Concerto Capodanno Roma, Mahmood si sfila: “No a censura Tony Effe”
Il cantante: "Ho aspettato fino all'ultimo poiché speravo di leggere una notizia diversa"
Anche Mahmood non sarà al concerto di Capodanno a Roma al Circo Massimo per protestare contro l'esclusione di Tony Effe. Lo annuncia lo stesso cantante su Instagram: "Ho aspettato fino all'ultimo poiché speravo di leggere una notizia diversa rispetto all'esclusione di Tony Effe dal Capodanno di Roma. Ritengo sia una forma di censura per cui decido anche io di non partecipare al Capodanno della Capitale. Sono fermamente convinto che qualsiasi forma d'arte possa essere discussa e criticata, ma non deve esistere censura", ha scritto Mahmood.
Cosa è successo
La decisione da parte del Comune di Roma di chiedere un passo indietro a Tony Effe è arrivata dopo giorni di polemiche. La partecipazione del rapper al concerto di Capodanno era stata annunciata dallo stesso sindaco della Capitale Gualtieri. Subito dopo è scoppiato il caso: nel mirino ci sono i testi di alcune canzoni, giudicati misogini e contro le donne. "Non c’è nessuna censura, non stiamo parlando del diritto sacrosanto di Tony Effe di esprimersi e di fare concerti a Roma ma dell’opportunità di utilizzare risorse pubbliche dell’amministrazione, e quindi dei cittadini, per fare di lui uno degli ospiti del concerto di Capodanno", ha detto Gualtieri aggiungendo: "Nel momento in cui è risultato evidente che quella scelta avrebbe diviso la città e urtato la sensibilità di tanti, abbiamo ritenuto opportuno chiedere un passo indietro perché per noi il concerto di Capodanno deve unire e non dividere la città’’.
Tony Effe aveva tentato di gettare acqua sul fuoco, con una storia sul proprio profilo Instagram: "Sono onorato di cantare al Circo Massimo nella mia città. Voglio ringraziare il Comune per questa opportunità", aveva scritto il rapper prima della decisione del Campidoglio di non farlo salire sul palco, "rispetto e amo tutte le donne e mi dispiace che qualcuno ancora pensi il contrario. Roma ci vediamo a Capodanno".
"Stupore e dispiacere" per l'annuncio e poi l'invito a non esibirsiè stata espressa in una nota congiunta di Vivo Concerti srl, Friends&Partners spa e Pegaso management, rispettivamente promoter dei live di Tony Effe, organizzatori del concerto di Capodanno (sia Vivo Concerti che Friends & Partner) e il management dell'artista stigmatizzano il comportamento del Comune di Roma e la gestione della vicenda, che ha procurato un "danno d'immagine" al cantante, finora uno dei trionfatori di classifiche e airplay dell'anno.
Oggi la storia di Mahmood su Instagram, in cui annuncia ce non ci sarà neanche lui sul palco del concerto al Circo Massimo.
Spettacolo
Tony Effe fuori da concerto Roma, Lazza ad Emma Marrone:...
Il comune di Roma ha chiesto al rapper italiano di un passo indietro in merito alla sua partecipazione al Capodanno
Dopo la decisione del comune di Roma di chiedere un passo indietro a Tony Effe sulla sua partecipazione al concerto di Capodanno di Roma, tanti gli artisti che esprimono solidarietà al collega. Non solo Mahmood, che si sfila dall'evento in segno di protesta, ma anche Emma Marrone e Lazza. Tra le voci che protestano contro la 'censura', c'è anche chi non si scalda: "Ma chi se ne frega...", il commento di Morgan.
Mahmood
"Ho aspettato fino all'ultimo poiché speravo di leggere una notizia diversa rispetto all'esclusione di Tony Effe dal Capodanno di Roma. Ritengo sia una forma di censura - ha scritto Mahmood - per cui decido anche io di non partecipare al Capodanno della Capitale. Sono fermamente convinto che qualsiasi forma d'arte possa essere discussa e criticata, ma non deve esistere censura".
Emma Marrone
"Trovo che sia davvero un brutto gesto escludere Tony Effe dal concerto di Capodanno a Roma - scrive Emma Marrone sui suoi canali social - privando un ragazzo di esibirsi nella sua città. Non è una cattiva persona e non ha fatto male a nessuno ma è altrettanto brutto nei confronti della musica tutta e dell'arte in generale. Una forma di censura 'violenta' che alle soglie del 2025 non si può tollerare e giustificare. Ti abbraccio Tony".
