Processo Open Arms, oggi la sentenza per Salvini: accusa chiede 6 anni
Il leader della Lega accusato di sequestro di persona e rifiuto di atti d'ufficio , per avere impedito nell'agosto del 2019 lo sbarco di 147 migranti. Il ministro: "Orgoglioso di quello che ho fatto"
La sentenza per il processo Open Arms è attesa oggi, 20 dicembre 2024. Per Matteo Salvini, ministro dei Trasporti e delle Infrastrutture, l'accusa ha chiesto 6 anni di carcere.
Il leader della Lega è accusato di sequestro di persona e rifiuto di atti d'ufficio, per avere impedito nell'agosto del 2019, quando era ministro dell'Interno, lo sbarco di 147 migranti a bordo della ong spagnola Open Arms. Lo scorso 14 settembre l'accusa ha chiesto la condanna di Salvini. Il 18 ottobre, invece, parola alla difesa che ha chiesto l'assoluzione del ministro.
"Sono assolutamente orgoglioso di quello che ho fatto, ho mantenuto le promesse fatte, ho contrastato le immigrazioni di massa e qualunque sia la sentenza, per me oggi è una bella giornata perché sono fiero di aver difeso il mio Paese. Rifarei tutto quello che ho fatto e entro in questa aula orgoglioso del mio lavoro". Così Salvini, prima di entrare all'aula bunker del carcere Pagliarelli di Palermo, dove oggi sarà emessa la sentenza.
"Avevo promesso di fermare l'immigrazione di massa e lo abbiamo fatto, abbiamo ridotto i morti in mare, abbiamo protetto gli italiani, abbiamo ridotto i reati, salvato vite, non mi aspetto una medaglia, ma qualunque sia la sentenza - ha ribadito il ministro - sono fiero di aver mantenuto le promesse fatte agli italiani e quindi entro in questa aula di tribunale fiducioso e orgoglioso".
Sentenza non prima delle 18
Dopo le repliche del pm e le contro repliche della difesa di Matteo Salvini, i giudici del processo Open Arms sono entrati in camera di consiglio per emettere la sentenza. Il presidente della Corte Roberto Murgia ha detto che i giudici non usciranno dalla camera di consiglio prima delle 18.
Salvini
"Se mi dichiareranno innocente sarò felice per i miei figli e perché ho fatto il mio lavoro. Se mi dichiareranno colpevole sarò felice lo stesso, non mi pento assolutamente di nulla, ho difeso da immigrati clandestini e trafficanti il mio Paese", le parole di Salvini in una diretta social alla vigilia della sentenza. "Sarebbe un problema per l'Italia e gli italiani, con un ministro che bloccava gli sbarchi condannato immaginate voi trafficanti, scafisti e delinquenti dove verrebbero e porterebbero questi disperati", aggiunge.
"Chi non rischia, chi non va oltre l'ostacolo, non va da nessuna parte. Io, da 51enne, comunque vada sarò orgoglioso di quello che ho fatto. "Se mi assolvono ho fatto il mio dovere e bye bye sinistra. In caso di condanna ricorreremo in appello, la riterrei una profonda ingiustizia e un danno non a me ma al Paese", spiega.
"Paura zero, mi sento come la canzone di Venditti 'Notte prima degli esami', mi sento orgoglioso e felice di quello che ho fatto. E' la sentenza di primo grado, poi c'è l'appello e la Cassazione. Tolgo qualche gioia a chi mi augura il male, se mi condannano farò ricorso e continuerò a fare il mio lavoro", prosegue.
L'accusa
Alle 17.23 del 14 settembre il Procuratore aggiunto di Palermo, Marzia Sabella, pronuncia nell'aula bunker del carcere Pagliarelli di Palermo la richiesta di condanna chiudendo volutamente la requisitoria con una frase citata spesso dal leader della Lega sulla "difesa dei confini". Ma la pm la trasforma e parla dei "confini del diritto".
"Leggeremo una ad una i nomi delle 147 persone offese per ricordarle nella loro individualità, perché è anche per ciascuna di queste persone che ci accingiamo a chiedere la condanna dell'imputato, oltre che per difendere i confini. Ma i confini del diritto... Per questi motivi, chiediamo di condannare l'imputato alla pena di anni sei di reclusione, oltre alle pene accessorie", le parole di Sabella.
Ecco le parole del procuratore aggiunto Sabella: "Non si può invocare la difesa dei confini senza tenere conto della tutela della vita umana in mare". Secondo l'accusa "le posizioni e le scelte del ministro Matteo Salvini diedero luogo a un caos istituzionale, una situazione che avrebbe portato ad approntare soluzioni di fortuna. A ritrovarsi in una condizione di estrema difficoltà fu la Guardia costiera che non poteva premere su un ministero da cui non dipendeva". Ma ci tengono a ribadire che questo "non è un processo politico, bensì basto sugli atti amministrativi".
