Il potere, gli amori e la Rai: Vespa racconta il suo nuovo libro
Il giornalista parla all’Adnkronos di “Hitler e Mussolini”, ma anche di Meloni e Giambruno, Schlein sull'Aventino, Fitto in Europa
“Il potere è sempre stato un grande motivo di attrazione, anche se oggi non è più fatale come un tempo. Non si arriva più al suicidio come Geli, la nipote-lolita di Hitler”. Bruno Vespa commenta con l’Adnkronos il suo nuovo libro, “Hitler e Mussolini” (Rai Libri-Mondadori), che racconta anche gli amori, i sentimenti (e, nel caso del Führer, le perversioni) dei due uomini che hanno sconvolto il Novecento. Nella seconda parte, le interviste ai leader di oggi, da Meloni a Conte, da Calenda a Vannacci.
A 17 anni da “L’amore e il potere”, uscito nel 2007, anno della prima lettera di Veronica Lario a “Repubblica”, in cui chiedeva pubbliche scuse a Berlusconi, i rapporti sentimentali sono ancora in grado di condizionare la politica. “Basti pensare al caso Sangiuliano, che è ricostruito nel libro. Mariarosaria Boccia ha provato a usare per il proprio tornaconto il rapporto con il ministro, che era un bravo ministro ma non è riuscito ad arginarla, pagandone le conseguenze. Il caso più clamoroso di questi anni”.
Margherita Sarfatti, Ida Dalser, Rachele Guidi, nel libro ci sono tutte le donne del Duce. “Come si vede dal rapporto con la sua ultima amante, il potere attrae e inquina: se Claretta Petacci era sinceramente innamorata, intorno a sé aveva una famiglia di profittatori, con il padre che si fece raccomandare e il fratello che rubava a mani basse”. All’epoca, mantenere le apparenze era tutto. “Mussolini, che frequentava solo donne sposate, dormì solo una notte con Claretta, quella prima della fucilazione. Non aveva mai passato una notte fuori casa senza Rachele, che infatti diceva a tutti che lui, tanto, tornava sempre da lei”.
Oggi il mondo è cambiato, se si pensa ai rapporti tra Giorgia e Arianna Meloni e i rispettivi compagni, che sono stati chiusi dalle due leader senza troppo rumore né strascichi. Anzi, in questi giorni Andrea Giambruno si cosparge il capo di cenere per i fuorionda che hanno preceduto la rottura. “Fu una clamorosa caduta di gusto che ha portato alle conseguenze che sappiamo, fa piacere che abbia fatto ammenda”, chiosa Vespa.
Nel libro, la ricostruzione ben documentata delle vite dei due dittatori, accomunati anche dall’infanzia travagliata e dalla fine ingloriosa, si intreccia con i personaggi e le vicende dell’epoca. Come il delitto Matteotti, di cui quest’anno ricorre il centenario. “Ha cambiato la storia d’Italia”, rimarca Vespa. "Eppure anche i libri usciti negli ultimi mesi non riescono a dimostrare che Mussolini fu il mandante. Certo, la frase ‘quest’uomo non dovrebbe più circolare’ oggi gli farebbe comunque avere l’ergastolo per esserne stato l’istigatore. Ma non possiamo dire che lo abbia ordinato, sulla base dei documenti e delle testimonianze, persino degli antifascisti. Fu un omicidio eseguito da dilettanti che usarono un’auto vistosa per pedinarlo, come se oggi ci si appostasse sotto casa con una Ferrari. Tanto che il portiere riuscì a prenderne la targa. Lo hanno rapito e non si sa neanche se avessero un’arma – il figlio Matteo parla di una lima – non avevano idea di come seppellirlo, né di come farlo (scavarono la fossa con un cric)”.