Lazza
Lazza ha espresso la sua opinione nelle Stories sul suo profilo Instagram. "Ogni volta che qualcuno del rap viene infilato in una situazione mainstream - ha scritto - si cerca sempre di additarlo per qualcosa o farlo passare per coglione. Geolier non va bene, è napoletano, canta solo in dialetto. E Geolier ve l'ha messa nel culo e godo. Tony Effe è misogino, è violento e non va bene. E anche Tony Effe ve la metterà nel culo. Smettetela di censurare il lavoro degli altri perché non lo ritenete tale e allora cercate delle scuse per darvi ragione, siete voi che non capite. A Woodstock c'era gente nuda tutta fatta, però nascondiamoci pure dietro il 'eh erano altri tempi'".
Da Povia a Kid Yugi
"Chiunque accetterà di prendere il posto di un collega censurato è pregato di starmi alla larga", ha dichiarato il rapper Kid Yugi. Mentre Giuseppe Povia ha dichiarato all'Adnkronos: "Se mi invitassero? Andrei ovunque, dal palco posso cantare ciò che voglio, fuori dal palco no. Sono un cantautore sociale che canta temi importanti e subisco annullamenti di concerti e allontanamenti dalla Tv da 15 anni per motivi ideologici ad opera di chi parla di uguaglianza e pietà ma poi ti tappa la bocca quindi so bene di cosa si tratta. Per questo avevo presentato la canzone 'Arbitro' a Sanremo, esclusa. Non so i motivi degli ultimi episodi ma la censura è sempre brutta".
Morgan controcorrente
Morgan, invece, va controcorrente. "Ma chi se ne fotte di Tony Effe? Sia che ci sia, sia che non ci sia, non cambia nulla, non mi sembra un problema grave. Bisogna vedere cosa perdi a cacciare qualcuno. Nel mio caso sono stato cacciato 1000 volte e hanno sempre perso molto", afferma Morgan all'Adnkronos
Spettacolo
Ballando con le stelle, Milly Carlucci: “Insulto...
La conduttrice riceve il Tapiro d'Oro di 'Striscia la Notizia'
Con chi ce l'aveva Guillermo Mariotto prima di entrare in scena a Ballando con le stelle? Questa sera Striscia la notizia torna sul 'caso Mariotto' e consegna il Tapiro d'oro a Milly Carlucci, attapirata per la serie di discussi comportamenti del giudice venezuelano a Ballando con le stelle. L'ultimo in ordine di tempo è una frase pronunciata in onda da Mariotto poco prima di entrare sul palco ("Che figlia de…") ed evidenziata dal tg satirico.
"Ascolterò l'audio pulito e cercherò di scoprire cosa ha detto approfondendo con ognuna delle persone con cui era. Ma sicuramente non era riferito a me visto che mi chiama 'mami': sono la sua 'mamma'", dichiara Carlucci.
Striscia le fa notare che, in un’intervista, un portavoce di Mariotto ha sostenuto ce l'avesse addirittura con una zanzara: "Può anche essere – commenta scherzosamente Carlucci – perché qui vicini al fiume siamo infestati, magari era stato pizzicato".
"Anche l’episodio della mano appoggiata al ballerino è stato del tutto casuale, dipende da come si vogliono interpretare le cose. Stava facendo il suo show e la mano è capitata in un posto sbagliato", continua la conduttrice, replicando al sondaggio di Striscia secondo il quale – invece – il “fallo” di Mariotto è stato intenzionale per l’86% dei votanti. Per Milly Carlucci si tratta del quarto Tapiro in carriera. Il servizio completo questa sera a Striscia la notizia (Canale 5, ore 20.35).
Cultura
L’ascensore a Natale: un piccolo mondo sospeso, traboccante...
