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Ricerca, Ardizzone (Fondazione Ig-Ibd): “Sensibilizzare istituzioni”

Presentati gli obiettivi al congresso del Gruppo italiano per lo studio delle malattie infiammatorie croniche intestinali

Ricerca, Ardizzone (Fondazione Ig-Ibd):

“La Fondazione Ig-Ibd ha come obiettivo quello di sensibilizzare le istituzioni verso le malattie infiammatorie croniche intestinali, quali la malattia di Crohn e la colite ulcerosa, e di supportare, stimolare la ricerca scientifica in questo campo: i pazienti che si ammalano di queste patologie sono sempre più numerosi. È sempre più necessario disporre di metodiche diagnostiche e soprattutto terapie innovative” Sono le parole di Sandro Ardizzone, presidente Fondazione Ig-Ibd, presentata al XV Congresso nazionale Ig-Ibd, il Gruppo italiano per lo studio delle malattie infiammatorie croniche intestinali, in corso a Riccione.

“Nel nostro paese si stima, dico si stima perché non abbiamo dei numeri precisi - spiega Ardizzone - che vi siano circa 270-300 mila pazienti affetti da malattie infiammatorie croniche intestinali” o Mici. Nel mondo si stimano “circa 7 milioni di pazienti. Nel corso dei prossimi decenni si pensa che raggiungeremo cifre di 30 anche 50 milioni di pazienti affetti da queste malattie. È evidente che qualcosa va fatto, soprattutto nel nostro Paese, perché è importante disporre di dati veri e affidabili. Una priorità della Fondazione è proprio quella di raccogliere dei dati sui casi incidenti di colite ulcerosa e malattia di Crohn” conclude.

Un team di giornalisti altamente specializzati che eleva il nostro quotidiano a nuovi livelli di eccellenza, fornendo analisi penetranti e notizie d’urgenza da ogni angolo del globo. Con una vasta gamma di competenze che spaziano dalla politica internazionale all’innovazione tecnologica, il loro contributo è fondamentale per mantenere i nostri lettori informati, impegnati e sempre un passo avanti.

Salute e Benessere

Farmindustria: “Bene su lotta super batteri, ora...

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Cattani all'evento conclusivo del G7 Salute in corso a Bari: "Non è sostenibile ridurre i margini dell’industria"

(Fotolia)

"Bene il Governo sul contrasto all'antimicrobico-resistenza che ha previsto nella manovra un finanziamento ad hoc di 100 milioni di euro per quelli prioritari nella lotta alle infezioni resistenti agli antibiotici. Ora però è necessario che venga alzato il tetto della spesa farmaceutica e che non ci siano oneri a carico delle aziende per aumentare i margini della distribuzione. I tempi per farlo ci sono. Ridurre i margini delle imprese e far aumentare il payback, che raggiungerà i 2,3 miliardi, non è sostenibile. Una 'tassa occulta' che arriverà a oltre il 18% del fatturato. Senza interventi correttivi inevitabilmente gli investimenti saranno destinati fuori dall'Italia. Noi chiediamo uno 0,55% in più sul tetto della spesa ospedaliera. Sarebbe un segnale concreto per stabilizzare, il payback del prossimo anno a livello del 2024". Così all'Adnkronos Salute il presidente di Farmindustria Marcello Cattani a margine del panel 'Innovazione e trasferimento tecnologico' nell'ambito dell'evento conclusivo del G7 Salute oggi e domani a Bari con un focus sul contrasto all'antimicrobico-resistenza.

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Cronaca

Addio a un gigante della neurologia: il professor Giancarlo...

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C’è un vuoto enorme, immenso e non si riesce proprio a descriverlo. E sapete una cosa? Cercare di trovare le parole giuste è dura, anzi, quasi impossibile. Come fai a spiegare una perdita così grande? Come? Il professor Giancarlo Comi – uno di quelli che non dimentichi, che ti rimangono dentro per sempre, una di quelle menti luminose che nascono una volta ogni tanto, una di quelle anime che metteva il cuore in tutto quello che faceva, soprattutto nella battaglia contro la sclerosi multipla – se n’è andato. Il 26 novembre 2024. Così, senza preavviso. Un colpo secco, che ci ha tolto il fiato. Nessuno se lo aspettava, nessuno era pronto. E adesso? Adesso siamo qui: giornalisti, colleghi, pazienti, amici, tutti col cuore in frantumi, pieni di domande che, chissà, forse non troveranno mai risposta.

