Impagnatiello condannato all’ergastolo per l’omicidio di Giulia Tramontano
La sentenza della Corte d'Assise di Milano nella Giornata contro la violenza sulle donne. Previsto anche l'isolamento diurno di tre mesi La vittima, incinta di sette mesi, è stata uccisa il 27 maggio 2023 con 37 coltellate
Alessandro Impagnatiello è stato condannato all'ergastolo nel processo per l'omicidio di Giulia Tramontano. La sentenza è stata emessa oggi 25 novembre dalla Corte d'Assise di Milano, presieduta dalla giudice Antonella Bertoja, nella Giornata contro la violenza sulle donne. Previsto anche per l'ex barman l'isolamento diurno per 3 mesi, mentre erano 18 quelli richiesti dalla Procura. Impagnatiello ha ucciso il 27 maggio 2023 a Senago la compagna Giulia Tramontano con 37 coltellate. La vittima, 29 anni, era incinta al settimo mese del piccolo Thiago.
Impagnatiello è stato ritenuto colpevole dell’omicidio pluriaggravato della compagna, per l’occultamento del suo cadavere e per interruzione non consensuale di gravidanza. La corte ha riconosciuto le aggravanti della premeditazione, del vincolo affettivo che legava vittima e omicida e della crudeltà, ma non quella dei futili motivi, contestata dalla procura.
Il flash mob dei familiari davanti al Tribunale
La famiglia Tramontano, presente al completo nell’aula della corte d’Assise di Milano, si è stretta in un forte abbraccio, senza riuscire a trattenere le lacrime, quando la giudice Antonella Bertoja ha letto la sentenza che condanna all’ergastolo Alessandro Impagnatiello. Un “pianto consolatorio perché, al di là del dolore, quando la giustizia degli uomini prevale ci si sente più sollevati, ma per loro - sottolinea il legale della famiglia Giovanni Cacciapuoti - non è una vittoria. Loro sono stati sconfitti quando Giulia ha smesso di vivere per la bieca e malvagia responsabilità di quello che doveva essere il suo compagno e il padre di suo figlio”.
“Non c’è nessuna donna che ha vinto in quest’aula, posso dirlo con certezza” ha detto Chiara Tramontano. “L’ergastolo è stato stabilito dopo la morte. Noi donne potremo vincere solo quando cammineremo per le strade di questo Paese sentendoci sicure o ci sentiremo soddisfatte della nostra vita e di quello che possiamo raggiungere. Questo verdetto non ha stabilito niente in termini o una progressione per la figura femminile”.
La famiglia di Giulia Tramontano ha partecipato a un flash mob, organizzato dal Comitato pari opportunità dell’Ordine degli avvocati fuori dal Palazzo di Giustizia di Milano. A lei e al piccolo Thiago che portava in grembo sono dedicate le parole che la famiglia espone. “Il vostro nome risuonerà nel tempo, tra le mura del mondo e ricorderà all’uomo di saper lasciare andare, rispettare, proteggere, custodire, accudire o semplicemente amare. Saremo sempre con voi, mano nella mano. La vostra famiglia. Mai più violenza” si legge nel grande manifesto, con l’immagine di Giulia incinta, dietro al quale è riunita l’intera famiglia Tramontano, accolta da un applauso.
“Non abbiamo mai parlato di vendetta, non esiste vendetta. Abbiamo perso una figlia, un nipote, abbiamo perso la nostra vita” ha detto Loredana Femiano. “Io non sono più una mamma, mio marito non è più un papà, i nostri figli saranno segnati a vita da questo dolore", ha aggiunto la madre. "Quello che abbiamo perso - le ha fatto eco il padre della vittima, Franco Tramontano - non lo riavremo mai. Oggi non abbiamo vinto, abbiamo perso in tutto".
L'appello della sorella della vittima
Chiara Tramontano, sorella di Giulia, lancia un appello alle famiglie, perché non lascino “che i ragazzi diventino uomini senza conoscere il rispetto verso le donne” e alla società che dovrebbe “intervenire a supporto” di quelle che vorrebbero scappate dai loro aguzzini, “ma non hanno la possibilità economica per farlo”. "Se gli avvocati rappresentano gli enti che garantiscono la giustizia, noi siamo soltanto un esempio di società che spera nella giustizia e nel cambiamento”, ha detto Chiara, parlando dal palchetto allestito fuori da Palazzo di Giustizia. “I due elementi che potrebbero davvero fare la differenza sono l’educazione sociale, che non inizia nelle scuole ma in famiglia, dove si impara la base della suddivisione dei compiti, il rispetto verso una sorella. Anche come genitore, se mai ci si rendesse conto che un figlio sta assumendo un comportamento sbagliato, è importante agire. Non lasciamo che ragazzi diventino uomini senza conoscere il rispetto verso le donne”, ha esortato Chiara Tramontano. “L’altro elemento - ha aggiunto la sorella della vittima di femminicidio - è il supporto alle tante situazioni in cui una donna vorrebbe andare via ma non ha la possibilità economica per farlo e rimane incastrata in questa rete in cui si illude che il suo supporto sia il suo aguzzino. È lì che la società dovrebbe intervenire”.