Vespa non crede pienamente alla versione di Mussolini. “Negò di aver chiesto anche solo una spedizione punitiva, che in quegli anni erano diffuse, e mi pare difficile. Credo però che in quel momento fosse talmente forte e potente che quel delitto non gli servisse, anzi lo mise con le spalle al muro e lo trasformò nel dittatore spietato che (ancora?) non voleva essere. Nei giorni seguenti alla morte di Matteotti, l’antifascista Paolo Monelli lo incontrò con la barba sfatta, lo videro dare testate al muro, e negli anni seguenti fu lui (insieme al Viminale) a sostenere economicamente la vedova, che invece cacciò da casa gli amici del leader socialista perché non l’avevano aiutata. Credo che l’ala destra che ha sempre condizionato dall’interno il fascismo abbia avuto un ruolo determinante, ai danni del Duce”.
Quest’anno si riparla di Aventino, “per fortuna per questioni non di vita e di morte, bensì per la presidenza della Rai”, commenta il presentatore di “Porta a Porta”. “L’ho detto anche a Elly Schlein, la scelta di bloccare la nomina non la condivido, anche se ovviamente il Pd segue la sua strategia. Ma se la situazione è bloccata è perché un presidente di garanzia non può esistere, visto che trasformerebbe la maggioranza di governo in minoranza nel cda Rai, cosa alquanto curiosa”. E l’Unione Europea, che con lo European Media Freedom Act chiede al governo italiano di rendere la Rai libera dal condizionamento politico? “Lo spiego nel libro: anche alla Bbc, ancor più in altre tv pubbliche come quelle spagnole e francesi, la maggioranza di governo ha voce in capitolo sui vertici. È sempre stato così. Se l’editore è politico, il manager sarà sempre gradito alla politica. Poi la differenza è tra chi si sdraia e chi cerca di restare dignitosamente in piedi. Ho servito sotto 26 capi azienda, sui 29 che si sono alternati nella guida della Rai. 62 anni, di cui 56 in televisione. Dunque ne ho viste di tutti i colori. Posso dire che se adesso in Rai si facesse quello che si fece per evitare che Berlusconi tornasse al potere nel 2001, con Biagi, Benigni, Luttazzi, Santoro, altro che Telemeloni: ci sarebbe la lotta armata nelle strade”.
Chi è andato via dunque non lo ha fatto per un clima ostile che si è creato negli ultimi due anni? “Non mi pare proprio. Fabio Fazio e Bianca Berlinguer sono andati in tv rivali a guadagnare di più, e ricordo che il programma di Fazio, lo dicono i documenti, costava più di quanto rendesse alla tv pubblica. Lucia Annunziata ha scelto di candidarsi con il Pd alle europee. Martiri in giro non ne vedo. Vedo Ranucci, Damilano, Zanchini, Costamagna, Gomez e altri nomi sicuramente non organici a questa maggioranza”.
Infine, il libro racconta per filo e per segno il processo che ha portato alla nomina di Raffaele Fitto alla vicepresidenza esecutiva della Commissione Europea. “A dimostrazione che Giorgia Meloni e Ursula von der Leyen fossero perfettamente d’accordo, e che l’ostilità sbandierata serviva solo per evitare che la gamba ‘sinistra’ della maggioranza europea facesse precipitare il tavolo per protesta contro l’appoggio dei Conservatori. Quest’estate si raccontava sui giornali un’Italia isolata a Bruxelles che avrebbe avuto un ruolo di basso livello. Invece Fitto è uno dei vicepresidenti che gestirà alcuni dei dossier più importanti. E alla fine avremo un collegio anche più spostato a destra di quanto avevo previsto. Su migrazione e ambiente, il Ppe vota insieme ai Patrioti di Orban e Le Pen. D’altronde, quando parla Friederich Merz, il probabile prossimo cancelliere tedesco, sembra di sentire Salvini”. (di Giorgio Rutelli)
Politica
Sciopero, Salvini attacca Landini: “Prepara suo...