Per la pubblica accusa, Salvini impedendo lo sbarco dei migranti avrebbe compiuto "non un atto politico bensì una scelta personale che andava oltre la linea governativa dell'esecutivo Conte 1", legata alla redistribuzione dei migranti in Europa. "Quando Salvini diventa ministro dell'Interno le decisioni sulla gestione degli sbarchi e del rilascio dei pos (place of safety, ovvero posto più sicuro dove sbarcare, ndr) vengono spostate dal Dipartimento libertà civili e immigrazione all'ufficio di gabinetto del ministro e in particolare è il ministro a decidere. Questo è l'elemento chiave", ribadisce Ferrara. Nelle oltre sette ore di requisitoria, l'accusa ha ribadito che la competenza di "concedere il porto sicuro" ai migranti "era di Matteo Salvini".
Per l'accusa non ci sono dubbi: "Prima si fanno scendere i migranti, che a bordo erano in una situazione di rischio, poi si redistribuiscono. Altrimenti, si rischia di fare politica sulla pelle di chi soffre perché in mare da diversi giorni, in condizione precaria su un’imbarcazione. La persona in mare è da salvare, ed è irrilevante la sua classificazione. Che sia un migrante, un componente di un equipaggio, un passeggero. Per il diritto internazionale della convenzione Sar anche un trafficante di essere umani o un terrorista va salvato. Poi, la giustizia farà il suo corso".
La difesa
"Chiedo per il ministro Salvini l'assoluzione perché il fatto non sussiste". Mancano pochi minuti alle 14 del 18 ottobre quando l'avvocata Giulia Bongiorno, conclude la sua arringa difensiva dopo oltre 4 ore.
Gli atti di questo processo documentano che i migranti sono stati aiutati, assistiti, tutelati. L'Italia si mise in ginocchio. Ma Open Arms è stata irremovibile, irremovibile, irremovibile", o ripete per tre volte, alzando anche il tono della voce, "e non ha voluto fare sbarcare i migranti". Poi aggiunge: "Nell'agosto del 2019 il ministro Matteo Salvini sì stava combattendo una battaglia, ma certamente non contro i migranti. Salvini stava combattendo una battaglia contro chi confonde le pretese e i diritti. Ma usare a sproposito il termine diritto è molto pericoloso, innanzitutto per i diritti".
"Non esiste il diritto di bighellonare (termine usato da Malta in quei giorni ndr) per due settimane con i migranti a bordo, pur di non ottemperare un divieto. Non esiste il diritto di rifiutare le indicazioni degli Stati delle zone di ricerche e soccorso. Non esiste il diritto di scegliere dove, quando e come fare sbarcare i migranti e quanti migranti. Non esiste il diritto di ignorare le offerte di aiuto, né quello di di rifiutare ogni soluzione", afferma.
"Salvini è accusato di avere tenuto migranti a bordo, dal 14 al 19 agosto 2019, al contempo si considera legittimo che Open Arms abbia tenuto a bordo gli stessi migranti dal primo al 14 agosto. Quando era evidente a tutti, persino a Malta, che Open Arms aveva il dovere di andare in Spagna".
Bongiorno spiega durante l'arringa: "Dobbiamo uscire dalla logica che è tutto un diritto. Una cosa è un diritto, un'altra è la pretesa. Esiste un diritto allo sbarco, non esiste il diritto di scegliere dove e come farli sbarcare e chi fare sbarcare. Mi sono chiesta perché se c'erano tutte queste opzioni hanno scelto di non andare in Spagna", afferma prima di sottolineare: "Ho ricordato in questo processo delle pagine nere. Soprattutto quella in cui l'Italia in ginocchio chiede alla Spagna come può offrire aiuto e la Spagna risponde 'Buona notte', una buona notte sarcastica. Infine una terza pagina che reputo nera è il video in cui Oscar Camps dice: 'Sono felice non perché sbarcano i migranti, ma perché è caduto il ministro Salvini. Salvini è caduto".
"C’era un porto sicuro in due ore, invece la nave stava bighellonando - dice la senatrice leghista - si pensava che stesse imbarcando acqua ma in realtà anche il consulente dell’accusa è venuto in questo processo per dire che non c’era nessun buco nel barcone, nessuna fessura, nessuna avaria. A bordo erano dotati di un telefono satellitare".
