzamento del livello del mare e la riduzione del rischio di catastrofi", in cui è stato illustrato il "modello Venezia" come esempio concreto e replicabile di resilienza e sostenibilità
"La Fondazione continua a consolidare il proprio ruolo internazionale sui temi della sostenibilità ambientale e, in particolare, sulla protezione dei centri urbani dall’innalzamento del livello del mare". Ad affermarlo è Alessandro Costa, Direttore Generale della Venice Sustainability Foundation (Vsf), di ritorno da Baku, dove ha partecipato ai lavori della 29ª Conferenza delle Parti della Convenzione delle Nazioni Unite sui Cambiamenti Climatici (Cop29 Azerbaigian). In questa occasione, Vsf ha organizzato al Padiglione Italia una conferenza dal titolo "Il paradigma di Venezia: strategie per l’adattamento all’innalzamento del livello del mare e la riduzione del rischio di catastrofi", in cui è stato illustrato il "modello Venezia" come esempio concreto e replicabile di resilienza e sostenibilità.
Vsf ha inoltre preso parte alla tavola rotonda organizzata al Padiglione Cinese dal titolo “Actively Guard against Climate Risks and Build Low-carbon and Resilient Cities”, contribuendo al dialogo internazionale sul tema delle città resilienti e a basse emissioni di carbonio. Sempre in occasione della Cop29, Alessandro Costa ha incontrato Johan Moberg, Ceo di Green Hydrogen Organisation, avviando i preparativi per la seconda edizione del Venice Hydrogen Forum, prevista per la fine del 2025.
"Abbiamo illustrato – ha spiegato Costa – il cambio di paradigma che ha interessato Venezia: grazie al sistema di opere complesse Mose, la città è passata da luogo di evidente sofferenza a modello internazionale di protezione e adattamento agli effetti dell’innalzamento del mare".
Questo posizionamento è stato rafforzato dalla recente nomina di Venezia a resilience hub da parte dell’Undrr (United Nations Office for Disaster Risk Reduction), avvenuta a fine 2023, nel corso della Biennale della Sostenibilità dedicata al sistema Mose. “Significativo – aggiunge Costa – l’intervento al nostro evento di Alessandro Guerri, DG affari europei, internazionali e finanza del Mase, che ha sottolineato come Venezia rappresenti un’eccellenza italiana nell’adattamento ai cambiamenti climatici, con soluzioni replicabili per altre aree del mondo afflitte da problematiche simili”.
La conferenza organizzata da Vsf si è articolata in tre sessioni tematiche. La prima, dedicata al ruolo dell’azione climatica locale, ha esplorato come le politiche locali possano essere strumenti chiave per raggiungere gli obiettivi globali di resilienza e sostenibilità, con gli interventi di Alessandro Costa (Direttore generale di Vsf), Animesh Kumar (United Nations Office for Disaster Risk Reduction - Undrr) e Alessandra Antonini (Comitato europeo delle regioni - CoR). Un secondo approfondimento è stato dedicato al modello veneziano di adattamento climatico, dimostrando che la città non solo si è protetta dall'innalzamento del mare ma ha anche avviato un'intensa attività di restauro del patrimonio culturale secondo un modello replicabile a livello globale. Sono intervenuti Pierpaolo Campostrini (Vsf e Corila), Francesco Musco (Iuav) e Andrew Potts (Europa Nostra).
Infine, un tavolo moderato da Vittore Negretto (Iuav) e dedicato al tema “Dal locale al globale”, che ha analizzato le modalità con cui Venezia può fattivamente condividere il proprio approccio con la comunità internazionale, attraverso la partecipazione attiva alle reti globali e al dialogo tra città. Queste iniziative confermano come Venezia possa essere non solo simbolo della lotta contro l’innalzamento del livello del mare, ma anche laboratorio internazionale di resilienza, sostenibilità e innovazione nel contrasto ai cambiamenti climatici.
