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L’indagine, il 47% dei giovani non riconosce le infezioni sessualmente trasmissibili

Giornata mondiale della lotta all'Aids, pubblicati dati Osservatorio di Durex e skuola.net rivelano che meno di 1 su 2 usa preservativo con regolarità

L'indagine, il 47% dei giovani non riconosce le infezioni sessualmente trasmissibili

Le infezioni sessualmente trasmissibili (Ist) sono un tema cruciale per la salute pubblica, ma di cui si parla ancora troppo poco, soprattutto tra i giovani. Quasi 1 giovane su 2 (47,6%) non sa riconoscere le Ist. Anche la conoscenza sui metodi di prevenzione risulta essere limitata: meno di 1 giovane su 2 (44%) usa abitualmente il preservativo e quasi 5 giovani su 10 (46,6%) non sanno che è l’unico metodo contraccettivo in grado di proteggere dal contagio di Ist. Sono i dati diffusi in vista della Giornata mondiale contro l’Aids, che si celebra il 1 dicembre, relativi alla settima edizione dell’Osservatorio ‘Giovani e Sessualità’, ricerca che Durex realizza annualmente in collaborazione con Skuola.net su un campione di 15mila giovani tra gli 11 e i 24 anni. (VIDEO)

L’indagine - si legge in una nota - rivela inoltre che che il primo rapporto sessuale è, per 1 su 10, prima dei 13 anni e, proprio la fascia d'età tra gli 11 e i 13 anni è quella con la percentuale più alta di rapporti sessuali a rischio: solo il 26,5% dei ragazzi in questa fascia utilizza sempre il preservativo. Molti giovani, poi, nutrono false convinzioni sui metodi contraccettivi: 1 giovane su 3 (32,8%) crede che il coito interrotto sia efficace contro le Ist e le gravidanze indesiderate, mentre il 17,8% continua a praticarlo pur consapevole dei rischi. Un altro elemento critico, che emerge dalla ricerca, è la scarsa prevenzione: tra i giovani sessualmente attivi, 2 su 3 (72%) non hanno mai fatto un test per le Ist e l’Hiv. Tra le motivazioni, 6 giovani su 10 (61,1%) affermano di non sentire il bisogno di sottoporsi ai test, mentre il 9,8% prova imbarazzo nel chiedere ai genitori di organizzare tali visite, il 7,3% non saprebbe a chi rivolgersi e il 6,5% non sa che esistono i test per le Ist.

Dalla ricerca emerge anche un forte consenso per l’introduzione dell’educazione sessuale nelle scuole italiane: il 71,4% degli adulti è favorevole a renderla obbligatoria, con un consenso anche più ampio tra i giovani stessi (80%).

"I dati emersi dall’Osservatorio ci mostrano chiaramente quanto sia importante investire in programmi di educazione affettiva e sessuale per i giovani, al fine di aumentare la consapevolezza sulla diffusione delle infezioni sessualmente trasmissibili e al contempo aprire spazi di discussione su concetti fondamentali nell’ambito dello sviluppo di una coscienza e consapevolezza necessarie per vivere relazioni serene e sane, a partire dal consenso - afferma Paolo Zotti, amministratore delegato di Reckitt Benckiser Healthcare (Italia) Spa, che commercializza il brand Durex in Italia - La famiglia e la scuola hanno un ruolo cruciale in questo e possono aiutare i ragazzi a compiere scelte più consapevoli e sicure, riducendo i comportamenti a rischio. Durex attraverso il programma ‘A Luci Accese’ si impegna da anni nel fornire ai ragazzi strumenti e informazioni importanti per vivere una sessualità consapevole, sia tramite la comunicazione al pubblico sull’importanza dell’uso del preservativo, sia supportando programmi di educazione affettiva e sessuale tenuti da psicologi esperti rivolti alle scuole ed alle famiglie. È attraverso l’educazione ed il dialogo trasparente che possiamo aiutare i giovani a sentirsi supportati nell’acquisire la giusta serenità e consapevolezza, costruendo così un futuro più sano per gli adulti di domani."

In questo preoccupante scenario Durex rinnova la partnership con la Croce Rossa Italiana e sostiene LoveRED, il progetto dedicato a promuovere l’educazione sessuale consapevole e a sensibilizzare i giovani sulla prevenzione. Nell’ambito della collaborazione, Durex supporterà la Cri con la donazione di 120mila preservativi e materiali didattico-informativi, che saranno utilizzati dagli oltre 300 Comitati della Croce Rossa Italiana impegnati nell’attività di sensibilizzazione nelle scuole di tutto il territorio italiano.