Per il ministro dei Trasporti, il segretario della Cgil "sui tagli sanità mente sapendo di mentire". E annuncia "nuova precettazione in caso di sciopero il 13 dicembre"
"Mi viene il dubbio che Maurizio Landini non tuteli l'interesse di lavoratrici e lavoratori, ma prepari il suo arrivo in Parlamento". Così il ministro dei Trasporti e leader della Lega, Matteo Salvini, torna a parlare del segretario della Cgil a due giorni dallo sciopero generale del 29 novembre e dopo l'annuncio di una nuova mobilitazione per il 13 dicembre.
"Leggevo su qualche giornale che Salvini ce l'ha con Landini. No, la vita è un dono troppo grande per passare il tempo odiando qualcuno. Però quando fai lo sciopero generale perché 'il governo taglia i fondi alla sanità' menti sapendo di mentire... Landini - ha detto il leader della Lega - ha proclamato lo sciopero ancora prima di conoscere la legge di bilancio, lamentando i tagli sulla sanità che non ci sono, perché in sanità ci sono 136 miliardi di euro che è il record storico per il servizio sanitario nazionale, quindi mi sembra che faccia politica". "E' suo diritto di farlo - osserva - come hanno fatto tutti i segretari della Cgil prima di lui che poi sono entrati in politica, lasciando il diritto di garantire agli italiani che vogliono lavorare tranquilli il diritto di farlo".
Salvini ricorda che "negli ultimi 20 anni solo due governi hanno ridotto gli stanziamenti sanitari rispetto all'anno precedente: si parla di due governi a guida Partito democratico e non ci furono scioperi generali. Allora mi viene il dubbio che il signor Landini non tuteli l'interesse di lavoratrici e lavoratori, ma prepari il suo arrivo in Parlamento come parlamentare della sinistra, come hanno fatto tutti i predecessori alla guida della Cgil. E quindi io ritengo mio diritto e mio dovere intervenire per garantire il diritto allo sciopero, che è sacrosanto, ma anche il diritto al lavoro".
Collegandosi con l'assemblea nazionale di Noi Moderati a Roma, sottolinea che "ci sono altri 15 scioperi solo nel mese di dicembre: se non si conterranno riducendo i disagi per i cittadini, a pochi giorni dal Natale, farò quello che ritengo sia mio diritto e dovere fare da ministro dei Trasporti". E riferendosi al nuovo sciopero annunciato per venerdì 13 dicembre ha assicurato che "se non utilizzeranno il buon senso" ricorrerò "al criterio di garantire per il penultimo venerdì prima di Natale una giornata serena"generale .
La replica di Landini
“Il governo, invece di porsi il problema di come rispondere a 500.000 persone che sono andata in piazza e a milioni di persone che hanno scioperato, continua a dire che il problema è quello che è successo a Torino fatto da 100 persone. Si capisce che siamo di fronte a qualcosa che non torna. Perché siamo di fronte a una esplicita volontà di non misurarsi con quella che è la richiesta che è stata avanzata", afferma dal canto suo Landini, a margine dell’assemblea di Europa verde in corso Chianciano terme.
"Io non sto dicendo che noi rappresentavamo tutti, ma da quello che si è visto venerdì 29 noi rappresentiamo una parte importante di questo Paese, quelli che pagano le tasse, quelli che tengono in piedi questo Paese e una delle rivendicazioni che stiamo facendo ad esempio è di andare a prendere i soldi dove sono, perché in questi due anni i profitti sono aumentati in una maniera esagerata e sono calati i salari e la tassazione sta aumentando sul lavoro dipendente e sui pensionati. Quindi io penso che ci sia un tentativo esplicito, lo ripeto, di svolta autoritaria perché quando alle persone che ti chiedono democraticamente di essere ascoltate non rispondi e pensi addirittura di fare un decreto che li arresti se manifestano, ecco io penso che questa è una svolta autoritaria contraria ai principi della nostra costituzione", aggiunge Landini.
