Andrologi, ‘barrette e drink iperproteici potrebbero danneggiare spermatozoi’
Sia: "Fondamentale un’alimentazione bilanciata con una quantità di 54-63 grammi di proteine al giorno"
"Il consumo eccessivo di barrette e drink proteici o una dieta troppo ricca di proteine potrebbero danneggiare la fertilità maschile e avere un impatto sul numero e la buona qualità degli spermatozoi". A far emergere questo potenziale nuovo fattore di rischio, sono gli esperti della Società italiana di Andrologia (Sia), in occasione del VI Congresso natura, ambiente, uomo (Nau) appena concluso nelle Langhe. Sotto la lente degli specialisti, non soltanto un elevato apporto proteico derivante da fonti alimentari naturali, ma soprattutto i cibi addizionati con proteine che molto spesso si trovano sugli scaffali dei supermercati: dall’acqua arricchita, agli snack e ai dolci 'pro'.
“Una dieta sana ed equilibrata, che comprenda un'adeguata assunzione di proteine, è importante per la salute riproduttiva complessiva. La produzione di sperma richiede, infatti- spiega Alessandro Palmieri, presidente Sia e professore di Urologia all’Università Federico II di Napoli - un adeguato apporto di aminoacidi essenziali ottenuti da fonti proteiche alimentari. Quando queste sono carenti si può incorrere in una riduzione del numero e della qualità degli spermatozoi. Ma se la carenza ha effetti negativi, anche l’eccesso potrebbe costituire un fattore di rischio per la fertilità. Un consumo eccessivo di proteine non si traduce necessariamente in un aumento del numero di spermatozoi, al contrario, un'elevata assunzione di proteine potrebbe aumentare lo stress ossidativo nell'organismo, con un conseguente impatto negativo sulla concentrazione e sulla qualità degli spermatozoi. Tuttavia le risposte individuali all’assunzione di proteine possono variare, poiché la genetica, lo stile di vita, le condizioni di salute in generale, possono influenzare il modo in cui l’elevato apporto proteico influisce sulla buona qualità del liquido seminale”.
“Quando si parla fertilità, è fondamentale seguire una dieta bilanciata – sottolinea Serena Capurso, biologa nutrizionista commissione scientifica Sia -. Per gli uomini sani, al di sotto dei 65 anni, la quantità giornaliera di proteine necessaria all’organismo è di 0,9 grammi per chilogrammo di peso corporeo. Un individuo normopeso, dunque, ha bisogno di circa 54-63 grammi di proteine al giorno – prosegue -. Con l’introduzione di alimenti 'pro', la quantità di proteine assunte sale di molto sopra questi numeri, con conseguenze non solo sulla fertilità, ma anche sulla salute maschile a tutto tondo. Una dieta iperproteica può portare a squilibri di nutrienti essenziali, come vitamine e minerali. Concentrandosi esclusivamente sulle proteine, si rischia infatti di trascurare altre importanti sostanze, con conseguenze sulla salute a lungo termine. Inoltre, un eccesso di proteine aumenta la carica di acido urico e può predisporre a problemi renali. Ma non solo, consumare un numero elevato di alimenti “pro” contribuisce anche a un aumento del rischio di patologie cardiovascolari e di osteoporosi: troppe proteine alterano il metabolismo del calcio causando malassorbimento osseo”.
“Sebbene l'assunzione di proteine svolga un ruolo fondamentale nella conta spermatica, la moderazione e una dieta equilibrata sono essenziali per mantenere una salute ottimale degli spermatozoi. Gli uomini dovrebbero quindi puntare a una alimentazione completa che includa fonti di proteine di alta qualità, come carni magre, pesce, uova, latticini e proteine di origine vegetale, senza eccedere in alimenti addizionati e senza dimenticarsi di tutte le altre sostanze nutritive fondamentali per la salute”, conclude, Fabrizio Palumbo, urologo e andrologo presso l’Unità Operativa complessa di Urologia dell’ospedale 'Di Venere' di Bari.
Salute e Benessere
Tumori: Regione Lombardia, presentato primo Pdta per...
Il nuovo Percorso diagnostico terapeutico assistenziale al convegno promosso da Oncologia e onco-ematologia Università di Milano e associazione Periplo
Ogni anno in Italia oltre 430mila persone si ammalano di una neoplasia solida o del sangue. Molte di queste patologie possono diventare croniche grazie all’opportunità offerte da cure e trattamenti. Solo per i tumori solidi vivono sul territorio nazionale più di 3,7 milioni di pazienti. Di questi, 2 milioni possono essere considerati malati cronici e necessitano di una prolungata assistenza sanitaria. Sono loro i destinatari del nuovo Pdta (Percorso diagnostico terapeutico assistenziale) di integrazione ospedale-territorio che vuole ridisegnare l’assistenza oncologica nel nostro Paese puntando ad un forte livello di integrazione tra ospedale e territorio. Il nuovo documento - si legge in una nota - è stato presentato oggi, in Regione Lombardia, durante un convegno organizzato dal Dipartimento di Oncologia ed Emato-Oncologia dell’Università statale di Milano in collaborazione con l’Associazione Periplo. All’evento c'erano rappresentati dei clinici, pazienti, accademici e delle istituzioni sanitarie regionali.
