Basciano, Codegoni conferma: “Mi ha minacciato, non ritiro querela”
L'influencer ascoltata per 5 ore in procura a Milano
Sophie Codegoni non indietreggia e conferma insulti e minacce subite dall'ex compagno Alessandro Basciano, denunciato nel dicembre 2023: "La querela non l'ho mai ritirata" dice alla procuratrice aggiunta di Milano Letizia Mannella e al pm Antonio Pansa, titolare del fascicolo aperto per stalking, "e non ho intenzione di farlo".
Per circa cinque ore, al quarto piano del Palazzo di giustizia, la giovane influencer ricostruisce il rapporto nato al Grande fratello vip, la crisi iniziata nel 2023 e la scelta, sofferta ma decisa, di denunciarlo.
E' la presenza di quella denuncia che consente, ancora oggi, alla procura milanese di continuare ad approfondire le accuse contro Basciano, arrestato e rilasciato nel giro di neanche 48 ore.
Quell'impegno di ritirare la querela, parte di una scrittura privata dal 26 febbraio scorso per cercare di calmare gli animi sul fronte della gestione della bambina che hanno in comune, è rimasta carta straccia ma è stato l'elemento - insieme ad alcune chat - a determinare la scarcerazione decisa dalla gip Anna Magelli che non ha ritenuto opportuna nessuna limitazione per il deejay. Codegoni, che sarà riascoltata (probabilmente) la prossima settimana, si è detta subito disponibile a produrre altre chat e ha parlato anche di "telefonate di minacce".
Si è parlato anche della borsa di marca che Basciato ha regalato all'ex compagna solo pochi giorni prima della sua seconda denuncia e dell'arresto (non convalidato). "La butto dalla finestra", la risposta dell'influencer nell'interrogatorio.
Politica
Fitto pronto per Bruxelles, l’addio domani in Cdm....
Il pranzo di mercoledì al Quirinale della premier con Mattarella, rivelano fonti di Palazzo Chigi, non è stato sulle "fibrillazioni in Parlamento", ma ha avuto come "focus la manovra e l'Ue"
In tarda mattinata, quando la notizia del pranzo al Quirinale tra la premier Giorgia Meloni e il Presidente della Repubblica Sergio Mattarella rimbalza, c'è chi teme, nella maggioranza, e chi spera, nell'opposizione, che i 'fuori pista' di Matteo Salvini e Antonio Tajani abbiano provocato una slavina, col rischio concreto che venga giù tutto. Ma a stretto giro di posta fonti di Palazzo Chigi mettono in chiaro che l'incontro -avvenuto mercoledì e rimasto coperto per 24 ore- "non c'entra assolutamente nulla con le fibrillazioni che ci sono state ieri in Parlamento", era infatti "programmato da almeno una settimana" e "non a sorpresa".
La telefonata a Tajani e Salvini
Nel 'menu' "i viaggi internazionali, un excursus sull'Europa, dopo l'ok alla Commissione Ue con la nomina di Raffaele Fitto come vice presidente esecutivo e, naturalmente, la manovra". Che poi tra le portate non sia entrato anche lo sgambetto di Fi e il fallo di reazione della Lega -con il governo andato giù per ben due volte- resta difficile crederlo, di fatto però nel 'day after' si rafforza a Palazzo Chigi la volontà, emersa già ieri, di lasciarsi tutto alle spalle e tirare avanti. Meloni, oggi in Sardegna e domani a Bari per gli ultimi accordi di coesione da siglare, avrebbe sentito in giornata sia Salvini che Tajani, per normalizzare e ripartire dopo l'incidente. "Certo, fino al prossimo inciampo...", la convinzione che serpeggiava nei capannelli di deputati e senatori di Fdi questa mattina riuniti a Montecitorio per l'ennesima fumata nera sulla Consulta. A riprova che tra alleati resta una certa diffidenza. Anche oggi è stato disinnescato in extremis un incidente tra Forza Italia e Lega, con il 'paraculetto', affibbiato da Raffaele Nevi al leader leghista.