Politica
Senato, il ‘tempo effettivo’ per evitare...
Un cronometro per evitare che gli interventi sforino e nascano battibecchi
Dal servizio Lis in Senato, al timer 'visivo', con un cronometro sul display principale dell'Aula, quello dove solitamente compaiono i risultati delle votazioni, che 'ricorda' ai senatori i tempi previsti in Aula per i loro interventi. Potrebbero essere queste alcune delle novità che Palazzo Madama metterà a punto nei prossimi mesi, come emerso in Aula nel corso della discussione sul rendiconto 2023 e sul bilancio 2024, approvato poi all'unanimità dall'Assemblea. Il gruppo del M5S, come ricordato dal questore anziano Gaetano Nastri, ha fatto richiesta di mettere a disposizione, in situazioni di particolare rilevanza istituzionale e culturale, un servizio di interpretariato e traduzione di lingua dei segni italiana all'interno delle trasmissioni in streaming della WebTv del Senato.
Inoltre "in un'ottica di funzionalità e innovazione, sempre seguendo il suggerimento dei colleghi del MoVimento 5 Stelle, valuteremo l'eventuale introduzione di un timer", ha reso noto lo stesso senatore di Fdi, con riferimento alla messa a punto di un sistema di alert e monitoraggio dei tempi previsti per i singoli interventi in Aula, evitando così i frequenti richiami della presidenza al rispetto dei tempi di chi prende la parola nel corso delle sedute. Il Collegio ha già incaricato gli uffici del Senato di avviare la necessaria istruttoria tecnica.
Politica
Meloni: “Centrodestra diverso ma coeso, troviamo...
Videomessaggio della premier all'assemblea nazionale di Noi Moderati: "Cammino ancora lungo, rendere nostra coalizione ancora più forte". E aggiunge: "Noi concreti, sinistra ideologica e obsoleta"
La coalizione di centrodestra "è composta da forse politiche diverse, ognuna ha la sua identità e la sua storia, che sono un valore aggiunto e ciò che ci rende forti e coesi è la volontà, la voglia di stare insieme è quello che ci consente di fare sempre sintesi, di trovare un punto di incontro". Sono le parole di Giorgia Meloni, presidente del Consiglio, nel videomessaggio inviato all'assemblea nazionale di Noi Moderati.
"Possiamo farlo perché siamo uniti dalla stessa visione del mondo di fondo, perché crediamo negli stessi valori di riferimento, perché abbiamo idee compatibili, perché intendiamo portare avanti fondamentalmente gli stessi progetti", aggiunge la premier ricordando che "è tutto questo che ci tiene insieme da 30 anni a questa parte, che ci ha permesso in questi primi due anni di Governo di raggiungere risultati inaspettati, di invertire quel declino al quale l'Italia sembrava ormai destinata".
"A noi piace approfondire le questioni - aggiunge - anche quelle più spinose, anche quelle all'apparenza troppo difficili da affrontare, anche quelle dalle quali in passato gli altri sono scappati. Valutare le opzioni possibili e tentare di scegliere quella che è più efficace o che si ritiene la più efficace. C'è il rischio di sbagliare. Certo. Però penso che una politica senza coraggio, senza determinazione, senza la capacità di osare fino in fondo non sia politica: è sopravvivenza, amministrazione del potere, gestione dell'ordinario".