Cronaca
Matrimoni in calo, ma anche separazioni e divorzi. E ci si...
La fotografia dell'Istat: trend, età, differenze regionali
Matrimoni ancora in calo in Italia, ma diminuiscono anche separazioni e divorzi. E' la fotografia scattata dall'Istat che individua anche trend, età e differenze regionali.
Matrimoni
Nel 2023 i matrimoni sono stati 184.207, in diminuzione rispetto all’anno precedente (-2,6%); il calo è stato più consistente nel Mezzogiorno (-5,8%) rispetto al Nord (-0,3%), in posizione intermedia il Centro (-1,3%). I dati provvisori dei primi otto mesi del 2024 mettono in luce una ulteriore diminuzione (-6,7%), a conferma di un ridimensionamento della nuzialità che negli ultimi quarant’anni non ha conosciuto soste, al netto di alcuni momenti storici duranti i quali il numero dei matrimoni ha mostrato andamenti altalenanti in relazione a fenomeni di tipo congiunturale, rileva l'Istat.
Nel 2000, ad esempio, si rilevò un aumento dei matrimoni da collegare al desiderio di celebrare le nozze all’inizio del nuovo millennio. All’opposto, nel triennio 2009-2011, il calo fu particolarmente accentuato per il crollo delle nozze dei cittadini stranieri, scoraggiati dalle modifiche legislative volte a limitare i matrimoni di comodo. Inoltre, non va dimenticata la crisi economica del 2008 il cui impatto produsse effetti sui comportamenti nuziali delle coppie. Infine, nel 2020 si è assistito a un dimezzamento del numero dei matrimoni per effetto della pandemia da Covid-19 (e delle sue misure di contenimento) che ha visto molte coppie posticipare le nozze, in parte poi celebrate nel successivo biennio 2021-2022.
Nel 2023 i 139.887 primi matrimoni mostrano, se confrontati con l’anno precedente, una diminuzione del 4,3%, più consistente rispetto a quella del totale dei matrimoni (-2,6%). Nel 2023 la quota dei primi matrimoni rispetto al totale delle celebrazioni è pari al 75,9%, evidenziando un netto calo anche rispetto al 79,4% del 2019 (anno in cui il numero di matrimoni totali era stato simile a quello del 2023). La diminuzione tendenziale dei primi matrimoni, al netto delle oscillazioni di breve periodo, è strettamente connessa alla progressiva diffusione delle libere unioni (convivenze more uxorio). Queste ultime sono più che triplicate tra il biennio 2000-2001 e il biennio 2022-2023 (da circa 440mila a più di 1 milione e 600mila), un incremento da attribuire soprattutto alle libere unioni di celibi e nubili.
Ci si sposa sempre più tardi
L'Istat rileva poi che ci si sposa sempre più tardi, l'età media è ormai 34,7 anni per gli uomini e 32,7 per le donne. "Il mutamento nei modelli culturali, nonché l’effetto di molteplici fattori quali l’aumento diffuso della scolarizzazione e l’allungamento dei tempi formativi, le difficoltà nell’ingresso nel mondo del lavoro e la condizione di precarietà del lavoro stesso hanno comportato, negli anni, una progressiva posticipazione del calendario di uscita dalla famiglia di origine. La quota di giovani che resta nella famiglia di origine fino alla soglia dei 35 anni è pari al 61,2%, quasi tre punti percentuali in più in circa 20 anni", si sottolinea.
"Questa protratta permanenza - viene evidenziato - comporta un effetto diretto sul rinvio delle prime nozze. Tale effetto si amplifica nei periodi di congiuntura economica sfavorevole spingendo i giovani a ritardare ulteriormente, rispetto alle generazioni precedenti, le tappe dei percorsi verso la vita adulta, tra cui quella della formazione di una famiglia. Sul posticipo del primo matrimonio, inoltre, incide anche la diffusione delle convivenze prematrimoniali".