Non so se capita anche a voi, ma quando arriva dicembre, le luci scintillanti delle strade, i profumi dei dolci e quell’aria gelida, nitida, quasi pungente, sembrano amplificare ogni sensazione. Basta poco, persino il ronzio di un impianto di risalita, per sentirsi addosso un turbinio di sentimenti che vanno dalla pura gioia alla più intensa malinconia. E l’ascensore, sì, proprio l’ascensore, in questo periodo dell’anno si trasforma in una sorta di scatola magica capace di accogliere, amplificare, riflettere, deformare e riconsegnare emozioni pure. Una minuscola stanza che va su e giù, come un’altalena che danza nel cuore dei palazzi, soprattutto a Natale, quando l’atmosfera carica di significato può trasfigurare anche un banale percorso verticale in una piccola avventura umana.
Noi ci pensiamo spesso, sapete, guardando le commedie natalizie o i film ambientati durante le feste: quante volte il cinema ha scelto l’ascensore come palcoscenico di scene memorabili? Non è mai soltanto uno strumento di servizio. A volte, in quei pochi secondi di tragitto, si addensa un concentrato di paura, amore, ansia, stupore, gioco, desiderio, attesa. E tutto questo – strano a dirsi – riesce a condensarsi in uno spazio di pochi metri quadrati, perfetto per mettere a nudo l’umanità dei personaggi.
La paura di essere scoperti: un ascensore che nasconde segreti
Pensate a certe situazioni in cui l’imbarazzo si mescola al terrore puro di essere colti sul fatto, lì, in quello spazio neutro che non dà scampo. È il caso di “Merry Christmas”, uno di quei cinepanettoni italiani che tutti, volenti o nolenti, abbiamo incrociato in televisione almeno una volta. Christian De Sica – che di questi film è stato un volto iconico – interpreta un pilota d’aerei con una doppia vita: due famiglie, due donne inconsapevoli l’una dell’altra, due mondi paralleli che non dovrebbero mai incrociarsi.
Ma a Natale, si sa, tutto può succedere. E così l’ascensore di un aeroporto ad Amsterdam diventa la trappola perfetta. De Sica si ritrova in cabina con entrambe le mogli, giunte fin lì all’insaputa l’una dell’altra. Panico. In quei secondi che sembrano eterni, l’ascensore diventa un confessionale forzato, un ring senza vie d’uscita. È un attimo, eppure dentro quel minuscolo box verticale la tensione si taglia a fette, e noi, che osserviamo la scena attraverso la cinepresa, ci sentiamo morire dal ridere e dall’ansia. C’è qualcosa di grottesco e profondamente umano in tutto questo: quell’ascensore ci sta sbattendo in faccia la verità sulle nostre fragilità, sulle bugie, sui nodi che prima o poi vengono al pettine.
Se la paura e il segreto fanno da padroni in certe scene, in altri film l’ascensore diventa un altare del destino. Pensiamo a “Serendipity”, una storia d’amore che sembra sempre sul punto di compiersi e insieme di sfuggire tra le dita. Nel cuore di una New York natalizia, addobbata e sfavillante, John Cusack e Kate Beckinsale si promettono un incontro che dipende dalla fortuna e dall’allineamento imprevedibile degli eventi. Ci sono due ascensori, due direzioni, due pulsanti: se entrambi arriveranno allo stesso piano, allora quella storia merita di essere vissuta. Ma il tempo corre, le porte si aprono e si chiudono, e un bambino giocherellone si mette di mezzo, toccando tutti i pulsanti disponibili. Il risultato? John arriva in ritardo, non trova Kate, e il momento perfetto sfuma in un attimo. Eppure, il ricordo di quell’ascensore, di quella possibilità mancata, resta. La morale è chiara: per il cinema, l’ascensore a Natale non è solo un mezzo di trasporto, ma un detentore di chiavi per entrare nel regno dell’amore. A volte apre porte, a volte le chiude ma non lascia mai indifferenti.
Da panico a calma imperturbabile: il contrasto di “Natale in India”
Non possiamo ignorare il teatro dell’assurdo di “Natale in India”, uno dei tanti film che hanno associato la stagione delle feste alle coppie comiche del cinema italiano. Qui c’è di nuovo Christian De Sica, questa volta a fianco di Massimo Boldi. I due si trovano chiusi in ascensore all’interno di una clinica, un incontro fortuito e bizzarro che scatta per un guasto tecnico. L’ascensore diventa un nido di emozioni contrastanti: da una parte, l’ansia incontenibile di De Sica, dall’altra la tranquillità quasi zen di Boldi. Il cortocircuito è spassoso e allo stesso tempo, trasmette quel senso di instabilità emotiva tipico dei giorni di festa. Sarà che a Natale ci sentiamo tutti più vulnerabili? O forse l’ascensore, chiuso, limitato, ci obbliga a fare i conti con noi stessi e gli altri in un modo che raramente accade al di fuori di quelle pareti?
