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Ue, chi è Ursula von der Leyen: l’ex pupilla di Merkel per due volte presidente

Carriera, posizioni politiche e vita privata della prima donna alla guida della Commissione Europea

La presidente della Commissione Europea Ursula von der Leyen - (afp)

La riconfermata presidente della Commissione Europea Ursula von der Leyen, nata Ursula Gertrud Albrecht, classe 1958, è tedesca ma è originaria di Ixelles, un comune della regione di Bruxelles-Capitale, in Belgio. Suo padre, Ersnt Albrecht, è stato tra l'altro direttore generale alla Concorrenza della Commissione, per poi tornare in patria e diventare presidente della Bassa Sassonia, dopo aver fatto per un periodo l'amministratore delegato della Bahlsen, azienda che produce biscotti e dolciumi.

Nell'ultima fase della sua vita il padre di von der Leyen ha sofferto del morbo di Alzheimer, cosa che la presidente ha ricordato nei suoi discorsi, raccontando di come suo padre, alla fine della sua vita, parlasse dell'Europa come di un membro della famiglia. Gli Albrecht erano una delle grandi famiglie nobili del Regno di Hannover. Fino all'età di 13 anni Ursula ha studiato alla Scuola Europea di Bruxelles, poi la sua famiglia tornò in Germania.

Parla correntemente inglese e francese, oltre al tedesco; ha vissuto per oltre un anno a Londra, dove riparò nel 1978, quando la sua famiglia venne informata che la Rote Armee Fraktion aveva intenzione di rapirla, in quanto figlia di un noto politico della Cdu. Nella capitale britannica ha vissuto sotto falso nome (Rose Ladson), sotto la protezione di Scotland Yard, e ha frequentato la London School of Economics. "Come dirà chiunque mi abbia conosciuto all'epoca - ha ricordato nel gennaio 2020 a Londra, parlando nella sua vecchia scuola - passavo più tempo nei bar di Soho e nei negozi di dischi di Camden di quanto facessi leggendo libri nella Biblioteca della Senate House. Per risparmiarvi i miei rossori, vi risparmierò tutti i dettagli".

Secondo DiePresse, all'epoca gli amici la chiamavano Röschen (piccola rosa): viveva in un appartamentino in affitto a Earl's Court e le piaceva andare ai concerti di musica punk. Nel 1986 ha sposato Heiko von der Leyen, medico, di una famiglia di mercanti di seta divenuti nobili nel XVIII secolo, che ha conosciuto nel coro dell'Università di Gottinga. Hanno avuto ben sette figli, tra il 1987 e il 1999; hanno vissuto per qualche anno in California, dove lui insegnava. Anche lei si è laureata in Medicina, specializzazione Ginecologia.

Nel 2003 è diventata parlamentare della Bassa Sassonia, occupandosi di famiglia, donne e salute nel governo locale. Nel 2005 è stata nominata ministra federale alla Famiglia e ai Giovani nel governo di Angela Merkel; dal 2009 al 2013 è stata ministra del Lavoro e Questioni Sociali, battendosi per le quote rosa nei cda, per i matrimoni tra omosessuali e per il salario minimo nazionale, posizioni progressiste che le hanno procurato non pochi nemici nell'ala conservatrice della Cdu/Csu. Dal 2013 al 2019 è stata ministra della Difesa; dal 2016 siede nel Board of trustees del World Economic Forum.

Il 2 luglio 2019 venne nominata presidente della Commissione Europea, prima donna a ricoprire il ruolo, grazie ad un accordo tra Emmanuel Macron e Angela Merkel; venne poi eletta al Parlamento Europeo con soli 9 voti di scarto. Da allora vive durante la settimana a palazzo Berlaymont, dove dorme in una stanza vicina al suo ufficio, per tornare nei weekend nella sua fattoria di Burgdorf-Beinhorn, nei pressi di Hannover, in Bassa Sassonia, dove tiene cavalli, una delle sue passioni (un suo pony, Dolly, venne sbranato da un lupo nel 2022).

