Giuli lancia Eurobond per la cultura, “stornare percentuale spesa per armi”
Il ministro nel discorso di apertura a 'Più libri più liberi': "In un mondo sempre più violento in cui molto probabilmente il nuovo presidente degli Stati Uniti tornerà a ragionare in termini un po' più isolazionistici rispetto all'Europa pensiamo a un investimento per i nostri figli"
"In un mondo sempre più violento, attraversato da conflitti, in cui molto probabilmente il nuovo presidente degli Stati Uniti tornerà a ragionare in termini un po' più isolazionistici rispetto all'Europa e alla necessità che l'Europa difenda se stessa o comunque dalle autocrazie che la minacciano. Noi per fortuna siamo il mondo libero che però deve entrare in una logica, purtroppo, di riarmo come forma di deterrenza nei confronti delle autocrazie e dei dispotismi. Ma se tutto ciò avverrà ineluttabilmente tramite l'emissione di debito pubblico, cioè dei nostri soldi, di quelli dei nostri figli e dei nostri nipoti, allora perché non immaginare qualcosa di simile a un Eurobond Cultura, per esempio?". Lo ha detto il ministro della Cultura, Alessandro Giuli, nel suo discorso di apertura, a Roma, della Fiera della piccola e media editoria 'Più libri, più liberi', riferendo di "lavorare con il Ministero della Cultura a una proposta" del genere che - ha detto - "ho cominciato a condividere con Rachida Dati, per esempio, in un bilaterale a margine del Consiglio Europeo".
Giuli ricordando che "il governatore della Banca d'Italia ieri ha fatto un discorso molto bello in Spagna parlando della necessità di ricominciare a riflettere sull'idea dell'Eurobond, cioè della mutualizzazione del debito" ha sostenuto: "Perché non immaginare che una percentuale dei soldi che noi, i nostri figli, i nostri nipoti, impegneranno per armarci e creare una deterrenza militare non debba essere impegnata affinché le armi di cui ci doteremo non vengano mai usate. E come si fa a proteggerci dalle armi, a non utilizzarle? Attraverso la cultura, attraverso i libri, attraverso il dialogo, attraverso la ricerca condivisa. Allora è questo il messaggio che deve passare qui in Europa - ha affermato Giuli - se possibile nell'Occidente, nel mondo intero". E ancora: "Nella misura in cui si decide di condividere del debito perché l'Europa decide di essere un po' più sovrana e un po' più indipendente, un po' per necessità, un po' per convinzione, diventa doveroso ragionare sulla possibilità di disinnescare queste armi, stornando una percentuale di spesa per il riarmo e la difesa comune da impegnare nella cultura".
Il titolare di via del Collegio Romano ha inoltre raccontato: "Qualche giorno fa ero al Consiglio Europeo della Cultura a Bruxelles e con i miei colleghi dell'Unione, eravamo seduti in un grazioso tavolo a forma di ferro di cavallo per una colazione riservata e di lavoro. Ma quella dei 27 ministri della Cultura era una mensa dei poveri, nonostante il pranzo fosse piacevole e ben curato. Perché mensa dei poveri? Perché il budget europeo per la cultura dal 2014 al 2020 è stato pari a 1,47 miliardi, cioè niente rispetto alle disponibilità degli Stati europei e ancora meno rispetto alle necessità della cultura. Ora siamo arrivati a 2,4 miliardi per l'arco temporale 2021-2027, che è sempre molto, molto poco". In questa chiave, e anche nell'ottica del Vecchio Continente, il ministro ha evidenziato di avere "tutte le migliori intenzioni di rimettere la cultura al centro dell'agenda politica di questo governo e possibilmente di tutti i governi europei, ma bisogna ragionare in termini continentali, bisogna fare un ragionamento di sistema, bisogna comprendere che nessuno basta a se stesso".
Giuli ha poi ricordato che "con il Mic stiamo per intervenire con 30 milioni di euro nel decreto Cultura per finanziare in particolar modo le biblioteche. Siamo convinti - ha sottolineato - che, sotto la definizione di Piano Olivetti, debba essere riempito di contenuto un progetto che accorcia le distanze tra centro e periferia, che dà voce, capacità di spesa e di lettura a chi è meno avvantaggiato". Più nello specifico, il piano Olivetti si concretizza in un "sostegno robusto alle biblioteche, luoghi della lettura che non sono soltanto, come nell'epoca analogica, luoghi in cui ci si siede e si legge un libro, ma posti di socialità in cui ci si incontra attraverso i dispositivi tecnologici contemporanei. Abbiamo delle risorse, non sono tantissime: tutte quelle di cui disponiamo dobbiamo metterle a disposizione della possibilità di rieducarci al piacere dell'intelligenza condivisa e della cultura come socialità. Le biblioteche sono un'alternativa all'isolamento", ha concluso Giuli.
