Israele, il nuovo piano a Gaza: una barriera per tagliare la Striscia
Video e immagini satellitari mostrano centinaia di edifici demoliti tra il Mar Mediterraneo e il confine con Israele
Israele sta costruendo una nuova barriera di demarcazione militare nella Striscia di Gaza, per separare la parte settentrionale dell'enclave palestinese dal resto dell'area. Lo afferma la Bbc dopo aver visionato immagini satellitari in cui si vedono militari israeliani impegnati a bonificare e a radicare il controllo su un'ampia area nel nord della Striscia.
Video e immagini satellitari mostrano centinaia di edifici demoliti tra il Mar Mediterraneo e il confine con Israele, la maggior parte dei quali tramite esplosioni controllate. Le immagini mostrano anche veicoli dell'esercito israeliano stanziati lungo la nuova linea di demarcazione che si estende per circa nove chilometri attraverso Gaza. Ovvero da est a ovest, dividendo la città di Gaza e le città di Jabalia, Beit Hanoun e Beit Lahia nel nord della Striscia di Gaza.
Secondo gli analisti citati dalla Bbc, sembrerebbe che Israele intenda dividere la Striscia di Gaza per poterla controllare meglio. H.a. Hellyer, esperto di sicurezza del Medio Oriente del think tank Rusi, ha affermato che le immagini satellitari mostrate dalla Bbc indicherebbero che Israele si sta preparando a impedire ai civili palestinesi di tornare a nord di Gaza. Secondo le Nazioni Unite sono più di 100mila le persone che sono già state sfollate dal nord di Gaza.
Dalle immagini diffuse online dalle Forze di difesa israeliane (Idf) si vedono diversi edifici a più piani distrutti, in modo sistematico, da ottobre. Un portavoce delle Idf ha dichiarato alla Bbc che non c'è alcuna intenzione di distruggere infrastrutture civili "senza necessità operativa" per neutralizzare Hamas. Altri filmati mostrano veicoli Humvee dell'Idf che attraversano l'area sgomberata e che dimostrano che le truppe israeliane hanno il controllo dell'area. E che intenderebbero conservarlo a lungo.
I militari israeliani, insomma, "stanno lavorando per il lungo periodo. Mi aspetterei che la separazione a nord si sviluppi esattamente come il corridoio Netzarim", ha dichiarato Hellyer. Il corridoio Netzarim, completato a maggio, divide l'area a sud di Gaza City, mentre il corridoio Philadelphi dà all'Idf il controllo del territorio che corre lungo il confine di Gaza con l'Egitto.
Esteri
Putin, show tra minacce a Ucraina e messaggi a Trump:...
Il presidente russo: "Con missile Oreshnik possiamo colpire i centri direzionali di Kiev in qualsiasi momento"
Vladimir Putin spaventa l'Ucraina e strizza l'occhio a Donald Trump. Minaccia Kiev con il super missile Oreshnik, paragonato ad un meteorite, e aspetta l'intervento del neo presidente degli Stati Uniti per porre fine alla guerra. Il presidente russo, ad Astana per il vertice della Organizzazione del Trattato di sicurezza collettiva (Csto), propone tutto il suo repertorio.
Inizia rivendicando che l'esercito di Mosca ha lanciato in 12 ore contro l'Ucraina 91 missili e 97 droni esplosivi. Invia un segnale conciliante a Trump, definendolo ''un uomo intelligente con molta esperienza, in grado di trovare soluzioni'', mentre si scusa con l'ex cancelliera tedesca Angela Merkel per averla spaventata, ''non sapevo avesse paura dei cani''.
Oreshnik minaccia per Ucraina
Il leader del Cremlino dedica ampio spazio al missile Oreshnik, l'ultimo prodotto dell'industria bellica russa, testato la scorsa settimana contro un impianto industriale di Dnipro. Il suo utilizzo è stato ''una risposta al continuo lancio di missili americani Atacms contro il territorio russo''. Putin allarga il panorama e si dice pronto a colpire siti militari nei Paesi europei che forniscono armi a Kiev.
"La Russia non consentirà all'Ucraina di dotarsi di armi nucleari, la federazione russa userà tutti i mezzi a disposizione se l'Ucraina si doterà di armi nucleari. Il trasferimento di queste armi da qualsiasi paese sarà considerato una violazione degli obblighi previsti dal trattati di non proliferazione", avverte, con un copione simile a quello proposto la scorsa settimana, quando ha affermato che l'Oreshnik può colpire ovunque nel Vecchio Continente.
