Flipping Club: La Soluzione Chiavi in Mano per Investire nel Settore Immobiliare
Brescia, 26 novembre 2024. La maggior richiesta di immobili sul mercato urbano italiano riguarda case ristrutturate, pronte per essere abitate da subito. Al contrario, però, circa il 70% di immobili disponibili sul mercato necessitano di lavori di ristrutturazione e ammodernamento sotto molti aspetti.
È in questa differenza tra domanda e offerta che si trovano le migliori opportunità di guadagno per chi vuole partecipare a operazioni immobiliari.
“Il nostro lavoro in Flipping Club si fonda sull’individuazione di immobili che, nel mercato libero, difficilmente troverebbero un acquirente in tempi brevi. Si tratta spesso di proprietà molto grandi, necessitanti di ingenti ristrutturazioni, oppure soluzioni destinate a un uso commerciale. Il nostro obiettivo è quello di adattare queste proprietà alla domanda del mercato attraverso una precisa opera di riqualificazione che curiamo personalmente,” spiega Andrea Giuliani, co-fondatore di questa realtà in forte espansione. “Operiamo esclusivamente nel mercato libero, che per sua natura è molto più rapido. Mediamente, trascorrono meno di 8 mesi tra l’acquisto e la successiva rivendita di una nostra realizzazione.”
La conseguenza naturale di un mercato così dinamico è la presenza di numerose agenzie, come piattaforme di crowdfunding o società di investimento, dove più persone partecipano alla stessa operazione, senza che nessuno detenga effettivamente la proprietà dell’immobile.
La principale differenza tra queste realtà e Flipping Club risiede proprio nelle solide garanzie offerte e nell’attenzione meticolosa rivolta agli investitori: invece di condividere la proprietà con altri partecipanti, ogni operazione gestita da Flipping Club è riservata a un singolo investitore, che diventa il titolare esclusivo dell’immobile.
Ciò significa che l’investitore ha il pieno controllo e proprietà dell’immobile fino al momento della rivendita, evitando così i rischi di gestione condivisa e le incertezze che spesso derivano dall’affidare i propri capitali a società terze.
Questo modello offre una doppia garanzia: da un lato, l’investitore ha una proprietà reale e tangibile su cui può contare, dall’altro, viene tutelato da eventuali insolvenze o difficoltà di gestione che possono verificarsi quando il controllo dell’operazione è disperso tra più parti.
Questo approccio individualizzato e trasparente fornisce un ulteriore livello di sicurezza, minimizzando il rischio finanziario e aumentando la fiducia nel processo d’investimento.
“È proprio grazie a questa solidità nelle garanzie e ai risultati concreti raggiunti – con una media di 8 mesi per ogni operazione – che siamo riusciti a crescere significativamente: dai 58 immobili consegnati nel 2023, siamo passati a 113 già previsti per quest’anno. Questo successo è stato il motore che ci ha permesso di consolidare la nostra presenza nella città da cui siamo partiti, Brescia, e di espanderci ulteriormente su Verona, Bergamo e Milano.”
Gli investitori scelgono Flipping Club perché sanno di avere il pieno controllo: diventano gli unici proprietari dell’immobile, mentre l’azienda si occupa di ogni aspetto, dalla A alla Z. Dalla gestione delle pratiche burocratiche, alla supervisione di ogni dettaglio della ristrutturazione, fino alla rivendita finale.
Per informazioni:
https://flippingclub.it/
Immediapress
L’insonnia, problema diffuso. Spesso la causa è nella...
Roma, 26 novembre 2024. Sono circa 13,4 milioni gli italiani che, secondo le ultime rilevazioni dell'AIMS (Associazione Italiana Medicina del Sonno) soffrono di insonnia, ma, nonostante questo, il 46% di loro non fa nulla per risolvere il problema. Un fenomeno dunque diffuso che riguarda in particolare le donne e gli anziani e che ha cause ben precise. Una di queste è l'utilizzo di un materasso e di una rete letto non adeguate: "Sono diverse -spiega Stefano Giuliani, Ceo di Kesonno - le persone che vengono da noi dopo un percorso lungo e faticoso. Siamo attenti alla nostra alimentazione, ai materiali dei nostri vestiti e ai prodotti per l'igiene personale, ma spesso dimentichiamo l'importanza del materasso su cui passiamo un terzo della nostra vita. Riposare bene è invece fondamentale".