Secondo la presidente del Consiglio e leader di Fdi "c'è ancora tanto da fare, ovviamente, e il cammino che abbiamo davanti è però un cammino ancora lungo, dobbiamo e possiamo insieme rendendo il centrodestra, sempre più forte e sempre più coeso. Ringrazio Maurizio Lupi per il grande lavoro che ha fatto in questi anni. Ovviamente saluto con piacere Maria Stella, Mara, Giusy e Mario che, con l'assemblea di oggi scelgono di rafforzare il centrodestra, a renderlo ancora più plurale e unito nella difesa dell'interesse Nazionale". "Noi vogliamo affrontare i problemi della nostra nazione, fare le riforme che l'Italia aspetta da sempre, quelle riforme delle quali si è discusso per decenni, ma che poi alla fine non sono mai diventate realtà. Vogliamo scardinare quelle rendite di posizione che impediscono alle nostre migliori energie di liberare il loro potenziale. Vogliamo costruire una visione di sviluppo e di crescita di medio e lungo periodo per questa Nazione. Vogliamo una strategia per questa Nazione. Tutti obiettivi che solo il centrodestra ha la possibilità di raggiungere", dice la premier.
Meloni poi sottolinea poi che "i cittadini ci hanno dato la loro fiducia e lo hanno fatto perché sanno che si possono fidare di noi, che noi vogliamo attuare il programma con il quale ci siamo presentati alle elezioni. Una cosa non proprio scontata in Italia. Sanno anche che la nostra cifra è la concretezza. Vedete, un giorno sì e l'altro anche, veniamo accusati dalla sinistra di essere ideologici di portare avanti i provvedimenti lontani dal mondo e dalla realtà. A me pare esattamente il contrario. A me pare che l'ideologia, i pregiudizi, gli schemi obsoleti siano di istanza da qualche altra parte".
"L'Italia è tornata a correre, lo dicono i dati macroeconomici, la crescita del Pil. I numeri eccezionali sull'occupazione, mai così alta dai tempi dell'Unità d'Italia, la ritrovata fiducia degli investitori, la performance del nostro Export che ci ha permesso di diventare per la prima volta la quarta nazione esportatrice al mondo", sostiene la premier. "Ricordate quando in campagna elettorale la sinistra, i grandi giornali dicevano che con il centrodestra al Governo l'Italia sarebbe andata in default, che saremmo stati sommersi dallo spread, che avremmo messo a rischio i risparmi degli italiani, che non avremmo realizzato il Pnrr e che anzi avremmo perso le risorse. Tutte bugie spazzate via dalla realtà e dalla concretezza del nostro lavoro", prosegue la presidente del Consiglio.
Tajani: "Nessuna divisione, avanti fino a fine legislatura"
"Saluto con grande soddisfazione l'ingresso di Noi Moderati nel Partito popolare europeo, se fosse vero quello che scrivono alcuni giornali non ci saremmo battuti noi di Forza Italia per il vostro ingresso nella grande famiglia popolare, che rappresenta l'asse portante della democrazia nel nostro continente", afferma da parte sua il segretario di Fi e vicepremier, Antonio Tajani, intervenendo all'assemblea . "Sono lieto che in Italia questa area sia sempre più consistente, saremmo miopi se pensassimo a schermaglie di basso livello", ha sottolineato il leader azzurro, per il quale "il nostro compito è quello di allargare i confini del centrodestra, non tocca a noi andare a cercare voti tra Fdi o Lega per avere mezzo punto in più".
Divisioni nella maggioranza? "Siete fissati con le divisioni, un'idea non è una divisione, un'idea è un'idea. Avere opinioni diverse è normale, giusto, poi si fa la sintesi. Non si illuda nessuno che ci siano delle divisioni profonde dentro questo governo: andremo avanti fino alla fine della legislatura, se ne facciano una ragione", dice poi il vicepremier e leader di Forza Italia,. "C'è un programma di governo da attuare e noi abbiamo sempre votato, poi su alcune questioni ci possono essere idee differenti, sennò saremmo un partito unico: è inutile cercare divisioni che non esistono", taglia corto il ministro degli Esteri.
Salvini: "Avanti fino al 2027"
"Questo è un governo di cui credo, in cui gli italiani credono e arriverà sicuramente al 2027, nonostante il voto contrario su questo o quell'emendamento", assicura il vicepremier e leader della Lega, Matteo Salvini, in video collegamento.