Un team di giornalisti altamente specializzati che eleva il nostro quotidiano a nuovi livelli di eccellenza, fornendo analisi penetranti e notizie d’urgenza da ogni angolo del globo. Con una vasta gamma di competenze che spaziano dalla politica internazionale all’innovazione tecnologica, il loro contributo è fondamentale per mantenere i nostri lettori informati, impegnati e sempre un passo avanti.

Cronaca

Addio a un gigante della neurologia: il professor Giancarlo...

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C’è un vuoto enorme, immenso e non si riesce proprio a descriverlo. E sapete una cosa? Cercare di trovare le parole giuste è dura, anzi, quasi impossibile. Come fai a spiegare una perdita così grande? Come? Il professor Giancarlo Comi – uno di quelli che non dimentichi, che ti rimangono dentro per sempre, una di quelle menti luminose che nascono una volta ogni tanto, una di quelle anime che metteva il cuore in tutto quello che faceva, soprattutto nella battaglia contro la sclerosi multipla – se n’è andato. Il 26 novembre 2024. Così, senza preavviso. Un colpo secco, che ci ha tolto il fiato. Nessuno se lo aspettava, nessuno era pronto. E adesso? Adesso siamo qui: giornalisti, colleghi, pazienti, amici, tutti col cuore in frantumi, pieni di domande che, chissà, forse non troveranno mai risposta.

Perché Comi non era solo un medico, no. Era molto di più. Era uno che ci credeva davvero, uno che aveva il fuoco dentro. Un pioniere, un visionario, uno che ci metteva tutto, anima e corpo, senza mai, mai tirarsi indietro. Uno di quelli che, quando tutto va a rotoli, ti prendono per mano e non ti mollano. Per chi vive ogni giorno con la sclerosi multipla, quella malattia che è come un’ombra che non ti lascia mai, Comi era una luce accesa in mezzo al buio. Era un punto fermo, qualcosa a cui aggrapparsi quando tutto sembra scivolare via. Qualcuno che, anche nei giorni più neri, riusciva a farti credere che c’era una speranza. E ora, senza di lui? Sì, tutto sembra più buio. Ma sapete una cosa? Il suo spirito è ancora qui. Rimane. Resta in ogni piccola battaglia quotidiana, nelle storie di chi non si arrende mai, nelle mani che non smettono di lottare. Perché quello che ci ha lasciato non è solo un ricordo: è una fiamma viva, che continuerà a bruciare. Dentro ognuno di noi che ha avuto la fortuna di conoscerlo, di vedere da vicino quanto era grande, quanto era straordinariamente umano.

Una vita al servizio della ricerca e dei pazienti

Comi non passava mai inosservato, mai. Era uno di quei nomi che, appena lo senti, ti fa fermare. Cioè, davvero, uno di quei nomi che ti fa dire: “Wow, questo qui fa la differenza“. Professore Onorario di Neurologia, Direttore Scientifico… certo, tutti quei titoli altisonanti, roba grossa, roba importante. Ma sapete cosa? Non erano i titoli a farlo chi era, per niente. Non erano quelle targhe lucide, quelle pergamene incorniciate. No. Comi era quello che ogni mattina si alzava, magari con il sonno ancora addosso, ma con un solo pensiero fisso in testa: come posso fare la differenza per chi oggi conta su di me? Come posso migliorare la vita di chi mi affida tutto? E ci metteva tutto. Non solo il cervello, ma il cuore, l’anima, ogni piccolo pezzo di se stesso. Ogni singolo giorno. E ce l’ha fatta. Alla grande. Non è facile dire questo, ma ce l’ha fatta davvero. Ha scritto più di mille articoli scientifici, roba che ti fa girare la testa solo a pensarci. Un h-index sopra il 100, numeri che sembrano quasi irreali. Ma alla fine, cosa contano quei numeri, veramente? Anche se non avete la minima idea di cosa sia un h-index, lasciate che vi dica una cosa: quei numeri parlano di uno che non si è mai fermato, che ha lasciato un segno indelebile. Uno che non si è mai girato dall’altra parte, mai, nemmeno una volta.

Ma, sapete, quello che lo rendeva davvero speciale non erano i numeri, non erano i titoli. Era la sua dedizione, così semplice, così pura. Era l’umanità che ci metteva, il modo in cui riusciva a farti sentire ascoltato, capito, come se fossi l’unico al mondo. Ogni paziente, ogni collega che gli è stato vicino, tutti hanno visto oltre lo scienziato. Hanno visto l’uomo. Quello vero. Quello che non si fermava alla malattia ma vedeva la persona dietro. E forse è proprio questo il più grande regalo che ci ha lasciato: far sentire ognuno di noi importante, nonostante tutto.