L’analisi del tasso di primo-nuzialità totale, "una misura trasversale attraverso la quale si può valutare quanti primi matrimoni siano attesi da una ipotetica generazione di 1.000 individui", consente di far luce sui processi di formazione delle coppie, di quelle giovani in particolare. Tale indice segnala, in base a quanto registrato nel 2023, un’intensità di 399 primi matrimoni per 1.000 uomini e 450 per 1.000 donne; valori in diminuzione rispetto all’anno precedente (2,2 punti percentuali in meno sia per gli uomini sia per le donne). A livello aggregato, la tendenza al rinvio porta l’età media alle prime nozze a 34,7 anni per gli uomini (+0,1 punti rispetto all’anno precedente) e a 32,7 anni per le donne (+0,2).
Unioni civili
"Il 5 giugno 2016 è entrata in vigore la Legge che ha introdotto in Italia l’istituto dell'unione civile tra persone dello stesso sesso - ricorda l'Istat - Nel corso del secondo semestre 2016 si sono costituite 2.336 unioni civili, un numero particolarmente consistente che ha riguardato coppie da tempo in attesa di ufficializzare il proprio legame affettivo. Al boom iniziale ha fatto poi seguito una progressiva stabilizzazione. Le 3.019 unioni civili tra coppie dello stesso sesso costituite presso gli Uffici di Stato Civile dei Comuni italiani nel 2023 evidenziano un aumento rispetto all’anno precedente (+7,3%), ma i dati provvisori dei primi otto mesi del 2024 delineano un calo (-2,1%) rispetto allo stesso periodo del 2023".
Si conferma anche nel 2023 la prevalenza di unioni tra uomini (1.694 unioni, il 56,1% del totale), stabili rispetto all’anno precedente (56,7%). Il 35,5% delle unioni civili è nel Nord-ovest, seguito dal Centro (24,3%). Tra le regioni, in testa si posiziona la Lombardia con il 23,5%; seguono il Lazio (13,3%) e l’Emilia-Romagna (10,4%).
A livello nazionale nel 2023 si sono avute 5,1 nuove unioni civili per 100mila residenti, mentre nel Mezzogiorno l’indicatore è all’incirca la metà. La Lombardia e l’Emilia-Romagna si collocano al primo posto a pari merito tra le regioni (7,1 per 100mila) seguite dal Lazio (7,0) e dal Piemonte (6,9). Emerge con evidenza, aggiunge l'Istat, il ruolo attrattivo dei grandi Comuni: più di un quarto delle unioni si sono costituite nel complesso dei 12 grandi Comuni. In testa si trova il Comune di Roma (con l’8,4%), seguito da quello di Milano (6,8%). Le unioni civili con almeno un partner straniero sono il 17,0%; nel Centro si attestano al 18,1%, nel Nord al 17,4% mentre nel Mezzogiorno sono il 14,4%.
Separazioni e divorzi
Nel 2023 le separazioni sono state complessivamente 82.392 (-8,4% rispetto all’anno precedente). I divorzi sono stati 79.875, il 3,3% in meno rispetto al 2022 e il 19,4% in meno nel confronto con il 2016, anno in cui sono stati finora i più numerosi (99.071), rileva l'Istat.
Il trend dei divorzi è stato sempre crescente dal 1970 (anno di introduzione del divorzio nell’ordinamento italiano) fino al 2015. In tale anno il numero di divorzi subì una forte impennata (+57,5%) in relazione all’entrata in vigore di due importanti leggi che hanno modificato la disciplina dello scioglimento e della cessazione degli effetti civili del matrimonio: il Decreto legge 132/2014, che ha introdotto le procedure consensuali extragiudiziali senza più il ricorso ai Tribunali (direttamente presso gli Uffici di Stato Civile o tramite negoziazioni assistite da avvocati) e soprattutto la Legge 55/2015 (c.d. “Divorzio breve”) che ha fortemente ridotto l’intervallo di tempo tra separazione e divorzio (12 mesi per le separazioni giudiziali e sei mesi per quelle consensuali) determinando un vero boom del fenomeno.