Perché Comi non era solo un medico, no. Era molto di più. Era uno che ci credeva davvero, uno che aveva il fuoco dentro. Un pioniere, un visionario, uno che ci metteva tutto, anima e corpo, senza mai, mai tirarsi indietro. Uno di quelli che, quando tutto va a rotoli, ti prendono per mano e non ti mollano. Per chi vive ogni giorno con la sclerosi multipla, quella malattia che è come un’ombra che non ti lascia mai, Comi era una luce accesa in mezzo al buio. Era un punto fermo, qualcosa a cui aggrapparsi quando tutto sembra scivolare via. Qualcuno che, anche nei giorni più neri, riusciva a farti credere che c’era una speranza. E ora, senza di lui? Sì, tutto sembra più buio. Ma sapete una cosa? Il suo spirito è ancora qui. Rimane. Resta in ogni piccola battaglia quotidiana, nelle storie di chi non si arrende mai, nelle mani che non smettono di lottare. Perché quello che ci ha lasciato non è solo un ricordo: è una fiamma viva, che continuerà a bruciare. Dentro ognuno di noi che ha avuto la fortuna di conoscerlo, di vedere da vicino quanto era grande, quanto era straordinariamente umano.

Una vita al servizio della ricerca e dei pazienti

Comi non passava mai inosservato, mai. Era uno di quei nomi che, appena lo senti, ti fa fermare. Cioè, davvero, uno di quei nomi che ti fa dire: “Wow, questo qui fa la differenza“. Professore Onorario di Neurologia, Direttore Scientifico… certo, tutti quei titoli altisonanti, roba grossa, roba importante. Ma sapete cosa? Non erano i titoli a farlo chi era, per niente. Non erano quelle targhe lucide, quelle pergamene incorniciate. No. Comi era quello che ogni mattina si alzava, magari con il sonno ancora addosso, ma con un solo pensiero fisso in testa: come posso fare la differenza per chi oggi conta su di me? Come posso migliorare la vita di chi mi affida tutto? E ci metteva tutto. Non solo il cervello, ma il cuore, l’anima, ogni piccolo pezzo di se stesso. Ogni singolo giorno. E ce l’ha fatta. Alla grande. Non è facile dire questo, ma ce l’ha fatta davvero. Ha scritto più di mille articoli scientifici, roba che ti fa girare la testa solo a pensarci. Un h-index sopra il 100, numeri che sembrano quasi irreali. Ma alla fine, cosa contano quei numeri, veramente? Anche se non avete la minima idea di cosa sia un h-index, lasciate che vi dica una cosa: quei numeri parlano di uno che non si è mai fermato, che ha lasciato un segno indelebile. Uno che non si è mai girato dall’altra parte, mai, nemmeno una volta.

Ma, sapete, quello che lo rendeva davvero speciale non erano i numeri, non erano i titoli. Era la sua dedizione, così semplice, così pura. Era l’umanità che ci metteva, il modo in cui riusciva a farti sentire ascoltato, capito, come se fossi l’unico al mondo. Ogni paziente, ogni collega che gli è stato vicino, tutti hanno visto oltre lo scienziato. Hanno visto l’uomo. Quello vero. Quello che non si fermava alla malattia ma vedeva la persona dietro. E forse è proprio questo il più grande regalo che ci ha lasciato: far sentire ognuno di noi importante, nonostante tutto.

Riconoscimenti che raccontano una storia

Comi, nel corso della sua carriera, ha raccolto premi e onorificenze come pochi altri. E non parliamo di premi qualunque. C’era l’Ambrogino d’Oro che ha ricevuto dal Comune di Milano nel 2016 e poi il titolo di Ufficiale della Repubblica Italiana nel 2018, per i suoi meriti scientifici. Ma non è tanto per vantarsi. Non è di quei riconoscimenti che si mettono in vetrina per far bella figura. Sono la prova di quanto fosse grande il suo lavoro. Di quanto fosse cruciale. Perché Comi è stato davvero un leader. Uno di quelli che, quando ci sono, senti che tutto è possibile. Una guida vera, una luce che brillava per tutta la comunità scientifica. Non è un’esagerazione dire che quello che ha fatto lui ha cambiato tutto. Ha segnato un’epoca. Ha aperto strade nuove. E questo, alla fine, è quello che conta di più.

Il vuoto e l’eredità di un grande uomo

Con la sua scomparsa, la comunità scientifica ha perso un un punto di riferimento che ora non c’è più e fa male. Il Centro Studi Sclerosi Multipla di Gallarate, che ha avuto l’onore di averlo come guida, ha espresso tutto il suo dolore, ricordando quanto lui fosse una fonte di ispirazione inesauribile. Non solo per i medici ma per tutti, pazienti compresi. Accettare che una persona così fondamentale se ne sia andata non è per niente facile. Però c’è una cosa che possiamo dirci per consolarci un po’: il suo lavoro, la sua eredità, continueranno a vivere. Nei suoi studi, certo, ma anche nelle vite di tutte quelle persone che ha toccato, nei ricercatori che seguiranno le sue orme.

