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Il Medico risponde: “Stanchezza, tachicardia e vertigini: potrebbe trattarsi di anemia o squilibri metabolici?”

DOMANDA

Gentile Dottor Ferdinando Martinez,
mi chiamo Maria L. ho 48 anni, e Le scrivo per un problema che mi preoccupa. Da circa sei mesi soffro di un persistente senso di stanchezza, accompagnato da episodi di tachicardia e una leggera sensazione di vertigini. Ho notato che questi sintomi si presentano spesso dopo i pasti o in momenti di stress. Le analisi del sangue recenti hanno evidenziato una leggera carenza di ferro e una glicemia a digiuno leggermente più alta del normale (105 mg/dL). Non ci sono stati episodi significativi di malattie nel mio passato, se non una lieve anemia post-partum molti anni fa. Mi chiedo se questi sintomi possano essere legati a qualche squilibrio metabolico o a un problema cardiaco. Cosa mi consiglia di fare? Ci sono esami specifici che sarebbe utile approfondire? Grazie mille per la Sua attenzione.

RISPOSTA

A cura del Dr. Ferdinando Martinez

ATTENZIONE: "Le informazioni contenute in questa rubrica medica, non devono ASSOLUTAMENTE, in alcun modo, sostituire il rapporto Medico di Famiglia/Assistito. Si raccomanda per buona regola, di chiedere SEMPRE il parere del proprio Medico di Famiglia, o Specialista di fiducia, il quale conosce in dettaglio la storia clinica del proprio Paziente. La nostra rubrica, non avendo fatto un'anamnesi di chi ci scrive, impossibile online, ha il solo ed esclusivo scopo  informativo, decliniamo quindi tutte le responsabilità nel mettere in pratica qualsiasi chiarimento o indicazione riportata al solo scopo esplicativo e divulgativo. Qualsiasi domanda umanamente  intrattabile via web, verrà automaticamente cestinata. Grazie per la gentile comprensione."

Gentile Signora Maria L.
La ringrazio per aver descritto così dettagliatamente i Suoi sintomi e i dati anamnestici, che sono fondamentali per orientare una valutazione preliminare.

La stanchezza persistente, associata a tachicardia e vertigini, può avere molteplici cause, alcune delle quali potrebbero essere interconnesse. Nel Suo caso, il riscontro di una leggera carenza di ferro potrebbe indicare che l’anemia (anche lieve) contribuisca ai Suoi sintomi, specialmente al senso di affaticamento e ai battiti accelerati. Tuttavia, la glicemia a digiuno leggermente elevata suggerisce che potrebbe esserci una predisposizione a uno stato prediabetico, che potrebbe influenzare i livelli energetici e il benessere generale.

Per procedere con maggiore chiarezza, Le consiglio di eseguire alcuni accertamenti:

  1. Emocromo completo con ferritina e saturazione della transferrina, per valutare l’entità della carenza di ferro e stabilire se è necessario un trattamento.
  2. Profilo glicemico completo, inclusa una curva da carico di glucosio (OGTT) e HbA1c, per capire se siamo effettivamente in una fase di alterata tolleranza al glucosio.
  3. Funzione tiroidea (TSH, FT3, FT4), dato che i sintomi descritti possono anche correlarsi a eventuali disfunzioni tiroidee.
  4. Un elettrocardiogramma (ECG) e, se necessario, un monitoraggio Holter delle 24 ore, per verificare la presenza di aritmie che possano spiegare la tachicardia.

In attesa dei risultati, Le suggerisco alcune misure pratiche:

  • Assumere una dieta equilibrata, ricca di ferro (carni magre, legumi, verdure a foglia verde) e a basso indice glicemico.
  • Mantenere un’idratazione adeguata e cercare di distribuire i pasti in maniera regolare per evitare sbalzi glicemici.
  • Valutare con il Suo medico curante l’eventuale assunzione di un integratore di ferro, se necessario.

