M5S, ecco i ‘Figli delle Stelle’: un’associazione “per chi si sente tradito”
Fondata dagli attivisti con l'obiettivo di "garantire la sopravvivenza e la diffusione dei valori del vero Movimento". La presidente De Caroli: "Nessun contatto con Grillo, ma saremmo onorati di incontrarlo"
Nasce l'Associazione 'Figli delle Stelle', con l'obiettivo di "garantire la sopravvivenza e la diffusione dei valori del vero Movimento". A pochi giorni dalla costituente pentastellata e in vista della ripetizione del voto online sulle modifiche statutarie - chiesta da Beppe Grillo -, gli attivisti contrari all'abolizione del ruolo del garante e della regola del doppio mandato si organizzano, dando vita a una nuova realtà associativa "per rendere onore ai temi e ai principi che ci hanno accomunato": così si legge nel comunicato che annuncia la fondazione di 'Figli delle Stelle', accompagnato dal simbolo che richiama le 5 stelle del Movimento.
"La nostra missione - viene spiegato - sarà quella di promuovere la partecipazione alla vita democratica e culturale del Paese in particolare tra i giovani. Noi ci poniamo come obiettivo quello di incentivare e incoraggiare l'avvio e lo sviluppo della partecipazione democratica e della tutela dei diritti umani, civili e politici nel territorio nazionale". L'Associazione è presieduta da Alessia De Caroli, che insieme ad altri attivisti ha contestato al Palazzo dei congressi i vertici pentastellati durante la costituente, lo scorso weekend. Parlando all'Adnkronos, De Caroli spiega: "Il 23 novembre abbiamo deciso di contestare l'assemblea costituente anche per dar voce a tanti attivisti che non potevano partecipare. Vogliamo essere un punto di riferimento per chi, ad oggi, si è sentito tradito". A chi le chiede se dietro 'Figli delle Stelle' ci sia lo zampino del garante, De Caroli risponde: "Non abbiamo nessun contatto con Beppe Grillo ma lo ringraziamo per aver difeso i nostri pilastri e saremmo onorati di poterlo incontrare".
'Figli delle Stelle' ha "un consiglio di facilitatori, che aiuta tutti i ragazzi soci a portare avanti le attività culturali associative. La democraticità è un principio concreto, da noi davvero ognuno vale uno", prosegue De Caroli.
Quando manca poco più di una settimana alla nuova consultazione, gli attivisti pro-Grillo rinnovano l'indicazione del non voto: "La Costituente è stata un processo poco trasparente e senza una efficace e completa partecipazione. Non si può votare. Avevamo previsto i numeri già dall'inizio e infatti siamo stati tra i primi a spingere per il non voto", dice ancora la militante.
Sempre nel comunicato di lancio dell'Associazione viene rimarcata la netta contrarietà all'abolizione della regola del doppio mandato: "L'Associazione intende promuovere tutte le forme di cittadinanza attiva e impegno sociale che ripudiano il mantenimento di cariche politiche a lungo termine, ponendo quale condizione irrinunciabile il ricambio generazionale e di personale nelle rappresentanze della collettività, a tutela dell'interesse delle comunità ed in contrasto con ogni visione carrieristica, individualistica e clientelare della gestione della cosa pubblica". Tra le finalità, c'è anche quella di "coinvolgere sempre più la cittadinanza in attività e progetti tesi a sviluppare un senso critico e un'attenzione alle idee nel solco del pensiero di Gianroberto Casaleggio".
Politica
Canone Rai, Tajani: “Dietro no Forza Italia non...
Il ministro e vicepremier: "Non prendo ordini. I numeri dicono a Salvini che siamo la seconda forza della coalizione"
Il no al taglio del canone Rai? Che dietro ogni scelta di Forza Italia ci sia sempre la famiglia Berlusconi è ''una vostra ossessione, una vera e propria ossessione...''. Antonio Tajani ha appena finito di parlare in Aula al question time della Camera. Prima di lasciare Montecitorio il vicepremier si ferma a parlare del tema caldo del giorno: il taglio del balzello (fortemente voluto dalla Lega) che agita e divide la maggioranza, tant'è che oggi in commissione Bilancio al Senato Forza Italia ha votato con l'opposizione contro la riduzione del contributo per la tv pubblica da 90 a 70 euro e il governo è stato battuto due volte.