La lotta contro la sclerosi multipla e altre malattie neurodegenerative non finisce qui. Non può fermarsi qui. Le prossime generazioni raccoglieranno il testimone. L’impegno di Comi, la sua passione, quella forza indomabile… tutto questo resterà vivo. E così, il professor Comi sarà per sempre parte di questa battaglia, un esempio da seguire, una presenza che, anche se invisibile, continuerà a fare la differenza. Non è facile dire addio ma è confortante sapere che, grazie a persone come Giancarlo Comi, il mondo è un po’ migliore. Grazie, professore.

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Salute e Benessere

L’indagine, il 47% dei giovani non riconosce le...

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Giornata mondiale della lotta all'Aids, pubblicati dati Osservatorio di Durex e skuola.net rivelano che meno di 1 su 2 usa preservativo con regolarità

L'indagine, il 47% dei giovani non riconosce le infezioni sessualmente trasmissibili

Le infezioni sessualmente trasmissibili (Ist) sono un tema cruciale per la salute pubblica, ma di cui si parla ancora troppo poco, soprattutto tra i giovani. Quasi 1 giovane su 2 (47,6%) non sa riconoscere le Ist. Anche la conoscenza sui metodi di prevenzione risulta essere limitata: meno di 1 giovane su 2 (44%) usa abitualmente il preservativo e quasi 5 giovani su 10 (46,6%) non sanno che è l’unico metodo contraccettivo in grado di proteggere dal contagio di Ist. Sono i dati diffusi in vista della Giornata mondiale contro l’Aids, che si celebra il 1 dicembre, relativi alla settima edizione dell’Osservatorio ‘Giovani e Sessualità’, ricerca che Durex realizza annualmente in collaborazione con Skuola.net su un campione di 15mila giovani tra gli 11 e i 24 anni. (VIDEO)

L’indagine - si legge in una nota - rivela inoltre che che il primo rapporto sessuale è, per 1 su 10, prima dei 13 anni e, proprio la fascia d'età tra gli 11 e i 13 anni è quella con la percentuale più alta di rapporti sessuali a rischio: solo il 26,5% dei ragazzi in questa fascia utilizza sempre il preservativo. Molti giovani, poi, nutrono false convinzioni sui metodi contraccettivi: 1 giovane su 3 (32,8%) crede che il coito interrotto sia efficace contro le Ist e le gravidanze indesiderate, mentre il 17,8% continua a praticarlo pur consapevole dei rischi. Un altro elemento critico, che emerge dalla ricerca, è la scarsa prevenzione: tra i giovani sessualmente attivi, 2 su 3 (72%) non hanno mai fatto un test per le Ist e l’Hiv. Tra le motivazioni, 6 giovani su 10 (61,1%) affermano di non sentire il bisogno di sottoporsi ai test, mentre il 9,8% prova imbarazzo nel chiedere ai genitori di organizzare tali visite, il 7,3% non saprebbe a chi rivolgersi e il 6,5% non sa che esistono i test per le Ist.

Dalla ricerca emerge anche un forte consenso per l’introduzione dell’educazione sessuale nelle scuole italiane: il 71,4% degli adulti è favorevole a renderla obbligatoria, con un consenso anche più ampio tra i giovani stessi (80%).

"I dati emersi dall’Osservatorio ci mostrano chiaramente quanto sia importante investire in programmi di educazione affettiva e sessuale per i giovani, al fine di aumentare la consapevolezza sulla diffusione delle infezioni sessualmente trasmissibili e al contempo aprire spazi di discussione su concetti fondamentali nell’ambito dello sviluppo di una coscienza e consapevolezza necessarie per vivere relazioni serene e sane, a partire dal consenso - afferma Paolo Zotti, amministratore delegato di Reckitt Benckiser Healthcare (Italia) Spa, che commercializza il brand Durex in Italia - La famiglia e la scuola hanno un ruolo cruciale in questo e possono aiutare i ragazzi a compiere scelte più consapevoli e sicure, riducendo i comportamenti a rischio. Durex attraverso il programma ‘A Luci Accese’ si impegna da anni nel fornire ai ragazzi strumenti e informazioni importanti per vivere una sessualità consapevole, sia tramite la comunicazione al pubblico sull’importanza dell’uso del preservativo, sia supportando programmi di educazione affettiva e sessuale tenuti da psicologi esperti rivolti alle scuole ed alle famiglie. È attraverso l’educazione ed il dialogo trasparente che possiamo aiutare i giovani a sentirsi supportati nell’acquisire la giusta serenità e consapevolezza, costruendo così un futuro più sano per gli adulti di domani."

In questo preoccupante scenario Durex rinnova la partnership con la Croce Rossa Italiana e sostiene LoveRED, il progetto dedicato a promuovere l’educazione sessuale consapevole e a sensibilizzare i giovani sulla prevenzione. Nell’ambito della collaborazione, Durex supporterà la Cri con la donazione di 120mila preservativi e materiali didattico-informativi, che saranno utilizzati dagli oltre 300 Comitati della Croce Rossa Italiana impegnati nell’attività di sensibilizzazione nelle scuole di tutto il territorio italiano.

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