Fare la scelta giusta è dunque necessario per combattere l'insonnia: "Se non ci sono altre patologie -continua Giuliani- non si dorme o si dorme male a causa di un materasso sbagliato. In linea di massima chi dorme sul ventre o sulla schiena apprezzerà maggiormente un materasso più sostenuto, mentre chi dorme sul lato privilegerà un comfort più soffice. Ma il filo rosso che lega tutto è la qualità. Noi produciamo materassi dal 1920, quando la bisnonna del mio papà Giampiero fondò l'azienda che è arrivata oggi a me, passando di generazione in generazione. Una storia ultra centenaria che basa tutto sulla scelta dei materiali usati e sul rapporto di fiducia che si è ormai instaurato con il cliente".
Un'azienda storica, dunque, che ora guarda anche al futuro: "Oltre alla nostra sede tradizionale -continua Giuliani- abbiamo deciso di puntare anche sulla vendita online che abbraccia la modernità. In questo modo, possiamo raggiungere più persone senza rinunciare ai nostri valori fondamentali: qualità, velocità nella produzione e trasparenza nei materiali usati. I nostri materassi sono considerati dispositivi medici e, per questo, utilizziamo tecnologie moderne e un approccio basato sui dati. L'insonnia è un problema serio e noi siamo convinti di poter migliorare significativamente la qualità del sonno con prodotti progettati con cura e attenzione".
Per Informazioni:
https://kesonno.it/
Immediapress
Milano-Bicocca lancia la mappa interattiva delle foche...
Più di un terzo dei rilevamenti segnala tracce molecolari della loro presenza
Dalla collaborazione dei dipartimenti di Scienze dell’ambiente e della terra e di Psicologia nasce “Spot the Monk Observatory”, un osservatorio alla portata di tutti per monitorare le tracce di DNA dell'abitante più famoso dei nostri mari
Milano, 26 novembre 2024 – Una mappa interattiva e in continuo aggiornamento per monitorare la presenza della foca monaca nel Mar Mediterraneo, man mano che vengono raccolti, analizzati e caricati nel sistema i campioni di DNA provenienti da diversi punti del Mediterraneo centro-occidentale, dal Mar Egeo allo Stretto di Gibilterra, dal Mar Adriatico al Mar di Sicilia, seguendo le tracce lasciate dall’unico pinnipede endemico del Mare Nostrum.
Il sito web di riferimento si chiama “Spot the Monk Observatory” (https://www.spot-the-monk-observatory.com/) ed è frutto di una collaborazione tra il dipartimento di Scienze dell’ambiente e della terra e quello di Psicologia dell’Università di Milano-Bicocca. Il progetto si inserisce all’interno di “Spot the Monk”, iniziativa nata nel 2020 che si avvale di una metodologia di rilevamento innovativa ed assolutamente non invasiva per l’intercettazione di tracce di presenza della foca monaca da semplici campioni di acqua marina. In che cosa consiste? Nell’analisi del DNA ambientale (eDNA) ovvero quel DNA contenuto nelle tracce biologiche che ciascun organismo lascia al proprio passaggio.
Il test molecolare consiste nell’utilizzare un piccolo filamento di DNA sintetico (primer), la cui sequenza è identica ad una stringa di nucleotidi (i piccoli mattoncini che costituiscono il DNA) che si trova solo ed esclusivamente nel genoma della specie target, in questo caso la foca monaca. La procedura, messa a punto nel 2019 nel laboratorio del Marhe Center da Elena Valsecchi, ecologa molecolare del dipartimento di Scienze dell’ambiente e della terra dell’Università di Milano-Bicocca, sfrutta la naturale attitudine del singolo filamento di DNA di “cercare” ed “avvinghiarsi” al filamento complementare, ammesso che questo sia contenuto all’interno di un campione, ovvero se il campione contiene tracce di DNA della specie bersaglio.
Una volta reso disponibile, il test è stato utilizzato per analizzare un gran numero di campioni raccolti in un solo anno (2021) nel Mediterraneo centro-orientale grazie a una fitta rete di programmi di Citizen Science. Il loro coinvolgimento nella raccolta di campioni di acqua marina in punti diversi del Mediterraneo ha consentito di stilare una prima mappa sulla distribuzione delle aree visitate.
