Israele, nuova ondata di raid su Gaza: “Almeno 9 morti”
Nuova ondata di raid su Gaza: "Almeno 9 morti". Direttore ultimo ospedale funzionante nella Striscia smentisce arresto
Hezbollah ha iniziato a "inviare messaggi a coloro che sono coinvolti nel cessate il fuoco con Israele", affermando che, se nel sud del Libano "non si riuscirà a fermare l'aggressione israeliana, non esiterà a implementare l'accordo riguardante il diritto del Paese a difendersi". Lo riferisce il quotidiano libanese "Al-Akhbar", affiliato a Hezbollah, aggiungendo che "ci sono crescenti preoccupazioni circa il raggiungimento del punto di rottura del cessate il fuoco, alla luce delle attività dell'Idf nei villaggi di confine".
Le Idf hanno intanto pubblicato il filmato di un tunnel della forza d'élite Radwan di Hezbollah, recentemente scoperto e demolito nel Libano meridionale. Secondo l'esercito israeliano, il passaggio sotterraneo lungo 100 metri veniva utilizzato da Hezbollah per immagazzinare numerose armi, apparecchiature di sorveglianza e altri equipaggiamenti militari.
Il tunnel conduceva anche a un centro di comando di Hezbollah, dove le Idf affermano di aver trovato lanciarazzi utilizzati in precedenti attacchi contro Israele, insieme a numerosi ordigni esplosivi.
Nuova ondata di raid su Gaza
Almeno nove civili palestinesi, tra cui tre bambini, sarebbero intanto stati uccisi e un numero ancora da determinare ferito nella notte in una nuova ondata di raid aerei israeliani su diverse parti della Striscia di Gaza.
I corrispondenti dell'agenzia di stampa Wafa hanno riferito che uno dei bombardamenti della notte ha colpito la casa di una famiglia situata nel campo profughi di Al Maghazi, nel centro dell'enclave palestinese, e le vittime sono state trasferite all'ospedale Al Aqsa della vicina città di Deir al Balah.
Le forze aeree israeliane hanno anche bombardato le tende di un insediamento di rifugiati a Mawasi, nella città di Rafah, nel sud della Striscia. I feriti sono stati portati all'ospedale Nasser nella città meridionale di Khan Younis.
Almeno due persone sarebbero quindi rimaste uccise e diverse altre ferite nei bombardamenti israeliani nelle zone di Jabalia al-Balad e Jabalia al-Nazla, nella parte settentrionale della Striscia di Gaza, riporta al Jazeera, precisando le due persone uccise sono state colpite da un attacco avvenuto per mezzo di un drone.
Direttore ultimo ospedale funzionante a Gaza smentisce arresto
Secondo un messaggio pubblicato sul suo account Instagram, il direttore dell'ospedale Kamal Adwan di Gaza, Hussam Abu Safiya, non è stato arrestato dalle forze israeliane, contrariamente a quanto riferito da funzionari del Ministero della Salute di Gaza, gestito da Hamas, che avevano dichiarato che Abu Safiya era stato arrestato insieme a decine di membri del personale medico del Kamal Adwan.
"Tutto ciò che circola sull'arresto del dottor Hussam Abu Safiya è una notizia falsa", afferma una dichiarazione pubblicata nella sua storia su Instagram da qualcun altro e non dal medico stesso. "Grazie a Dio sta bene, ma le comunicazioni e la rete sono pessime", aggiunge il messaggio.
Idf: "Intercettato missile da Yemen"
L'Idf ha reso noto di aver intercettato un missile lanciato dallo Yemen prima che attraversasse il territorio israeliano. Secondo le forze armate, sono suonate sirene a Gerusalemme, nella zona del Mar Morto e in alcune parti del Negev per la possibilità di caduta di detriti. Lo riporta Haaretz.
Proteste sotto casa Netanyahu, 5 arresti
Cinque manifestanti che protestavano per il rilascio degli ostaggi sono intanro stati arrestati fuori dalla casa del primo ministro israeliano Benjamin Netanyahu a Gerusalemme. Circa 20 persone si erano radunate fuori dalla residenza del premier stamattina presto - ha riferito Channel 12 - gridando con gli altoparlanti che gli ostaggi stanno soffrendo nei tunnel di Hamas in inverno, "al freddo, torturati e malati", mentre Netanyahu è rintanato nella sua casa protetta.
