Festival di Sanremo 2025, settantacinque anni di musica ed emozioni
C’era una volta e c’è ancora, il Festival di Sanremo. Già, quel Festival… che ci ritrova ogni anno, come un vecchio amico che bussa alla porta a febbraio, quando fa freddo e le giornate si allungano appena appena. Quest’anno, però, è speciale: è il 75° anniversario. Una cifra tonda, importante. E, con tutto il cuore, possiamo affermare con certezza che Sanremo non è mai stato soltanto un concorso musicale. È una sorta di rito, una finestra su chi siamo stati e su chi stiamo diventando.
Dal Teatro Ariston, dall’11 al 15 febbraio 2025, la magia si ripeterà. Sul palco, a tirare le fila, è tornato Carlo Conti. L’avete presente, no? Quel sorriso un po’ rassicurante, quel modo di fare che ti fa sentire che tutto, in fondo, andrà bene. Carlo è stato già al timone del Festival nel 2015, 2016 e 2017. E quest’anno è di nuovo lui a dirigere la baracca, con l’intenzione di unire tradizione e innovazione, come ha detto chiaramente. “Per me è un onore celebrare i 75 anni di questo Festival” – ha dichiarato – “è la nostra identità, è la musica che ci racconta chi siamo”. Ed è difficile dargli torto, davvero.
E chi sono, allora, gli artisti che si contenderanno il palco quest’anno? Ci sono trent’artisti Big, una rosa varia e profumata, composta da grandi nomi e da promesse del futuro. La lista è lunga, ma se ne vale la pena: Achille Lauro, Bresh, Brunori Sas, Clara, Coma_Cose, Elodie, Emis Killa, Fedez, Francesca Michielin, Francesco Gabbani, Gaia, Giorgia, Irama, Joan Thiele, Lucio Corsi, Marcella Bella, Massimo Ranieri, Modà, Noemi, Olly, Rocco Hunt, Rose Villain, Sarah Toscano, Serena Brancale, Shablo con Guè, Joshua e Tormento, Simone Cristicchi, The Kolors, Tony Effe e Willie Peyote. Un mix di voci, suoni, stili. Dalla classe intramontabile di Massimo Ranieri, che calca questo palco per l’ottava volta, alla giovanissima Sarah Toscano, che arriva dritta da Amici e rappresenta le nuove leve. E poi Tony Effe: un segnale di come il Festival si stia aprendo anche alla modernità della trap, un genere che non tutti amano ma che di certo ha il suo peso.
Oh, e la categoria delle Nuove Proposte? Finalmente torna! Non è sempre stato così negli ultimi anni. Si sa, Sanremo va e viene anche con le sue formule, si reinventa, a volte confonde. Ma quest’anno ci sarà spazio anche per i giovani emergenti. Quattro talenti saliranno su quel palco, in una competizione tutta loro, separata dai Big. Un piccolo segnale… ma di quelli che contano. Come dire: ehi, guardiamo anche al futuro. E sembra una bella promessa, non trovate?
Parliamo un po’ delle novità di quest’anno. Non sarebbe Sanremo se tutto restasse sempre uguale, no? C’è la tanto amata Serata delle Cover. Ah, la serata delle cover… uno di quei momenti in cui si canta tutti insieme dal divano, cercando di imitare Giorgia o Brunori. Ogni artista in gara potrà scegliere di interpretare un brano iconico, italiano o internazionale e potrà farlo con un compagno di viaggio, un altro concorrente, o magari un ospite speciale. E sapete qual è la cosa bella? I voti di quella serata non conteranno per la classifica generale. Sarà puro spettacolo, una parentesi leggera, senza pressioni.
E poi c’è il sistema di votazione. Non è cambiato tantissimo rispetto agli anni scorsi ma è stato comunque aggiustato. Sarà una combinazione di televoto, giuria demoscopica e sala stampa. Un insieme che vuole bilanciare il parere del pubblico e quello più tecnico. Un compromesso, insomma. Come la vita, un po’.