«Da allora la campagna di raccolta “partecipativa” non ha avuto sosta – spiega Elena Valsecchi – coinvolgendo un numero sempre maggiore di associazioni sensibili alla causa ambientale come la Fondazione Acquario di Genova (con il supporto finanziario di 11th Hour Racing) ed il WWF che, con l'imprescindibile apporto del Gruppo Foca Monaca, partner del progetto sin dai suoi esordi, ha messo in campo una folta squadra di “campionatori seriali”, non più solo dalla superficie del mare, ma anche formando campionatori subacquei, grazie all’adesione al progetto da parte di numerosi Diving Center».
Quest’anno “Spot the Monk” ha raccolto una nuova sfida: «Tendere la mano al grande pubblico – specifica l’ecologa – e renderlo partecipe dei risultati ottenuti, strizzando l’occhio all’Open Science. Ho concepito l’idea di un Osservatorio dove sia possibile consultare i campioni man mano che vengono raccolti e analizzati». Dall'idea alla realizzazione, “Spot the Monk Observatory” è diventato realtà. Il sito web è stato progettato e sviluppato da Alessandro Gabbiadini, professore del dipartimento di Psicologia e vicedirettore del centro di ricerca sulle nuove tecnologie MIBTEC (www.mibtec.it) nello stesso ateneo. Nello specifico, «il sito del nuovo osservatorio è stato sviluppato seguendo la filosofia dello User Centered Design – afferma Gabbiadini – ponendo l'utente al centro di ogni scelta progettuale. La priorità è stata data alla visualizzazione immediata dei dati raccolti, per rendere le informazioni facilmente accessibili e fruibili. Inoltre, il sito web è concepito come un punto di contatto e di raccordo tra le diverse realtà che si occupano della tutela e della mappatura della presenza della foca monaca nel Mediterraneo, favorendo il mantenimento di una rete collaborativa». L'obiettivo finale è potenziare la comunicazione con il pubblico, in linea con le esigenze della "terza missione" dell'Università di Milano-Bicocca, che mira a rafforzare il dialogo tra il mondo accademico e la società.
Al momento sono stati analizzati 412 dei 537 campioni raccolti da oltre un centinaio di collaboratori e 37 associazioni partner, dal 2018 a oggi. Di questi 412 campioni, 144 (più di un terzo) sono risultati positivi al test, segnalando la presenza o il recente passaggio della foca monaca. Sulla mappa consultabile online (che è anche riprodotta nella foto qui sotto), si può osservare la distribuzione nel Mediterraneo dei diversi rilevamenti e, cliccando su uno di essi, si possono ottenere l’anno, l’autore, la fascia del giorno (diurna/notturna) e altre informazioni del singolo campionamento. Oltre allo stato dell’analisi (effettuata o no) e al suo esito (positivo/negativo).
Le caratteristiche e proprietà del nuovo sito sono state dettagliate nell’articolo recentemente pubblicato da Valsecchi e Gabbiadini sulla rivista scientifica “Biodiversity Data Journal” ("An Observatory to monitor range extension of the Mediterranean monk seal based on its eDNA traces: collecting data and delivering results in the Open Science era”, DOI: https://doi.org/10.3897/BDJ.12.e120201).
Nato con lo scopo di rendere più partecipi gli amanti del mare allo studio della foca monaca, che per alcuni decenni sembrava essere scomparsa dalle acque centro occidentali del bacino mediterraneo, per poi ricomparire sporadicamente in alcuni siti, “Spot the Monk Observatory” si sta rivelando un’utile piattaforma anche per gli addetti ai lavori, sia in ambito scientifico che per gli enti preposti alla gestione e conservazione della specie.
Per maggiori informazioni: ufficio.stampa@unimib.it
Immediapress
Alzheimer e disturbo cognitivo, in Lombardia i casi sono...
A Brescia la seconda tappa di una Road Map multiregionale, un confronto sulle traiettorie da esplorare per affrontare le nuove sfide
Brescia, 26 novembre 2024 – Con 48 milioni di persone colpite nel mondo, di cui 600.000 solo in Italia, l’Alzheimer si sta affermando come una delle principali cause di disabilità, con proiezioni che indicano una progressiva crescita, anche in relazione all’invecchiamento della popolazione. L’Italia, dal canto suo, ha messo in campo importanti risorse finanziarie, che ora possono essere investite promuovendo la sinergia tra la sanità pubblica, l’assistenza socio-sanitaria e sociale e la ricerca scientifica che, negli ultimi anni, ha fatto importantissimi passi avanti dal punto di vista diagnostico-terapeutico, dell’innovazione e della tecnologia. Di questo, e molto altro, si è parlato a Brescia in occasione del convegno “Nuove sfide per il disturbo cognitivo. Traiettorie da esplorare”.
