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Convegno Sia, ‘Milano capitale della salute sessuale maschile’

All’incontro ‘S3, Salute Sessuale Sia’ le attività per la prevenzione andrologica e le sfide future

Convegno Sia, ‘Milano capitale della salute sessuale maschile’

Tempo di bilanci per la Società Italiana di andrologia che in questi giorni ha riunito a Milano i suoi esperti in una 2 giorni di lavori incentrati su ‘S3, Salute Sessuale Sia’. Nell’occasione, oltre a ricordare le numerose attività realizzate per la prevenzione andrologica in quasi 50 anni, uno spazio particolare è stato dedicato alle le sfide che attenderanno l’andrologo 3.0, ossia lo specialista del terzo millennio, dotato di nuove e rivoluzionarie tecnologie e alle prese con i ‘digitally engaged patient’, i nuovi cybercondriaci, ‘discepoli’ dell’ormai noto ‘Dottor Google’. Ai lavori sono intervenuti, accanto ad Alessandro Palmieri, presidente Sia e Francesco Gaeta, presidente del Convegno numerosi esperti.

In rappresentanza del presidente dell’Ordine dei Medici di Milano, Danilo Mazzacane ha chiesto un maggiore impegno dei media e delle istituzioni, in favore sia della prevenzione maschile, sia della risoluzione di tutte quelle problematiche sanitarie e amministrative che hanno capovolto il confronto dello stato di salute tra uomo e donna, attribuendo al maschio - si legge in una nota - il ruolo di vero e proprio ‘sesso debole’, in particolare sottolineando la necessità di rivedere i Lea un po' più a favore dei pazienti andrologici, ed in particolare di quelli sempre più giovani, che necessitano di protesizzazione dopo interventi invalidanti di prostatectomia radicale.

Oltre un centinaio di esperti della Società di andrologia hanno partecipato all’evento Ecm dedicato alla prevenzione andrologica a 360 gradi per la salute del maschio e della coppia. Di particolare interesse le 3 sessioni del convegno - dedicate rispettivamente alla prevenzione nei giovani, negli adulti e negli anziani - in cui si sono potute analizzare le più attuali tematiche e problematiche andrologiche nelle varie età del maschio. La salute sessuale è una componente fondamentale del benessere generale, sia per l’individuo che per la coppia. La prevenzione andrologica, intesa come insieme di interventi preventivi e diagnostici per la salute sessuale maschile, svolge difatti un ruolo cruciale nel garantire una vita sessuale sana e soddisfacente. Proprio nel convegno Ecm sono state fornite ai professionisti le conoscenze e gli strumenti necessari per affrontare al meglio tutte le problematiche andrologiche, in un'ottica di prevenzione a 360 gradi, promuovendo il diritto alla salute sessuale del maschio e della coppia, e comprendendo al suo interno anche l’importante ruolo svolto dagli aspetti psicologici e relazionali, nonché l’approccio multidisciplinare, attraverso la stretta collaborazione tra le diverse figure professionali coinvolte (urologi, andrologi, psicologi, sessuologi e medici di medicina generale) per la gestione integrata del paziente.

Sono inoltre stati forniti i dati finali scaturiti dall’analisi del questionario, per il giovane maschio e per il partner, realizzato in collaborazione con l’Università Iulm di Milano che ha mostrato che ancora oggi il 73% dei giovani intervistati non ha mai fatto una visita andrologica e pochi sanno chi sia l’andrologo, e si rivolge per l’85% a internet per interrogare il Dott. Google, invece che ad uno specialista, pur ritenendo entrambi, maschio e partner, che l’uomo debba avere il suo specialista di riferimento come il ginecologo per la donna.

Al talk che ha preceduto la serata di gala - organizzata dalla ‘Sia Benefit Community’ per raccogliere fondi in favore del Comitato di Milano della Croce rossa italiana, partner dell’importante campagna nazionale ‘#e-Sia-prevenzione!’ - gli esperti hanno affrontato il delicato tema della prevenzione nei giovani e delle modalità di coinvolgimento di quest’ultimi attraverso i social e i media tradizionali, oltre ad analizzare le più efficaci modalità di comunicazione da utilizzare a tale scopo. Al centro del dibattito, anche i rischi di una comunicazione con contenuti non validati da esperti, e le nuove forme di comunicazione legate alle moderne piattaforme di intelligenza artificiale.