I saluti a Fitto va in Ue
Domani, viene assicurato, in Cdm non si farà parola sull'accaduto, nessun appello a evitare frizioni -"il messaggio è già passato forte e chiaro", la convinzione- mentre ci sarà spazio per un saluto, "come merita", al ministro uscente Raffaele Fitto, pronto a fare le valigie per Bruxelles. Un addio, quello del ministro salentino, che genera interrogativi e ragionamenti su quale sia il modo migliore per sostituirlo, ma anche innegabili 'appetiti'. "Il mantra è: lasciare ogni cosa al suo posto. E, se proprio necessario, toccare il meno possibile", ribadiscono fonti vicine alla presidente del Consiglio all'Adnkronos. Vale a dire che il superdicastero guidato da Fitto -Affari europei, Sud, Politiche di coesione e Pnrr- "è stato cucito addosso a Raffaele, dunque non avrebbe senso mettere qualcun'altro al suo posto", la convinzione.
L'idea della premier resterebbe, dunque, quella di tenere l'interim e 'ripartire' il pacchetto di deleghe che fino ad ora Fitto ha gestito in solitaria puntando innanzitutto su Palazzo Chigi, dove la presidente del Consiglio può contare su due sottosegretari come Alfredo Mantovano e Giovanbattista Fazzolari, con il primo in funzione di 'regista'. E giocando più avanti la carta di un sottosegretario ad hoc - due i posti venuti meno nel sottogoverno con le dimissioni di Vittorio Sgarbi e Augusta Montaruli - creandone uno agli Affari europei.
"Di nuovi ministri - assicurano le stesse fonti - al momento non se ne parla", e questo nonostante continui a circolare il nome di Elisabetta Belloni, "se poi più avanti cambieranno le cose è chiaro che un ministro di Fdi va sostituito con un ministro che veste la stessa maglia". Vale a dire, nessuna concessione per Fi e Lega, tanto più alla luce degli affondi tra i due alleati.
La convinzione, nonostante tutti sostengano che "per fare un Fitto ce ne vogliono tre", è che si possa reggere la baracca anche senza una nuova nomina. A facilitare le cose il fatto che i dirigenti che attualmente lavorano per il ministro uscente e neo vicepresidente della Commissione Ue, impegnati in prima linea sul Pnrr e sui fondi di coesione, resterebbero al loro posto. Per loro ben poco cambierebbe, se non che, dopo il trasferimento del ministro a Bruxelles, a leggere lo spartito e dirigere l'orchestra sarà di fatto Palazzo Chigi.
Esteri
Arresto Netanyahu in Italia, ecco cosa ne pensano gli...
Interviste a Cannizzaro (La Sapienza), Tarfusser (ex Cpi) e Donat Cattin (New York University)
Quello dell'immunità di cui godrebbe Benjamin Netanyahu è uno dei temi 'caldi' del momento, con il dibattito aperto proprio sulla prerogativa che potrebbe esonerare gli Stati dall'arrestare il primo ministro israeliano e consegnarlo alla Corte penale internazionale (Cpi), che la scorsa settimana ha spiccato un mandato di arresto nei suoi confronti per crimini di guerra. La questione divide gli esperti di diritto internazionale, mentre per il ministero degli Esteri francese Netanyahu beneficia di una "immunità" che "deve essere presa in considerazione" in quanto Israele non fa parte della Cpi.
Il professore dell'Università La Sapienza, Enzo Cannizzaro, in un'intervista all'Adnkronos ha parlato di tema "controverso". L'articolo 27 dello Statuto di Roma, Trattato fondante della Cpi, indica che la "qualifica ufficiale" non è un ostacolo ai procedimenti della Corte, afferma Cannizzaro, ricordando la norma del diritto internazionale che indica chiaramente che quando un organo dello Stato commette crimini di guerra, contro l'umanità, di aggressione e genocidio la condotta viene imputata all'individuo. Ma il professore rimarca che "accanto all'immunità funzionale c'è l'immunità personale di alcune cariche dello Stato come il presidente della Repubblica, il capo del Governo, il ministro degli Esteri".