Un incontro, quello organizzato da Motore Sanità con il contributo incondizionato di Lilly e di Project Way, che ha preso spunto dall’azione dell’Intergruppo Parlamentare per le Neuroscienze e l'Alzheimer e rappresenta la seconda tappa di un percorso iniziato a Padova che proseguirà su scala regionale coinvolgendo almeno sei tra le Regioni più rilevanti d’Italia. A Brescia, si sono confrontati clinici, esperti, stakeholders e rappresentanti delle istituzioni, tutti concordi sul fatto che i sistemi regionali siano chiamati a nuove sfide e sia arrivato il momento di dare risposte, traducendo raccomandazioni e suggerimenti in azioni concrete.
La ricerca scientifica ha affrontato numerose sfide nel corso degli anni, con significativi investimenti, perseverando sull'importanza dell’innovazione tecnologica per la diagnosi precoce, per il trattamento delle fasi iniziali della malattia e sull’importanza della riabilitazione cognitiva al fine di contrastare, su molteplici fronti, la progressione della malattia sin dalle sue fasi iniziali. Alla luce di queste considerazioni, emerge come prioritaria la necessità di una collaborazione sinergica tra il Servizio Sanitario Nazionale e i Sistemi Sanitari Regionali per favorire uniformità di percorsi diagnostico-terapeutici e assistenziali dedicati alle persone con Disturbo Neurocognitivo con l'obiettivo di garantire diagnosi precoce e tempestiva per una presa in carico integrata, multidisciplinare e continuativa. In conclusione, solo unendo gli sforzi della ricerca, della sanità pubblica e dell'assistenza sociale, possiamo sperare di migliorare significativamente la vita dei pazienti e delle loro famiglie, affrontando al contempo le sfide organizzative che questa malattia pone alla nostra attenzione.
I DATI DELLA LOMBARDIA E L’IMPORTANZA DI RIDURRE I FATTORI DI RISCHIO
In Lombardia, le persone con diagnosi di demenza sono circa 190mila, di cui 115mila malate di Alzheimer. A queste vanno aggiunte almeno 160mila persone che si stima siano interessate da un declino cognitivo lieve. Ed è su queste ultime che occorre concentrare l’attenzione in un’ottica di diagnosi precoce e prevenzione per ridurre l’impatto della malattia. Le statistiche, infatti, dimostrano che agendo sui fattori di rischio e sui corretti stili di vita, si può ridurre l’incidenza delle patologie neurodegenerative. Un’analisi dell’ASST di Brescia, ad esempio, ha preso in analisi i dati dal 2003 al 2019, rilevando un aumento assoluto del numero dei casi (da 6.766 nel 2003 a 17.856 nel 2019) dovuto all’invecchiamento della popolazione, ma anche una riduzione dell’incidenza, passata da oltre 3 casi ogni mille abitanti nel 2011 a 2 ogni mille nell’ultimo anno considerato. “Con un miglior controllo dei fattori di rischio e degli stili di vita – ha spiegato Alessandro Padovani, Direttore Clinica Neurologica, Università degli Studi di Brescia e Presidente SIN - Società Italiana di Neurologia -, a parità di persone che si ammalano, c’è una riduzione dell’incidenza. Questo dato si riscontra in molti Paesi, e sottolinea l’importanza della prevenzione”.
Delle 160mila persone con declino cognitivo lieve, secondo le stime, oltre 50mila risiedono in provincia di Milano, 19mila in provincia di Brescia, quasi 17mila a Bergamo. E poi: 14mila e 500 a Varese, 13.800 in provincia di Monza e Brianza, 9.600 a Como, 9.000 a Pavia, 6.600 a Mantova, 5.900 a Cremona, 5.500 a Lecco, poco più di 3000 in provincia di Sondrio.