Il peggio per l'Ucraina potrebbe non essere ancora arrivato perché Putin dice che ''non esclude'' in futuro di utilizzare il potente missile Oreshnik contro ''centri decisionali, anche a Kiev. Può succedere in qualsiasi momento''. Ora, spiega, "il ministero della Difesa e lo stato maggiore delle forze militari russe stanno selezionando obiettivi da colpire in territorio ucraino. Obiettivi che potrebbero includere siti militari, imprese del comparto militare o centri decisionali a Kiev.
E per farlo potrebbe appunto venir usato l'Oreshnik, un'arma che Putin ha paragonato a ''un meteorite'', dotata di una gittata di diverse migliaia di chilometri, progettata per trasportare testate nucleari. E che è in grado di colpire ovunque in Europa, ha sottolineato.
"Nel mondo non ci sono armi paragonabili ai missili ipersonici della Russia, stiamo incrementando la produzione del 25%. La Russia produce una quantità di missili 10 volte superiore a quella della Nato. Nuovi sistemi debutteranno dopo l'Oreshnik, che non ha eguali al mondo. Nessuna fornitura di missili a lungo raggio all'Ucraina può eguagliare la potenza dell'arsenale russo né può modificare la situazione sul campo" nel conflitto.
La potenza della nuova arma: "Come un meteorite"
"Useremo il missile in risposta alle azioni del nemico: il ministero della Difesa sta selezionando obiettivi in Ucraina da colpire. I centri decisionali a Kiev potrebbero diventare un obiettivo per gli Oreshnik. Un attacco massiccio con questi missili avrà un impatto paragonabile a quello delle armi nucleari. La sua potenza è paragonabile a quella di un meteorite. L'Oreshnik è in grado di colpire strutture sotterranee, fino a 3-4 piani al di sotto del livello del suolo. E potremmo aumentare ulteriormente la sua potenza", dice il presidente russo, che snocciola valutazioni tecniche.
"Secondo esperti militari, in caso di un massiccio uso di questi missili contemporaneamente in un colpo solo, la potenza sarà paragonabile all'uso di armi nucleari sebbene l'Oreshnik, ovviamente, non sia un'arma di distruzione di massa", afferma, confermando di aver avviato la produzione in serie di questo missile.
Zelensky: "Putin mette pressione a Trump"
Lo show di Putin non è passato inosservato a Kiev. "In Kazakistan, Putin ha nuovamente esposto i suoi missili, mostrando di essere pronto a uccidere e distruggere. Alle migliaia di missili che hanno già colpito l'Ucraina, Putin vuole chiaramente aggiungerne altre migliaia. Non ha alcun interesse a porre fine a questa guerra. Inoltre, vuole impedire ad altri di porre fine a questa guerra", dice il presidente ucraino Volodymyr Zelensky.
"Mostrando il suo Oreshnik, ora, mira solo a ostacolare gli sforzi del presidente Trump che sicuramente verranno compiuti dopo l'insediamento. Putin vuole aggravare la situazione ora in modo che il presidente Trump non riesca a porre fine alla guerra. Putin è l'unico colpevole di questa guerra e l'unico che crede nella guerra. Ecco perché l'escalation di Putin ora è una forma di pressione che mira a costringere alla fine il presidente degli Stati Uniti ad accettare le condizioni della Russia", dice Zelensky.
Esteri
Libano, Netanyahu: “Guerra massiccia se cessate fuoco...
Il primo ministro israeliano avverte: "Se non rispettate la tregua agiremo con forza". Sulle armi: "Trump ci ha garantito che non ci saranno ritardi nelle consegne"
Il primo ministro israeliano Benjamin Netanyahu ha detto ai militari delle Idf di essere ''pronti a una guerra intensa'' in Libano nel caso in cui l'accordo di cessate il fuoco raggiunto con Hezbollah dovesse essere violato. Nel corso di una intervista con Channel 14, Netanyahu ha detto di aver ''dato istruzioni all'Idf'' che ''se ci sarà una violazione massiccia dell'accordo, non solo opereremo chirurgicamente come stiamo facendo ora, e con la forza, ogni volta. Se ci sarà una violazione massiccia dell'accordo, ho ordinato all'Idf di prepararsi per una guerra ad alta intensità".
Netanyahu ha quindi affermato che il cessate il fuoco in Libano "potrebbe essere breve" e che Israele "lo ha rispettato fin dal primo giorno". Al momento Israele non sta creando una zona cuscinetto nel Libano meridionale perché, ha fatto notare Netanyahu, ''la minaccia di un'invasione di terra è stata rimossa''. Stasera Netanyahu ha riunito i suoi consiglieri per un incontro sulla continuazione della guerra sui suoi vari fronti, riporta Channel 13.