Il ministro degli Esteri non ci sta: ''Io non prendo ordini da nessuno. Prima con Piersilvio che scende in campo, poi con Marina... Sono grande e grosso, ho 70 anni, ma vi pare che prendo ordini da qualcuno? Ma tanto - si sfoga il segretario nazionale di Fi - è inutile che vi dico delle cose, tanto scrivete sempre quello che volete... Così sulle banche, ora sul canone Rai: ogni cosa che facciamo, la facciamo perché c'è qualcuno che ci dice cosa dobbiamo fare... Non ho mai preso ordini da nessuno'', insiste. La posizione di Forza Italia in proposito, assicura il ministro degli Esteri, non è mai cambiata: "L'abbiamo detto sin dall'inizio che non avremmo mai votato un emendamento del genere'', ovvero quello presentato dal Carroccio che punta a ridurre il canone.
''Era sbagliato spendere 430 milioni euro per una partita di giro", e, avverte, lo è anche adesso: ''Invece di tagliare il canone Rai che costa 50 centesimi al cittadino italiano, con quei 430 milioni di euro facciamo un'operazione per tagliare sul serio le tasse. Potevamo metterli in un pacchetto dell'Irpef aggiungendoli a quelli del concordato fiscale. Si poteva usarli per la sanità. In ogni caso, possono essere utilizzate per fare cose concrete" ai fini della riduzione delle imposte. Giorgia Meloni condivide questa linea? ''Io dico quel che penso io...'', taglia corto Tajani, che difende la crescita di Fi e il suo peso politico alle ultime elezioni, a cominciare dalle europee, e replica così a chi gli fa notare che Salvini rivendica per il Carroccio il 'secondo posto' tra i partiti del centrodestra: ''Che siamo la seconda forza della coalizione lo dicono i numeri. Guardate le europee, parlano i numeri...''.
Politica
Consulta, domani il voto in Parlamento, ecco...
Lo scenario più gettonato è quello del 2+1+1 - Garofoli, proposto da Schlein come indipendente, non convince - "Profilo altissimo ma non equidistante"
Deputati e senatori domani saranno chiamati a votare a Montecitorio per la decima volta il sostituto alla Corte costituzionale della ex presidente Silvana Sciarra, giudice scaduto l'11 novembre 2023, per cui sono richiesti i 3/5 dell’Assemblea; e per altri tre giudici (il presidente in carica Augusto Barbera, e i vice Franco Modugno e Giulio Prosperetti) in scadenza il prossimo 21 dicembre, per i quali servono i 2/3 dei voti, essendo quello di giovedì il primo scrutinio. Potrebbe essere l'ennesima fumata nera dato che il numero dei voti necessari è altissimo e gli equilibri da mantenere fra i partiti in un risiko di nomine sono estremamente complessi, ma non è detta l'ultima parola. "Non si sa ancora", risponde all'Adnkronos il presidente della Commissione Affari costituzionali a Palazzo Madama Massimo Balboni. L'intenzione è comunque quella di votare quattro volte, a partire da domani fino a prima di Natale (quando il quorum sarà a 3/5 per tutti) nella speranza di arrivare prima delle feste ad una quadra. In caso contrario l'accordo sarà comunque raggiunto entro gennaio.
Tre gli scenari: al momento il più gettonato è quello del 2+1+1 che prevede l'individuazione di un candidato tecnico/indipendente (il così detto 'quarto') in un accordo contemplante due giudici alla maggioranza, uno alle opposizioni, uno indipendente. Ce ne sono però altri due: quello del 3+1, osteggiato dalle forze di opposizione in cui potrebbe replicarsi il modello Rai; e quello del pari e patta, 2+2, gradito all'opposizione. In tutti e tre i casi uno dei quattro incarichi dovrebbe andare ad una donna. Tra le figure più ricorrenti nel toto nomi: per gli indipendenti Roberto Garofoli, Alfonso Celotto, Sandro Staiano; Per Fdi Francesco Saverio Marini, Carlo Deodato, Ida Nicotra Guerrera; Per Fi Francesco Paolo Sisto e Antonio Zanettin; per la Lega, Ginevra Cerrina Ferroni; per il Pd Andrea Pertici e Massimo Luciani; per il M5s Roberto Chieppa e Filippo Donati.