"La verità, alla luce di questa informazione, è che questo barcone doveva andare lì, in quel punto. La nave non si è imbattuta casualmente nel barcone coi migranti né a indicare alla Ong la barca coi profughi fu Alarm Phone. La verità è che ci fu una consegna concordata, non c’è un distress, non è stato un incontro casuale ma c’era un vero e proprio appuntamento tra gli scafisti e la Open Arms", insiste la Buongiorno, tanto nella notte tra il 9 e il 10 agosto 2019, "quando Open Arms ha soccorso un'altra imbarcazione con 39 migranti a bordo Malta non venne avvisata. Viene concluso il salvataggio e la motovedetta maltese si dirige verso Open Arms perché c'era l’accordo, e invece...".
Esteri
Trump avverte l’Ue: “Acquisti su larga scala di...
Il presidente eletto affida a Truth l'avvertimento a Bruxelles, proprio mentre l'Ue cerca disperatamente di evitare una guerra commerciale
L'Europa acquisti gas e petrolio americani su ampia scala se non vuole dazi. Donald Trump affida a Truth l'avvertimento a Bruxelles, proprio mentre l'Ue cerca disperatamente di evitare una guerra commerciale e ha studiato potenziali modi per evitare dazi aumentando gli acquisti di merci statunitensi come il gas liquido (Gnl) o i prodotti agricoli.
"Ho detto all'Unione Europea - ha scritto Trump su Truth social - che deve colmare il suo enorme deficit con gli Stati Uniti acquistando su larga scala il nostro petrolio e il nostro gas. Altrimenti, sono dazi a tutto spiano!!!". La minaccia di Trump fa seguito alle proposte già avanzate da Bruxelles, secondo cui gli Stati membri potrebbero acquistare più Gnl statunitense, che è stato un'ancora di salvezza dopo l'invasione su larga scala dell'Ucraina.
Funzionari dell'Ue hanno anche iniziato a lavorare su potenziali rappresaglie commerciali nel caso in cui Trump dovesse imporre dazi, ma sono desiderosi di evitare un conflitto economico con la Casa Bianca, visti altri settori di dipendenza dagli Stati Uniti, come la difesa, scrive il Financial Times.
La presidente della Commissione europea Ursula von der Leyen ha dichiarato a novembre che l'Ue prenderà in considerazione la possibilità di acquistare più gas dagli Stati Uniti. "Riceviamo ancora molto Gnl dalla Russia e perché non sostituirlo con quello americano, che è più economico per noi e fa scendere i prezzi dell'energia", ha dichiarato ai giornalisti.
Di qui il commento di un funzionario dell'Ue: "Sembra strana come 'minaccia', dato che la von der Leyen ha alluso alla possibilità di fare proprio questo". Gli Stati Uniti sono già il principale fornitore di Gnl e petrolio dell'Ue. Nella prima metà del 2024, hanno fornito circa il 48% delle importazioni di Gnl del blocco, rispetto al 16% della Russia.
Secondo gli analisti citati dal quotidiano, gli Stati Uniti dovrebbero peraltro espandere la produzione di Gnl per fornire maggiori quantità all'Ue. "Il problema principale è che al momento gli Stati Uniti non hanno capacità di Gnl di riserva da inviare in Europa”, ha dichiarato Florence Schmit, di Rabobank.
Ue: "Con Trump parleremo anche di energia"
Da parte sua, la Commissione Europea, davanti alla richiesta di Trump non chiude la porta alla possibilità di comprare più greggio americano. "Non arriviamo a quel livello di speculazione - risponde, interrogato in merito durante il briefing con la stampa a Bruxelles, il portavoce per il Commercio dell'esecutivo Ue Olof Gill - abbiamo chiarito che, in materia di commercio, ma anche in senso generale, vogliamo un avvio il più possibile costruttivo con l’Amministrazione entrante. Queste discussioni riguarderanno le nostre relazioni commerciali ed economiche, nonché gli aspetti energetici".
Spettacolo
Edoardo Pesce: “Il mio sogno? Un Rugantino versione...
L'attore romano si racconta all'Adnkronos in occasione del suo spettacolo 'Scanzonato', in scena al Teatro Garbatella il 3 e 4 gennaio
Un Rugantino rivisitato per la tv in stile 'La La Land' ma con i costumi alla 'Peaky Blinders'. E' il sogno nel cassetto di Edoardo Pesce. L'attore romano, ospite dell'Adnkronos anche con uno speciale showcase, si racconta in occasione del suo spettacolo 'Scanzonato', in scena al Teatro Garbatella il 3 e 4 gennaio. 'Scanzonato' è un mix di momenti tragicomici e musica, dove Pesce unisce le sue due passioni. "Si tratta di uno spettacolo di teatro-canzone con Stefano Scarfone alla chitarra. Alterno pezzi miei a brevi monologhi introduttivi. Sognavo di fare stand-up comedy, e questo è un modo per provarci. Ed io sono la parte meno seria dello spettacolo", racconta Pesce con tutta la sua ironia. E nello spettacolo "suono canzoni mie, alcune vecchie, altre dall'Orchestraccia e dallo spettacolo 'I was born in Tor Bella Monaca', più 3-4 pezzi nuovi".