Un’altra novità è l’integrazione tra musica e spettacolo. Alcuni brani, quest’anno, avranno delle performance teatrali e visive. È un tentativo, una sfida per rendere ogni esibizione un’esperienza unica. Perché la musica non è solo da ascoltare, è da vivere, con gli occhi, con il cuore, con tutto. E chi ci sarà, accanto a Carlo Conti? Un altro volto amato della TV italiana: Alessandro Cattelan. Sarà lui a guidare il DopoFestival e Sanremo Giovani. E ci sarà anche nella serata finale, affiancando Conti nel gestire quella che è, senza dubbio, una delle serate televisive più seguite del nostro Paese. Due nomi che danno la giusta dose di sicurezza e un pizzico di novità.
E gli ospiti? Beh, su questo fronte c’è ancora un po’ di mistero. Niente conferme ufficiali ma si vocifera di Laura Pausini, Eros Ramazzotti e forse anche un omaggio a Mina e Adriano Celentano. Insomma, icone che segnano la storia del Festival e della musica italiana, perché questo è un anniversario che va celebrato a dovere.
Sanremo, però, è anche un evento economico enorme e non possiamo ignorarlo. La Rai stima ricavi pubblicitari per circa 67 milioni di euro. Sì, avete letto bene. Un aumento del 20% rispetto al 2023. Come mai? Beh, il costo degli spazi pubblicitari è cresciuto, ovvio, ma anche l’audience prevista è da capogiro. Sì, il Festival è anche un motore economico che porta soldi, investimenti, lavoro.
Ora una curiosità che ha fatto un po’ parlare tutti: Jannik Sinner, il tennista. Si vociferava che sarebbe stato ospite ma lui ha messo subito le cose in chiaro: “Non andrò all’Ariston”. Punto e basta. Niente Sanremo per Sinner, insomma. Ma c’è un altro elemento curioso: la Rai sta pensando di sperimentare il metaverso per trasmettere alcune fasi del Festival in realtà virtuale. Un esperimento, certo, ma qualcosa che potrebbe davvero avvicinare il pubblico più giovane.
Sanremo è uno specchio di chi siamo, un riflesso delle nostre speranze, delle nostre liti, dei nostri sogni. Ogni edizione è una fotografia dell’Italia di quel momento. Nel bene e nel male. C’è chi lo ama e chi lo detesta, chi lo segue per anni e chi finge di ignorarlo, poi però un’occhiata la dà comunque. E la verità è che, a febbraio, un po’ tutti siamo lì, davanti alla TV, con le nostre opinioni, le nostre preferenze, i nostri giudizi.
Nel 2025, sul palco dell’Ariston, si scriverà un altro capitolo di questa storia lunga 75 anni. Ci sarà la musica, certo, ma ci saranno anche le emozioni, le polemiche, le sorprese. E noi saremo lì, pronti a viverle, a commentarle, a cantarle. Perché Sanremo non è solo un festival: è casa. Una casa con mille stanze, tante quante sono le voci che ci passano, tante quante sono le storie che racconta.
Perché Sanremo è Sanremo.
Cultura
L’ascensore a Natale: un piccolo mondo sospeso, traboccante...
Non so se capita anche a voi, ma quando arriva dicembre, le luci scintillanti delle strade, i profumi dei dolci e quell’aria gelida, nitida, quasi pungente, sembrano amplificare ogni sensazione. Basta poco, persino il ronzio di un impianto di risalita, per sentirsi addosso un turbinio di sentimenti che vanno dalla pura gioia alla più intensa malinconia. E l’ascensore, sì, proprio l’ascensore, in questo periodo dell’anno si trasforma in una sorta di scatola magica capace di accogliere, amplificare, riflettere, deformare e riconsegnare emozioni pure. Una minuscola stanza che va su e giù, come un’altalena che danza nel cuore dei palazzi, soprattutto a Natale, quando l’atmosfera carica di significato può trasfigurare anche un banale percorso verticale in una piccola avventura umana.
Noi ci pensiamo spesso, sapete, guardando le commedie natalizie o i film ambientati durante le feste: quante volte il cinema ha scelto l’ascensore come palcoscenico di scene memorabili? Non è mai soltanto uno strumento di servizio. A volte, in quei pochi secondi di tragitto, si addensa un concentrato di paura, amore, ansia, stupore, gioco, desiderio, attesa. E tutto questo – strano a dirsi – riesce a condensarsi in uno spazio di pochi metri quadrati, perfetto per mettere a nudo l’umanità dei personaggi.