Nello scenario 'indipendenti' il presidente di sezione del Consiglio di Stato Roberto Garofoli, ex sottosegretario alla presidenza del Consiglio con Mario Draghi a Palazzo Chigi nonché segretario generale della Presidenza del Consiglio dei Ministri (Governo Letta) sarebbe stato proposto da Elly Schlein a Giorgia Meloni un paio di settimane fa tra i papabili "forse per bruciarlo", dicono fonti vicine al governo che riconoscono "il profilo altissimo" di Garofoli (gradito anche ad Azione) ma non "l'equidistanza". Garofoli fu infatti anche capo dell’ufficio legislativo al ministero degli Esteri con Massimo D’Alema durante il secondo governo Prodi e capo di dipartimento della Funzione Pubblica con Mario Monti premier.
Celotto possibile candidato di mediazione per Pd e Fi, ma M5s scettico sull'indipendente
Forza Italia ed il Partito democratico avrebbero infatti in mano anche un altro quarto uomo, un jolly nello schema 2+1+1: il costituzionalista "super partes" Alfonso Celotto, professore ordinario di Diritto costituzionale all'Università Roma Tre ed ex capo di gabinetto della ministra per le riforme e la semplificazione normativa Maria Elisabetta Alberti Casellati. E' un "possibile candidato di mediazione", convocato in audizione informale sull'autonomia differenziata in Commissione affari costituzionali a Montecitorio dal Partito del presidente del Consiglio. Da sempre non schierato, avrebbe il vantaggio di "essere di tutti".
Prova (con fatica) ad avanzare in quota indipendenti, il nome di Sandro Staiano, professore ordinario di Diritto costituzionale all'Università di Napoli Federico II ed ex presidente dell'Associazione italiana dei costituzionalisti. Apprezzato da Pd, M5s, Avs e giudicato "straordinariamente bravo" dal presidente della Commissione affari costituzionali Nazario Pagano di Fi, in occasione del Convegno '75 anni di rapporti tra Stato e Chiesa cattolica nell’ordinamento costituzionale' presso la Sala della Regina a Montecitorio, non piace però agli altri perché figura "non equidistante" date le sue posizioni fortemente critiche verso il Governo e non da ultimo il trascorso dal 1993 al 1999 da sindaco di Pompei (eletto in una lista a forte matrice di sinistra).
Si guarda con scetticismo al quarto tra le fila del M5s: "Io sono in genere perplessa su figure indipendenti che poi magari risultano non esserlo", ha commentato all'Adnkronos Alessandra Maiorino, senatrice pentastellata e membro della Commissione affari costituzionali a Palazzo Madama. Anche se il Movimento è ancora abbottonatissimo sulle candidature, gira voce che potrebbe puntare al presidente di sezione del Consiglio di Stato Roberto Chieppa, segretario generale di Palazzo Chigi durante il Conte 1 o a Filippo Donati, professore ordinario di diritto costituzionale presso l’università di Firenze, già componente del Consiglio Superiore della Magistratura dal 2018 al 2022 (scelto dal M5s).
Fdi non molla Marini e Deodato, Fi sta su Sisto o Zanettin e la Lega non rinuncia a una casella
Colpo di scena dal Carroccio: nella partita la Lega non vuole restare a bocca asciutta, il partito del Carroccio intenderebbe infatti rivendicare uno dei seggi della Consulta tra quelli destinati al centrodestra nello schema 3+1. Non conta l'avere ancora in quota il giudice costituzionale Luca Antonini che "starà lì ancora per poco". Potrebbe farsi strada la candidatura di una donna, Ginevra Cerrina Ferroni, vice presidente del Garante per la protezione dei dati personali, che approdando a Palazzo della Consulta lascerebbe in campo un goloso posto vacante "e la partita dipende fortemente anche dal posto che si lascia libero".