Riconoscimenti che raccontano una storia

Comi, nel corso della sua carriera, ha raccolto premi e onorificenze come pochi altri. E non parliamo di premi qualunque. C’era l’Ambrogino d’Oro che ha ricevuto dal Comune di Milano nel 2016 e poi il titolo di Ufficiale della Repubblica Italiana nel 2018, per i suoi meriti scientifici. Ma non è tanto per vantarsi. Non è di quei riconoscimenti che si mettono in vetrina per far bella figura. Sono la prova di quanto fosse grande il suo lavoro. Di quanto fosse cruciale. Perché Comi è stato davvero un leader. Uno di quelli che, quando ci sono, senti che tutto è possibile. Una guida vera, una luce che brillava per tutta la comunità scientifica. Non è un’esagerazione dire che quello che ha fatto lui ha cambiato tutto. Ha segnato un’epoca. Ha aperto strade nuove. E questo, alla fine, è quello che conta di più.

Il vuoto e l’eredità di un grande uomo

Con la sua scomparsa, la comunità scientifica ha perso un un punto di riferimento che ora non c’è più e fa male. Il Centro Studi Sclerosi Multipla di Gallarate, che ha avuto l’onore di averlo come guida, ha espresso tutto il suo dolore, ricordando quanto lui fosse una fonte di ispirazione inesauribile. Non solo per i medici ma per tutti, pazienti compresi. Accettare che una persona così fondamentale se ne sia andata non è per niente facile. Però c’è una cosa che possiamo dirci per consolarci un po’: il suo lavoro, la sua eredità, continueranno a vivere. Nei suoi studi, certo, ma anche nelle vite di tutte quelle persone che ha toccato, nei ricercatori che seguiranno le sue orme.

La lotta contro la sclerosi multipla e altre malattie neurodegenerative non finisce qui. Non può fermarsi qui. Le prossime generazioni raccoglieranno il testimone. L’impegno di Comi, la sua passione, quella forza indomabile… tutto questo resterà vivo. E così, il professor Comi sarà per sempre parte di questa battaglia, un esempio da seguire, una presenza che, anche se invisibile, continuerà a fare la differenza. Non è facile dire addio ma è confortante sapere che, grazie a persone come Giancarlo Comi, il mondo è un po’ migliore. Grazie, professore.

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Salute e Benessere

Ricerca, Ardizzone (Fondazione Ig-Ibd):...

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Presentati gli obiettivi al congresso del Gruppo italiano per lo studio delle malattie infiammatorie croniche intestinali

Ricerca, Ardizzone (Fondazione Ig-Ibd):

“La Fondazione Ig-Ibd ha come obiettivo quello di sensibilizzare le istituzioni verso le malattie infiammatorie croniche intestinali, quali la malattia di Crohn e la colite ulcerosa, e di supportare, stimolare la ricerca scientifica in questo campo: i pazienti che si ammalano di queste patologie sono sempre più numerosi. È sempre più necessario disporre di metodiche diagnostiche e soprattutto terapie innovative” Sono le parole di Sandro Ardizzone, presidente Fondazione Ig-Ibd, presentata al XV Congresso nazionale Ig-Ibd, il Gruppo italiano per lo studio delle malattie infiammatorie croniche intestinali, in corso a Riccione.

“Nel nostro paese si stima, dico si stima perché non abbiamo dei numeri precisi - spiega Ardizzone - che vi siano circa 270-300 mila pazienti affetti da malattie infiammatorie croniche intestinali” o Mici. Nel mondo si stimano “circa 7 milioni di pazienti. Nel corso dei prossimi decenni si pensa che raggiungeremo cifre di 30 anche 50 milioni di pazienti affetti da queste malattie. È evidente che qualcosa va fatto, soprattutto nel nostro Paese, perché è importante disporre di dati veri e affidabili. Una priorità della Fondazione è proprio quella di raccogliere dei dati sui casi incidenti di colite ulcerosa e malattia di Crohn” conclude.

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Salute e Benessere

Apmo, i pazienti presentano prima e unica ‘Carta’ su...