I soggetti over 65 con demenza, secondo le stime, sono così suddivisi nelle province lombarde: 18.381 a Bergamo, 22.044 a Brescia, 11.347 a Como, 7.118 a Cremona, 6.492 a Lecco, 3.855 a Lodi. E poi: 8.061 a Mantova, 62.242 a Milano, 16.078 Monza e Brianza, 11.115 a Pavia, 3.551 a Sondrio, 17.489 a Varese.
Questi numeri sono destinati ad aumentare considerando il progressivo invecchiamento della popolazione registrato negli ultimi anni, con crescente impatto della patologia sul sistema sanitario e sul carico socioassistenziale.
ALPARONE: “RAFFORZARE LA RETE E PUNTARE SU TERAPIE INNOVATIVE”
“Quella dell’Alzheimer e delle malattie neurodegenerative”, ha detto Marco Alparone, Vice Presidente e Assessore al Bilancio e Finanza della Regione Lombardia, “è una sfida importante che dobbiamo vincere insieme. Una sfida a fare prima e a fare meglio, confrontandoci sui processi e sulla presa in carico della malattia”. In questo senso, “il tema della diagnosi precoce è assolutamente fondamentale per garantire qualità di vita ai nostri cittadini”. Riuscire a fare una presa in carico precoce del disturbo neurocognitivo e della malattia di Alzheimer vuol dire permettere ai pazienti e ai loro famigliari di condurre una vita più lunga, in salute”.
“Oggi – ha sottolineato Alparone – possiamo contare sull’innovazione tecnologica e sull’accesso a tutte quelle terapie farmacologiche innovative che ci permettono di ridurre il decorso della malattia attraverso la presa in carico territoriale”.
Alparone ha sottolineato la necessità di “lavorare in rete, partendo dall’ottimizzazione delle risorse disponibili, perchè la tenuta del Sistema sanitario nazionale sotto il profilo economico vuol dire anche avere una capacità di risposta rispetto ai bisogni dei pazienti”. In questo senso, “la prevenzione diventa fondamentale. Nel disturbo neurocognitivo intercettare la malattia il prima possibile vuole dire non soltanto mettere il paziente nelle migliori condizioni di vita”, ma anche offrire alla sua famiglia “il percorso migliore per poter affrontare il percorso di cura”. In questo, ha proseguito Alparone, “dobbiamo fare di più e fare meglio rafforzando l’attività territoriale”.
“Le attività da implementare – ha proseguito Alparone – sono tutte correlate: dalla presa in carico territoriale, all’accompagnamento del paziente e della famiglia, all’accesso alle terapie innovative e all’innovazione tecnologica”. “Questi sono i percorsi da costruire insieme, partendo anche dalla formazione e dall’informazione”. Coinvolgendo anche “tutte quelle associazioni di volontariato che si occupano di questi pazienti e possono fare un lavoro importante”. Oggi, pazienti e caregiver, possono avere “risposte molto positive grazie alle terapie farmacologiche nuove che, se prese precocemente, rallentano in maniera significativa la malattia, grazie all’innovazione tecnologica e grazie a quella rete fatta di persone, dai professionisti sanitari ai volontari, che possono prendere in carico queste famiglie accompagnandole in un percorso difficile che, se non viene fatto da soli, è sicuramente meno faticoso”.
BERTOLASO: “AZIONI CONCRETE CON NUOVI FINANZIAMENTI”
“Il positivo allungamento della vita - ha detto Guido Bertolaso, Assessore Sanità della Regione Lombardia - comporta anche alcune problematiche come la cronicità e la inevitabile degenerazione del nostro organismo. Ecco perché siamo molto impegnati sulla prevenzione, soprattutto per quello che riguarda nuove regole e nuovi approcci agli stili di vita”, fondamentali anche per le “patologie neurodenegerative di cui si parla oggi”.