Intervistato da Channel 14, Netanyahu ha detto che "il presidente Trump mi ha detto inequivocabilmente che, per quanto lo riguarda, non ci saranno ritardi rispetto a nessuna arma". Il primo ministro israeliano ha, inoltre, dichiarato, inoltre, che farà ''di tutto per impedire all'Iran di avere armi nucleari''.
Idf: "Hezbollah ha violato più volte il cessate il fuoco"
L'esercito israeliano ha accusato Hezbollah di aver violato più volte l'accordo di cessate il fuoco da quando è entrato in vigore mercoledì. Per contro, nelle ultime ore sono stati schierati soldati israeliani per impedire ad altri membri della milizia di avanzare nel Libano meridionale, ha affermato l'esercito.
L'accordo di cessate il fuoco stabilisce che Hezbollah debba ritirarsi dietro il fiume Litani, circa 30 chilometri a nord del confine israelo-libanese, in conformità con una risoluzione del Consiglio di sicurezza delle Nazioni Unite. Anche le truppe di terra israeliane devono ritirarsi gradualmente dal Libano nei prossimi 60 giorni.
Le Idf hanno dichiarato che oltre 2.500 militanti di Hezbollah sono stati uccisi dall'inizio della guerra e che l'organizzazione ha subito perdite significative, anche se non è stata completamente smantellata.
Biden: "Grato di essere riuscito a ottenere la pace in Libano"
"Sono davvero grato per essere riuscito a ottenere la pace in Libano" ha dichiarato il presidente degli Stati Uniti Joe Biden rispondendo a una domanda sul Ringraziamento. Biden ha detto di essere grato per ''la mia famiglia, per la pacifica transizione della presidenza e sono grato che per grazia di Dio siamo stati in grado di fare più progressi in Medio Oriente".
Esteri
Arresto Netanyahu in Italia, ecco cosa ne pensano gli...
Interviste a Cannizzaro (La Sapienza), Tarfusser (ex Cpi) e Donat Cattin (New York University)
Quello dell'immunità di cui godrebbe Benjamin Netanyahu è uno dei temi 'caldi' del momento, con il dibattito aperto proprio sulla prerogativa che potrebbe esonerare gli Stati dall'arrestare il primo ministro israeliano e consegnarlo alla Corte penale internazionale (Cpi), che la scorsa settimana ha spiccato un mandato di arresto nei suoi confronti per crimini di guerra. La questione divide gli esperti di diritto internazionale, mentre per il ministero degli Esteri francese Netanyahu beneficia di una "immunità" che "deve essere presa in considerazione" in quanto Israele non fa parte della Cpi.
Il professore dell'Università La Sapienza, Enzo Cannizzaro, in un'intervista all'Adnkronos ha parlato di tema "controverso". L'articolo 27 dello Statuto di Roma, Trattato fondante della Cpi, indica che la "qualifica ufficiale" non è un ostacolo ai procedimenti della Corte, afferma Cannizzaro, ricordando la norma del diritto internazionale che indica chiaramente che quando un organo dello Stato commette crimini di guerra, contro l'umanità, di aggressione e genocidio la condotta viene imputata all'individuo. Ma il professore rimarca che "accanto all'immunità funzionale c'è l'immunità personale di alcune cariche dello Stato come il presidente della Repubblica, il capo del Governo, il ministro degli Esteri".
Cannizzaro cita il caso di giurisprudenza che riguardava qualche anno fa il presidente sudanese Omar al-Bashir e a proposito del quale la Cpi ha stabilito che l'articolo 27 si applica anche ai capi di Stato in carica. "Vuol dire che anche i capi di Stato che commettono crimini internazionali possono essere imputati ed essere processati dalla Corte", spiega Cannizzaro, sottolineando che "nessuno può essere certo dell'interpretazione, io propendo per un'applicazione restrittiva ossia che non si applica ai capi di Stato in carica".
In ogni caso "credo non ci sia un'interpretazione evidente, ma mi sembra politicamente poco saggio indicare in un comunicato stampa che uno Stato parte dello Statuto della Corte penale internazionale rifiuti di eseguire un mandato di arresto spiccato dalla Corte", scandisce Cannizzaro, secondo cui "ogni Stato non può fare quello che vuole, ma deve cooperare con la Corte", che "è già un organo fragile e così lo si distrugge".
