Meloni a Bruxelles per rilanciare su migranti e auto: oggi il Consiglio europeo
Sul tavolo anche i rapporti con gli Stati Uniti, in vista dell'imminente ritorno alla Casa Bianca di Donald Trump
La crisi in Siria, dopo la caduta del regime di Assad, e gli sviluppi della guerra tra Russia e Ucraina. Ma anche i rapporti con gli Stati Uniti, in vista dell'imminente ritorno alla Casa Bianca di Donald Trump. Questi i principali temi sul tavolo dei leader dei 27 Paesi dell'Ue che oggi si riuniranno per il primo Consiglio europeo della nuova legislatura, sotto la guida del neo-presidente Antonio Costa.
Un vertice nel quale Giorgia Meloni intende porre l'accento su due dossier cari all'Italia: la crisi dell'automotive e la gestione dei flussi migratori. Il tema della regolazione Ue del settore auto, secondo quanto si apprende, potrebbe essere sollevato nel corso del Consiglio di domani, d'intesa con altri Paesi come la Repubblica Ceca, con l'obiettivo di iniziare a porre la questione in vista del summit di marzo 2025, che sarà dedicato proprio ai temi economici.
Della questione, Meloni ha parlato ieri in Senato durante il dibattito sulle sue comunicazioni: "Sull'automotive dobbiamo rivedere le scelte, dobbiamo lavorare con pragmatismo e serietà, dobbiamo difendere una filiera fondamentale della nostra industria", ha messo in guardia la premier definendo "insensata" la corsa all'elettrico.
Il dossier migranti sarà uno dei topic del Consiglio ma verrà affrontato anche in un incontro a margine promosso da Italia, Olanda e Danimarca e al quale dovrebbero prendere parte anche la presidente della Commissione europea Ursula von der Leyen, la Repubblica Ceca, Svezia, Cipro, Grecia, Polonia, Malta e l'Ungheria per la presidenza di turno del Consiglio Ue.
Difendere "il modello Albania", ovvero l'intesa sui centri per i migranti siglata con il Paese di Edi Rama (che oggi, prima del vertice sui Balcani occidentali, ha avuto un breve colloquio con Meloni) è una delle priorità indicate dalla premier nel suo intervento a Palazzo Madama prima di partire per Bruxelles: "Il protocollo con l'Albania è un metodo molto efficace per combattere la mafia del mare, e quello che vi ho chiesto è di aiutare l'Italia a combattere questa mafia. Noi difendiamo quel modello", ha rimarcato Meloni.
Il summit sui Balcani
Ieri però è stato il giorno del summit sui Balcani occidentali, che di fatto ha sancito un passo avanti nel processo di integrazione europea dei Paesi dell'area. Per Meloni "non c'è altra via che il completamento della riunificazione dei Balcani occidentali all'Europa".
"Il nostro messaggio deve essere di una scelta assolutamente chiara, un segnale evidente che la riunificazione - non si tratta di un allargamento, a mio parere: si può allargare un club, ma si riunifica una civiltà - dovrà essere concretamente una delle principali priorità di questa legislatura", ha detto la leader di Fdi in un passaggio del suo discorso, dove ha lodato in particolare gli sforzi compiuti da Albania, Montenegro, Macedonia del Nord, Bosnia Erzegovina e Serbia per le riforme necessarie all'ingresso nella Ue.
Ucraina, Zelensky con i leader
L'Ucraina è stato invece il piatto forte dell'incontro di ieri sera che ha visto Meloni al tavolo con il presidente ucraino Volodymyr Zelensky insieme ad altri leader europei e al segretario generale della Nato, Mark Rutte. Il vertice è durato circa tre ore.
Secondo quanto si apprende, l'Italia, anche come Presidenza G7, ha ribadito "il sostegno all'Ucraina e alla sua legittima difesa", con l'obiettivo comune di costruire "una pace giusta e duratura sulla base del diritto internazionale e dei principi della Carta delle Nazioni Unite".
Dal capo del governo di Kiev è arrivato un altro appello ai leader della Ue: per l'Ucraina è "importantissimo" che l'Europa abbia una posizione "unitaria" e non si divida su come aiutare il Paese invaso dalla Russia, ha sottolineato Zelensky. L'incontro nella residenza di Rutte, insieme al Consiglio europeo di oggi, ha detto Zelensky, "è un'ottima opportunità per parlare di garanzie di sicurezza per l'Ucraina, per oggi e per domani". In un'intervista al giornale francese Le Parisien però il leader ucraino ha riconosciuto che sarà difficile per Kiev riprendersi Donbass e Crimea: "Di fatto questi territori sono ora controllati dai russi. Non abbiamo la forza per riconquistarli".