Cultura
Dipinto di Botticcelli venduto per 12,7 milioni di euro
Era rimasto nella stessa collezione di famiglia per più di un secolo, questa sera è stato venduto all'asta a Londra
Un'eccezionale opera giovanile di Sandro Botticelli, "La Vergine e il Bambino in trono", datata intorno al 1470, ha illuminato questa sera l'asta di Sotheby's a Londra: otto offerenti - alcuni dei quali tradizionalmente collezionisti d'arte contemporanea - hanno inseguito il dipinto in otto minuti di gara fino a raggiungere un prezzo finale di vendita di 10 milioni di sterline (circa 12,7 milioni di euro), ben al di sopra della stima di 2-3 milioni di sterline. Il risultato di questa sera stabilisce un nuovo punto di riferimento per un'opera giovanile dell'artista del Rinascimento fiorentino in asta e si colloca inoltre tra i prezzi più alti mai raggiunti per un'opera di Botticelli.
Acquistato da Lady Wantage nel 1904, il dipinto raffigurante la Vergine con il Bambino del giovane Botticelli è rimasto nella stessa collezione di famiglia per oltre un secolo. Poco studiato e in gran parte conosciuto solo grazie a fotografie in bianco e nero, l'opera era stata persa di vista, la sua ubicazione spesso indicata in modo errato, e ampiamente trascurato in monografie e mostre più recenti. La composizione dell'opera presenta forti analogie con la pala di Sant'Ambrogio di Botticelli del 1470 circa, oggi conservata agli Uffizi, considerata non solo il primo dipinto di grandi dimensioni dell'artista ma anche una delle sue prime pale d'altare. Realizzato su scala ridotta, questo dipinto era probabilmente destinato a un mecenate in cerca di una pala d'altare intima per la devozione privata.
All'inizio del XIX secolo fu ospitata nel Convento di San Giuliano a Firenze e da lì passò in una piccola cappella annessa a un gruppo di case coloniche in un paese vicino a Firenze, dove era venerata in un convalescenziario per malati. Passò poi alla famiglia di Giovanni Magherini Graziani. Il dipinto fu venduto dal celebre mercante italiano Elia Volpi a Harriet Sarah Jones Loyd, Lady Wantage nel maggio 1904 e da allora è rimasto nella sua famiglia. Nell'archivio della famiglia sono state conservate anche lettere relative all'acquisto dell'opera, che fanno luce sulle trattative tra Lady Wantage, il suo intermediario Sir Thomas Gibson Carmichael e Volpi.
Alex Bell, copresidente mondiale di Sotheby's per gli Old Masters, ha commentato al termine della vendita: "Nel 1904, una carismatica collezionista di nome Lady Wantage trascorse diversi mesi a negoziare l'acquisto di questa opera giovanile di Botticelli, straordinariamente bella e contemplativa. Dopo essersi finalmente assicurata il dipinto, lo portò a casa, dove da allora è stato ammirato da lei e dai suoi discendenti. Non visto in pubblico per quasi un secolo, è sfuggito all'attenzione dei principali studiosi del settore. Ora, finalmente, questo dipinto eccezionale è riemerso nell'arena pubblica e ha catturato l'attenzione di tutti coloro che lo hanno visto. Il loro entusiasmo era evidente nella sala di vendita stasera, quando il dipinto ha superato senza sforzo la sua stima massima, stabilendo un nuovo prezzo di riferimento per un'opera giovanile di uno dei più grandi maestri del Rinascimento italiano".
(di Paolo Martini)
Cultura
Libri, Castelli: “‘Mediae Terrae’ nasce...
Alla presentazione del libro a Roma: “L’Appennino faccia salto di contemporaneità”
“Next Appennino è la strategia che mette insieme modernità e tradizione, partendo da un'esperienza concreta, quella che ho fatto da sindaco prima, da assessore regionale delle Marche, alla ricostruzione dopo e ora da Commissario alla ricostruzione. È un volume, una testimonianza, che nasce dall'esperienza concreta”. Così l’autore di “Mediae Terrae”, il Commissario straordinario Sisma 2016, Guido Castelli, alla presentazione del suo libro, questo pomeriggio alla Fiera nazionale della piccola e media Editoria ‘Più libri, più liberi’, in corso a Roma.
