L’indagine, 63% dei post online su cancro al polmone riguarda terapie
Fondo farmaci innovativi italiano modello in Ue ma 35% risorse inutilizzato
Online, 6 utenti su 10 che parlano di tumore del polmone sono uomini, hanno fra i 25 e i 44 anni e sono soprattutto caregiver, familiari, in cerca di informazioni sul trattamento. Il 63% delle conversazioni riguarda infatti le terapie, le opzioni di cura e le aspettative di vita, seguite dal supporto psicologico, visto che il 31% delle discussioni in rete è orientato proprio al sostegno emotivo. I dati emergono dall’indagine di Bva Doxa ‘Il tumore al polmone, tra bisogni di conoscenza e fake news’, presentata oggi a Roma al Convegno nazionale ‘Inventing for lung. Il contributo dell’innovazione per il trattamento del tumore al polmone’, promosso da Msd Italia.
Al Convegno è stato presentato anche il report di Ihe - The Swedish Institute for Health Economics - sull’accesso ai farmaci oncologici innovativi in Italia (Cancer Dashboard for Italy – Access to Cancer Medicines). Il nostro Paese ha un tasso di rimborsabilità delle nuove terapie anticancro pari all’83%, superiore alla media europea. Anche i tempi di accesso alle cure innovative, dopo l’approvazione di Ema, Agenzie europea dei medicinali, sono migliori della media continentale (417 giorni rispetto a 559). Risultati a cui ha contribuito il Fondo per i farmaci innovativi, che rappresenta un modello in Europa. Resta, però, il nodo delle risorse del Fondo inutilizzate ogni anno, che arrivano fino al 35%. Nel 2023 - si legge in una nota - a fronte di un budget di 1 miliardo e 200 milioni di euro, sono stati spesi ‘solo’ 770 milioni. Per migliorare la gestione, gli esperti propongono, da un lato, di includere nel Fondo i farmaci a innovatività condizionata (finora non rimborsati dal Fondo) a condizioni simili a quelle dei trattamenti a innovatività piena, riassegnando ogni anno una parte delle risorse non utilizzate per finanziarli. In secondo luogo, chiedono di mantenere gli incentivi del Fondo affinché le aziende farmaceutiche concentrino le ricerche sull’innovazione, valorizzando i benefici clinici delle nuove terapie.
“L’innovazione ha rivoluzionato la cura del cancro, anche di una neoplasia difficile da trattare come il carcinoma polmonare – spiega Silvia Novello, responsabile Oncologia medica all’Ospedale San Luigi Gonzaga di Orbassano, ordinario di Oncologia medica all’Università degli Studi di Torino e Presidente Walce (Women Against Lung Cancer in Europe) - quando il trattamento del tumore del polmone non a piccole cellule avanzato era rappresentato dalla sola chemioterapia, la percentuale di pazienti vivi a 5 anni era intorno al 5%. Oggi, gli studi condotti con l’immunoterapia nello stesso setting” mostrano che si arriva “al 30%. L’indagine di Bva Doxa – continua - evidenzia come pazienti e caregiver manifestino esigenze complesse e diversificate che vanno oltre il trattamento del tumore del polmone, comprendendo il supporto psicologico, la gestione della vita quotidiana, la comunicazione con i clinici e i rapporti con i centri di cura. Anche la componente psicologica è un bisogno fondamentale”.
Così, il 13% delle discussioni riguarda l’adattamento alla nuova realtà, bilanciando vita personale, lavoro e terapie e il 10% dei bisogni riguarda il dialogo con i clinici, mentre il 3% è legato all’esperienza con le strutture sanitarie. L’informazione rappresenta la prima medicina, ma molti pazienti e caregiver non sono a conoscenza delle ultime innovazioni e potrebbero non sapere che esistono nuovi trattamenti o approcci in fase di studio, anche per le difficoltà a comprendere termini tecnici. “Le associazioni di pazienti sono i principali attori impegnati nel sensibilizzare la popolazione, colmando non solo un gap informativo ma anche un importante vuoto emotivo – rimarca Adriana Bonifacino, presidente Fondazione IncontraDonna - Come emerge dall’indagine, i principali bisogni comunicativi sul tumore del polmone coperti dalle associazioni riguardano la corretta informazione e divulgazione di nuove scoperte scientifiche, farmaci ed esami diagnostici mirati (40%), la sensibilizzazione (25%), cioè campagne rivolte a tutta la popolazione o a segmenti specifici su sintomi e fattori di rischio, il supporto emotivo (15%), l’aiuto pratico (12%), cioè indicazioni su servizi e agevolazioni per il paziente o consigli per migliorare la vita quotidiana e il benessere psico-fisico, e l’advocacy (8%), ad esempio con la diffusione e il sostegno ad appelli per ridurre i fattori di rischio o in favore dei diritti dei pazienti”.