Nel corso della serata, inoltre, è stata presentata la rivista ‘Io uomo in salute’ della Sia, un’innovativa rivista digitale di cultura andrologica, caratterizzata da contenuti di facile e immediata comprensione che intende affrontare il vastissimo tema del benessere e del malessere maschile, inteso non soltanto dal punto di vista prettamente fisico ma, al contrario, come un compositum con le proprie componenti, cognitiva, affettiva e corporea del suo essere uomo e persona. Il tutto, con una particolare attenzione ai problemi dell’ambiente, della nutrizione e della spiritualità, tutti fattori che posso incidere sulla bilancia benessere-malessere dell’uomo, della coppia e di coloro che le ruotano intorno.

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Cronaca

“Lo dico a Babbo Natale”, lo psichiatra boccia...

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Lo psichiatra Mencacci: "Ai piccoli meglio dare spiegazioni semplici e chiare su un comportamento sbagliato"

Un uomo vestito da Babbo Natale

Quando i bimbi di 2-5 anni fanno i capricci, ricorrere al ricatto emotivo per farli smettere, soprattutto 'mettendo in mezzo' Babbo Natale ("fai il bravo o niente regali"), non è una buona idea.

Perché può avere "delle conseguenze, può lasciare delle tracce anche più durature di quanto si pensi", incidendo "in primo luogo su un senso di insicurezza emotiva" nei piccoli. E in secondo luogo può "stimolare sensi di colpa piuttosto inappropriati, spingendo i bimbi a "sentirsi responsabili di alcune condizioni come appunto il mancato passaggio di Babbo Natale, che ha un peso molto grande nelle loro menti".

A mettere in guardia sui rischi di questa strategia, a cui ammette di ricorrere un quarto dei genitori di bimbi under 5, secondo un sondaggio condotto da ricercatori negli Usa, è Claudio Mencacci, co-presidente della Società italiana di neuropsicofarmacologia (Sinpf) e direttore emerito di Psichiatria all'Asst Fatebenefratelli-Sacco di Milano, commentando all'Adnkronos Salute i dati dello studio dell'università del Michigan.

Fra le ricadute possibili, avverte, "c'è quella di una repressione emotiva, reprimere quelle che possono essere anche emozioni come frustrazione piuttosto che rabbia, quindi una difficoltà nel gestirle. E poi - analizza - c'è il tema della dipendenza dall'approvazione altrui, che è molto grande". Significa che il bambino è portato a pensare che "il suo valore dipende dall'obbedienza e dal compiacere gli altri e non necessariamente dal suo modo di essere. Di fondo" si induce "anche una sorta di confusione emotiva, il non comprendere bene quello che accade. Tutto questo, se ci fermiamo a quell'età, è qualcosa di transitorio", ma se si porta un po' più a lungo "si possono instaurare alcune condizioni che poi nella vita possono un po' pregiudicare la propria realizzazione identitaria". Si può innescare infatti "da un lato la tendenza alla sottomissione, al sacrificare i propri bisogni per evitare conflitti. Dall'altro lato il non sentirsi mai abbastanza degno di essere amato, una paura e un'ansia del rifiuto come minaccia di delusione nei confronti degli altri".

"Abituarsi a subire ricatti", prosegue Mencacci, può avere come effetto quello di "stabilire delle relazioni difficili, dinamiche tossiche" che potrebbero poi essere perpetuate "anche sul fronte professionale. Questi modelli infatti purtroppo si 'trasmettono' e lasciano un senso di disregolazione emotiva, difficoltà anche a esprimere i sentimenti negativi". La questione dell'educazione, quindi, conclude l'esperto, "è complessa, soprattutto adesso" in un'epoca in cui "la pressione è alta" anche sui bimbi, "i genitori passano più tempo sui loro sistemi tecnologici", c'è un bisogno di "abbreviare i tempi e il ricorso al ricatto diventa un modo per risparmiare tempo". Cosa funzionerebbe di più? "Offrire delle spiegazioni semplici e chiare", risponde l'esperto. "esprimere quali sono i confini, perché certo i bambini hanno anche bisogno di essere limitati, di conoscere il limite, però all'interno di un sentimento di amore incondizionato. Non possiamo crescere dei piccoli dittatori, ovviamente, ma dobbiamo crescere delle persone che sanno gestirsi emotivamente, con un senso del limite e con capacità empatiche verso gli altri".