I manifestanti hanno anche gridato che la moglie del premier era sotto inchiesta da parte della polizia e che suo figlio stava evitando il servizio di riserva in tempo di guerra perché vive a Miami. "Tutto si sta chiudendo su di voi. Noi, il popolo, non dimenticheremo e non perdoneremo", hanno urlato, suonando tamburi e altri strumenti.
Dopo circa 20 minuti si sono dispersi e, mentre se ne andavano, molti di loro sono stati fermati dalla polizia e trattenuti per essere interrogati in una vicina stazione di polizia. Le forze dell'ordine hanno dichiarato che sono stati arrestati per aver violato le restrizioni relative al rumore.
Esteri
Scoppia guerra del gas, Gazprom: stop forniture alla...
La compagnia russa denuncia violazioni del contratto. La Slovacchia minaccia ritorsioni contro l'Ucraina se Kiev fermerà flusso gas dalla Russia. Zelensky: "Premier Fico prende ordini da Putin"
Ucraina, Russia, Slovacchia e ora Moldova. Sul conflitto tra Mosca e Kiev si innesta una nuova guerra del gas che coinvolge altri Paesi. Dopo la minaccia di ritorsioni da parte di Bratislava nei confronti dell'Ucraina, se fermerà il flusso del gas russo diretto alla Slovacchia, oggi arriva l'annuncio di Gazprom che gela Chisinau: lo stop alle forniture di gas alla Moldova a partire dal prossimo primo gennaio. Gazprom denuncia violazioni del contratto e il rifiuto a rinegoziare il debito accumulato da Chisinau. La notifica è stata inviata oggi a Moldovagaz, rende noto la compagnia russa che dall'ottobre del 2022 aveva ridotto il volume dei rifornimenti alla Moldova del 30 per cento, a 5,7 milioni di metri cubi.
Cosa succede in Moldova
Da allora, Chisinau reindirizza il gas russo che importa sulla Transnistria, dove si trova la grande centrale elettrica alimentata a gas che poi vende energia al resto del Paese a costi bassi, e acquista gas per il suo consumo interno da altri Paesi europei. In caso di emergenza, Chisinau potrebbe acquistare gas dalla Romania, ma a prezzi più alti. La Moldova ha introdotto lo scorso 13 dicembre lo stato di emergenza in vista della chiusura dei rubinetti ucraini al transito del gas russo a partire dal primo gennaio e dell'aumento del 30 per cento del costo del gas per le utenze domestiche.
Uno stato di emergenza è in vigore anche in Transnistria, dove gli unici introiti arrivano dalla vendita di energia elettrica. Gazprom aveva anticipato la sua disponibilità a reindirizzare il suo gas - dopo la chiusura dei gasdotti ucraini - attraverso il gasdotto TransBalkan, ma solo se Chisinau avesse accettato di ripagare i suoi debiti pari a 700 milioni di dollari (8 milioni secondo Chisinau). L'annuncio di oggi sembra chiudere questa possibilità.
Un'altra alternativa, per Gazprom, era il proseguimento del flusso attraverso l'Ucraina, se Chisinau e Kiev avessero raggiunto un accordo in tal senso. Kiev tuttavia non è disponibile a una tale intesa, dal momento che Moldovagaz - l'azienda che trasporta il gas in Moldova - è al 50 per cento di Gazprom.
Zelensky: "Premier slovacco prende ordini da Putin, così si spiegano le sue minacce"
Oggi il presidente ucraino, Volodymyr Zelensky, ha commentato in un post su X le parole del primo ministro slovacco, Robert Fico, che ha avvertito: Bratislava considererà, dopo il primo gennaio, l'introduzione di misure di ritorsione contro l'Ucraina, come lo stop alle forniture di energia elettrica durante i black out, se Kiev, come anticipato, fermerà il flusso del gas russo diretto alla Slovacchia dopo la fine dell'anno.
"Sembra che Putin abbia dato a Fico l'ordine di aprire il secondo fronte energetico contro l'Ucraina a svantaggio degli interessi del popolo slovacco. Le minacce di Fico di interrompere la fornitura di energia elettrica di emergenza all'Ucraina questo inverno mentre la Russia attacca le nostre centrali elettriche possono spiegarsi solo così", ha detto Zelensky.
"Le uniche ragioni per cui l'Ucraina ora ha bisogno di importare elettricità sono l'occupazione della centrale nucleare di Zaporizhzhia da parte della Russia e il suo utilizzo di missili e droni 'Shahed' per distruggere intenzionalmente gran parte della produzione dell'Ucraina", ha aggiunto Zelensky, che ha quindi ricordato a Fico - nei giorni scorsi in visita da Putin a Mosca - che "sostenere l'aggressione russa è completamente immorale" e che "in secondo luogo, la politica miope di Fico ha già privato il popolo slovacco di un indennizzo per la perdita del transito del gas russo".