Nel 2023, in Italia, sono stati stimati circa 44mila nuovi casi di tumore del polmone, il terzo più frequente dopo quelli della mammella e del colon-retto. In due anni (ottobre 2022 – ottobre 2024), sono stati pubblicati 67.400 post in italiano sul carcinoma polmonare, con un milione di interazioni, like, commenti e share seguiti ai post originari. “La rete è ricca di contenuti sulla malattia – commenta Annalisa Mandorino, segretaria generale Cittadinanzattiva - Come rivela l’indagine di Bva Doxa, solo il 4% dei post afferisce a fake news rispetto, ad esempio, a circa il 15% nel tumore della mammella. Solo una forte alleanza tra gli attori coinvolti, cioè pazienti, clinici, industria e media, può costituire un argine contro le fake news”.
A proposito dei risultati di uno studio condotto sul valore del Fondo per i farmaci innovativi, “il sistema regolatorio italiano – sottolinea Anna Maria Mancuso, presidente Salute Donna Ovd e Coordinatrice del Gruppo ‘La salute un bene da difendere, un diritto da promuovere’ - ha caratteristiche uniche in Europa, perché dopo l’approvazione di Aifa richiede la valutazione delle Commissioni locali per l’inserimento dei nuovi farmaci nei Prontuari terapeutici regionali (Ptr): un passaggio ridondante rispetto alle approvazioni centrali di Ema e Aifa” che “determina ritardi nell’accesso alle terapie. Il Fondo per i farmaci innovativi, istituito nel 2017 anche grazie all’iniziativa delle associazioni dei pazienti, ha permesso di ridurre i tempi di latenza e una maggiore trasparenza e coerenza dei finanziamenti” oltre a “una chiara focalizzazione del loro valore terapeutico. Va però considerato il mancato utilizzo completo delle risorse allocate, visto che circa il 35% ogni anno resta inutilizzato”.
Aifa classifica i farmaci in 3 gruppi:‘innovatività piena, che dura 36 mesi; innovatività condizionata oppure non innovativi. Solo i primi 2 sono inclusi direttamente nei Ptr senza necessità di ulteriori valutazioni locali. Quelli a innovatività condizionata però non vengono rimborsati dal Fondo. Nel 2023, lo status di innovatività piena è stato assegnato a 11 indicazioni, quella condizionata a 19. Il 60% di tutte le decisioni riguarda farmaci oncologici.
“L’aspettativa di una vita in buona salute è collegata proporzionalmente alla disponibilità di soluzioni innovative – afferma Nicoletta Luppi, presidente e amministratrice delegata Msd Italia - Riconosciamo e apprezziamo l’attenzione del Governo nel rivedere il meccanismo del Fondo per i farmaci innovativi, in particolare utilizzando parte delle risorse previste per l’acquisto dei farmaci a innovatività condizionata. Tuttavia, è essenziale garantire che l’accesso alle cure innovative non sia limitato da vincoli temporali rigidi. Escludere dai benefici del Fondo le indicazioni terapeutiche per cui l’istanza di negoziazione viene presentata oltre 6 anni dalla prima attribuzione dell’innovatività, rischia di compromettere i progressi raggiunti fino ad oggi. Chiediamo che questa misura venga rivista per assicurare che tutta l’innovazione resti un’opportunità concreta per coloro che ne hanno bisogno, soprattutto per le patologie più gravi per le quali il fattore tempo è determinante. La prospettiva di non poter accedere ai benefici concessi dal Fondo rappresenterebbe, inoltre, un sostanziale disincentivo per le aziende innovative a investire in ricerca clinica in Italia. Auspichiamo che questo limite temporale, che non si basa su alcuna evidenza scientifica, possa essere quantomeno esteso o completamente rimosso”.