Finanza
Fuga da Piazza Affari, l’esperto: ‘Si parla di...
"Pesano costi di quotazione elevati, la storica dipendenza dal credito bancario e una mentalità di breve termine che scoraggia gli investitori"
Un miliardo in entrata, ventotto in uscita. È il bilancio di un mercato dei capitali che perde pezzi, colpendo soprattutto le piccole e medie imprese. Se un tempo la Borsa era un traguardo, oggi il delisting per molti è una scelta strategica. A pesare sono costi di quotazione elevati, la storica dipendenza dal credito bancario e una mentalità di breve termine che scoraggia gli investitori. A tracciare lo scenario all'Adnkronos è l'analista Pietro Calì. "Si parla di 28 miliardi in uscita rispetto a 1 miliardo in entrata: queste le conseguenze dei delisting", sottolinea. "Al di là delle big come Cnh soprattutto il mercato mid e small è stato colpito. Sulle società a piccola capitalizzazione il delisting è conseguenza della scarsa liquidità sul mercato, pochi pochissimi scambi, fa riflettere il fatto che fino a qualche anno fa la quotazione era un traguardo, un obiettivo. Adesso tutt'altro, e il Delisting non è considerato un fallimento. Negli ultimi 4 anni 100 società hanno lasciato Piazza Affari", prosegue Calì. Ma quali sono i fattori che pesano?
Costi di quotazione elevati... 6/7% del capitale
I costi di quotazione sono alti. "Per costi di quotazione - sottolinea Calì - intendiamo i costi diretti e indiretti, nell'iter di quotazione ci sono diverse figure necessarie come società di revisione, studi legali, società di comunicazione, advisor e global cordinator. Il costo si aggira intorno al 6/7% del capitale raccolto. L'iter di quotazione è tendenzialmente molto complesso. I costi inoltre non sono una tantum, ma alcuni sono ricorrenti. Come è giusto che sia la quotazione pretende grande trasparenza. E la trasparenza per le aziende ha un costo", sottolinea.
E la cultura del ... debito.. guadate a Mps
La cultura finanziaria italiana si basa ancora sul finanziamento bancario, sul debito. "Proprio per questo - evidenzia l'analista - la cultura delle azioni è molto meno radicata rispetto al mondo anglosassone (le azioni per gli italiani sono poco presenti in percentuale rispetto al mercato americano). È una questione di cultura e fiducia", sottolinea. Il problema, prosegue, "è che se il finanziamento non è regolato del mercato si possono creare distorsioni in riferimento al merito creditizio". Ciò che è successo a banche come Mps, chiosa, ''è la conseguenza del sistema non meritocratico dei finanziamenti il direttore di banca che concede finanziamenti non realmente coperti. Questa cultura forse è l'aspetto più grave e impattante in un sistema che, per essere competitivo, deve cambiare", evidenzia.
E quel vizio di non guardare lontano..
Le aziende quotate in Borsa hanno spesso manager la cui abilità è valutata sul breve termine. "Se io sono Ad di una società spesso tendo a essere misurato su obiettivi di breve termine", sottolinea Calì. "Chi porta ottimi numeri nel breve termine spesso sul lungo si sbaglia", dice. "Ma questo è un paradigma generale sul business. La sostenibilità di una azienda può essere penalizzata dalla redditività di breve termine, come conseguenza ci possiamo trovare aziende e dunque titoli che nel lungo termine si ritrovano in difficoltà. Deludendo le aspettative degli azionisti. Nelle non quotate, rimarca l'analista, "il management, avendo meno trasparenza, può avere più spazio e tempo per manovre di ampio respiro e lungo termine".
Ma non tutto va male.. oggi in Italia sono quotate 420 società da 837 mld
Barbara Lunghi, responsabile dei mercati primari azionari di Borsa Italiana, traccia il quadro: "Oggi in Italia sono quotate oltre 420 società con una capitalizzazione complessiva di 837 miliardi di euro", sottolinea. "Sono società di tutte le dimensioni, dalle piccole e piccolissime a società di maggiori dimensioni e appartengono a tutti i settori dell'economia italiana", afferma. "Le società italiane quotate - spiega - attraggono già oggi molti investitori internazionali, per un totale di 9.000 fondi e oltre 2 mila case di investimento". I primi investitori, sottolinea, sono americani, il 34%, seguiti dagli investitori istituzionali europei al 32 per cento. Di questi, la quota italiana è piuttosto limitata e pari all'8 per cento. Seguono gli investitori del Regno Unito al 19% e dall'Asia, il 2%".