Il Green Deal, una serie di leggi che mirano a decarbonizzare l'economia dell'Ue rendendola climaticamente neutrale entro il 2050, è stato la bandiera del suo primo mandato, oltre alla gestione della pandemia di Covid-19, con l'acquisto congiunto dei vaccini e il Green Pass per viaggiare. Dal 24 febbraio 2022 è tra le più ferme sostenitrici dell'Ucraina, insieme alla presidente del Parlamento Roberta Metsola. Ha avuto notoriamente un pessimo rapporto con il presidente uscente del Consiglio Europeo, Charles Michel, che la lasciò da sola sul divano per accomodarsi in poltrona a parlare a tu per tu con il presidente turco Recep Tayyip Erdogan.

Un team di giornalisti altamente specializzati che eleva il nostro quotidiano a nuovi livelli di eccellenza, fornendo analisi penetranti e notizie d’urgenza da ogni angolo del globo. Con una vasta gamma di competenze che spaziano dalla politica internazionale all’innovazione tecnologica, il loro contributo è fondamentale per mantenere i nostri lettori informati, impegnati e sempre un passo avanti.

Esteri

Ue, da domani in carica Costa e von der Leyen bis: pronti...

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Rinnovati i vertici europei: il nuovo scenario

Ursula von der Leyen - Afp

Le istituzioni Ue hanno completato, sei mesi dopo le elezioni, il ciclo di rinnovo dei vertici e sono pronte ad affrontare il ritorno alla Casa Bianca di Donald Trump. La Commissione von der Leyen bis entrerà in carica domani, 1 dicembre, in contemporanea con il nuovo presidente del Consiglio Europeo, il portoghese Antonio Costa, che succede al belga Charles Michel.

Il nuovo governo di Bruxelles

Il nuovo esecutivo guidato da Ursula von der Leyen vede una prima linea formata da sei vicepresidenti esecutivi: la spagnola Teresa Ribera (Socialisti), il francese Stéphane Séjourné (Renew), l'italiano Raffaele Fitto (Ecr), la finlandese Henna Virkkunen (Ppe), la rumena Roxana Minzatu (Socialisti) e l'Alta Rappresentante Kaja Kallas, estone (Renew). Commissari molto 'pesanti' saranno due veterani della Commissione, il lettone Valdis Dombrovskis (Economia) e lo slovacco Maros Sefcovic (Commercio).

L'ingresso di un esponente dei Conservatori nella 'prima fila' della nuova Commissione ha reso il processo di nomina molto travagliato, perché ha fatto esplodere le tensioni latenti nella 'maggioranza Ursula' da quando il voto popolare nelle elezioni europee ha penalizzato i Liberali e i Verdi, assottigliando entrambi i gruppi. Gli ecologisti, anche se non hanno mai fatto parte formalmente della maggioranza, da quando von der Leyen ha lanciato il Green Deal sono entrati in quell'orbita, tanto che la presidente ha detto espressamente, qualche giorno fa, di considerarli parte integrante della sua maggioranza.

La forza del Ppe e la frustrazione della sinistra

Gli equilibri politici sono cambiati: oggi è impossibile la formazione di una maggioranza nell'Aula senza il Ppe, cosa che era invece possibile nella scorsa legislatura, se le sinistre si alleavano con i Liberali di Renew. Per contro, se il Ppe vota insieme ai tre gruppi alla sua destra (nell'ordine Ecr, Patrioti ed Europa delle Nazioni Sovrane), forma una maggioranza di centrodestra.