L’Italia “è tra i primi paesi in Europa nell’accesso ai farmaci oncologici innovativi - osserva Thomas Horfmacher, Research Director Ihe - grazie al ruolo decisivo del Fondo, il quale ha garantito un accesso equo e tempestivo ai trattamenti avanzati, ridotto le disparità nell’accesso e incentivato le aziende farmaceutiche a investire ancora di più in innovazione. Accogliamo con piacere la notizia che il Governo italiano intende includere nel Fondo i farmaci con innovatività condizionata, come raccomandato anche dal nostro studio, assicurandone di fatto la disponibilità. È tuttavia cruciale preservare gli incentivi che derivano dal Fondo lungo l’intero ciclo di vita dei prodotti, così da promuovere la scoperta di nuove applicazioni cliniche e massimizzare l’impatto terapeutico dei farmaci già oggi disponibili”.
Salute e Benessere
Malattie rare: Drago (UniCt): “Un Manifesto per...
"L’infezione si può prevenire oltre che curare con nuovi farmaci"
"Il Manifesto sociale è un documento che è stato messo a punto per sensibilizzare gli stakeholders della sanità italiana che orbitano intorno all'oftalmologia, in particolare le malattie rare in oftalmologia, perché si possa prendere coscienza di una malattia, la cheratite da acanthamoeba, malattia ultra rara che fino a oggi non ha avuto la possibilità di essere trattata, farmacologicamente, in maniera efficace e che può, se non trattata adeguatamente, portare anche alla cecità". Lo ha detto Filippo Drago, professore ordinario di Farmacologia clinica presso l'Università degli Studi di Catania, questa mattina all’Adnkronos Salute, in occasione del Dialogue Meeting su 'Conoscere e riconoscere la cheratite da Acanthamoeba', promosso dalla rivista di politica sanitaria Italian Health Policy Brief, a Roma.
"Lo scopo di questo Manifesto - continua Drago - è quello di sensibilizzare l'opinione pubblica, in particolare gli operatori sanitari, ma anche i cittadini, perché la malattia si può prevenire, non solo curare con questa nuova medicina, la polihexanide", formulazione 0.08% "che è stata messa a punto da un'azienda farmaceutica italiana. La prevenzione è anche l'obiettivo di questo Manifesto: diffondere la modalità con cui possiamo prevenire la malattia".
L’infezione è ultra rara, "risponde al criterio di prevalenza che è stato stabilito dall'Agenzia europea per i farmaci per le malattie ultra rare, cioè meno di un soggetto ogni 10 mila abitanti, quindi pochissimi individui in Italia - chiarisce Drago - La necessità è quella di conoscere la malattia dal punto di vista clinico", ma soprattutto "prevenirla semplicemente con una serie di atteggiamenti di igiene nei confronti delle lenti a contatto, che vengono utilizzate ormai da moltissime persone, soprattutto giovani, perché - conclude - queste sono la modalità con cui l'infezione si manifesta".
Salute e Benessere
Malattie rare, oculista Rama: “Sintomi aspecifici per...
"Sospettare l’infezione in chi porta lenti a contatto in maniera scorretta e terapia con farmaco già approvato da Ema"
"Sono pochi i campanelli d'allarme. All'inizio questa infezione" degli occhi "dà pochi segni aspecifici. Secondo me, le persone che utilizzano lenti a contatto in maniera scorretta" nel momento in cui hanno anche "problemi piccoli andrebbero viste dall'oculista e, nel sospetto di acanthamoeba, vanno fatti gli accertamenti: la microscopia confocale e il prelievo per esami microbiologici". Lo ha detto Paolo Rama, oculista, professore e consulente al Policlinico San Matteo di Pavia, all’Adnkronos Salute, oggi a Roma, partecipando al Dialogue Meeting su 'Conoscere e riconoscere la cheratite da acanthamoeba'.
Nelle prime fasi di infezione, "l'efficacia del trattamento è altissima - avverte Rama - se si aspetta quando il parassita si approfondisce nella cornea, il trattamento diventa molto più problematico". Trattandosi di un’infezione rara, la sfida per gli oculisti è di "conoscerla, sospettarla e sapere dove inviare per la conferma della diagnosi che è solo strumentale. Non si può fare diagnosi clinica, ci sono esami specifici - rimarca il professore - La microscopia confocale in vivo, uno strumento che consente di evidenziare le cisti nella cornea, e il prelievo per esami microbiologici, culturali specifici".