Perché il titolo 'Scanzonato'? "Per alleggerire un po' quest'epoca politically correct. Mi sento scanzonato, visto che interpreto sempre ruoli drammatici o da 'cattivo'. Voglio un po' di leggerezza e la porto a teatro", dove, aggiunge scherzando: "Le poltrone sono molto comode". E i biglietti sono già disponibili sul sito di diyticket. Reduce da successi come 'Dogman' (con cui ha vinto il Nastro d'Argento e David di Donatello), 'Christian', 'Romanzo Criminale' e 'I Cesaroni', Pesce ha molti progetti in cantiere e anche un sogno nel cassetto: "Mi piacerebbe fare un Rugantino rivisitato in stile 'La La Land', con costumi tipo 'Peaky Blinders', un'impostazione cinematografica che segua gli attori. Sarebbe un bel progetto, ma complicato. Pensavo a Francesco Favino come Mastro Titta, visto che canta bene, Sergio Castellitto il Papa e per Rosetta, Silvia D'Amico sarebbe perfetta, ha una gran voce".
"Rugantino - spiega Pesce - è un testo attuale, con una protagonista femminile forte che si ribella al marito violento. È una bella storia romana, mai veramente approfondita, soprattutto in video, a parte la versione di Celentano del '79. Potremmo proporlo". Infine, un consiglio per i giovani artisti: "Ai ragazzi che mi chiedono come ho fatto, io rispondo di seguire le proprie passioni. Personalmente ho trovato la mia identità per caso, è stato un percorso istintivo, caotico, e lo è ancora. Bisogna mantenere l'imprevedibilità, essere aperti alle opportunità, non prendersi troppo sul serio. Deve rimanere un gioco, a differenza di chi si ostina a 'voler diventare' qualcosa. C'è troppa aspettativa, e la delusione è forte. I ragazzi non sono preparati alle delusioni, all'accettazione del fallimento, che invece è fondamentale per crescere e non abbattersi", conclude.
Esteri
India, litigano su nome figlio: dopo 3 anni lo decide...
Dopo il verdetto la coppia si è scambiata ghirlande di fiori in segno di pace e sembra che abbiano deciso di rinunciare al divorzio
Una coppia indiana ha litigato, per tre anni, sul nome da dare al loro primogenito. Una diatriba che sembrava irrisolvibile, tanto che la donna aveva chiesto il divorzio, ma che alla fine è stata risolta grazie all'intervento del tribunale, che ha scelto il nome del bambino e riportato la pace tra i genitori. E' successo nello stato del Karnataka, nell'India meridionale. Qui nel 2021, dopo aver dato alla luce il suo primo figlio, una donna è tornata dai genitori, come da tradizione, per essere assistita dai familiari nelle prime settimane dopo il parto. Sempre tradizione vuole che il marito vada a riprendere moglie e figlio per riportarli a casa, dopo un breve periodo. Questa volta, però, la madre 21enne si è opposta al nome che il marito aveva scelto per il loro bambino e lui, per tutta risposta, ha deciso di lasciarli dai genitori di lei.
La donna ha quindi scelto lei come chiamare suo figlio optando per 'Adi', un nome composto dall'iniziale del nome di lei e di parte del nome del marito. Intanto il tempo passava, i mesi diventavano anni, e la donna ha deciso di rivolgersi al tribunale di Hunsur per chiedere sostegno finanziario dal marito in quando ''casalinga'', come spiega il procuratore aggiunto Sowmya. L'avvocato della donna ha quindi spiegato alla Bbc che la tensione è aumentata a tal punto che la donna ha chiesto il divorzio.
Del caso si è prima occupato un tribunale locale e poi un tribunale popolare, noto anche come Lok Adalat, dove si possono risolvere cause tramite la mediazione. I giudici hanno suggerito alla coppia diversi nomi, ma i genitori sono sempre stati irremovibili nelle loro scelte. Tanto che, alla fine, il nome del bambino è stato deciso dal tribunale che, a tre anni dalla sua nascita, ha optato per 'Aryavardhana', ovvero qualcuno che ha a che fare con la nobiltà.
Dopo il verdetto la coppia si è scambiata ghirlande di fiori in segno di pace, come prevede la tradizione indiana, e sembra che abbiano deciso di rinunciare al divorzio e continuare il loro matrimonio.