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Oftalmologia italiana un’emergenza silenziosa trascurata e sottofinanziata con l’1% della spesa sanitaria

Apmo, i pazienti presentano prima e unica ‘Carta’ su assistenza oculistica Ssn

La salute degli occhi in Italia sta vivendo una vera e propria emergenza silenziosa: le attività di migliaia di specialisti in oftalmologia che operano nel Servizio sanitario nazionale sono in grave difficoltà e i pazienti, oltre 6 milioni gli italiani con patologie oculari, dei quali un terzo con una riduzione della vista invalidanti, sono costretti ad attendere mesi, se non anni, per una prima visita oculistica o per un intervento di cataratta. Accade, sebbene a macchia di leopardo, un po' ovunque sul territorio nazionale. Da queste premesse nasce la ‘Carta della salute dell’occhio’, la prima e unica in Italia. Presentata oggi a Roma, il documento è promosso da Apmo, Associazione pazienti malattie oculari e realizzato nell’ambito della campagna per la prevenzione e il trattamento dei disturbi e patologie oculari ‘La salute dei tuoi occhi non perderla di vista’, in collaborazione con Aimo, Associazione italiana medici oculisti e Siso, Società italiana di scienze oftalmologiche, con il patrocinio dell’Istituto superiore di sanità e dell’Intergruppo parlamentare prevenzione e cura delle malattie degli occhi e di altre 18 tra Associazioni dei pazienti e Società scientifiche.

L’attuale disagio quotidiano ad accedere tempestivamente a prestazioni oculistiche di qualità, sia diagnostiche che chirurgiche - spiega una nota - nel perimetro del Ssn è dovuto a molteplici condizioni e criticità. Tra queste, il fatto che le cure oculistiche sono ritenute ‘elettive’, non salvavita; da ciò la scarsa attenzione delle Istituzioni per questa specialità medica, talmente sottofinanziata da assorbire appena l’1% della spesa sanitaria pubblica. A peggiorare lo scenario, le continue ‘sforbiciate’ alle tariffe di rimborso delle prestazioni, riviste progressivamente al ribasso con conseguente allungamento delle liste d’attesa nel Servizio pubblico, impiego di vecchie terapie farmacologiche, meno costose rispetto a quelle innovative oggi disponibili, e obsolescenza di tecnologie, peraltro storicamente fiore all’occhiello dell’Oculistica nazionale, non più all’avanguardia.

Il paper è frutto di un intenso lavoro sinergico e fa emergere i progressi compiuti ma anche le criticità di sistema, configurandosi quale ‘Road Map’ dell’oculistica nel nostro Paese. “Investire in oculistica significa investire in salute dei pazienti e in risparmio per il sistema sanitario – afferma Francesco Bandello, presidente Apmo, direttore Clinica Oculistica Università Vita-Salute San Raffaele, Milano – La campagna nazionale ‘La salute dei tuoi occhi non perderla di vista’ ha lo scopo di sensibilizzare e informare i pazienti e le Istituzioni per mettere in atto strategie di prevenzione delle malattie oculari e garantire ai pazienti l’accesso ai percorsi di diagnosi e cura migliori. La ‘Carta della salute dell’occhio’ vuole spiegare, a chiunque, quali e cosa sono le malattie dell’occhio, qual è il loro impatto sulla vita e sui costi, quali benefici e vantaggi si possono ottenere con le cure e l’importanza della prevenzione e di regolari controlli della vista”.

Ogni capitolo “si chiude con una sezione rivolta ai decisori politici per orientarli verso scelte lungimiranti di investimento premiante e lo abbiamo fatto riportando numeri ed evidenze scientifiche aggiornati - aggiunge Bandello - L’oculistica è una specialità penalizzata, nella misura in cui le patologie oculari non portano a morte il paziente e non mettono a rischio la sua vita, per tale motivo non è una priorità nell’agenda istituzionale; eppure, la vista è il senso più importante, tant’è vero che nel cervello ad esso viene riservato uno spazio preponderante rispetto a qualsiasi altro organo di senso, questo perché la vista ha un ruolo fondamentale nell’economia dell’esistenza di tutti gli individui e la qualità della vista condiziona fortemente la qualità di vita della persona”.