La terapia "si basa su due antisettici che sono la clorexidina e Phmb, polihexanide, formulazione 0.08%". "Il Phmb è stato approvato dall'Agenzia europea (Ema). Adesso aspettiamo l'approvazione di Aifa", l’Agenzia italiana del farmaco. "Speriamo - conclude - che arrivi in commercio presto".
Salute e Benessere
Tumori, contro melanoma il virus dell’herpes...
Ascierto: "Si tratta di una nuova frontiera dell'immunoterapia"
L’iniezione nel melanoma di un virus dell’herpes simplex geneticamente modificato è in grado di eliminare le cellule cancerose sia direttamente, ma anche indirettamente rilasciando molecole che stimolano l’attività del sistema immunitario. È questo il meccanismo d'azione di Rp1, immunoterapia a base dei cosiddetti ‘virus oncolitici’ che, in combinazione con un farmaco immunoterapico (nivolumab), può ridare speranza a un terzo dei pazienti con una forma avanzata di melanoma e che non rispondono più all’immunoterapia standard. I risultati dello studio clinico di fase 2 Ignyte su questa cura hanno portato la Food and Drug Administration (Fda), l’agenzia americana che regolamenta i farmaci, a designare il trattamento come Breakthrough Therapy per il trattamento di pazienti adulti con melanoma avanzato precedentemente trattati con immunoterapia.
Una denominazione che ha l'obiettivo di accelerare lo sviluppo e la revisione di terapie per malattie gravi quando le prove cliniche preliminari indicano che queste possono fornire un miglioramento sostanziale rispetto a quelle esistenti. A presentare, per la prima volta in Italia, questa nuova frontiera dell'immunoterapia sono gli specialisti riuniti da oggi a Napoli, in occasione della XV edizione del Melanoma Bridge e della X edizione dell’Immunotherapy Bridge. "Sebbene le opzioni di trattamento per il melanoma avanzato siano migliorate, molti pazienti non traggono alcun beneficio dalle terapie attualmente approvate", spiega Paolo A. Ascierto, presidente della Fondazione Melanoma e del convegno, anche direttore dell’Unità di oncologia Melanoma, immunoterapia oncologica e terapie innovative dell'Istituto Pascale di Napoli.
"In particolare, alcuni pazienti trattati con immunoterapia anti-Pd1 non rispondono dall'inizio a questa immunoterapia e altri rispondono inizialmente e poi sviluppano una resistenza. Per questi pazienti sono disponibili opzioni di trattamento limitate e questo rappresenta un chiaro bisogno medico insoddisfatto per i pazienti, a cui la terapia a base di virus oncolitici come Rp1 potrebbe rispondere".
Hsv 'armato' di due molecole che massimizzano la capacità di eliminare cellule
I virus oncolitici sono una forma di immunoterapia che utilizza virus per infettare e distruggere le cellule tumorali. Rp1, prodotto da un’azienda farmaceutica americana, la Replimune, è un trattamento che si basa su un ceppo del virus herpes simplex progettato e geneticamente ‘armato’ con due molecole (Galv-Gp R e Gm-Csf) che puntano a massimizzare la capacità di eliminare il tumore, l’immunogenicità della morte delle cellule tumorali e l’attivazione di una risposta immunitaria antitumorale sistemica.
"Nello studio Ignyte – prosegue Ascierto – la combinazione di Rp1 a nivolumab ha prodotto risposte durature e clinicamente significative con un profilo di sicurezza gestibile nei pazienti con melanoma avanzato che erano progrediti durante la precedente terapia anti-Pd-1".
Dei 140 pazienti coinvolti, infatti, i ricercatori hanno registrato un tasso di risposta globale superiore al 30% e un tasso di risposta completa del 15%. "Le attuali evidenze dimostrano che RP1 e nivolumab rappresentano una combinazione promettente che produce risposte oggettive in un terzo dei pazienti, con risposte durature, pari a quasi due anni. I dati indicano che si tratta di un trattamento sicuro e che la sopravvivenza è molto promettente. Tutto questo è stato considerato sufficientemente incoraggiante per avviare uno studio di fase 3, Ignyte-3: attualmente è in corso il reclutamento con l'obiettivo di valutare ulteriormente la combinazione di RP1 con nivolumab in pazienti con melanoma avanzato che è progredito dopo le terapia con anti–Pd-1 e anti–Ctla-4", conclude Ascierto.