Questo nuovo equilibrio politico ha reso impossibile bocciare qualche candidato commissario, cosa che tradizionalmente il Parlamento fa, anche per ribadire il proprio potere, essendo l'unica istituzione Ue eletta direttamente dal popolo. La situazione è cambiata a tal punto che i Conservatori dell'Ecr, il gruppo più 'a sinistra' tra le tre destre, sono stati determinanti per confermare, con la maggioranza dei due terzi, i candidati di tutti i Paesi e di tutti i partiti, certificando il loro nuovo ruolo nell'orbita di quella che Manfred Weber ha definito "la mia maggioranza". Questa situazione nuova ha generato molta frustrazione nei gruppi a sinistra del Ppe, specie tra i Socialisti, costretti a venire a patti con un gruppo, l'Ecr, che nella scorsa legislatura era riuscito a fatica a spezzare il 'cordone sanitario' che gli impediva di accedere alle presidenze di commissione solo grazie a Johan Van Overtveldt, fiammingo dell'N-Va.

La partita doppia Fitto Ribera

Tutto questo malcontento è esploso quando, dopo che i Socialisti erano stati morbidi in audizione con Raffaele Fitto, i Popolari si sono scatenati, la sera stessa, contro la candidata socialista spagnola Teresa Ribera, essenzialmente per volontà del Partido Popular, cui il presidente Manfred Weber non può dire di no, se vuole essere rieletto presidente la prossima primavera. A quel punto i Socialisti, dove gli spagnoli conservano la presidenza del gruppo pur essendo la seconda delegazione dopo il Pd, hanno reagito e la conferma dei sei vicepresidenti, e del commissario ungherese Oliver Varhelyi, è stata messa in pausa. Dopo qualche giorno, Popolari e Socialisti sono riusciti faticosamente a trovare un'intesa, ma solo allegando speculari dichiarazioni scritte, dal dubbio valore giuridico, ai pareri di conferma di Fitto e Ribera.

Consensi al minimo storico e il peso dell'Ecr

Il voto di mercoledì scorso a Strasburgo è stato il frutto di queste tensioni. La maggioranza Ursula è diventata un groviera e il nuovo collegio si insedia con il minimo storico di consensi raccolti nel Parlamento Europeo, solo 370 voti a favore a fronte dei 401 raccolti da Ursula von der Leyen nello scorso luglio, a scrutinio segreto. C'è chi ritiene che il voto palese di mercoledì, con un bottino di consensi per il collegio inferiore a quello raccolto tre mesi fa dalla presidente a scrutinio segreto (una cosa mai vista prima), in realtà avvantaggi la presidente, perché potrà sempre sostenere di avere raccolto un consenso superiore a quello incassato dai suoi commissari.

Nessuno può dire con certezza ora se sarà effettivamente così, ma tutti a Bruxelles sanno che il calo dei consensi è dovuto all'apertura all'Ecr, voluta da Manfred Weber e accettata da von der Leyen, che in questa partita si è mantenuta silente, malgrado i ripetuti appelli affinché parlasse. Se avesse spiegato, come le è stato ripetutamente chiesto dai Liberali e anche dai Socialisti, di aver nominato Fitto vicepresidente esecutivo non in quanto rappresentante dell'Ecr ma in quanto espressione di un grande Paese fondatore come l'Italia, in pochi nell'S&D avrebbero avuto qualcosa da obiettare.

Ma von der Leyen non lo ha fatto e in Aula il suo collegio ha preso ben pochi voti, appena nove in più della maggioranza assoluta, un dato che tecnicamente non vuol dire nulla, perché al collegio bastava la maggioranza relativa, cioè un voto favorevole in più di quelli contrari espressi, per essere eletto. Politicamente, però, vuol dire molto, perché significa che la base di consensi in Parlamento su cui può contare la Commissione per far passare le sue proposte legislative si assottiglia di parecchio. Tuttavia, nel Parlamento Europeo le maggioranze spesso variano a seconda dei dossier e in questa legislatura, viste le premesse, è probabile che saranno variabili. Il capodelegazione di Fratelli d'Italia Carlo Fidanza ha promesso che l'Ecr lavorerà per tutta la legislatura con l'obiettivo far pendere la bilancia verso destra sui singoli provvedimenti, specie sul Green Deal: "Che numeri avrà qui dentro la Commissione? - ha detto - su questo giocheremo la nostra partita su ogni singolo dossier, perché sappiamo che i numeri qui dentro sono cambiati".