Secondo Bertolaso, “devono essere sicuramente individuati nuovi percorsi, nuove procedure, nuovi sistemi anche per quello che riguarda l’accesso ai servizi di una platea di persone destinata ad aumentare in modo esponenziale. Dobbiamo quindi rivedere tutte quelle che sono le problematiche della presa in carico e dei nuovi metodi di approccio e di assistenza. Sono fermamente convinto – ha proseguito - che dobbiamo individuare tutte le modalità che possano consentire anche alle persone con gravi problemi di demenza senile o legate a una situazione degenerativa una modalità di assistenza e di aiuto adeguata”. Nel piano sociosanitario approvato dal consiglio regionale quest’anno, ha sostenuto l’assessore, “ci sono indicazioni molto precise sull’approccio che vogliamo conferire a queste patologie”. L’importante, ha sottolineato Bertolaso è “studiare” le questioni come quella delle malattie degenerative, “ma poi attuare e mettere in pratica le idee che emergono in convegni come questo”. “Noi – ha concluso Bertolaso – siamo pienamente consapevoli dell’importanza di questo problema che tenderà sempre più ad aumentare e complicarsi. Dobbiamo passare dalle parole ai fatti. Come vedrete nelle regole che stiamo definendo per l’anno prossimo, intendiamo dare a questo settore, e al problema più ampio della salute mentale, una priorità assoluta, non solo come impegno politico, ma soprattutto come finanziamenti, per rendere davvero operative tutte quelle iniziative di cui si parla ma, sul territorio, vediamo ancora sporadiche. Quello che vogliamo fare è renderle omogenee, almeno nell’ambito della realtà straordinaria della nostra Regione”.
PDTAR E TRAIETTORIE FUTURE TRA INTEGRAZIONE DEI SERVIZI E NUOVE TERAPIE
“La Regione Lombardia – ha spiegato Alessandro Padovani, Direttore Clinica Neurologica, Università degli Studi di Brescia e Presidente SIN - ha sostenuto un numero importante di centri dedicati e promosso interventi sociosanitari con PDTA locali, come quelli di Milano, Brescia, Mantova, Cremona e Bergamo. Per lungo tempo, poi, c’è stata una realizzazione di reti che ha funzionato, con i Centri Disturbi Cognitivi e Demenze (CDCD) che, pur senza una definizione dei requisiti, hanno raggiunto un buon livello relativamente alla diagnostica e alla terapeutica”. Il Fondo nazionale demenze, “ha portato a scrivere un PDTAR che è stato deliberato dalla Regione a fine 2023 e permetterà, entro il 2026, di arrivare a una integrazione tra i CDCD e tutto il sistema delle cure primarie e intermedie. Questo farà sì che la Lombardia possa diventare una Regione di riferimento anche nella gestione dei pazienti con demenza”.
“Le traiettorie per il futuro – ha spiegato il professor Padovani – sono strettamente correlate alla messa a terra e alla implementazione di PDTA aziendali. Va poi realizzata l’integrazione dei CDCD all’interno di una filiera che sia funzionale alle attività previste per la continuità delle cure per la deospedalizzazione delle attività. Occorre inoltre valorizzare la telemedicina, un aspetto che va integrato sia nella realizzazione del DM77, sia nelle attività della rete dei CDCD che va costituita all’interno delle diverse realtà territoriali socio-sanitarie, realizzando un vero e proprio registro dei nuovi casi in modo da valutare eventuali interventi per terapie innovative, non farmacologiche e farmacologiche”. Terapie, ha concluso Padovani, “che stanno per arrivare. E mi aspetto che, entro la fine del 2025, vengano identificati alcuni centri in Lombardia per cominciare a testarne e monitorarne gli effetti”.
“La Lombardia – ha detto il direttore scientifico di Motore Sanità, Claudio Zanon – è già un benchmark, e lo scopo dell’evento di oggi è quello di individuare punti di forza e criticità”. Tra le azioni intraprese, la creazione, a partire dal 2019 del “tavolo delle neuroscienze”, nel cui ambito è stato definito un tavolo dedicato a cefalee, Parkinson e demenze. Il tavolo tecnico delle demenze ha costituito il comitato per la definizione del PDTAR, tutt’ora attivo per portare a termine una serie di progettualità relative anche al fondo nazionale per le demenze. “I disturbi neurocognitivi - ha sottolineato Zanon - si configurano come una priorità di sanità pubblica che richiede l’implementazione di interventi diagnostici e terapeutici precoci con l’obiettivo di rallentare il decorso e prendere in carico tempestivamente. È fondamentale un approccio multidisciplinare e multiprofessionale trasversale nella gestione del paziente con disturbo cognitivo, valutando l’istituzione di un Tavolo permanente di confronto a livello regionale o un Intergruppo per monitorare l’implementazione del PDTAR e favorire una rete integrata”.
Ufficio stampa Motore Sanità
comunicazione@motoresanita.it
Stefano Tamagnone - 338 3703951
www.motoresanita.it