La paura di essere scoperti: un ascensore che nasconde segreti
Pensate a certe situazioni in cui l’imbarazzo si mescola al terrore puro di essere colti sul fatto, lì, in quello spazio neutro che non dà scampo. È il caso di “Merry Christmas”, uno di quei cinepanettoni italiani che tutti, volenti o nolenti, abbiamo incrociato in televisione almeno una volta. Christian De Sica – che di questi film è stato un volto iconico – interpreta un pilota d’aerei con una doppia vita: due famiglie, due donne inconsapevoli l’una dell’altra, due mondi paralleli che non dovrebbero mai incrociarsi.
Ma a Natale, si sa, tutto può succedere. E così l’ascensore di un aeroporto ad Amsterdam diventa la trappola perfetta. De Sica si ritrova in cabina con entrambe le mogli, giunte fin lì all’insaputa l’una dell’altra. Panico. In quei secondi che sembrano eterni, l’ascensore diventa un confessionale forzato, un ring senza vie d’uscita. È un attimo, eppure dentro quel minuscolo box verticale la tensione si taglia a fette, e noi, che osserviamo la scena attraverso la cinepresa, ci sentiamo morire dal ridere e dall’ansia. C’è qualcosa di grottesco e profondamente umano in tutto questo: quell’ascensore ci sta sbattendo in faccia la verità sulle nostre fragilità, sulle bugie, sui nodi che prima o poi vengono al pettine.
Se la paura e il segreto fanno da padroni in certe scene, in altri film l’ascensore diventa un altare del destino. Pensiamo a “Serendipity”, una storia d’amore che sembra sempre sul punto di compiersi e insieme di sfuggire tra le dita. Nel cuore di una New York natalizia, addobbata e sfavillante, John Cusack e Kate Beckinsale si promettono un incontro che dipende dalla fortuna e dall’allineamento imprevedibile degli eventi. Ci sono due ascensori, due direzioni, due pulsanti: se entrambi arriveranno allo stesso piano, allora quella storia merita di essere vissuta. Ma il tempo corre, le porte si aprono e si chiudono, e un bambino giocherellone si mette di mezzo, toccando tutti i pulsanti disponibili. Il risultato? John arriva in ritardo, non trova Kate, e il momento perfetto sfuma in un attimo. Eppure, il ricordo di quell’ascensore, di quella possibilità mancata, resta. La morale è chiara: per il cinema, l’ascensore a Natale non è solo un mezzo di trasporto, ma un detentore di chiavi per entrare nel regno dell’amore. A volte apre porte, a volte le chiude ma non lascia mai indifferenti.
Da panico a calma imperturbabile: il contrasto di “Natale in India”
Non possiamo ignorare il teatro dell’assurdo di “Natale in India”, uno dei tanti film che hanno associato la stagione delle feste alle coppie comiche del cinema italiano. Qui c’è di nuovo Christian De Sica, questa volta a fianco di Massimo Boldi. I due si trovano chiusi in ascensore all’interno di una clinica, un incontro fortuito e bizzarro che scatta per un guasto tecnico. L’ascensore diventa un nido di emozioni contrastanti: da una parte, l’ansia incontenibile di De Sica, dall’altra la tranquillità quasi zen di Boldi. Il cortocircuito è spassoso e allo stesso tempo, trasmette quel senso di instabilità emotiva tipico dei giorni di festa. Sarà che a Natale ci sentiamo tutti più vulnerabili? O forse l’ascensore, chiuso, limitato, ci obbliga a fare i conti con noi stessi e gli altri in un modo che raramente accade al di fuori di quelle pareti?
Non siamo noi i soli ad aver notato la forza narrativa degli ascensori durante le feste. Sergio Alvarez, Marketing Manager di KONE Italy & Iberica, ce lo ricorda con entusiasmo: “Non esiste periodo migliore del Natale per mettere in risalto gli ascensori con una chiave di lettura più leggera e simpatica”. La KONE, multinazionale specializzata nella realizzazione di impianti di elevazione intelligenti, sa bene quanto un ascensore non sia solo una macchina di design e ingegneria, ma un vero spazio sociale. A Natale, ci suggerisce Alvarez, l’atmosfera rende tutto più intenso, le luci e le decorazioni attorno si riflettono nelle superfici lucide della cabina, i cuori sono più aperti, più fragili. E il cinema, da grande cassa di risonanza delle emozioni umane, ha sfruttato questa miscela per regalarci momenti indelebili.