In questo quadro, la Commissione von der Leyen bis sulla carta nasce debole. Il discorso fatto dalla presidente in Aula è stato avaro di annunci di sostanza: sulla difesa comune, un tema di importanza sempre crescente alla luce degli sviluppi geopolitici in corso alle porte di casa, con i soldati nordcoreani pronti a sparare sugli ucraini in territorio russo, la presidente si è limitata ad annunciare un "Libro Bianco" sulla difesa. Un annuncio che difficilmente preoccuperà Vladimir Putin. Ha promesso che questa sarà la Commissione "degli investimenti", senza dire una parola su come verranno finanziati. Con le elezioni alle porte in Germania, è difficile comunque aspettarsi che la presidente, sempre molto attenta agli equilibri politici nel suo Paese, si sbilanci troppo su temi delicati.

La situazione del Consiglio europeo

Se nel Parlamento Europeo il quadro è sempre più frammentato, le cose non vanno molto meglio nel Consiglio Ue, l'altro colegislatore dell'Unione, e nel Consiglio Europeo, il consesso dei capi di Stato e di governo che dà l'indirizzo politico dell'Unione tramite le sue conclusioni. Tra i grandi Paesi dell'Ue, la Germania andrà a elezioni in febbraio, archiviando il governo 'semaforo' di Olaf Scholz, si vedrà con quali esiti (per ora è favorita la Cdu/Csu di Friedrich Merz). In Francia il governo guidato dal Républicain Michel Barnier è appeso alla volontà del Rassemblement National di Jordan Bardella e Marine Le Pen. In Spagna il governo di Pedro Sanchez, che è riuscito a vincere le elezioni con un'audace manovra di anticipo del voto e lasciando i Popolari privi di una maggioranza, naviga a vista.

Tra i grandi Paesi, solo l'Italia, con Giorgia Meloni, e la Polonia, con Donald Tusk, hanno governi relativamente stabili. L'Olanda ha un governo guidato da un civil servant, Dick Schoof, il cui azionista di maggioranza è Geert Wilders del Pvv, un populista visto come il fumo negli occhi nei circoli del potere di Bruxelles. In questo quadro, dopo i due mandati del belga Charles Michel, che aveva un pessimo rapporto con Ursula von der Leyen e non faceva nulla per nasconderlo, i 27 hanno scelto come presidente il portoghese Antonio Costa. E' un socialista pragmatico, che quando era premier del Portogallo è riuscito a sconfiggere i falchi che volevano imporre ulteriore austerità al suo Paese, 'salvato' dalla Troika, migliorando gradualmente le condizioni di vita dei cittadini e riportando in equilibrio i conti pubblici.

Viene da un Paese relativamente piccolo, che ha però alle spalle una lunghissima storia, con l'impero coloniale più longevo d'Europa, quasi 600 anni: il primo avamposto commerciale fu Ceuta, sulla costa marocchina, all'inizio del XV secolo; Angola e Mozambico hanno conquistato l'indipendenza solo a metà degli anni Settanta, al termine di guerre sanguinose contro le truppe mandate da Antonio Salazar. Lo stesso Costa è figlio di quella tradizione imperiale: suo padre era nato in Mozambico, da genitori di Goa, antica colonia portoghese sulla costa occidentale dell'India. Il Portogallo è un bacino tradizionale per le nomine politiche di caratura internazionale: il segretario generale delle Nazioni Unite, Antonio Guterres, nel cui governo Costa iniziò la sua carriera come sottosegretario, è un portoghese, così come lo era José Durao Barroso, per due volte presidente della Commissione.

Chi è Costa

Costa, primo politico del Sud Europa ad arrivare alla guida del Consiglio Europeo dopo due belgi inframmezzati da un polacco, è un politico di razza: è stato sindaco di Lisbona, ministro e premier del suo Paese. E' un socialista pragmatico, concreto al punto di organizzare, in un episodio rimasto famoso in Portogallo, una gara tra una Ferrari e un asino per dimostrare che un'arteria suburbana aveva un problema di congestionamento da traffico (vinse l'asino). Non teme né schiva il contatto con il popolo, a differenza di non pochi dirigenti della sinistra, tanto che è facile incrociarlo a pranzo nella mensa dei dipendenti del palazzo Justus Lipsius, che è quella più basilare (ce n'è un'altra più costosa nei sotterranei dell'Europa Building).