Un libro che racconta la ricostruzione l’Appennino centrale dopo il sisma 2016-2017: “Tra il 24 agosto 2016 e il 18 gennaio 2017 circa 50 mila scosse sconvolsero un territorio dell'Appennino centrale di estensione superiore a quella dell'Olanda. Fu una grande tragedia - racconta il commissario Castelli - Tante le false partenze, tante le polemiche iniziali. Poi qualcosa è cambiato: siamo riusciti a imprimere un cambio di passo alla ricostruzione, ma proprio in quel momento abbiamo capito che ricostruire le case non ha senso se simultaneamente non si cura anche la vitalità economica e sociale di territori meravigliosi, ma che più di altri soffrono la crisi demografica. Sappiamo che è proprio in quel quadrante compreso tra Fabriano, Spoleto, Rieti, L'Aquila, Ascoli Piceno, Camerino che si è coltivata l'identità italiana e per certi versi europea - continua - Da questo punto di vista, però, abbiamo chiaro l’obiettivo di conservare le nostre tradizioni, mantenerle in qualche misura pure intonse, ma far fare all'Appennino anche un salto di contemporaneità".
"L'Appennino si salva se sa agganciare anche le grandi transizioni: ambientali, digitali, tecnologiche - aggiunge - L'innovazione può essere un aiuto per chi soffre l'isolamento geografico. Attivando, come stiamo facendo, un percorso di maggiorazione della connettività e di digitalizzazione dei nostri ambienti - conclude - Si può competere vivendo proprio in quel quadrante territoriale, una vita competitiva e di qualità molto avanzata”.
Cultura
Ladro arrestato perché si ferma a leggere un libro,...
Dopo il caso di quest'estate, Giovanni Nucci parla da 'Più libri più liberi': "Ho cercato invano il topo di appartamento, volevo regalargli il libro".
La notizia, quest'estate, aveva fatto il giro dei media e dei social, perchè sembrava talmente surreale - e romantica - per essere vera. In tanti, infatti, avevano pensato a una trovata pubblicitaria: "ladro entra in un appartamento, a Roma, ma viene arrestato perché si ferma a leggere un libro trovato sul comodino". Il libro che ha attirato l'attenzione del topo di appartamento 38enne al punto da 'distrarlo' dal furto è "Gli dei alle sei. L'Iliade all'ora dell'aperitivo" di Giovanni Nucci per Bompiani, che oggi - dalla Fiera della Piccola e media editoria 'Più libri più liberi' a Roma - innanzitutto torna a ribadire che "è tutto vero" e "la pubblicità non c'entra". E poi rivela all'Adnkronos che "il caso ha fatto aumentare notevolmente le vendite" oltre ad "attirare tantissima attenzione" e di "aver cercato di contattare il ladro per conoscerlo e regalargli il libro".
"La cosa più sorprendente di questa vicenda - prosegue Nucci - è che tutti sono rimasti stupiti dal fatto che un libro possa attirare così tanto l'attenzione, persino di un ladro. E' come se il mondo - sottolinea - avesse voglia di una lettura così romantica o poetica". Il libro - ricorda - "è un saggio di scrittura dell'Iliade, in cui ci si concentra sull'aspetto attuale dell'Iliade e del mito, che è poi il mio cavallo di battaglia da sempre. Secondo me - sostiene lo scrittore - questa storia ci appare molto più romantica di quanto in realtà non sia, il ché la dice lunga: è come se volessimo interrompere la nostra vita, un po' cruda e che non va come vorremmo, per fermarci a leggere un buon libro. Quando poi c'è un ladro di mezzo - aggiunge - è come se i capi di governo, i guerrafondai, i maestri della guerra, come diceva Bob Dylan, interrompessero tutto e si mettessero a fare qualcos'altro. Siamo in un mondo completamente fuori fase. Continuiamo a fare quello che ci chiedono di fare anche senza volerlo - prosegue - e ci esalta il fatto che un ladro si prenda il lusso di leggere un libro al posto di rubare, al punto da farsi arrestare".
Quanto poi all'identità del ladro, Nucci spiega: "mentre la metà del mondo mi ha detto che era una trovata di marketing, l'altra metà mi ha detto 'ora lo devi trovare e regalargli il libro, così saprà come va a finire'. Io quindi - confessa - l'ho provato a contattare attraverso un'amica avvocato, perché ovviamente la polizia non può dare questo tipo di informazioni. Purtroppo l'esito è stato negativo, e non so dire se il ladro non aveva alcuna voglia di incontrarmi. A me è sembrato elegante fermarmi qui", racconta Nucci che a 'Più Libri Più Liberi' terrà un incontro, domenica a mezzogiorno, insieme a Paolo Di Paolo, per parlare di poesia e presentare la sua raccolta di versi intitolata "L'anima in rimessa", pubblicata da 'L'altracittà'. "Sono poesie d'amore. E oggi - conclude - abbiamo proprio bisogno delle poesie, oltre che dell'amore".