“Dobbiamo ripensare la nostra sanità e ‘sintonizzarla’ verso i nuovi bisogni di cure e di assistenza dei cittadini - afferma Daniele Generali, responsabile dell’Unità multidisciplinare di Patologia mammaria dell’Asst di Cremona e principale autore del nuovo Pdta - Bisogna partire dal presupposto che il cancro per molte forme diventa una patologia cronica e talvolta guaribile. Al tempo stesso l’incidenza risulta in crescita e si registrano più di 1.000 nuovi casi ogni giorno. Le neoplasie del sangue invece colpiscono ogni anno più di 35mila persone, e molte volte la malattia può essere tenuta sotto controllo. Questo fenomeno rappresenta una grande ed inevitabile sfida per il sistema sanitario nazionale”.
Il nuovo Pdta parte da un progetto pilota organizzato dalla Asst di Cremona all’interno del percorso Smart Care (Soluzioni e metodi avanzati di riorganizzazione territoriale in sanità). Nella provincia lombarda sono state coinvolte delle donne con tumore mammario ed è stata prevista la somministrazione di trattamenti al di fuori dall’ospedale. La progettualità è stata resa possibile anche grazie al via libera di Regione Lombardia, per la dispensazione nelle farmacie territoriali di alcune terapie croniche anticancro (con formula Dpc). “I primi dati hanno permesso di riscontrare un ottimo livello di soddisfazione - spiega il professor Generali - Abbiamo ottenuto una riduzione di richieste di legge 104 da parte di caregiver-parenti e si registra un miglioramento degli indicatori di qualità di vita delle pazienti. Questo di Cremona penso possa essere un buon esempio di come sia possibile ricollocare con i servizi sanitari”.
L’obiettivo strategico finale secondo Ezio Belleri, direttore generale Asst di Cremona, sarà dunque quello di creare un modello organizzativo capace di garantire la migliore assistenza per il paziente oncologico anche sul territorio, ricollocando i servizi sanitari in maniera più appropriata e coordinando tutti i soggetti coinvolti. Con l’idea di individuare il miglior setting di cura che garantisca la massima qualità dell’assistenza, l’ottimizzazione delle risorse con una maggiore sostenibilità del Servizio sanitario nazionale e l’appropriatezza organizzativa. “Siamo convinti - conclude Belleri - che in alcune situazioni il paziente oncologico trovi più corretta attenzione alle sue esigenze in un setting assistenziale territoriale, che può essere quello di letti di cure intermedie o delle strutture dedicate. Riteniamo inoltre necessario riscrivere i Pdta del paziente oncologico che delinei in maniera chiara l’integrazione tra ospedale e territorio ove vengano evidenziate queste necessità assistenziali. I pazienti che potranno effettuare le terapie oncologiche ed onco-ematologiche in setting extra-ospedaliero dovranno essere selezionati in base a criteri specifici. La presa in carico dei malati sul territorio avverrà anche attraverso lo scambio di informazioni cliniche con il personale ospedaliero”.
Come osserva il direttore del dipartimento di Oncologia e Onco-ematologia dell'università degli Studi di Milano, Gianluca Vago: “Sia il Dm 77 che il Pnrr hanno sottolineato l’assoluta necessità di rimodulare la nostra sanità. L’integrazione tra i servizi dell’ospedale e quelli della medicina territoriale è un tema centrale e strategico per la sostenibilità del sistema sanitario, e l’urgenza di intervenire con modelli operativi è ormai ampiamente condivisa, almeno sul piano teorico. Questo presentato oggi è uno dei progetti che in Regione si stanno sviluppando per definire un quadro di riferimento che consenta al decisore politico di assumere le iniziative necessarie per la sua implementazione. Naturalmente, il tema del potenziamento della sanità territoriale - aggiunge - non è limitato alla sola tematica oncologica; ma è pur vero che proprio gli straordinari progressi nella diagnosi e cura dei tumori hanno permesso un radicale cambiamento nelle prospettive di guarigione della malattia, o almeno nella sua cronicizzazione. Per questo, pensiamo che il progetto pilota avviato a Cremona, che si avvale anche della collaborazione con altri grandi ospedali metropolitani, possa fornire un contributo importante in questa direzione, esportabile ad altre realtà territoriali della Regione e del Paese. L’obiettivo finale rimane sempre la definizione di un modello organizzativo capace di integrare l’eccellenza di cura in fase acuta, al percorso di monitoraggio e sostegno del paziente al di fuori del contesto ospedaliero, garantendo - conclude Vago - continuità nel percorso di cura”.