In ogni caso, sottolineo che quanto sopra rappresenta un orientamento generale e che sarà indispensabile una valutazione clinica diretta per stabilire con precisione la diagnosi e il percorso terapeutico più adeguato.

Rimango a disposizione per ulteriori chiarimenti.

Cordiali saluti,
Dr. Ferdinando Martinez

Aspettiamo le vostre domande, inviatecele via mail a info@sbircialanotizia.it

Docente di Medicina Clinica e Chirurgia Generale: si occupa principalmente della nostra rubrica “Il medico risponde”, ma anche della creazione di articoli riguardanti il campo della medicina. Tutti gli articoli vanno considerati a scopo esclusivamente informativo.

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Salute e Benessere

Più spreco di cibo, involontario ‘effetto...

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Più spreco di cibo, involontario 'effetto collaterale' farmaci anti-obesità

Con cadenza regolare fioccano studi che indagano su nuove potenziali doti dei super farmaci anti-obesità e anti-diabete. Ma potrebbero avere anche un inatteso e involontario 'effetto collaterale': secondo una nuova ricerca, infatti, potrebbero aumentare lo spreco di cibo, soprattutto nei primi mesi di terapia quando i pazienti ancora non sono abituati alla nuova routine alimentare spinta dal trattamento. Un nuovo studio ha documentato proprio questo: che l'assunzione di farmaci anti-obesità ha portato una quota di adulti americani a buttare via più cibo di quanto facessero prima di iniziare la cura.

A esplorare l'inedito aspetto è uno studio dell'Ohio State University, pubblicato su 'Nutrients' nell'ambito del quale gli autori hanno condotto un sondaggio su 505 persone che assumevano farmaci agonisti del recettore del Glp-1 come Ozempic*: il 25% degli intervistati ha dichiarato di aver sprecato più cibo da quando assumeva la terapia. Le persone che sperimentavano nausea avevano maggiori probabilità di segnalare un aumento dello spreco alimentare. Mentre assumere i farmaci per un periodo di tempo più lungo e mangiare più verdure erano elementi associati a un minor spreco alimentare.

Gli scienziati dell'ateneo Usa vedono questo studio sul comportamento dei consumatori come un primo tentativo di valutare gli effetti di questi farmaci sempre più popolari anche sulla produzione e sullo spreco alimentare a livello nazionale e globale. "Si è trattato di uno studio pilota - precisa l'autore senior Brian Roe, professore nel Dipartimento di economia agricola, ambientale e dello sviluppo - per iniziare a esaminare le implicazioni dei medicinali" e cercare di capire anche "quali ampie categorie di alimenti siano più o meno preferite dopo aver iniziato la terapia farmacologica". Il fatto che lo spreco alimentare sembri "diminuire man mano che i pazienti si 'acclimatano' al farmaco suggerisce che potrebbe esserci un rimedio semplice: informarli già alle prime assunzioni della possibilità che si trovino a scartare del cibo man mano che la loro dieta cambia. La consapevolezza su questo aspetto permetterebbe di ridurre lo spreco alimentare e abbassare anche le spese".

Secondo le stime, dicono gli autori dello studio, negli Usa viene sprecato circa un terzo del cibo e circa la metà di questo spreco è attribuibile ai consumatori, che gettano via in media sui 450 grammi di cibo a persona al giorno. A primavera 2024, circa il 6% degli adulti degli States ha riferito di assumere agonisti del Glp-1, che curano il diabete di tipo 2 e l'obesità agendo su un ormone nell'intestino per abbassare la glicemia, rallentare lo svuotamento dello stomaco e segnalare senso di pienezza al cervello. Nello studio, quasi il 70% degli intervistati assumeva semaglutide e quasi un quarto assumeva tirzepatide. In media, il gruppo aveva perso il 20% del proprio peso se aveva assunto i farmaci per almeno un anno.