L’ascensore, il contenitore di tutti gli imbarazzi
Forse Fabrizio Caramagna ha ragione, quando dice che “L’ascensore è il contenitore di tutti gli imbarazzi”. Quante volte ci siamo trovati a fissare il pavimento, trattenendo il respiro, desiderando ardentemente che le porte si aprissero il prima possibile per fuggire via? Durante il periodo natalizio, tutto ciò diventa più acuto, più potente. Il cinema ha il merito di mostrarci come un banale viaggio da un piano all’altro possa trasformarsi in un microcosmo emotivo. E così ci ritroviamo a guardarci dentro, a chiederci: se capitasse a noi, come reagiremmo?
C’è poi chi, in ascensore, incontra la possibilità di riscrivere intere esistenze. In “Un Bacio Prima di Natale”, il protagonista Ethan Holt, stanco e annoiato dalla sua quotidianità, esprime un desiderio: cambiare, e cambiare davvero. Nella sua vita “originale”, si era ritrovato bloccato per ore in ascensore con una donna, Joyce, che sarebbe poi diventata sua moglie. Lui, però, chiede di arrivare al piano desiderato senza quel fastidioso intoppo. Ed ecco che la mattina del 1° dicembre si risveglia in una realtà parallela, dove fa carriera ed è vice presidente, ma non è sposato, non ha figli e non conosce davvero Joyce se non come rivale di lavoro. L’ascensore, in questo racconto, è l’incrocio tra due universi: uno fatto di vincoli, legami, piccoli contrattempi trasformati in amore e l’altro una landa sterile di successi materiali ma senza calore umano. Per tornare alla vita vera, Ethan dovrà riconquistare il cuore di Joyce entro Natale. L’ascensore, prima teatro del caso, diventa allora la soglia tra due mondi, e la morale è limpida come la neve: a volte restare bloccati in un luogo scomodo serve a trovare la persona giusta.
Un Natale ingenuo e stupefatto: “Elf – Un elfo di nome Buddy”
Non è solo l’amore a scaldare l’atmosfera natalizia in ascensore, ma anche lo stupore di chi guarda il mondo con occhi da bambino. “Elf – Un elfo di nome Buddy” è l’esempio perfetto: Will Ferrell si cala nei panni di un elfo grande e grosso ma col cuore innocente, che sbarca a New York per conoscere il suo padre biologico. Lì, tra i grattacieli della Grande Mela, sale su un ascensore e… scopre che i pulsanti illuminati possono diventare come le lucine di un albero di Natale. Quella scena, tenera e buffa, condensa una sensazione di meraviglia difficile da scacciare. Ci ricorda che a Natale siamo tutti un po’ bambini e ogni singolo dettaglio può accendere qualcosa di magico dentro di noi.
L’amore che scatta tra due estranei: “A Christmas Kiss”
La passione che esplode all’improvviso è un altro filo conduttore in queste storie verticali. “A Christmas Kiss” ne fa un punto cardine: un ascensore diventa il luogo di un incontro fugace e inatteso, in cui un bacio rubato definisce il destino di una coppia. C’è tensione, c’è la sensazione che nulla sarebbe stato possibile senza quei pochi secondi di sospensione. A volte l’ascensore, soprattutto a Natale, simboleggia uno scarto improvviso dal nostro percorso lineare. È un luogo di transizione, certo, ma anche un portale che mette in contatto due esistenze. Quel bacio, incastonato in una manciata di secondi, diventa un seme che germoglierà fuori da quel minuscolo spazio.
Fuga e intraprendenza: “Mamma ho riperso l’aereo: mi sono smarrito a New York”
Natale e ascensori possono anche voler dire avventura. Prendiamo un classico: “Mamma ho riperso l’aereo: mi sono smarrito a New York”. Il piccolo Kevin, interpretato da Macaulay Culkin, ci aveva già abituati ai colpi di scena. Questa volta è solo, in un gigantesco hotel di lusso, inseguito dalla sicurezza. L’ascensore diventa la via di fuga perfetta: un improvviso rifugio verticale per scappare, per depistare chi lo bracca. È l’infanzia che trova sempre una strada originale per cavarsela, un po’ come ogni bambino che, a Natale, cerca un posto sicuro in cui ripararsi dal mondo degli adulti. Il cinema di quegli anni ci ha regalato l’immagine di Kevin che sfugge tra porte scorrevoli, sorprese inattese e scivolate rocambolesche. Anche questo è Natale: una corsa frenetica che culmina in uno spazio ristretto, come la cabina di un ascensore, da cui ripartire con un pizzico di leggerezza.