Salute e Benessere
Studio, 2 manciate di mandole al giorno migliorano recupero...
Ridotto moderatamente anche dolore e danno muscolare
Mangiare regolarmente mandorle può favorire il recupero dopo l'esercizio fisico, riducendo il dolore e i danni muscolari e migliorando le prestazioni. Mangiare alimenti che aiutano a recuperare dall'esercizio fisico, riducendo l'affaticamento e l'indolenzimento muscolare, può aiutare a seguire meglio le proprie routine di allenamento. In particolare - si legge in una nota - fare uno spuntino da 57 g di mandorle (2 manciate) per 8 settimane ha ridotto moderatamente la valutazione del dolore, ha contribuito a mantenere la forza muscolare e ha ridotto i danni muscolari dopo l'esercizio. Sono i nuovi risultati di uno studio recentemente publicato su Current Developments in Nutrition che si aggiungono al crescente numero di evidenze scientifiche che esplorano il modo in cui le mandorle influenzano il recupero post esercizio. Studi precedenti hanno esaminato l'effetto delle mandorle sulla sensazione di fatica e sul metabolismo dell'esercizio e hanno analizzato l'impatto del consumo di mandorle sulla sensazione di indolenzimento e sulle performance muscolari.
In questo nuovo studio randomizzato e incrociato e finanziato dall'Almond Board of California, 26 adulti di mezza età che svolgevano attività fisica da una a 4 ore alla settimana e che erano in peso forma o in leggero sovrappeso - indice di massa corporea (Bmi) di 23-30 - hanno mangiato ogni giorno, per 8 settimane, complessivamente 2 etti (57 g al giorno) di mandorle crude intere o un quantitativo equivalente in termini calorici (tre etti / 86 g) di pretzel non salati. Dopo 8 settimane di consumo di mandorle o dell'alimento di controllo, con un periodo di washout di 4 settimane tra i 2 interventi, i partecipanti hanno eseguito una corsa su tapis roulant in discesa di 30 minuti per indurre un danno muscolare. Hanno quindi ricevuto immediatamente la loro porzione giornaliera da 57 g di mandorle o di pretzel con le stesse calorie. I partecipanti hanno continuato a mangiare porzioni giornaliere di mandorle o pretzel per 3 giorni dopo la corsa su tapis roulant.I ricercatori hanno misurato l'indolenzimento muscolare percepito dai partecipanti, le prestazioni muscolari (valutate attraverso un test di contrazione muscolare e un salto verticale) e i marcatori ematici del danno muscolare/infiammazione (creatina chinasi, proteina C-reattiva, mioglobina e capacità antiossidante) prima della corsa sul tapis roulant e a 24, 48 e 72 ore dopo la corsa.
Durante il recupero dall'esercizio fisico (fino a 72 ore dopo la corsa su tapis roulant), il gruppo mandorle rispetto a quello di controllo presentava: livelli più bassi di creatinchinasi (CK), un indicatore di danno muscolare; un declino più rapido dei livelli di Ck dopo 72 ore, che potrebbe indicare un tasso di recupero più rapido; migliori prestazioni muscolari a 24 e 72 ore e modesta riduzione della valutazione del dolore dopo la contrazione massimale a 24 (37% in meno) e 48 ore (33% in meno).
Non sono state rilevate differenze in altri marcatori biochimici del danno muscolare e dell'infiammazione (come la proteina C-reattiva, le concentrazioni di mioglobina e la capacità antiossidante totale). Questo studio ha preso in esame adulti non fumatori che svolgevano attività fisica da una a quattro ore alla settimana e che avevano un peso sano o un leggero sovrappeso, quindi i risultati potrebbero non essere applicabili a persone con altre caratteristiche demografiche e di salute. Gli studi futuri dovrebbero inoltre prendere in considerazione la possibilità di effettuare misurazioni su un periodo di recupero più lungo.
“Il nostro studio fornisce ulteriori informazioni sul ruolo che le mandorle possono avere nel sostenere il recupero post allenamento - ha spiegato Mark Kern, PhD, Rd, Cssd, professor of exercise and nutritional sciences presso la San Diego State University - Le mandorle contengono un'ampia gamma di nutrienti che, come sappiamo, favoriscono il recupero dall'esercizio fisico, tra cui proteine, antiossidanti e fitonutrienti. Rispetto ai singoli integratori vitaminici, attraverso le mandorle questi nutrienti arrivano nell’organismo in un ‘unico pacchetto alimentare’ il che può contribuire ai benefici osservati in questo studio”.