Malgrado sia relativamente poco conosciuto al grande pubblico europeo, non è un peso piuma, come spesso capita quando si tratta di cariche di vertice dell'Ue, perché i capi di Stato e di governo non gradiscono avere sopra di sé a Bruxelles personalità in grado di fare loro ombra. E' capace di mediare e di trovare compromessi, tanto da essere andato a trovare, poco dopo la nomina, Giorgia Meloni, che gli aveva votato contro in Consiglio Europeo per protesta contro un accordo sulle nomine che aveva bypassato i leader esterni alla maggioranza.

E' certo, o quasi, che con Costa non si ripeteranno le scene che, negli ultimi cinque anni, hanno evidenziato agli occhi del mondo intero le divisioni che attraversano le istituzioni dell'Ue, oltre che i suoi Stati membri. Primo fra tutte l'ormai celebre Sofagate, quando Charles Michel scattò fulmineo per prendere posto sulla poltrona a fianco di Recep Tayyip Erdogan, lasciando Ursula von der Leyen ad accomodarsi su un divano, in disparte. In un'intervista al Corriere della Sera e ad alcuni quotidiani europei, Costa assicura oggi di avere una "eccellente relazione personale e politica" con von der Leyen. "Non vedo alcun motivo perché cambi", dice. Ma poco più avanti ricorda che la sua "missione" è, tra l'altro, "garantire la rappresentanza dell'Unione in materia di politica estera e di sicurezza". E aggiunge, in un passaggio chiave, che "il trattato è molto chiaro sulle competenze" e che quindi "dobbiamo coordinarci".

La politica estera e l'attivismo di von del Leyen

Non è un mistero che, in questi cinque anni, l'attivismo di Ursula von der Leyen in politica estera non ha incontrato il gradimento di tutti, nelle capitali, in particolare quando si è recata, poco dopo le stragi del 7 ottobre 2023, in Israele, prima che gli Stati membri concordassero una posizione comune. La competenza sulla politica estera dell'Ue è del Consiglio, non della Commissione: l'Alto Rappresentante è vicepresidente della Commissione ma presiede in via permanente il Consiglio Affari Esteri. Non sono mancati, in questi cinque anni, disaccordi con Josep Borrell, Alto Rappresentante, specie sulla situazione in Medio Oriente. Borrell era stato ministro e presidente del Parlamento Europeo, mai premier. Sia Kaja Kallas, la nuova Alta Rappresentante, sia Antonio Costa sono ex primi ministri, carica cui von der Leyen, che è stata più volte ministra in Germania, non è mai arrivata. Solo il tempo potrà dire se con Costa Washington avrà finalmente trovato il numero di telefono da chiamare per parlare con l'Ue.

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Esteri

Vespucci a Mumbai, per Talò “un grande successo del...

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L'ambasciatore racconta all'Adnkronos la nuova tappa del tour di nave Vespucci. Oggi Urso al Villaggio Italia

Vespucci a Mumbai, per Talò

Da ieri nel centro della megalopoli che è la capitale economica e finanziaria del paese con più abitanti del mondo c’è un villaggio italiano.

È stato inaugurato a Mumbai, l’antica Bombay, il “Villaggio Italia”, l’esposizione itinerante pluriennale con il meglio del nostro paese che accoglie l’Amerigo Vespucci, la nave di addestramento della Marina Militare italiana (FOTO), in occasione delle soste nelle tappe più importanti del suo giro del mondo.