La “Carta della salute dell’occhio” tratteggia l’attuale realtà delle principali e più severe patologie oculari (retinopatie e maculopatie, cataratta, occhio secco, glaucoma e miopia), con dovizia di numeri e aggiornamenti su epidemiologia, prevenzione, fattori di rischio, diagnosi, trattamenti e novità dalla ricerca. Il primo capitolo è incentrato sulle maculopatie e retinopatie, un gruppo eterogeneo di malattie che colpiscono la retina: la retinopatia diabetica (Rd) e la degenerazione maculare legata all’età (Dmle). La gestione delle retinopatie e delle maculopatie è radicalmente cambiata grazie all’arrivo dei farmaci intra-vitreali (anti-Vegf) che contrastano i processi pro-infiammatori e inducono il riassorbimento di liquidi. Purtroppo, l’accesso ai percorsi terapeutico-assistenziali di questi pazienti non è del tutto soddisfacente: i farmaci intra-vitreali sono molto costosi e le strutture sanitarie, sempre per problemi collegati ai rimborsi, tendono a raccomandare agli oculisti l’impiego di farmaci off label. Indubbiamente, con l’ingresso degli anti-Vega gli oculisti hanno dovuto fare i conti con la cronicità che ha portato con sé la necessità di dover fronteggiare nuovi bisogni di cura. Favorire l’accesso a percorsi di diagnosi e cura specifici e la contrazione dei tempi d’attesa, sono le principali istanze presentate alle Istituzioni.

Il secondo capitolo affronta la spinosa questione della cataratta, malattia dovuta ad una opacizzazione del cristallino, che si stima interessi il 60-70% delle persone sopra i 70. “I costi di un intervento di cataratta, secondo una stima approssimativa si aggirano tra i 2- 3.000 euro. Eppure, attualmente la tariffa che il Ssn rimborsa all’azienda sanitaria per un intervento di cataratta è di appena 900 euro. Nel prezziario dei Lea aggiornati e di prossima applicazione, la quota fissata era di 800 euro – afferma Alessandra Balestrazzi, presidente Aimo e responsabile servizio Cornea Uoc Oculistica ASL Roma 2 – le conseguenze derivate da queste scelte, consistono nella necessità di ridurre drasticamente il numero di interventi di cataratta e nell’allungamento delle liste d’attesa. Nella Carta si suggerisce al decisore politico la revisione delle tariffe di rimborso per le prestazioni ambulatoriali e l’incremento delle coperture economiche destinate alla chirurgia della cataratta”.

La Carta si focalizza anche sulla secchezza oculare. Il cosiddetto ‘occhio secco’ o dry eye è il disturbo più frequente della superficie oculare, definita malattia multifattoriale in cui prevale l’alterazione del film lacrimale accompagnata da infiammazione che colpisce dal 15 al 50% della popolazione adulta. “Per l’occhio secco – prosegue Balestrazzi – sarebbe importante istituire screening di prevenzione sulla popolazione degli studenti scolastici che fanno uso intensivo di schermi e introdurre percorsi di prevenzione per i pazienti oncologici, che sono soggetti a problematiche della superficie oculare dovute all’effetto della chemioterapia”. Gli altri temi riguardano il glaucoma e i difetti rifrattivi, tra questi la miopia in crescita esponenziale. “La prevenzione è fondamentale per cogliere all’esordio i sintomi di un glaucoma– afferma Teresio Avitabile, presidente Siso e direttore Clinica Oculistica Università di Catania – Lo screening per il glaucoma è semplice: basta misurare la pressione endoculare attraverso una semplice manovra che richiede pochi secondi. Stessa raccomandazione vale per i difetti refrattivi, come la miopia. I controlli della vista vanno programmati sin dalla prima infanzia per proseguire da adulti. Tra le istanze che abbiamo suggerito alla politica, quella di rendere rimborsabili i nuovi dispositivi miniaturizzati per il glaucoma, mentre per i difetti della vista andrebbero promossi programmi di prevenzione circa lo stile di vita corretto e screening per gli studenti scolastici”.

La “Carta della salute dell’occhio”, supportata dall’Iss. “Sotto il profilo dell’etica, è cruciale l’importanza della prevenzione in ogni ambito clinico e più ancora in oculistica – sottolinea Carlo Maria Petrini, direttore Unità di Bioetica Iss, presidente centro di coordinamento nazionale dei Comitati etici, presidente Comitato Etico Nazionale Enti Pubblici di Ricerca e altri Enti Pubblici nazionali, componente Comitato Nazionale per la Bioetica – infatti, la salute dell’occhio ha un impatto determinante per la qualità di vita delle persone e specialmente per l’autonomia di ciascuno. Nella prospettiva dell’etica, è molto rilevante anche la sinergia che la ‘Carta’ propone tra i vari attori del sistema e, infatti, il documento è promosso, tramite un’Associazione (Apmo), dai pazienti, che devono sempre essere al centro del sistema, ma coinvolge anche il personale medico-sanitario e i decisori. La collaborazione tra tutte le componenti del sistema è indispensabile per l’efficacia degli interventi. La Carta ha dunque un ruolo e un valore particolare nel promuovere la salute degli occhi, che deve rappresentare una priorità all’interno dell’agenda sanitaria e certamente contribuirà in questa direzione”.

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