C'è chi lavora per facilitare l'ingresso in Borsa
Fabrizio Testa, amministratore delegato di Borsa italiana, ribadisce che negli ultimi anni sono state portate alla quotazione molte più società di quelle delistate. "Quello che noi cerchiamo di fare - evidenzia - è facilitare l'ingresso in Borsa e lo facciamo su vari tavoli di lavoro, ad esempio con la task force del Tesoro abbiamo partecipato al draft della legge capitali e poi con un manifesto abbiamo supportato anche l'attivazione di un fondo di fondi che poi Cdp ha attivato. Ci sono altre altre iniziative, quindi l'intento è veramente di far sì che la Borsa porti risorse alternative di finanziamento alle società". Quello del delisting, rimarca Testa, non è solo un fenomeno italiano, è un fenomeno internazionale. Sono fasi abbastanza cicliche. Il delisting, spiega Testa, ha varie nature, spesso la maggior parte sono consolidamento e quindi Opa volte poi a far entrare delle eccellenze. (di Andrea Persili)
Sport
Usyk-Fury già nella storia. Anche l’intelligenza...
L'attesissimo incontro di Riyadh vedrà l'entrata in scena di una novità sperimentale
Il rematch tra tra Oleksandr Usyk e Tyson Fury ha un motivo in più per entrare nella storia. E per aprire le porte a una clamorosa rivoluzione nel mondo della boxe. Come annunciato dallo sceicco Turki Alalshikh, presidente della General Entertainment Authority dell’Arabia Saudita, per la prima volta ci sarà il supporto dell’intelligenza artificiale nel giudizio dell’incontro. Il meccanismo stavolta non sarà preso in considerazione ai fini del verdetto, ma conterà solo il parere dei tre giudici. Si tratterà però, a tutti gli effetti, di un esperimento interessante e che potrebbe trovare spazio in futuro.
Boxe e intelligenza artificiale
Il meccanismo sarà ovviamente privo di errori umani, ma in quanto esperimento non conterà nel verdetto sancito dai tre giudici. Sarà solo un caso da studiare. Come funzionerà? Dopo ogni round verranno elaborati i dati, con relativo riscontro. Ciò che sarà interessante capire, anche in ottica futura, è quanto il parere dei giudici sarà eventualmente distante da quello della macchina. E, soprattutto, perché. Restando a Usyk-Fury, a maggio l’ucraino si è imposto per split decision, diventando il re incontrastato dei Massimi per la prima volta dal 1999 (allora, toccò a Lennox Lewis). Il rematch della Kingdom Arena di Riyadh dirà se è l’ucraino l’effettivo numero uno al mondo.
Spettacolo
Concerto Capodanno, shitstorm social su colleghi solidali...
"Tanta confusione solo per offendermi", scrive l'artista e, intanto, la polemica si allarga anche alla casa discografica del rapper
È bufera social contro gli artisti che hanno espresso solidarietà a Tony Effe, il rapper escluso dal concerto di Capodanno al Circo Massimo di Roma dopo giorni di polemiche. L'hashtag #TonyEffe è in tendenza, con accuse rivolte ai colleghi che hanno fatto quadrato intorno al rapper romano: "Non osare mai più parlare di femminismo e di diritti delle donne", scrive una utente ad Emma Marrone, che replica infuriata: "Mamma mia che despota. Quanta confusione. Censura artistica e diritti delle donne... tutto nello stesso pentolone. Giusto per offendermi a prescindere. Brava".
La polemica travolge anche Mahmood e Mara Sattei, che si sono ritirati dall'evento romano di fine anno sempre in solidarietà con Tony Effe. Nel mirino finiscono anche Giorgia e Noemi, che avevano postato messaggi contro la censura del rapper e che vengono accusate di incoerenza con le loro posizioni a favore delle donne. "E pure vi etichettate come femministe", è il commento ricorrente.
Molti utenti puntano il dito anche contro la casa discografica di Tony Effe, notando come molti artisti solidali appartengano alla stessa etichetta: "La casualità della vita", ironizza un utente. Un altro osserva: "Fa ridere che gli artisti che si stanno esponendo per la 'libertà di espressione' sono tutti Universal. Non mi sembra si stiano esprimendo così liberamente".
A rincarare la dose anche Vladimir Luxuria che cita in un post un verso di Tony Effe ("Mi dici che sono un tipo violento/ Però vieni solo quando ti meno…") per poi sottolineare la presa di posizione degli altri artisti: "Mahmood e Mara Sattei decidono di non partecipare al capodanno a Roma in solidarietà contro il passo indietro del Campidoglio sull’esibizione del trapper romano. Emma e Giorgia parlano di censura". Da qui la provocazione: "Quindi da ora in poi sdoganiamo qualsiasi linguaggio misogino, omofobo, contro i disabili perché chi si oppone a questo linguaggio viene tacciato di censura. Si fanno gli interessi delle donne o delle case discografiche?".