Per l’occasione c’era anche Francesco Talò, già consigliere diplomatico della presidente del presidente del Consiglio, che ha raccontato all’Adnkronos cosa è successo: “Quando arriva “la nave più bella del mondo” (definizione attribuita da veri esperti, quelli dell’equipaggio della portaerei americana Independence nel 1962, incrociando il Vespucci) è subito un successo. Lunghe file di cittadini vogliono visitare la nave e si ritrovano ad entrare in uno spazio italiano allestito a tempo record proprio davanti al Vespucci nel porto che si trova vicino al centro storico della capitale economica dell’India”.

“Col Villaggio Italia – prosegue Talò - si vuole fare qualcosa di cui si parla molto ma che spesso stenta a tradursi in realtà: rendere concreto, e in questo caso molto visibile, il sistema Italia. Al progetto, voluto dal Ministro Crosetto, partecipano 11 ministeri con il coordinamento operativo di Difesa Servizi, la società controllata dal ministero della Difesa che contribuisce, tra l’altro, a valorizzare anche economicamente il patrimonio immobiliare e immateriale delle nostre Forze Armate. Naturalmente la Marina Militare è protagonista e il Comandante delle sue scuole, l’Ammiraglio Antonio Natale, nella cerimonia di inaugurazione del Villaggio Italia ha sottolineato il legame profondo tra i nostri marinai e la nave dove molti di loro hanno imparato tra l’altro cosa vuol dire essere un equipaggio, quindi fare squadra”.

La novità della missione Vespucci è nel dimostrare come un sistema ben coordinato può rendere ancora più competitiva l’offerta italiana in settori che vanno dai prodotti industriali innovativi al design, dal turismo all’offerta della filiera agroalimentare. Non manca la cultura e le nostre istituzioni in India hanno colto l’occasione del centenario della morte di Puccini (proprio nello stesso giorno della cerimonia del Vespucci) per organizzare un concerto di arie del grande compositore toscano con interpreti italiani in uno storico teatro di Mumbai.

Secondo Talò, “tutto ciò è collegato a un messaggio anche politico: una nave che con il suo giro di due anni attraverso tutti gli oceani indica la volontà italiana di collegarsi con tutti i continenti, di sviluppare una visione ampia dei propri rapporti internazionali. La diplomazia navale esiste da lungo tempo, ma in questo caso con una nave così particolare e non destinata ad operazioni militari si ottiene una comunicazione ad ampio raggio”.

Prosegue l’ambasciatore: “l’Amerigo Vespucci, che ho sentito chiamare da un indiano “American Vespucci” con un felice errore perché fa ricordare come il navigatore italiano sia l’unica persona che abbia dato il nome ad un continente (Europa era solo una figura mitologica), è quindi il vettore, un protagonista che è anche un pretesto, per la combinazione nave/villaggio che l’Amministratore Delegato di Difesa Servizi ha definito una “piattaforma di comunicazione”, un’esposizione multi settoriale e multimediale che si rinnova di tappa in tappa con un modulo sempre più rodato e con crescenti economie di scala per presentare la forza dell’Italia del “bello e ben fatto”.

L’Italia quindi si presenta nella città del “Gateway of India”, l’arco monumentale affacciato sul mare arabico che voleva rappresentare la porta del grande impero indiano. “Adesso la nostra nave simbolo trasmette un forte messaggio dell’Italia a pochi minuti da questo simbolo del passato coloniale britannico che oggi può trasmettere al mondo il segnale di un’apertura di un paese che ha l’ambizione di diventare presto la terza economia mondiale”, spiega Talò all'Adnkronos.

Del resto, questa visita del Vespucci vuole sottolineare la volontà di dialogo e quindi di conoscenza reciproca, e qui entra in gioco il ruolo dei mezzi d’informazione, perché questa è anche l’occasione per far conoscere agli italiani una città dove ancora non c’è una ricchezza diffusa ma che cresce rapidamente e che con le sue masse umane trasmette una straordinaria energia protesa verso il futuro ma con forti radici nel passato. Cosa sanno gli italiani dell’India oltre alle immagini più conosciute?