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Cronaca

Natale, occhio a stuzzichini e apericene: i consigli del...

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Vestita: "Rischio di mettere su qualche chilo c'è, verdure prima dei pasti per salvare la linea"

Cena di Natale - (f)

Tempo di brindisi prenatalizi, apericene - sempre più in voga- e incontri in cui non manca mai cibo o bollicine. Con tutto questo "ovviamente il rischio di ingrassare in queste feste c'è. Ogni anno lo sperimentiamo. Ma non si può nemmeno essere troppo estremisti. Una piccola 'dose' di bollicine o bontà natalizie, condivisa con gli altri, è importante: la convivialità, lo stare insieme, è un elemento fondamentale in questo periodo. Ed è benefica sul piano della salute psico-fisica", spiega all'Adnkronos Salute il nutrizionista e fitoterapeuta Ciro Vestita che prova a sfatare qualche luogo comune.

Il primo è che il digiuno possa aiutare ad affrontare meglio cene e cenoni. "Personalmente non credo che un digiuno preventivo possa essere molto utile, perché quando si arriva poi alla cena con gli amici affamati si mangia il doppio, sentendosi persino giustificati. Meglio mangiare in maniera sobria, usare molta frutta e verdura. Per esempio sgranocchiare finocchi prima del pranzo e prima della cena per spezzare la fame. E poi ogni tanto concediamoci pure un po' di bollicine perché ovviamente l'alcol va preso un'estrema moderazione ma è anche vero che un pochino per brindare con gli amici migliora il nostro umore".

Una particolare attenzione va riservata alle apericene, "un aperitivo con tante patatine, con tante noccioline, con tante olive può alzare veramente tanto l'introito calorico. Gli alimenti che contengono più calorie sono le patatine, sono ricche di grassi, vanno mangiate con moderazione. L'alternativa può essere rappresentata dalle verdure crude e (poca) frutta secca".

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Cronaca

Natale, la storia segreta delle luminarie: tutte le...

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Tutte le curiosità sulla tradizione che fa brillare le città

Particolari luminarie a Lecco - Fotogramma

Ogni anno, a dicembre, le principali metropoli globali s’illuminano in vista del Natale. Uno spettacolo luminoso che, puntualmente, si rinnova e che affascina miliardi di persone. Molti meno, però, sono quelli che conoscono le lontane origini di questa tradizione che ha una storia che parla, soprattutto, d’inclusione e riscatto.

L'idea di un giovane migrante turco

Sebbene pochi lo sappiano, infatti, la diffusione dell’usanza di decorare ambienti e alberi con le luci in occasione della principale festività cristiana, partita dagli Stati Uniti, si deve a un migrante adolescente. Il suo nome era Albert Sadacca e, quando prese la decisione che avrebbe cambiato il volto di tutte le città del mondo durante il Natale, aveva solamente 15 anni. La vera storia di Sadacca, però, comincia in Turchia, a Çanakkale, sulla sponda asiatica dello stretto dei Dardanelli, dove nacque nel 1901 all’interno della locale comunità sefardita. Immigrato in America con la famiglia, Albert aveva altri cinque fratelli.

Nel 1917, mentre in Europa infuriava la Prima guerra mondiale, un tragico incendio scoppiato a New York provocato dalle candele posizionate su un albero di Natale (come era costume fare, visto che le luci elettriche, sebbene già esistenti, avevano un prezzo troppo elevato per la maggior parte delle persone) ispirò il giovane Albert, allora adolescente, ad adattare le economiche lampadine vendute in un negozio dai suoi genitori agli abeti natalizi, realizzando delle vere e proprie corde di luci. Il primo anno furono vendute solo circa 100 corde, ma una volta che Sadacca dipinse i bulbi di rosso, verde e di altri colori, l'attività decollò. Nel 1926 Sadacca fondò un gruppo commerciale composto da diverse piccole imprese che divennero poi la più grande azienda di illuminazioni natalizie al mondo fino alla metà degli anni Sessanta.