Cannizzaro cita il caso di giurisprudenza che riguardava qualche anno fa il presidente sudanese Omar al-Bashir e a proposito del quale la Cpi ha stabilito che l'articolo 27 si applica anche ai capi di Stato in carica. "Vuol dire che anche i capi di Stato che commettono crimini internazionali possono essere imputati ed essere processati dalla Corte", spiega Cannizzaro, sottolineando che "nessuno può essere certo dell'interpretazione, io propendo per un'applicazione restrittiva ossia che non si applica ai capi di Stato in carica".
In ogni caso "credo non ci sia un'interpretazione evidente, ma mi sembra politicamente poco saggio indicare in un comunicato stampa che uno Stato parte dello Statuto della Corte penale internazionale rifiuti di eseguire un mandato di arresto spiccato dalla Corte", scandisce Cannizzaro, secondo cui "ogni Stato non può fare quello che vuole, ma deve cooperare con la Corte", che "è già un organo fragile e così lo si distrugge".
Dal punto di vista del diritto, "che non è una scienza, ma un'opinione", Netanyahu deve essere arrestato se dovesse mettere piede in uno dei Paesi firmatari dello Statuto di Roma, sostiene Cuno Tarfusser, ex giudice e vice presidente della Cpi per 11 anni.
"Non sono né antisemita né pro-palestinese, guardo le cose da magistrato, sono un uomo di diritto", premette Tarfusser, che nella sua spiegazione parte dall'articolo 117 della Costituzione secondo cui la potestà legislativa è esercitata dallo Stato nel rispetto della Costituzione nonché dei vincoli derivanti dall'ordinamento comunitario e dagli obblighi internazionali. Quindi i Trattati ratificati da uno Stato prevalgono sull'ordinamento nazionale.
"Nel 1998 la comunità internazionale, che era senza dubbio diversa da quella odierna, si è data delle regole che sono state codificate nello Statuto di Roma, il cui articolo 27, che non ho scritto io né i giudici della Cpi, ma gli Stati, afferma in modo chiaro che la qualifica di Capo di Stato o di Governo non esonera la persona dalla sua responsabilità penale per crimini internazionali. Di cosa stiamo parlando allora?", prosegue Tarfusser.
Secondo l'ex giudice della Cpi, anche gli articoli 86 e 89 dello Statuto di Roma, che citano tra l'altro l'obbligo di cooperazione "piena" da parte degli Stati riguardo l'arresto e la consegna di un individuo colpito da mandato d'arresto, sono piuttosto chiari. "Finché restano in vigore queste norme, ci sono due soluzioni: la prima, banale, è dire a Netanyahu di non venire, la seconda, è togliere i finanziamenti alla Corte e farla morire, il che sarebbe gravissimo, un ritorno alla barbarie", spiega Tarfusser, che critica il comportamento "ipocrita" di quei Paesi che oggi vogliono 'salvare' il primo ministro israeliano e "meno di un anno fa applaudivano la stessa Cpi per il mandato di arresto contro Putin. Non si può essere così ondivaghi".
Donat Cattin, professore associato alla New York University (Nyu) Center for Global Affairs, commenta invece le parole del portavoce della Cpi, Fadi El Abdallah, riportate dall'emittente israeliana Kan, secondo cui la Corte potrebbe revocare il mandato di arresto nei confronti di Netanyahu. "In linea di principio è corretto" affermarlo qualora vi fossero indagini preliminari e procedimenti penali per gli stessi fatti che fanno parte dei capi d'accusa confermati dalla Camera preliminare, ma - sottolinea il giurista - l'azione del procuratore della Cpi, Karim Khan, nasce "evidentemente perché non ha colto nessun elemento di indagine genuina, cioè volta a reprimere questi comportamenti".