Sebbene la nausea fosse il principale motore dello spreco alimentare, i risultati hanno suggerito anche un'altra possibile influenza: cambiamenti nelle preferenze e nelle abitudini alimentari che hanno portato le persone a buttare via cibi 'caduti in disgrazia' nella loro classifica di gradimento. In generale, i partecipanti hanno riferito di aver aggiunto frutta e verdura, proteine, pesce e grassi sani alla loro dieta e di aver consumato meno alcol, pasta e altri carboidrati, cibi fritti, dolci e latticini. L'aggiunta di verdure alla dieta, il gruppo alimentare più comunemente sprecato negli Stati Uniti, è stata associata a una minore probabilità di sprecare cibo, altro segno di cambiamento delle abitudini che, in questo caso, ha comportato consumo di pasti più green.

Roe pianifica nuovi studi sul tema: dato il costante aumento delle prescrizioni di agonisti del Glp-1, ci sono ampi impatti economici e ambientali in gioco, a livello locale e globale, afferma. "Le persone che assumono questi farmaci con ogni probabilità spenderanno meno in cibo", continua Roe. Altri gruppi hanno utilizzato simulazioni per dimostrare che la riduzione del consumo alimentare a livello di popolazione può abbassare i costi energetici, preservare le risorse ambientali e ridurre la creazione di gas serra, tenendo il cibo scartato lontano dalle discariche. Ma considerando quanto siano relativamente nuovi i farmaci anti-obesità, non ci sono ancora dati sufficienti per fare previsioni sulla portata dei loro effetti sociali. "Penso sia chiaro che hanno il potenziale per avere un impatto sulla salute pubblica globale e la ricerca suggerisce che i cambiamenti nell'assunzione di cibo possono influenzare gli indicatori degli impatti ambientali - conclude Roe - Ma ci sono ancora molte altre domande impellenti".

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Salute e Benessere

Cancro polmone, all’Ieo il robot che rivoluziona la...

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 - Foto Ieo

Rivoluzione hi-tech contro il cancro al polmone. Si chiama Ion ed è l'ultima new entry nel parco macchine dell'Istituto europeo di oncologia (Ieo) di Milano, "primo centro in Italia e fra i primi in Europa a dotarsi del broncoscopio robotico più avanzato al mondo per la diagnosi dei tumori polmonari", informa l'Irccs fondato da Umberto Veronesi. Il braccio robotico di Ion, descrivono gli esperti Ieo, "può arrivare a noduli di dimensioni millimetriche anche in posizioni periferiche del polmone, altrimenti irraggiungibili". E se opportunamente attrezzato, può anche rimuoverli senza bisturi.

"Ion rappresenta un progresso straordinario per la cura del tumore del polmone e siamo entusiasti di mettere questa tecnologia d'avanguardia a disposizione dei nostri pazienti", afferma Juliana Guarize, direttore dell'Unità di Pneumologia interventistica dell'Ieo. "La diagnosi precoce - ricorda - è infatti la chiave di volta per ridurre la mortalità e il peso personale e sociale di questo tumore, che deve la sua fama di big killer proprio alla scarsa diffusione di strumenti e di cultura di anticipazione diagnostica. Con Ion la diagnosi è più precisa e soprattutto più rapida, e noi sappiamo che il tempo è un fattore importantissimo per una buona terapia. I noduli di dimensioni minime che troviamo con lo screening hanno oggi un follow-up di mesi, proprio perché la loro posizione o dimensione non permette un prelievo bioptico. La tecnologia robotica supera questo problema a grande vantaggio del paziente che, con i risultati immediati della biopsia, può essere trattato subito con interventi mininvasivi".

