Meloni in Senato: “Musk è mio amico ma io non prendo ordini da nessuno”
La replica della premier dopo le comunicazioni in vista del Consiglio Ue: "Europa deve occuparsi di meno cose, e farlo meglio"
"L'Europa deve occuparsi di meno cose e di farle meglio, deve fare le cose che gli stati nazionali non possono fare". Lo ha detto la premier Giorgia Meloni nel corso della replica in Senato, dopo le comunicazioni in vista del Consiglio Ue del 19 dicembre. "Voglio un'Europa più forte, penso che il problema -spiega- è stato che l'Europa non ha avuto più chiara la sua missione, ha scelto una maggiore regolamentazione al posto di quella chiarezza".
"Questa resta la mia idea di Unione europea, io vedo il mondo a modo mio. Sono cose su cui bisogna confrontarsi", aggiunge. "Per voi -dice rivolta al Pd- chiunque ha una idea diversa dalla vostra è impresentabile".
"Su automotive rivedere scelte, corsa all'elettrico insensata"
"Sull'automotive dobbiamo rivedere le scelte, dobbiamo lavorare con pragmatismo e serietà, dobbiamo difendere una filiera fondamentale della nostra industria", ha detto la premier, avvertendo che "la corsa all'elettrico è insensata".
"Nessuno nega l'emergenza climatica, ma contestiamo la strategia della Ue, con un approccio troppo ideologico, questo non funziona". "Oggi -spiega- il nostro sistema è uno dei più verdi al mondo, se massacriamo quel sistema creiamo un problema".
Su Musk
Rispondendo alla sottolineatura della sua amicizia con Elon Musk fatta in Aula, Meloni spiega che "l'Italia è stata la prima nazione in Europa a regolamentare i privati nello spazio, io non prendo ordini da nessuno, mi confronto con tutti". "Lui è mi amico -ricorda- . Io sono amica di tanti...". Quindi, rivolgendosi al partito democratico, dice: "L'impresa di Musk non è quella di essere andato sulla Luna, piuttosto è quella di avervi trasformato in sovranisti".
Sport
Usyk vs Fury, verso il rematch di Riyadh. L’ucraino:...
Sabato 21 dicembre andrà in scena in Arabia il secondo atto del confronto epocale tra i due Massimi
Gran finale per la boxe. Sabato 21 dicembre il 2024 si chiude con il rematch tra Oleksandr Usyk e Tyson Fury. Un incontro attesissimo, in cui il l’ucraino, primo campione indiscusso dei pesi Massimi dai tempi di Lennox Lewis (1999), dovrà difendere il trono conquistato contro Fury a inizio anno. Il teatro del grande evento sarà la Kingdom Arena di Riyadh.
Usyk: "Combatto per l'Ucraina"
Usyk (22-0, con 14 ko all’attivo) è il pugile riuscito a rimettere insieme le sigle Wba, Wbc e Wbo e in questo momento è uno dei campioni più amati in Ucraina. La difficile situazione del ìPaese, in guerra con la Russia, porta sulle sue spalle tante responsabilità. “Naturalmente ho parlato dell'incontro con i soldati ucraini, con i miei amici che ora proteggono il mio Paese” ha spiegato Usyk al The Guardian. “Anzi, voglio raccontare questa storia. C'è la linea del fronte dove si combatte e i ragazzi in seconda linea hanno comunicazioni speciali con la prima linea del campo di battaglia. Hanno soprannomi come 'Rocket' e a maggio dicevano cose come: ‘Rocket, Rocket, mi senti?’. Il tono al telefono era molto serio. 'Sì, sì, cosa sta succedendo? Cosa dobbiamo fare?”. Pensavano che si trattasse di un'emergenza legata alla guerra, ma poi hanno saputo che ero il campione indiscusso dei pesi Massimi e tutti hanno iniziato a esultare".
Usyk-Fury, il rematch
Se il primo match, sette mesi fa, era stato caratterizzato da diversi insulti da parte di Fury, adesso il clima verso l’incontro sembra più disteso. "Tyson ora parla meno di prima -ha spiegato Usyk -. Forse è cambiato. Forse è il suo gioco. Non mi interessa molto quello che dice di me. Non provo rabbia nei suoi confronti, ma solo rispetto”. Per Fury, quella arrivata a maggio contro Usyk è stata la prima sconfitta in carriera. In Arabia, da una parte ci sarà dunque la voglia di rivincita del britannico, dall'altra l'orgoglio di confermarsi campione dell'ucraino.
Usyk-Fury 2, dove vedere il match
Dazn trasmetterà live e in pay-per-view il tanto atteso rematch sabato 21 dicembre 2024 dalla Kingdom Arena di Riyadh, in Arabia Saudita. L’evento, con il commento a cura di Niccolò Pavesi e Alessandro Duran, inizierà dalle 16:30 con l’undercard e proseguirà con il main event dalle 19.