“Mi auguro che non ci sia nessun’altra famiglia in un futuro davvero prossimo che viva questo dolore e che qualsiasi donna veda l’immagine di mia sorella si ricordi che ha il diritto di vivere, di sperare, di sognare di essere una madre e di continuare ad amare”. L’intenzione della famiglia - ha spiegato la sorella della vittima di femminicidio, parlando con i giornalisti oggi, dopo la lettura della sentenza di condanna - “è mantenere il ricordo di Giulia vivo. Con il tempo avvieremo qualcosa che potrà aiutare le altre persone e potrà aiutare anche noi a ricordare che quella che per voi è soltanto una donna uccisa che ha fatto notizia, per noi è parte della famiglia, è il posto a tavola che non possiamo più mettere, è ancora il motivo per cui non festeggiamo il Natale, è ancora il motivo per cui siamo figli che accudiscono i genitori, è ancora il motivo per cui non abbiamo una vita. Giulia sarà la mamma che è stata uccisa dal suo compagno, ma per noi sarà anche la donna esempio di coraggio e di determinazione che vorremo l’Italia ricordi per sempre e che magari stimoli una donna che vive una circostanza di vessazione e paura ad andare via prima e a cercare una nuova strada per la sua famiglia”, ha detto Chiara Tramontano. “Se da questo potrà nascere qualcosa per aiutare le altre donne, faremo il possibile, con le tempistiche che saranno necessarie, affinché il suo nome porti coraggio, libertà e determinazione”.
La confessione
Il trentenne ha confessato il delitto il primo giugno del 2023 e ha indicato il posto - in via Monte Rosa, in un anfratto accanto ad alcuni box - in cui ha nascosto il corpo, avvolto in sacchetti di plastica. Ammazzata a coltellate - l'autopsia restituisce la crudeltà dei 37 colpi - ha provato a darle fuoco due volte (nella vasca e nel box), ne ha inscenato la scomparsa (nascondendola in cantina, nel garage nel bagagliaio, prima di disfarsene a meno di 700 metri da casa) e ha provato a depistare le indagini.
Cronaca
Violenza su donne, Moige: “Musica e pornografia...
"Dovere collettivo difendere la dignità delle donne in tutte le sue forme"
"In questa particolare e delicata giornata, vogliamo portare alla luce un tema di fondamentale importanza e urgente necessità di cambiamento: la dignità della donna e la violenza che questa subisce in molteplici forme nella nostra società. La violenza contro le donne non si manifesta solo con atti fisici, ma si insinua attraverso parole, immagini e comportamenti che minano la dignità personale e i valori di un'intera società". Così in una nota il Moige.
"Uno degli aspetti più subdoli e spesso trascurati di questa violenza - spiega il Movimento italiano genitori - è rappresentato dalle parole. Molti rapper continuano a perpetuare stereotipi dannosi e denigratori nei confronti delle donne con testi musicali che riducono la figura femminile ad un mero oggetto sessuale o che celebrano atteggiamenti violenti nei loro confronti, contribuiscono a normalizzare la misoginia. Un altro grave fattore che alimenta la violenza contro le donne è l'accesso sempre più diffuso alla pornografia. La rappresentazione distorta della sessualità femminile, che riduce la donna a semplice strumento di piacere, contribuisce a creare aspettative irrealistiche e dannose nei confronti delle donne stesse. Un tema che non possiamo ignorare è la crescente schiavitù moderna e il traffico di esseri umani, che spesso coinvolgono donne costrette alla prostituzione".
Infine, "le donne possono essere discriminate anche quando scelgono di diventare madri. In molti contesti lavorativi, le donne sono spesso costrette a scegliere tra carriera e famiglia, subendo pregiudizi e pressioni sociali che le penalizzano nel loro desiderio di maternità. Riteniamo - conclude il Moige - sia un dovere collettivo difendere la dignità delle donne in tutte le sue forme. La lotta contro le parole che degradano, l'accesso alla pornografia che distorce la realtà, lo sfruttamento nella prostituzione e la discriminazione nel desiderio di maternità, una lotta che ci riguarda tutti".
Cronaca
Poliziotte Silp Cgil: ”Imposizione gonna in divisa è...
"Dateci strumenti per poter garantire tutela e presa in carico donne che si oppongono a violenza"
''C’è una sessualizzazione implicita dei nostri corpi quando ci viene chiesto ‘come eri vestita?’ Sottostare a un regolamento di servizio che impone la gonna quale elemento distintivo di un genere (assolutamente irrilevante rispetto alle competenze richieste) risulta sessualizzante. I corpi delle donne non saranno mai liberi fino a che lo sguardo su di essi subirà tutti gli stereotipi che la cultura androcentrica ha costruito nel corso dei secoli. Le donne non saranno mai pienamente libere fino a quando il contesto sociale le incasellerà anche solo implicitamente come possedimento del ‘maschio’''. Lo sottolinea il gruppo donne del sindacato di polizia Silp Cgil in memoria delle sorelle Mirabal e di tutte le sorelle vittime di violenza nella giornata internazionale per l'eliminazione della violenza sulle donne.