Oltre a 'stanare' noduli polmonari piccolissimi localizzati in zone difficili, infatti, Ion "permette di integrare le immagini in tempo reale con la Cone Beam Ct per effettuare prelievi per la biopsia delle Ggo (Grand Glass Opacity), lesioni tipiche del tessuto del polmone, rilevabili con la Tac, che possono evolvere in tumore e che non sono raggiungibili con un normale broncoscopio", approfondisce una nota Ieo. Ancora, il robot "può essere utilizzato per marcare i noduli polmonari con un marcatore specifico (tecnezio o blu di metilene) che lo rende identificabile per la chirurgia mini-invasiva robotica". Infine, il braccio di Ion "può essere dotato di una sonda per la termoablazione, che permette di rimuovere i piccoli noduli senza bisogno di chirurgia", evidenzia Lorenzo Spaggiari, direttore del Programma Polmone Ieo. "Già ci sono esperienze di questa tecnica in Usa e Uk, e Ieo avvierà un proprio studio clinico a breve", annuncia lo specialista. "In Ieo non abbiamo dubbi: a medio termine il tumore del polmone di piccole dimensioni verrà trattato in Day hospital senza bisturi, senza cicatrici e senza bisogno di chemio o radioterapia", prospetta Spaggiari. "Ion - chiosa - rappresenta il presente migliore, ma soprattutto il futuro per la cura dei tumori iniziali del polmone".

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Salute e Benessere

Giovani, petizione per divieto smartphone a under 13 e...

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Giovani, petizione per divieto smartphone a under 13 e patentino per usarlo

Una raccolta firme su Change.org per chiedere al Governo l'introduzione del patentino digitale obbligatorio e del divieto di utilizzo dello smartphone prima dei 13 anni. L'iniziativa è promossa da Giuseppe Lavenia, presidente dell'Associazione DiTe, e da Roberta Bruzzone, presidente dell'Accademia internazionale delle scienze forensi (Aisf), in occasione dell'ottava Giornata nazionale sulle dipendenze tecnologiche e il cyberbullismo, che si terrà a Siena il 30 novembre. L'obiettivo è regolamentare l'accesso al mondo digitale introducendo un percorso educativo per famiglie e ragazzi, che prevenga i rischi connessi a un uso precoce e non consapevole delle tecnologie.

Un divieto per proteggere i più giovani. La proposta si basa sulla necessità di dare applicazione concreta alle normative già esistenti, come il Gdpr (General data protection regulation) che vieta ai minori di 13 anni l'accesso ai social network e a molte piattaforme online. "Proibire lo smartphone sotto i 13 anni non è una misura restrittiva fine a se stessa - chiarisce Lavenia - ma un modo per tutelare i ragazzi, rispettando le loro tappe evolutive e proteggendoli da contenuti e dinamiche che non sono pronti a gestire". Questo divieto "è pensato per consentire alle famiglie di avere il tempo necessario per guidare i propri figli verso un uso consapevole della tecnologia, evitando esposizioni precoci e rischi inutili", sottolinea la petizione.

Il patentino digitale obbligatorio. Secondo i promotori occorre "educare prima di connettere", quindi la proposta vuole introdurre "un percorso formativo da completare entro il 13esimo anno di età, prima di accedere a social, servizi di messaggistica e giochi online". Il percorso dovrebbe essere "gestito da scuole o enti accreditati", si legge, e prevede: l'educazione di ragazzi e genitori a un uso sano e consapevole dei dispositivi digitali; la prevenzione di fenomeni come dipendenze tecnologiche, cyberbullismo e isolamento sociale; il rilascio di una certificazione che attesti la partecipazione al percorso, rendendo l'accesso alla tecnologia graduale e responsabile.

'Non si tratta di vietare la tecnologia, ma di educare a usarla'

Bruzzone evidenzia l'importanza di un'educazione condivisa: "Le tecnologie digitali possono amplificare fragilità già presenti, favorendo fenomeni come il cyberbullismo e l'isolamento sociale. Un patto di responsabilità tra genitori e figli è indispensabile per prevenire questi rischi e guidare i giovani verso un utilizzo positivo e sicuro degli strumenti digitali".

Un appello al Governo e alla società civile. "La raccolta firme è aperta a tutti coloro che credono nella necessità di un'educazione digitale consapevole e nella protezione dei minori da rischi evitabili. L'obiettivo è chiaro: garantire ai giovani un accesso guidato e sicuro al digitale, nel rispetto delle leggi già esistenti. Non si tratta di vietare la tecnologia, ma di educare a usarla. Non si tratta di limitare, ma di proteggere", concludono i promotori.

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