Il ruolo del cinema e la sua “stanza segreta”
Ci si potrebbe chiedere: perché il cinema è così affascinato dagli ascensori proprio a Natale? Forse perché nelle feste siamo più disponibili a credere alle coincidenze, ai miracoli, agli incontri fatali. Forse perché l’ascensore riduce le distanze: due persone che di solito non si parlerebbero mai, in quell’ambiente costretto, si vedono costrette a condividere un frammento d’intimità. E in una società in cui cerchiamo di tenere il resto del mondo a distanza, quell’improvvisa vicinanza può scatenare reazioni imprevedibili.
Di fronte a uno schermo, noi e voi, guardiamo quei personaggi e ridiamo, sospiriamo, ci agitiamo. Perché sappiamo bene che sotto sotto è un po’ anche la nostra vita: quanti ascensori abbiamo preso senza ricordare nulla? E quanti invece sono rimasti impressi nella memoria? Il cinema li carica di significato, li trasforma in metafore dell’esistenza, in simboli di un ascesa (o di una discesa) emotiva che trova nel Natale il suo momento culmine. Le storie che abbiamo passato in rassegna – dalla paura di “Merry Christmas” all’amore negato di “Serendipity”, dall’imbarazzo di “Natale in India” all’effetto sliding door di “Un Bacio Prima di Natale”, dallo stupore di “Elf” alla passione di “A Christmas Kiss”, fino all’astuzia del piccolo Kevin – ci mostrano tutte le sfumature di un luogo che, in fondo, potrebbe sembrare anonimo e freddo. Invece l’ascensore, soprattutto a Natale, è un crocevia di emozioni umane.
L’ascensore come specchio dell’anima natalizia
Alla fine, è questo che conta: capire che l’ascensore, tra luci sfavillanti e fiocchi di neve, diventa uno specchio dell’anima. Ci fa vedere ciò che tentiamo di nascondere, esalta i contrasti, rende possibile l’incontro e la fuga. A Natale, l’immaginario collettivo ci vuole tutti più vicini, più empatici, pronti a scambiare sguardi e parole. E l’ascensore, anche grazie al cinema che ne ha esaltato la potenza simbolica, diventa un teatro perfetto. C’è chi teme che le porte non si riaprano, chi spera che si fermino sul piano giusto, chi preme tutti i pulsanti per creare un albero di Natale luminoso. In quella manciata di secondi, chiusi tra quattro pareti, possiamo incontrare il nostro lato più autentico.
Non esiste tecnologia, per quanto avanzata, che possa sopprimere la natura profondamente umana di questo spazio in movimento. Sergio Alvarez di KONE lo ribadisce: a Natale l’ascensore si veste di nuovo significato. È un occhio di bue puntato sulle nostre emozioni più genuine. E noi, con voi, lo celebriamo, lo ricordiamo, lo osserviamo nel riflesso delle porte d’acciaio, convinti che, mentre lo guardiamo, sia lui a guardare dentro di noi.
Tv & Gossip
TV Luna: la nuova era per l’emittente campana parte...
Si riparte con “Live! Questo non è un podcast”, un nuovo format innovativo per l’informazione e l’intrattenimento condotto da Francesco Russo.
“Live! Questo non è un podcast” è il nuovo format che sta già creando attesa in Campania per il passaggio di “TV Luna” a vero e proprio “nuovo mondo” per l’emittenza regionale… e non solo. MultiMedia TV, confermandosi un punto di riferimento per l’emittenza campana, ha lanciato un palinsesto ricco e variegato, con un occhio di riguardo all’attualità.
Un nuovo corso per TV Luna
In poche settimane, grazie al lavoro dell’ingegner Pierpaolo Bove, della direttrice Rosanna Bove e del direttore artistico Lucio Pierri, TV Luna si è rinnovata completamente. Dai programmi di informazione all’intrattenimento, passando per lo sport, l’emittente offre un’ampia scelta di contenuti per tutti i gusti.