Tra i nomi graditi a Fratelli d'Italia in cima il favorito Francesco Saverio Marini, professore ordinario di Diritto pubblico all'università Tor Vergata, consigliere giuridico di Giorgia Meloni e autore del ddl costituzionale sul premierato. Con il suo, quello del segretario generale di Palazzo Chigi, Carlo Deodato, il giurista cattolico finito nell'occhio del ciclone per aver bocciato le trascrizioni da parte dei sindaci italiani di nozze gay celebrate all'estero. Figura sponsorizzata da Fdi ed anche apprezzata trasversalmente per il rilevante trascorso anche in Consiglio di Stato da presidente di sezione, Deodato fu scelto dall'allora premier Enrico Letta come capo del Dipartimento affari giuridici e legislativi della presidenza del consiglio. Circola anche il nome di una seconda donna (meno probabile di Ferroni): Ida Nicotra Guerrera, professoressa di Diritto costituzionale a Catania e moglie di Felice Giuffrè, membro laico del Csm in quota Fdi.
Per Forza Italia al primo posto c'è Francesco Paolo Sisto, viceministro della Giustizia. Gli azzurri puntano anche al senatore Antonio Zanettin, avvocato, capogruppo di Forza Italia nelle commissioni Giustizia e Politiche dell'Unione Europea, già componente del Csm in quota Fi. Lascerebbero entrambi i loro ruoli da parlamentari se eletti. Come il senatore Pd A ndrea Giorgis, professore ordinario di Diritto costituzionale, non escluso dalla corsa, in quanto "un ottimo possibile candidato". Voci di corridoio indicano per il Partito democratico oltre a Giorgis, anche Tania Groppi, professoressa ordinaria di Istituzioni di diritto pubblico nell'Università di Siena.
Elly Schlein 'infatuata' per Pertici, ma piace di più Luciani il 'fuori classe', 'miglior candidato' per Pd
Ma Elly Schlein, raccontano, avrebbe "una infatuazione" per Andrea Pertici, l'uomo che rappresentò la Procura di Firenze nel processo contro Matteo Renzi: professore di Diritto costituzionale all’Università di Pisa è stato promosso a dirigente del Partito democratico. Nel frattempo in quota Pd molti rivendicano "il fuori classe", "il migliore candidabile": E' Massimo Luciani, già professore ordinario di Istituzioni di diritto pubblico all'Università degli Studi di Roma, “La Sapienza”, accademico dei Lincei, già presidente della “Commissione per elaborare proposte di interventi per la riforma dell’ordinamento giudiziario”, istituita dal ministro della Giustizia Cartabia nel marzo 2021 (governo Draghi). Stimato trasversalmente è giudicato "un fenomeno" anche da ambienti vicini alla presidente del Consiglio. Su Luciani in quota Pd si potrebbe trovare una quadra ed arrivare ad "una maggioranza di grande garanzia": "Sarebbe il massimo", "non ha mai avuto un incarico politico e mai ha usato una parola di troppo". (di Roberta Lanzara)
Politica
Canone Rai, Forza Italia vota con opposizioni: maggioranza...
L'emendamento della Lega prevedeva la riduzione del canone: "Spiace voto FI". Meloni: "Solo schermaglie". Tajani: "Nessun inciampo". Schlein: "Maggioranza in frantumi"
Maggioranza spaccata su canone Rai e battuta in Commissione bilancio al Senato sul dl fisco. L'emendamento Bergesio (Lega) che prevedeva la riduzione del canone da 90 a 70 euro è stato respinto con 12 voti contro 10. Forza Italia ha votato insieme alle opposizioni.
Palazzo Chigi
"Il Governo è fortemente impegnato nel sostegno a famiglie e imprese, operando sempre in un quadro di credibilità e serietà. L'inciampo della maggioranza sul tema del taglio del canone Rai non giova a nessuno". Così fonti di Palazzo Chigi.
Meloni
Poi arriva il commento della premier Giorgia Meloni: quelle sul canone Rai "sono schermaglie, non ci vedo nulla di particolarmente serio...". “Se abbiamo trovato l’accordo per un cessate il fuoco in Libano possiamo farlo pure sul canone Rai…”, ha poi aggiunto.