Il primo fu Martin Lutero

L’usanza di decorare abeti utilizzando delle luci, invece, è molto più antica. Un’idea forse partorita da Martin Lutero. Già, perché, secondo una vulgata condivisa, sarebbe stato proprio il padre della Riforma protestante del XVI secolo (1483-1546) ad avviare la tradizione di applicare delle candele a un abete: si dice infatti che, passeggiando di sera in una foresta, rimase così incantato dalle stelle che brillavano tra gli alberi che decise di portarne uno a casa propria e legò delle candele ai suoi rami.

Questa tradizione durò a lungo. Anche oltre l’avvento dell’energia elettrica, fino agli anni Venti del XX secolo. Il perché è presto spiegato: a lungo le luminarie natalizie sono state un privilegio per pochi. Ad allontanare le luci natalizie dalle case delle famiglie ci pensavano, come detto, i costi: ancora nel 1900, potevano servire fino a 300 dollari (l’equivalente di circa 10.000 dollari di oggi) per pagare le luci, un generatore e i servizi di un addetto ai cavi per illuminare un albero di Natale all’interno della propria abitazione. Ecco perché, fino alla 'scoperta' di Sadacca, la maggior parte delle famiglie continuava a decorare i propri alberi di Natale con candele, come ai tempi di Lutero. Una scelta sicuramente elegante, ma decisamente poco sicura.

Edison e l'incanto delle luci a New York

L’esordio delle luci elettriche a Natale non potevano però che essere legate al genio di Thomas Alva Edison. Il celebre inventore delle lampade a incandescenza era determinato a elettrificare il centro di Manhattan. Così, in occasione del Natale del 1880, cercò di attirare l'attenzione sulla sua lampadina. Edison posò 8 miglia (pari a 12 chilometri) di filo sotterraneo per alimentare stringhe di luci attorno all'esterno del suo laboratorio nel New Jersey. I pendolari dei treni che viaggiavano tra New York e Filadelfia erano così stupiti dai campi luminosi che un giornalista etichettò Edison come l’Incantatore.

Fu solo nel 1882 però che queste luci furono utilizzate per scopi decorativi. Sempre durante le festività natalizie, il socio di Edison, Edward Hibberd Johnson (1846-1917), appese 80 luci elettriche colorate attorno a un albero di Natale nel laboratorio dello stesso Edison.

Il primo albero alla Casa Bianca

La residenza prescelta come sede per il presidente degli Stati Uniti d’America aveva un proprio albero di Natale fin dal 1889. Tuttavia fu solo 13 anni dopo l’esperimento di Hibberd Johnson, nel 1895, che, nello Studio Ovale, fece la sua comparsa il primo abete illuminato con le lampade di Edison: a volerlo fu il presidente Grover Cleveland (1837-1908). All’epoca l’illuminazione elettrica era arrivata nell’abitazione della 'first family' americana solamente da quattro anni. A Cleveland si attribuisce così il merito di aver avvicinato il pubblico americano all'idea delle luci elettriche. A quel tempo, molte persone diffidavano dell'elettricità e pensavano che vapori pericolosi potessero entrare nelle loro case attraverso le luci e i fili.

A contribuire al costo elevato delle prime luminarie natalizie era il fatto che, ai tempi, fossero cablate a mano e realizzate con preziose e delicate lampadine di vetro. Fu solo durante la presidenza di Calvin Coolidge (1872-1933) che prese il via la tradizione dell’accensione ufficiale di un albero di Natale nazionale. Nel 1923 un abete alto 15 metri e proveniente dal Vermont, stato natale di Coolidge, fu adornato con 2500 lampadine elettriche rosse, bianche e verdi.

La gara tra vicini

L’uso esterno? Solo dal 1927. Sebbene Sadacca avesse contribuito a diffondere la tradizione delle luminarie il loro utilizzo in ambienti all’aperto da parte delle famiglie non sarebbe stato sicuro fino al 1927. Per aumentare le vendite e diffondere sempre di più le luminarie elettriche, le principali società di distribuzione hanno sponsorizzato concorsi di quartiere, mettendo i vicini di casa in competizione tra di loro. Anche questa tradizione continua anche ai giorni nostri.

I record. Il primato mondiale per il maggior numero di luminarie posizionate in una sola proprietà appartiene a una famiglia di New York che, nel 2014, installò 601.736 luci intorno alla sua abitazione. Per quanto riguarda gli alberi di Natale, il record per il più decorato spetta agli Universal Studios di Osaka, in Giappone, con 612mila lampadine (novembre 2022).

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