Risponde Talò: “In molti sono fermi alle immagini di alcuni decenni fa quando Moravia e Pasolini descrivevano con il loro viaggio un paese spirituale ed affascinante, ma sofferente e bisognoso di aiuto. Sono visioni distanti anni luce dalla storia di successo di oggi con una nazione che ha molto da offrire proponendosi come leader del “Sud Globale”, e non solo”.

Oggi arriva il ministro Adolfo Urso che sarà impegnato proprio a cogliere l’occasione della presenza del Vespucci per annodare i fili di un rapporto che presenta enormi opportunità. Ne ha parlato in occasione della cerimonia di apertura del villaggio Italia a Mumbai l’Ambasciatore Antonio Bartoli il quale ha ricordato come in due anni i capi dei governi di Italia e India si siano incontrati ben cinque volte, l’ultima in occasione del vertice G20 a Rio de Janeiro di questo mese.

“In effetti dopo la visita effettuata da Meloni nella capitale indiana nel marzo dello scorso anno c’è stata un’impennata in un rapporto che, come ha rilevato il nostro presidente del Consiglio questa settimana nel chiudere a Roma i “Dialoghi Mediterranei” considera cruciali opportunità come il corridoio di connettività tra India, Medio Oriente ed Europa (IMEC), che ha come punto di partenza proprio il porto di Mumbai dove si trova adesso e Vespucci e potrebbe approdare nel più settentrionale dei porti europei, Trieste”, conclude Talò.

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Esteri

Libano, Usa nominano Jasper Jeffers per supervisionare il...

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L'inviato speciale di Biden, Amos Hochstein ricoprirà il ruolo di co-presidente civile fino alla nomina di un funzionario civile permanente. Idf: ritrovate armi di Hezbollah in una moschea

Gente in strada in Libano - Afp

Un generale Usa per l'attuazione del cessate il fuoco in Libano. Gli Stati Uniti hanno nominato il maggiore Jasper Jeffers, Special Operations Command Central (Soccent), per coordinare – insieme all'inviato speciale del presidente Joe Biden, Amos Hochstein – l'attuazione e il monitoraggio del meccanismo di cessazione delle ostilità tra Israele e Libano.

Secondo il Centcom, "il meccanismo sarà presieduto dagli Stati Uniti e sarà composto dalle Forze armate libanesi, dalle Forze di difesa israeliane, dalle Forze di interim delle Nazioni Unite in Libano (Unifil) e dalla Francia". Hochstein ricoprirà il ruolo di co-presidente civile fino alla nomina di un funzionario civile permanente.

Idf: "Armi di Hezbollah in una moschea nel sud"

Le forze israeliane dispiegate nel Libano meridionale fanno sapere intanto di aver trovato armi di Hezbollah nascoste in una moschea. E che una nave lanciamissili della Marina israeliana ha intercettato un drone nel Mar Mediterraneo che si stava dirigendo verso Israele ed era stato lanciato presumibilmente dall'Iraq.

Nella notte, un altro drone diretto verso Israele dall'Iraq è stato abbattuto dall'aeronautica militare israeliana.

Procuratore capo Cpi: "Respingere appello di Netanyahu"

Intanto il procuratore della Corte penale internazionale che ha spiccato il mandato d'arresto per il premier israeliano Benjamin Netanyahu ha esortato la Camera d'appello della Cpi a respingere il tentativo di Israele di sospendere i mandati di arresto emessi nei confronti del primo ministro e dell'ex ministro della Difesa Yoav Gallant. Secondo il procuratore Karim Khan l'appello non soddisfa le condizioni legali richieste dalle norme della Cpi e afferma che la decisione contestata da Israele non riguarda "l'ammissibilità", un requisito fondamentale per tali appelli, ma affronta invece reclami procedurali sull'indagine.

Citando precedenti sentenze della Cpi, Khan sostiene che il caso dovrebbe restare alla Camera 'Pre-Trial', dove Israele ha già presentato la sua richiesta separata. Sostiene inoltre che non vi è alcuna base per sospendere i mandati di arresto. La Camera d'appello non ha ancora deciso se esaminerà l'appello di Israele.

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