"La Slovacchia fa parte del mercato unico europeo dell'energia e Fico deve rispettare le regole europee comuni - ha scandito - Qualsiasi decisione arbitraria presa a Bratislava o gli ordini di Mosca a Fico in merito all'elettricità non possono tagliare la fornitura di energia elettrica dell'Ucraina, ma possono certamente tagliare i legami delle attuali autorità slovacche con la comunità europea".
Arrivato in Europa primo carico di Gnl acquistato da Kiev dagli Usa
Intanto il primo carico di Gnl acquistato da Kiev dagli Stati Uniti è arrivato in Europa. La compagnia privata Dtek ha ricevuto ieri il carico in un terminal in Grecia. A fine anno scade il contratto di cinque anni per il flusso di gas russo dai gasdotti che attraversano l'Ucraina e da cui al momento transita il 5 per cento delle importazioni di gas dell'Ue. Gli acquisti di Gnl Usa da parte dell'azienda ucraina proseguiranno fino alla fine del 2026.
Esteri
Cecilia Sala arrestata, il compagno Daniele Raineri:...
La giornalista si trova nella prigione di Evin, in Iran
"Arrivano moltissimi messaggi di solidarietà indirizzati a Cecilia. Appena sarà possibile, saprà di tutto questo affetto", così Daniele Raineri, giornalista de Il Post e compagno di Cecilia Sala, scrive su Instagram il giorno dopo la diffusione della notizia dell'arresto della giornalista di Chora Media e Il Foglio. Insieme a queste parole ha condiviso una foto della ventinovenne, mentre tiene in braccio un cucciolo di cane.
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Nel post sul social network Raineri ha voluto riassumere le informazioni principali della vicenda. "Cecilia Sala è andata a lavorare in Iran con un visto giornalistico. Al penultimo giorno - ha scritto - è stata arrestata dalle autorità iraniane e rinchiusa in una cella d’isolamento nella prigione di Evin, a Teheran. La prima visita in carcere è stata autorizzata soltanto dopo otto giorni in isolamento".
Giorgia Meloni: "Costante attenzione"
La presidente del Consiglio Giorgia Meloni segue "con costante attenzione la complessa vicenda di Cecilia Sala" fin dal giorno del fermo, avvenuto in Iran il 19 dicembre scorso. E si tiene "in stretto collegamento con il Ministro degli Esteri, Antonio Tajani, e con il Sottosegretario Alfredo Mantovano", al fine di "riportare a casa al più presto la giornalista italiana". Lo fa sapere Palazzo Chigi, in una nota.
Chi è Cecilia Sala
Sala è uno dei volti più noti del giornalismo italiano. Nata a Roma nel 1995, è da sempre molto attiva sui social e da anni ormai tratta di politica estera documentando quello che succede in varie zone di conflitto. Sala si è recata diverse volte in Ucraina per raccontare la guerra ancora in corso con la Russia, ma si trovava anche in Afghanistan nel 2021 durante il ritorno al potere dei Talebani. In quella occasione dovette interrompere una diretta con La7 a causa di alcuni spari contro l'hotel dove si trovava. Una scena che è diventata subito virale sui social.
Sala inizia a interessarsi al giornalismo quando ancora studiava economia all'Università Bocconi di Milano. A pochi esami dalla laurea decise di interrompere gli studi e dedicarsi alla sua nuova passione, iniziando a trattare in particolare la politica estera. Nel 2015 comincia a lavorare nella redazione di Vice e negli anni successivi comincia a collaborare con Vanity Fair, L'Espresso e Il Foglio. Diventa presto anche un volto televisivo, apparendo in diverse trasmissioni su La7.
Cecilia Sala ha da sempre avuto un'attenzione particolari alle nuove frontiere del giornalismo digitale. Molto attiva sui social network, nel 2020 ha esordito con il podcast 'Polvere', un'inchiesta condotta insieme a Chiara Lalli che trattava dell'omicidio di Marta Russo, giovane uccisa alla Sapienza nel 1997. Il podcast ha avuto tanto successo da essere trasformato in un libro pubblicato, con lo stesso titolo, da Mondadori nel 2021. L'anno successivo diviene protagonista di un altro podcast, 'Stories', prodotto da Chora Media, in cui ogni giorno racconta storie dal mondo.