Una porzione da 30g di mandorle fornisce 6 g di proteine, 4 g di fibre, 13 g di grassi insaturi, solo 1 g di grassi saturi e 15 nutrienti essenziali, tra cui 81 mg di magnesio, 220 mg di potassio e 7,7 mg di vitamina E, che le rendono un ottimo spuntino per uno stile di vita sano e attivo. “Sono necessarie ulteriori ricerche per comprendere i meccanismi che spiegano come le mandorle migliorino il recupero dall'esercizio fisico - aggiunge Kern - Le strategie per migliorare il recupero sono importanti perché se si recupera meglio, è probabile che si sia in grado di allenarsi prima o più intensamente per gli allenamenti successivi”.
Salute e Benessere
Via libera Ue per ribociclib per cancro al seno precoce...
L’oncologo De Laurentiis: "Una nuova opzione terapeutica per un’ampia popolazione di pazienti"
La Commissione europea (Ce) ha approvato ribociclib in combinazione con un inibitore dell'aromatasi (Ai) per il trattamento in fase adiuvante dei pazienti con tumore della mammella precoce (Ebc) hormone receptor positivo (Hr+), human epidermal growth factor receptor 2 negativo (Her2-), ad alto rischio di recidiva. L'approvazione - informa in una nota Novartis - si basa sui risultati dello studio pivotal di fase 3 Natalee, che ha incluso una vasta popolazione di pazienti con tumore della mammella precoce Hr+/Her2- in stadio 2 e 3, compresi quelli senza coinvolgimento linfonodale. Lo studio ha mostrato una riduzione significativa e clinicamente rilevante del 25,1% del rischio di recidiva della malattia con ribociclib più terapia endocrina (Et) rispetto alla sola Et. Il beneficio in termini di sopravvivenza libera da malattia invasiva (iDfs) è stato osservato in modo coerente in tutti i sottogruppi di pazienti.
"Per molte pazienti diagnosticate con carcinoma mammario precoce Hr+/Her2- in stadio 2 o 3, il rischio di recidiva della malattia, nonostante il trattamento con terapia endocrina, rimane sostanziale, anche dopo decenni - spiega Michelino De Laurentiis, direttore Sc Oncologia clinica sperimentale di senologia dell’Istituto nazionale per lo Studio e la cura dei tumori ‘Fondazione Giovanni Pascale’, Napoli - Questa approvazione rappresenta una pietra miliare per la comunità europea con una nuova opzione terapeutica per ridurre il rischio di recidiva in un’ampia popolazione di pazienti. È una notizia incoraggiante sia per i medici, sia per le pazienti, incluse quelle senza coinvolgimento dei linfonodi, ma con almeno un fattore di rischio aggiuntivo”.
Il carcinoma mammario è il tumore più comunemente diagnosticato in Europa, con circa il 70% dei casi diagnosticati nelle fasi iniziali della malattia. Nonostante le attuali opzioni terapeutiche, i pazienti con carcinoma mammario precoce Hr+/Her- in stadio 2 e 3 rimangono a rischio di recidiva a lungo termine, spesso sotto forma di malattia avanzata incurabile. “La prospettiva della recidiva del carcinoma mammario può essere una fonte di preoccupazione per coloro che hanno ricevuto una diagnosi in fase precoce. Come Novartis ci impegnamo affinchè i pazienti abbiano accesso a opzioni terapeutiche che aiutino a ridurre al minimo il rischio di recidiva - afferma Paola Coco, Medical Affairs Head di Novartis Italia - Siamo orgogliosi di questa approvazione, che contribuirà a rispondere ad un importante bisogno medico non ancora soddisfatto e a migliorare e prolungare la vita in una popolazione sempre più ampia di pazienti in Europa e in Italia”.
Questa notizia segue la recente approvazione da parte della Food and Drug Administration (Fda) di ribociclib per i pazienti con tumore della mammella precoce e la raccomandazione come trattamento adiuvante preferenziale di Categoria 1 nelle Linee guida di pratica clinica in oncologia del National Comprehensive Cancer Network (Nccn Guidelines®). Ribociclib ha ottenuto anche il punteggio più alto (A) nell’European Society for Medical Oncology- Magnitude of Clinical Benefit Scale (Esmo-Mcbs) per l'Ebc. Dopo la presentazione dei recenti dati ad Esmo 2024, Novartis continuerà a valutare i risultati dei pazienti coinvolti nello studio Natalee a lungo termine, inclusa la sopravvivenza complessiva.