Non siamo noi i soli ad aver notato la forza narrativa degli ascensori durante le feste. Sergio Alvarez, Marketing Manager di KONE Italy & Iberica, ce lo ricorda con entusiasmo: “Non esiste periodo migliore del Natale per mettere in risalto gli ascensori con una chiave di lettura più leggera e simpatica”. La KONE, multinazionale specializzata nella realizzazione di impianti di elevazione intelligenti, sa bene quanto un ascensore non sia solo una macchina di design e ingegneria, ma un vero spazio sociale. A Natale, ci suggerisce Alvarez, l’atmosfera rende tutto più intenso, le luci e le decorazioni attorno si riflettono nelle superfici lucide della cabina, i cuori sono più aperti, più fragili. E il cinema, da grande cassa di risonanza delle emozioni umane, ha sfruttato questa miscela per regalarci momenti indelebili.
L’ascensore, il contenitore di tutti gli imbarazzi
Forse Fabrizio Caramagna ha ragione, quando dice che “L’ascensore è il contenitore di tutti gli imbarazzi”. Quante volte ci siamo trovati a fissare il pavimento, trattenendo il respiro, desiderando ardentemente che le porte si aprissero il prima possibile per fuggire via? Durante il periodo natalizio, tutto ciò diventa più acuto, più potente. Il cinema ha il merito di mostrarci come un banale viaggio da un piano all’altro possa trasformarsi in un microcosmo emotivo. E così ci ritroviamo a guardarci dentro, a chiederci: se capitasse a noi, come reagiremmo?
C’è poi chi, in ascensore, incontra la possibilità di riscrivere intere esistenze. In “Un Bacio Prima di Natale”, il protagonista Ethan Holt, stanco e annoiato dalla sua quotidianità, esprime un desiderio: cambiare, e cambiare davvero. Nella sua vita “originale”, si era ritrovato bloccato per ore in ascensore con una donna, Joyce, che sarebbe poi diventata sua moglie. Lui, però, chiede di arrivare al piano desiderato senza quel fastidioso intoppo. Ed ecco che la mattina del 1° dicembre si risveglia in una realtà parallela, dove fa carriera ed è vice presidente, ma non è sposato, non ha figli e non conosce davvero Joyce se non come rivale di lavoro. L’ascensore, in questo racconto, è l’incrocio tra due universi: uno fatto di vincoli, legami, piccoli contrattempi trasformati in amore e l’altro una landa sterile di successi materiali ma senza calore umano. Per tornare alla vita vera, Ethan dovrà riconquistare il cuore di Joyce entro Natale. L’ascensore, prima teatro del caso, diventa allora la soglia tra due mondi, e la morale è limpida come la neve: a volte restare bloccati in un luogo scomodo serve a trovare la persona giusta.
Un Natale ingenuo e stupefatto: “Elf – Un elfo di nome Buddy”
Non è solo l’amore a scaldare l’atmosfera natalizia in ascensore, ma anche lo stupore di chi guarda il mondo con occhi da bambino. “Elf – Un elfo di nome Buddy” è l’esempio perfetto: Will Ferrell si cala nei panni di un elfo grande e grosso ma col cuore innocente, che sbarca a New York per conoscere il suo padre biologico. Lì, tra i grattacieli della Grande Mela, sale su un ascensore e… scopre che i pulsanti illuminati possono diventare come le lucine di un albero di Natale. Quella scena, tenera e buffa, condensa una sensazione di meraviglia difficile da scacciare. Ci ricorda che a Natale siamo tutti un po’ bambini e ogni singolo dettaglio può accendere qualcosa di magico dentro di noi.
L’amore che scatta tra due estranei: “A Christmas Kiss”
La passione che esplode all’improvviso è un altro filo conduttore in queste storie verticali. “A Christmas Kiss” ne fa un punto cardine: un ascensore diventa il luogo di un incontro fugace e inatteso, in cui un bacio rubato definisce il destino di una coppia. C’è tensione, c’è la sensazione che nulla sarebbe stato possibile senza quei pochi secondi di sospensione. A volte l’ascensore, soprattutto a Natale, simboleggia uno scarto improvviso dal nostro percorso lineare. È un luogo di transizione, certo, ma anche un portale che mette in contatto due esistenze. Quel bacio, incastonato in una manciata di secondi, diventa un seme che germoglierà fuori da quel minuscolo spazio.