Esteri
Cecilia Sala, il giornalismo è meno difeso e più...
L'informazione ha un problema di credibilità, investe di meno e ha perso la protezione dell'opinione pubblica
Cecilia Sala è una brava giornalista. Le parole che si stanno usando in queste ore, da quando è stata diffusa la notizia del suo arresto in Iran, sono tutte appropriate: intelligente, curiosa, preparata, prudente. Provano a descriverla, a raccontarla a chi ancora non la conosce e provano a dare conforto a chi la conosce, a chi deve dare un senso a quello che sta succedendo. Le parole aiutano sempre, anche quando si concedono alla retorica o alla celebrazione.
Le parole diventano invece pericolose quando sono fuori posto e finiscono al servizio della disinformazione. Sta avvenendo anche questo, come accade spesso, in Rete e sui social, dove la tentazione di esprimere gli istinti peggiori trova lo spazio per prevalere sul buon senso. Nel mirino dei fenomeni da tastiera ci sono la giornalista e il giornalismo. Gli argomenti che si usano sono contaminati dalla banalizzazione e dall'approssimazione ma anche da una sgangherata ideologia anti sistema, che ha l'ansia di depotenziare e delegittimare l'informazione, a maggior ragione quella di qualità che fanno giornalisti come Cecilia Sala.
L'arresto in Iran di una professionista affermata, che lavora per Il Foglio e per Chora Media, è un evento che rimette al centro dell'attenzione la funzione e la missione del giornalismo. A maggior ragione perché si lega al profilo di una giornalista giovane, 29 anni, e che ha una reputazione costruita anche sulla Rete, grazie alla capacità di raccontare quello che vede in giro per il Mondo su tutti i supporti disponibili, dalla carta al video, dai podcast ai reel. Nel caso di Cecilia Sala, non ci può essere la critica al 'vecchio' giornalismo, al presunto privilegio di una casta, alla rendita di posizione di una penna che spiega il mondo con una celebrata carriera alle spalle.
Cecilia Sala è il volto di un giornalismo 'nuovo', moderno, capace di mettersi in discussione quotidianamente per tenere insieme la professionalità con l'innovazione, le regole sacre del mestiere con la sperimentazione di tutti i mezzi disponibili per arrivare al lettore, allo spettatore, all'ascoltatore, all'utente.
Quello che rappresenta Cecilia Sala è però anche un giornalismo meno difeso e più ingombrante. Meno difeso, e più difficile da difendere, perché è meno forte, nel mondo e a maggior ragione in Italia, il peso delle testate, perché si sono ridotti, nel mondo e a maggior ragione in Italia, gli investimenti sull'informazione e perché, nel mondo e a maggior ragione in Italia, la reputazione e la credibilità del giornalismo è sempre più messa in discussione e ha perso la protezione dell'opinione pubblica. Il lavoro di Cecilia Sala è più ingombrante perché è più visibile, proprio lì nei luoghi dove la disinformazione, la censura e la propaganda sono più forti. E' più ingombrante, e più esposto, anche perché sono poche le altre voci capaci di portare il giornalismo lì dove serve, dove è più sottile la soglia fra quello che è vero e quello che si vuole rappresentare.
Questo aspetto del giornalismo porta oltre il caso specifico di Cecilia Sala e oltre il caso specifico dell'Iran. Tutti i giorni, in qualsiasi contesto, c'è una verità da cercare, più difficile da raccontare, perché è scomoda per qualcuno, e c'è una rappresentazione della realtà più accessibile, disponibile e conveniente. I giornalisti, il giornalismo, e anche l'editoria, si trovano continuamente di fronte a questa scelta. Cecilia Sala, e chi ha scelto di investire sul suo lavoro, hanno dimostrato che si può scegliere da quale parte andare, lavorando per avvicinarsi il più possibile alla verità. Una scelta che non è mai scontata, che comporta dei costi e dei rischi, che va ribadita tutti i giorni e che non rende immune dagli errori, che qualsiasi testata e qualsiasi giornalista devono mettere in conto.
L'unica opzione disponibile per difendere i giornalisti e il giornalismo è lavorare per recuperare credibilità e ridare peso alla funzione principale dell'informazione: vedere, conoscere, verificare e raccontare. Oggi però la storia di Cecilia Sala dice che è diventato più difficile farlo. E da qui si deve ripartire. (Di Fabio Insenga)