Tajani
“Non c'è nessun problema, non c'è per quanto mi riguarda nessuno inciampo”, ha affermato dal canto suo il ministro degli Esteri Antonio Tajani, commentando l’amarezza espressa da Palazzo Chigi. "Lo abbiamo sempre detto fin dall'inizio - rivendica il vicepremier a margine dei lavori del Med Dialogue - che eravamo contrari a questo emendamento e siamo stati coerenti con quello che abbiamo detto. Il problema è essere coerenti sempre. Noi vogliamo abbassare le tasse, utilizziamo i 430 milioni per tagliare veramente le tasse”. In maggioranza, ribadisce, “non c'è nessun problema. La maggioranza è coesa, lavoriamo insieme per rispettare il programma con il quali gli italiani ci hanno dato consenso. Quindi non c'è alcun problema. Figuriamoci se posso essere contro la stabilità, se posso avere una posizione che fa traballare il governo”.
“Abbiamo sempre accettato tante cose che non condividevamo al 100%”, il taglio del canone Rai “l'abbiamo detto da prima, non era un emendamento del governo, era un emendamento presentato dalla Lega, quindi non c'è stata nessuna decisione del Cdm", ha detto ancora Tajani aggiungendo: "Stiamo votando per l'autonomia. L'autonomia se non ci fosse stata Forza Italia in Commissione sarebbe saltata, perché erano assenti altri parlamentari. Noi c'eravamo, quindi noi gli impegni li rispettiamo sempre”. Il taglio del canone Rai di 20 euro “non è un impegno di governo. Siamo partiti differenti. Io non impongo niente a nessuno, ma non voglio neanche che nessuno imponga a Forza Italia altre scelte”.
Lega
"Bocciato dalla commissione Bilancio il taglio del Canone per tutti gli italiani. Il governo aveva dato l'ok per il taglio del canone Rai. Uno sconto di 20 euro per 20 milioni di abbonati fra cui milioni di famiglie povere. Purtroppo per Pd, M5S Italia Viva e sinistra evidentemente uno sgravio per le famiglie non era utile e in commissione hanno votato contro. Spiace notare che al loro voto si è aggiunto il voto di Forza Italia e l'emendamento è stato respinto per due voti". Così il senatore della Lega Claudio Borghi Aquilini. "La Lega - assicura - continuerà a sostenere ogni iniziativa per ridurre le tasse per famiglie e imprese, chi, come la sinistra, a parole dice di voler aiutare i poveri ma al voto la pensa diversamente sia almeno sincero nei confronti dei cittadini".
Salvini
Prima del voto, questa mattina, il ministro dei Trasporti e delle Infrastrutture e vicepremier Matteo Salvini ospite a Non stop news su Rtl 102.5 aveva commentato: "Stiamo lavorando per ridurre le tasse, il canone è una di queste. Abbassare il costo della televisione pubblica è da sempre un obiettivo del centrodestra. Forza Italia non vuole abbassare il canone Rai? Mi dispiace non per la Lega ma per gli italiani, se quella tassa non sarà tagliata lavoreremo su altri fronti".
Opposizioni
"Emendamento della Lega bocciato per i voti di Forza Italia, che ha votato contro come le opposizioni. La maggioranza è in frantumi e le divisioni sono evidenti. Sono allo sbando, troppo impegnati a litigare tra loro, a competere anziché governare il Paese. E intanto non si occupano della salute e dei salari, dei problemi concreti degli italiani"ha dichiarato la segretaria del Pd Elly Schlein.
"Divisi in Europa, sulla politica estera e oggi anche in Parlamento, con la maggioranza che non ha i numeri in Commissione e va sotto: l'unità professata da Meloni è un altro film di fantascienza girato a Chigi", scrive su X il leader del Movimento 5 Stelle, Giuseppe Conte.
"La premier - insiste l'ex presidente del Consiglio - chiarisca se esiste ancora la maggioranza. I cittadini non hanno tempo da perdere: mentre loro litigano c'è un Paese che soffre in attesa di un provvedimento contro il carovita, di una visita in ospedale, di un treno che non passa".
"Dopo settimane di guerra intestina tra pezzi della maggioranza che hanno tenuto in ostaggio il Paese e il Parlamento, la destra si spiaggia sul decreto fiscale, con Forza Italia che vota in Senato insieme alle opposizioni contro la Lega sul canone Rai, mandando in minoranza l'esecutivo: a questo punto Meloni ha il dovere di venire immediatamente alle Camere per chiarire se una maggioranza c'è ancora". Lo afferma il segretario di Più Europa Riccardo Magi.