Ultima ora
Toti, giudice conferma patteggiamento: per lui lavori...
Pena di due anni e tre mesi convertita in 1620 ore di lavori socialmente utili: a partire dai primi di gennaio presso la Lilt
L'ex presidente di Regione Liguria Giovanni Toti ha patteggiato questa mattina una pena a due anni e tre mesi, convertita in 1620 ore di lavori socialmente utili. L'accordo è stato ratificato questa mattina davanti al giudice delle indagini preliminari Matteo Buffoni. Toti, a partire dai primi di gennaio svolgerà i lavori socialmente utili presso la Lilt, dove si occuperà di campagne rivolte alla prevenzione.
Patteggiamento anche per l'imprenditore Aldo Spinelli, tre anni e tre mesi e per l'ex presidente di Autorità Portuale Paolo Emilio Signorini a tre anni e sei mesi.
"Per quello che mi riguarda sono lavori socialmente utili in sostituzione di due anni e tre mesi, quindi 1620 ore di lavori socialmente utili. Stabilirà un programma di lavori che potranno essere diversi e comincerà verosimilmente i primi di gennaio. Il patteggiamento è un'applicazione di pena che prescinde sia da un accertamento della responsabilità che da una ammissione della responsabilità", ha detto il difensore di Giovanni Toti, l'avvocato Stefano Savi, al termine dell'udienza. Toti non potrà ricandidarsi nei prossimi due anni, "ma è un capitolo che non è nelle cose in questo momento", ha precisato Savi che sul ruolo di Toti nella Lilt dice: "Non sarà un ufficio stampa, si occuperà di campagne rivolte alla prevenzione".
Esteri
Iran, giro di vite su velo: Parlamento chiede modifiche su...
Anche il presidente, il riformista Masoud Pezeshkian, ha espresso forti dubbi intervenendo nel dibattito che la proposta ha acceso nel Paese
Il Parlamento iraniano ha formalmente richiesto modifiche a un contestato disegno di legge che inasprisce drasticamente le sanzioni contro le donne che non indossano il velo e sul quale anche il presidente, il riformista Masoud Pezeshkian, ha espresso forti dubbi intervenendo nel dibattito che la proposta ha acceso nel Paese.
"Abbiamo chiesto che la legge sulla castità e l'hijab non venga trasmessa al governo" per la firma finale, ha dichiarato il vice presidente iraniano per gli Affari parlamentari, Shahram Dabiri, citato dall'agenzia di stampa Isna. "Il presidente del Parlamento ha chiesto un emendamento al disegno di legge", ha aggiunto Dabiri, senza fornire dettagli sulle modifiche richieste.
Cosa prevede il disegno di legge
Il disegno di legge "sul sostegno alla famiglia attraverso la promozione della cultura della castità e dell'hijab" è composto da 74 articoli e sarebbe dovuto entrare in vigore lo scorso 13 dicembre. Il suo contenuto non è stato reso pubblico, ma secondo la stampa iraniana prevede una pena fino a 10 anni di reclusione e una multa equivalente a circa 5.700 euro per chi incita alla "nudità" o all' "indecenza". Le sanzioni dovranno essere pagate entro 10 giorni, pena il divieto di lasciare il Paese e la privazione di alcuni servizi, compreso il rilascio della patente di guida. Viene conferito inoltre alla polizia il potere di utilizzare l'intelligenza artificiale per identificare le donne senza velo, utilizzando telecamere.
Il disegno di legge è già stato approvato dal Parlamento nel settembre 2023 e poi dal Consiglio dei Guardiani. Secondo la Costituzione, il governo può chiedere al Parlamento di apportarvi modifiche, prima della promulgazione.
Il giro di vite sul velo era stato promosso dalla precedente presidenza dell'ultraconservatore Ebrahim Raisi, morto nello schianto di elicottero lo scorso maggio, sulla scia delle proteste antigovernative scoppiate nel settembre 2022, a seguito della morte in custodia della polizia di Mahsa Amini, anche contro il rigido codice d'abbigliamento previsto per le donne nella Repubblica islamica. Amini era stata arrestata per una presunta violazione del codice.
All'inizio di dicembre Pezeshkian ha espresso pubblicamente "riserve" sul testo della nuova legge, parlando di numerose "ambiguità". Per Amnesty International, la legge negherebbe "ulteriormente i diritti umani delle donne e delle ragazze, introducendo la pena di morte, le frustate, pene detentive e gravi sanzioni per reprimere la resistenza al velo obbligatorio". Dalla rivoluzione islamica del 1979, per le donne in Iran è obbligatorio coprirsi i capelli nei luoghi pubblici, ma sempre di più, dopo la morte di Mahsa Amini, non rispettano l'obbligo in segno di sfida contro uno dei pilastri ideologici della Repubblica islamica.