Dopo l’aumento registrato tra il 2015 e il 2016 - che ha riguardato in misura più attenuata anche le separazioni - l’andamento dei divorzi fino al 2019 si è mantenuto stabile con piccole oscillazioni. Nel 2020 è stato invece ben visibile l’impatto della pandemia, soprattutto per effetto delle chiusure degli uffici e delle restrizioni alla mobilità, con conseguenze, nel caso dei provvedimenti presso i Tribunali, anche sui procedimenti di separazione o divorzio avviati negli anni precedenti. Tale impatto è stato poi riassorbito nel 2021, quando i livelli sono tornati sostanzialmente quelli pre-pandemici.
Nel 2023, prosegue l'Istat, si nota un ridimensionamento (-10,9%) della componente consensuale delle separazioni (considerando nel loro complesso quelle in Tribunale e quelle extragiudiziali). L’81,0% delle separazioni si è concluso consensualmente, mostrando una diminuzione rispetto al trend di crescita di questa componente osservato fino al 2021. Le separazioni giudiziali, caratterizzate da una maggiore durata dei procedimenti, confermano il trend di aumento iniziato nel 2018 (interrottosi solo nel 2020).
Tradizionalmente più contenuta rispetto alle separazioni è la quota della componente consensuale (sia giudiziale che extragiudiziale) nei divorzi (70,6%); questa appare sostanzialmente in linea con l’anno precedente (71,5%). I divorzi giudiziali presso i Tribunali nel 2023 si mantengono stabili rispetto al 2022 (-0,5%) mentre i divorzi con rito consensuale mettono in luce un netto ridimensionamento (-14,3%).
Non è ancora possibile valutare gli effetti del D. Lgs. 149 del 10 ottobre 2022 (la cosiddetta “riforma Cartabia”) introdotta con l’obiettivo di razionalizzare i procedimenti in materia di diritti delle persone e delle famiglie. La facoltà di proporre contestualmente la domanda di separazione personale e quella di divorzio è entrata in vigore dal 28 febbraio 2023, ma varie sentenze interpretative successive hanno di fatto rallentato l’entrata a regime delle nuove procedure.
Cronaca
Callini (I Municipio): “Intitolazione strada a Maria...
“Non poteva esserci luogo migliore per una partigiana che tanto ha lottato per la libertà e per i diritti delle donne"
"Sono veramente contenta che la Giunta Capitolina, al termine del lavoro svolto dalla Commissione Consultiva di Toponomastica, abbia approvato la deliberazione con la quale autorizza l'intitolazione a Marisa Cinciari Rodano di un viale all'interno del Parco della Resistenza dell'8 Settembre nel quartiere di San Saba”. Lo dichiara Giulia Callini, presidente della Commissione Lavori Pubblici del Municipio I Roma Centro e prima firmataria dell’atto che chiedeva l’intitolazione di un luogo pubblico alla Rodano.
“Non poteva esserci luogo migliore per una partigiana che tanto ha lottato per la libertà e per i diritti delle donne - ha aggiunto - Noi Rete Donne, l’associazione che ha fondato e che promuove la democrazia paritaria ci ha chiesto di ricordare questa grande donna, e sono soddisfatta del risultato frutto di un lavoro di squadra con il consigliere capitolino Riccardo Corbucci che ha presentato un atto analogo in comune e della Giunta capitolina. Per Marisa Rodano, simbolo di una lotta tenace e costante per le libertà di uomini e donne si è derogato alla norma che prevede, per l'intitolazione di un luogo pubblico, l’attesa di dieci anni dal decesso. Ed è giusto così, sono ancora troppo pochi i luoghi pubblici intitolati alle donne rispetto agli uomini”.