''Riteniamo il ruolo delle donne che operano come lavoratrici della Polizia di Stato di grande valore nella lotta di rivendicazione all’esistenza - proesegue il gruppo donne Silp Cgil - Donne anch’esse vittime di una società patriarcale che le discrimina, le violenta, le uccide. Donne che scelgono di difendere altre donne attraverso la prevenzione e la formazione, oltre che la repressione dei reati. Riteniamo necessaria l’educazione all’affettività quale forma di prevenzione della violenza di genere che attraversi e affronti la relazione tra affettività, identità di genere e stereotipi culturali. Ed in quanto professioniste che operano per la sicurezza e la prevenzione dei reati chiediamo ci vengano dati gli strumenti (logistici, formativi, di assistenza) per poter garantire la tutela e la presa in carico delle donne che decidono di opporsi alla violenza, in qualsiasi forma essa si manifesti''.
''Vogliamo Fare rumore e rivendicare il nostro diritto ad abitare spazi sicuri, affinché nessuna di noi debba più temere. Vogliamo Fare rumore affinché le nostre figlie e i nostri figli possano ricevere un’educazione al rispetto e possano vivere relazioni funzionali quale unica prevenzione vera alla violenza - concludono le donne della Silp Cgil - Il nostro è un grido che dice basta ai tagli sulla sicurezza; che chiede la supervisione quale forma di tutela per tutte le lavoratrici e i lavoratori che intercettano la violenza; che chiede di potenziare gli strumenti di prevenzione e parla di protocolli partecipati che investano ogni ambito del vivere quotidiano''. Il volantino è firmato dalle lavoratrici del Silp Cgil unite affinché ''nessuna donna debba pronunciare ancora le parole: '….. Torno a casa. Li denuncerò domani' (Franca Rame)''.
Cronaca
Violenza su donne, Swg-Giornaliste italiane:...
L’identikit dell’autore di violenza sulle donne è profondamente diverso tra giovani maschi e giovani femmine: per i primi corrisponde alle caratteristiche del soggetto ai margine della società, con precedenti penali e problemi psichici; tra le giovani femmine assomiglia molto di più al vicino di casa. E' quanto emerge dalla ricerca Swg per Giornaliste italiane su 'Violenza di genere: percezione e opinione della popolazione italiana'. L’indagine è stata condotta tramite interviste online con metodo Computer assisted web interview (Cawi) su un campione composto da 837 cittadini italiani maggiorenni, rappresentativi della popolazione italiana per genere, età, zona geografica di provenienza, titolo di studio e partito votato alle ultime elezioni. Le interviste sono state somministrate dal 13 al 15 novembre 2024.
"La diffusione di stereotipi di genere tra gli italiani è sempre più bassa, ma i maschi più giovani sembrano mostrare una netta insofferenza verso la parità che si esplicita in un atteggiamento generale di richiamo della centralità del ruolo maschile, anche all’interno di spazi storicamente più percepiti come al femminile", si sottolinea nell'indagine.
"Rispetto alla violenza di genere l’atteggiamento di fondo degli italiani evidenzia da un lato la responsabilità piena e incontrovertibile attribuita a chi la violenza la agisce, soprattutto se la vittima non è in condizioni di opporsi, dall’altro la necessità che una donna debba comunque sempre rimanere in guardia ed evitare situazioni che potenzialmente possano metterla in pericolo - emerge dalla ricerca - E per 4 italiani su 10 alcune donne si mettono in pericolo da sole. Anche in questo caso l’opinione dei giovani uomini è decisamente più assolutoria nei confronti del genere maschile, mentre tra le giovani donne sono ritenute inaccettabili tutte le forme che ne limitano la libertà". "E se per 8 italiani su 10 una donna che ha subito violenza dovrebbe sempre presentare denuncia, questa certezza cala al 74% tra le giovani donne e al 63% tra i giovani uomini", si sottolinea nella ricerca. Per il 31% una donna che ha subito violenza ha sempre paura di essere giudicata, per il 49% ha spesso questo tipo di paura, per il 46% spesso la donna vittima di violenza non viene mai o quasi mai creduta e per il 39% ciò avviene in alcuni casi.
"Sulla questione educativa, invece, l’accordo è decisamente più trasversale: genitori e scuola hanno la responsabilità di lavorare per trasmettere una corretta dimensione dei rapporti di genere", continua. Il 94% è d'accordo sul fatto che i genitori hanno una responsabilità fondamentale nell'educare figli e figlie ad un corretto rapporto con l'altro sesso, il 92% è d'accordo sul fatto che la scuola ha una responsabilità fondamentale nell'educare bambini e ragazzi ad un corretto rapporto tra uomini e donne, per il 92% la scuola dovrebbe avere programmi specifici a tutti i livelli scolastici per contrastare la violenza di genere. Infine per il 45% i genitori oggi sono in grande difficoltà nell'educare i propri figli e figlie e non possono essere considerati responsabili di eventuali violenze che vengono messe in atto.