Il professore associato alla Nyu parla quindi del ricorso che Israele ha annunciato contro il mandato di arresto di Netanyahu, precisando che in realtà si tratta di un'eccezione alla giurisdizione della Corte, esattamente una 'challenge of jurisdiction', quindi "un appello sulla validità dell'esistenza della giurisdizione, della competenza della Corte" basata sul fatto che la Palestina non è uno Stato. "Ma la realtà purtroppo o per fortuna, non do giudizio di valore qui, è che la Palestina è comunque uno Stato osservatore nell'Assemblea Generale dell'Onu che ha ratificato numerosi trattati - evidenzia - La Corte non è un organo deputato a riconoscere o non riconoscere la statualità di un ente territoriale, quindi si rimette a ciò che altri enti come le Nazioni Unite reputano in linea con il diritto".
Se dovesse allora mettere piede in Italia, Netanyahu, dal punto di vista del diritto, andrebbe arrestato? "Non posso non citare il commento assolutamente corretto del ministro Crosetto. C'è una legge italiana del 2012 adottata dal Parlamento praticamente all'unanimità, sulla cooperazione dell'Italia con la Corte penale internazionale. Per cui la materia poi sarà 'sub judice' qualora il governo o la difesa o le parti in causa vorranno far valere il tema dell'immunità, che è sicuramente un tema presentissimo, cioè le immunità ci sono", risponde Donat Cattin.
"Se venisse in Italia Francia o in un altro Stato che ha questo obbligo di arresto e di consegna, la materia potrà solamente essere risolta da un giudice competente - conclude - Se iniziamo ad erodere questo principio della responsabilità personale e individuale estendendo l'immunità in maniera eccessiva, rischiamo poi di creare un incentivo a questi capi di Stato che si vedrebbero attribuiti questo privilegio qualora rimanessero in ufficio. Daremmo un ulteriore incentivo al fatto che non cedano mai il potere, e questo sarebbe un effetto perverso della norma".
Esteri
Kennedy Jr: “Vaccinazioni bambini come abusi Chiesa...
Nbc News rispolvera dichiarazioni del 2019 e del 2013
I vaccini ai bambini sono come gli abusi della chiesa cattolica. A sostenere questa tesi è stato, in dichiarazioni del 2019 mai rese note finora e diffuse dalla Nbc News, Robert F. Kennedy Jr., l'ex candidato indipendente alla Casa Bianca che il presidente eletto Donald Trump ha scelto come suo Segretario alla Salute.
I Centers for Disease Control and Prevention (Cdc)? Per Kennedy sono un'istituzione fascista che, con il suo programma di vaccinazione, intende danneggiare consapevolmente i bambini americani. Nascondendo questi abusi proprio come è successo con ''lo scandalo della pedofilia nella Chiesa cattolica'' tanto che gli scienziati che si occupano di vaccini andrebbero messi in carcere.
"La parola 'fascismo' in italiano significa un fascio di bastoni e ciò che significa è che il fascio è più importante dei bastoni", le parole di Kennedy ad AutismOne, una conferenza per genitori di bambini autistici. "L'istituzione, il Cdc e il programma vaccinale si ritengono più importanti dei bambini che dovrebbero proteggere'', ha aggiunto. "E' lo stesso motivo per cui abbiamo avuto lo scandalo della pedofilia nella Chiesa cattolica", ha continuato. "Perché le persone sono riuscite a convincersi che l'istituzione, la chiesa, fosse più importante di questi bambini e bambine che venivano stuprati. E tutti hanno tenuto la bocca chiusa. La stampa, i procuratori, i preti, i vescovi, i monsignori, il Vaticano e persino i genitori dei bambini che semplicemente non volevano credere che stesse accadendo o credevano così tanto nella chiesa che non erano disposti a criticarla. E sapete, questa è la metafora perfetta per quello che sta succedendo a noi. Devono esserci genitori che si fanno avanti'', ha affermato.
Andando ancora indietro negli anni, nel 2013 Kennedy ha detto ad AutismOne che il Cdc è una "fogna di corruzione", piena di profittatori, che danneggia i bambini in un modo che ha paragonato ai "campi di sterminio nazisti". E gli scienziati? "E' un iperbole quando dico che andrebbero messi in prigione? Andrebbero messi in carcere e bisognerebbe buttare la chiave". Attivista anti-vaccini, Kennedy ha spesso usato un linguaggio e delle metafore estreme per parlare di quella che percepisce come una minaccia.