Dal punto di vista del diritto, "che non è una scienza, ma un'opinione", Netanyahu deve essere arrestato se dovesse mettere piede in uno dei Paesi firmatari dello Statuto di Roma, sostiene Cuno Tarfusser, ex giudice e vice presidente della Cpi per 11 anni.
"Non sono né antisemita né pro-palestinese, guardo le cose da magistrato, sono un uomo di diritto", premette Tarfusser, che nella sua spiegazione parte dall'articolo 117 della Costituzione secondo cui la potestà legislativa è esercitata dallo Stato nel rispetto della Costituzione nonché dei vincoli derivanti dall'ordinamento comunitario e dagli obblighi internazionali. Quindi i Trattati ratificati da uno Stato prevalgono sull'ordinamento nazionale.
"Nel 1998 la comunità internazionale, che era senza dubbio diversa da quella odierna, si è data delle regole che sono state codificate nello Statuto di Roma, il cui articolo 27, che non ho scritto io né i giudici della Cpi, ma gli Stati, afferma in modo chiaro che la qualifica di Capo di Stato o di Governo non esonera la persona dalla sua responsabilità penale per crimini internazionali. Di cosa stiamo parlando allora?", prosegue Tarfusser.
Secondo l'ex giudice della Cpi, anche gli articoli 86 e 89 dello Statuto di Roma, che citano tra l'altro l'obbligo di cooperazione "piena" da parte degli Stati riguardo l'arresto e la consegna di un individuo colpito da mandato d'arresto, sono piuttosto chiari. "Finché restano in vigore queste norme, ci sono due soluzioni: la prima, banale, è dire a Netanyahu di non venire, la seconda, è togliere i finanziamenti alla Corte e farla morire, il che sarebbe gravissimo, un ritorno alla barbarie", spiega Tarfusser, che critica il comportamento "ipocrita" di quei Paesi che oggi vogliono 'salvare' il primo ministro israeliano e "meno di un anno fa applaudivano la stessa Cpi per il mandato di arresto contro Putin. Non si può essere così ondivaghi".
Donat Cattin, professore associato alla New York University (Nyu) Center for Global Affairs, commenta invece le parole del portavoce della Cpi, Fadi El Abdallah, riportate dall'emittente israeliana Kan, secondo cui la Corte potrebbe revocare il mandato di arresto nei confronti di Netanyahu. "In linea di principio è corretto" affermarlo qualora vi fossero indagini preliminari e procedimenti penali per gli stessi fatti che fanno parte dei capi d'accusa confermati dalla Camera preliminare, ma - sottolinea il giurista - l'azione del procuratore della Cpi, Karim Khan, nasce "evidentemente perché non ha colto nessun elemento di indagine genuina, cioè volta a reprimere questi comportamenti".
Il professore associato alla Nyu parla quindi del ricorso che Israele ha annunciato contro il mandato di arresto di Netanyahu, precisando che in realtà si tratta di un'eccezione alla giurisdizione della Corte, esattamente una 'challenge of jurisdiction', quindi "un appello sulla validità dell'esistenza della giurisdizione, della competenza della Corte" basata sul fatto che la Palestina non è uno Stato. "Ma la realtà purtroppo o per fortuna, non do giudizio di valore qui, è che la Palestina è comunque uno Stato osservatore nell'Assemblea Generale dell'Onu che ha ratificato numerosi trattati - evidenzia - La Corte non è un organo deputato a riconoscere o non riconoscere la statualità di un ente territoriale, quindi si rimette a ciò che altri enti come le Nazioni Unite reputano in linea con il diritto".
Se dovesse allora mettere piede in Italia, Netanyahu, dal punto di vista del diritto, andrebbe arrestato? "Non posso non citare il commento assolutamente corretto del ministro Crosetto. C'è una legge italiana del 2012 adottata dal Parlamento praticamente all'unanimità, sulla cooperazione dell'Italia con la Corte penale internazionale. Per cui la materia poi sarà 'sub judice' qualora il governo o la difesa o le parti in causa vorranno far valere il tema dell'immunità, che è sicuramente un tema presentissimo, cioè le immunità ci sono", risponde Donat Cattin.
"Se venisse in Italia Francia o in un altro Stato che ha questo obbligo di arresto e di consegna, la materia potrà solamente essere risolta da un giudice competente - conclude - Se iniziamo ad erodere questo principio della responsabilità personale e individuale estendendo l'immunità in maniera eccessiva, rischiamo poi di creare un incentivo a questi capi di Stato che si vedrebbero attribuiti questo privilegio qualora rimanessero in ufficio. Daremmo un ulteriore incentivo al fatto che non cedano mai il potere, e questo sarebbe un effetto perverso della norma".