Fuga e intraprendenza: “Mamma ho riperso l’aereo: mi sono smarrito a New York”
Natale e ascensori possono anche voler dire avventura. Prendiamo un classico: “Mamma ho riperso l’aereo: mi sono smarrito a New York”. Il piccolo Kevin, interpretato da Macaulay Culkin, ci aveva già abituati ai colpi di scena. Questa volta è solo, in un gigantesco hotel di lusso, inseguito dalla sicurezza. L’ascensore diventa la via di fuga perfetta: un improvviso rifugio verticale per scappare, per depistare chi lo bracca. È l’infanzia che trova sempre una strada originale per cavarsela, un po’ come ogni bambino che, a Natale, cerca un posto sicuro in cui ripararsi dal mondo degli adulti. Il cinema di quegli anni ci ha regalato l’immagine di Kevin che sfugge tra porte scorrevoli, sorprese inattese e scivolate rocambolesche. Anche questo è Natale: una corsa frenetica che culmina in uno spazio ristretto, come la cabina di un ascensore, da cui ripartire con un pizzico di leggerezza.
Il ruolo del cinema e la sua “stanza segreta”
Ci si potrebbe chiedere: perché il cinema è così affascinato dagli ascensori proprio a Natale? Forse perché nelle feste siamo più disponibili a credere alle coincidenze, ai miracoli, agli incontri fatali. Forse perché l’ascensore riduce le distanze: due persone che di solito non si parlerebbero mai, in quell’ambiente costretto, si vedono costrette a condividere un frammento d’intimità. E in una società in cui cerchiamo di tenere il resto del mondo a distanza, quell’improvvisa vicinanza può scatenare reazioni imprevedibili.
Di fronte a uno schermo, noi e voi, guardiamo quei personaggi e ridiamo, sospiriamo, ci agitiamo. Perché sappiamo bene che sotto sotto è un po’ anche la nostra vita: quanti ascensori abbiamo preso senza ricordare nulla? E quanti invece sono rimasti impressi nella memoria? Il cinema li carica di significato, li trasforma in metafore dell’esistenza, in simboli di un ascesa (o di una discesa) emotiva che trova nel Natale il suo momento culmine. Le storie che abbiamo passato in rassegna – dalla paura di “Merry Christmas” all’amore negato di “Serendipity”, dall’imbarazzo di “Natale in India” all’effetto sliding door di “Un Bacio Prima di Natale”, dallo stupore di “Elf” alla passione di “A Christmas Kiss”, fino all’astuzia del piccolo Kevin – ci mostrano tutte le sfumature di un luogo che, in fondo, potrebbe sembrare anonimo e freddo. Invece l’ascensore, soprattutto a Natale, è un crocevia di emozioni umane.
L’ascensore come specchio dell’anima natalizia
Alla fine, è questo che conta: capire che l’ascensore, tra luci sfavillanti e fiocchi di neve, diventa uno specchio dell’anima. Ci fa vedere ciò che tentiamo di nascondere, esalta i contrasti, rende possibile l’incontro e la fuga. A Natale, l’immaginario collettivo ci vuole tutti più vicini, più empatici, pronti a scambiare sguardi e parole. E l’ascensore, anche grazie al cinema che ne ha esaltato la potenza simbolica, diventa un teatro perfetto. C’è chi teme che le porte non si riaprano, chi spera che si fermino sul piano giusto, chi preme tutti i pulsanti per creare un albero di Natale luminoso. In quella manciata di secondi, chiusi tra quattro pareti, possiamo incontrare il nostro lato più autentico.
Non esiste tecnologia, per quanto avanzata, che possa sopprimere la natura profondamente umana di questo spazio in movimento. Sergio Alvarez di KONE lo ribadisce: a Natale l’ascensore si veste di nuovo significato. È un occhio di bue puntato sulle nostre emozioni più genuine. E noi, con voi, lo celebriamo, lo ricordiamo, lo osserviamo nel riflesso delle porte d’acciaio, convinti che, mentre lo guardiamo, sia lui a guardare dentro di noi.