Live! Questo non è un podcast: un connubio perfetto tra informazione e spettacolo
Nato dalla collaborazione con Francesco Russo, giornalista e direttore editoriale del quotidiano nazionale “La Gazzetta dello Spettacolo“, il programma “Live! Questo non è un podcast” rappresenta un punto di svolta per TV Luna. “Volevamo creare un format innovativo, che unisse l’informazione all’intrattenimento“, spiega Pierpaolo Bove. “Insieme con Francesco Russo, siamo riusciti a raggiungere questo obiettivo, grazie anche al contributo di un team di professionisti altamente qualificati che collaborano dietro le quinte“. Il programma andrà in onda tutti i venerdì alle ore 22.30, con repliche il Sabato alle 20, la Domenica alle 22.30, il Lunedì alle 23.00 ed il Giovedì alle 17.00. Ospite della prima puntata (in onda Venerdì 20 Dicembre), il pianista e compositore Walter Ricci. Si alterneranno nel corso delle settimane ospiti del cinema, della TV, della musica, del teatro e del mondo “rosa” provenienti da tutta Italia.
Un palinsesto ricco e variegato
Con l’arrivo della trasmissione, l’emittente partirà con l’offrire un nuovo palinsesto di qualità, con programmi dedicati all’attualità, alla cultura, allo sport e al tempo libero. “Il nostro obiettivo è quello di diventare il punto di riferimento per i telespettatori campani“, afferma Rosanna Bove. “Vogliamo offrire loro un prodotto di qualità, capace di informare e divertire allo stesso tempo con giusti anchorman e anchorwoman“. In un’epoca dominata dai grandi network nazionali, la televisione locale riveste ancora un ruolo fondamentale. “La televisione locale è vicina al territorio e alle sue esigenze“, sottolinea Lucio Pierri. “TV Luna è un’emittente che ha sempre creduto nel valore della comunità e che continuerà a farlo“.
Spettacolo
Personality – Il Reality: finale 2024 e il successo...
Un’altra bellissima avventura di Personality – Il Reality sta per arrivare al termine. Ideato da Paola Puglia e scritto, quest’anno, da me, Stefania Zambrano, il programma ha avuto inizio il 20 settembre e la finale è in programma per martedì 17 dicembre 2024. I finalisti di questa edizione sono Lola, Andrea, Arno, e Sofia. Si è trattato di un’avventura del tutto nuova per me; mi sono confrontata con tutto lo staff e con i concorrenti. Ogni singola persona mi ha regalato un’emozione diversa. Motivo di orgoglio sono stati il successo, le dinamiche e il gioco per come l’ho impostato.
Da ideatrice, Paola mi ha chiesto il supporto come autrice. Con la sua umiltà, nella diretta televisiva dello scorso 11 dicembre, mi ha ringraziato con delle bellissime parole.
“Quest’anno un viaggio incredibile. Si tratta della settima edizione di Personality – Il Reality, un programma che ho ideato sette anni fa e che ormai è nel mio cuore. Quest’anno ho deciso di alzare l’asticella. Ho chiesto alla signora Stefania Zambrano di affiancarmi come autrice di questa edizione. Non avevo dubbi sul fatto che sarebbe stato un grande successo, e così è stato. Una donna carismatica, intelligente e sempre pronta a creare suspense, Stefania ha saputo catturare l’attenzione del pubblico fin dall’inizio. È stato un grande orgoglio averla con noi in questa avventura e spero che continuerà a far parte di questa famiglia per sempre, finché il programma avrà vita” sono state le parole che mi ha dedicato Paola Puglia. L’ho guardata con le lacrime agli occhi. Volevo nasconderle, ma qualcuna è scesa e mi sono complimentata per il suo operato da presentatrice perché l’ho vista nel suo lavoro anno per anno. Oggi posso dire che è bravissima. Anche se non sa gestire ancora l’emozione. E questo vuol dire che è vera, che è se stessa. Dico, inoltre, grazie al pubblico che mi ha affiancata e a tutto lo staff. Senza di loro non si potevano vivere tante emozioni. Un grazie va poi ad Antonio, a Mirko, al regista Nicola e all’opinionista.
A gennaio partirò con il mio programma televisivo scritto e presentato da me con un nuovo compagno di viaggio. Si intitola Mettetevi Comodi Che Noi Saremo Scomodi. Ci saranno come ospiti personalità del mondo dello spettacolo e social. Che dire? Vi aspetto il 17 dicembre sul canale YouTube di Amica tv per conoscere il Vincitore della settima edizione di Personality – Il Reality firmata Stefania Zambrano.