Toti, addio alla politica: “Ho dato tutto, ora aprirò agenzia di comunicazione”
L'ex presidente di Regione Liguria ha parlato del suo futuro e dell'inchiesta che lo ha coinvolto
Il futuro di Giovanni Toti sarà lontano dalla politica. L'ex presidente di Regione Liguria ha parlato dei suoi piani dopo l'inchiesta che lo ha coinvolto: "Dalla politica mi tengo con prudenza ai margini. Nel prossimo futuro sicuramente non tornerò in politica", ha rivelato in un'intervista al Secolo XIX, "credo di aver dato alla politica tutto quello che potevo dare".
Toti annuncia in futuro l'apertura di un'agenzia di comunicazione che avrà sede a Milano "perché è il centro della comunicazione. E a Genova perché è il centro degli affetti". A breve l'ex presidente della Liguria, che di recente ha patteggiato con la procura una pena a due anni e tre mesi, dovrà svolgere 1620 ore di lavori socialmente utili presso la sede genovese della Lega Italiana per la Lotta contro i Tumori. "Paolo Sala, il presidente della Lilt appena riconfermato, mi ha offerto questa possibilità perché ritiene che sia utile per la loro associazione avere un comunicatore con un po' di esperienza", ha detto Toti.
L'ex presidente di Regione Liguria è poi tornato a parlare dell'inchiesta: "non sono tra coloro che pensano che i magistrati abbiano partecipato a un complotto. Io penso semplicemente che loro vedano la vita, la politica e l'equilibrio del paese in modo profondamente diverso da come li vedo io. Vedi, quando vai a 100 all'ora, ci sta che sbagli una curva e faccia un incidente o che la macchina ti tradisca: io non credo di aver sbagliato ma sono certo di aver portato questa macchina a una velocità che comporta qualche rischio".
Sport
Sinner, un 2024 da star: dalla pubblicità ai social, perché...
Il professor Boccia Artieri e il professor Tirino, esperti di comunicazione e brand, analizzano la figura del campione fuori dal campo. Ecco come è (già) diventato un’icona pop
Da progetto di campione a star globale. In 12 mesi o poco più. Jannik Sinner ha illuminato il 2024 azzurro con una sfilza di successi, ma non solo. Il numero uno del tennis mondiale è ormai anche un’icona fuori dal campo e si avvicina a grandi passi a fuoriclasse, come Roberto Baggio o Valentino Rossi, capaci di segnare un’epoca in Italia. Jannik oggi appare in svariate pubblicità, presta il suo volto a tante iniziative ed è spesso invitato come guest star a grandi eventi. “È l’emblema di come il personaggio sportivo diventi sempre più brand. Un fenomeno che mette insieme il processo di celebrification e un discorso più ampio legato alle sponsorizzazioni” spiega all’Adnkronos il professor Giovanni Boccia Artieri, docente di Sociologia dei processi culturali e comunicativi all’Università Carlo Bo di Urbino.
Sinner e il self branding
“Nel primo caso – spiega l’esperto - parliamo del meccanismo che porta alcuni personaggi a diventare celebri in una dimensione legata alla comunicazione mediale, in particolare ai social. Dunque, in un rapporto quotidiano con il proprio pubblico. Accade grazie alla possibilità di essere in contatto costante attraverso i vari profili Instagram, TikTok e così via, a seconda dell’età delle persone”. Diverso il discorso relativo alle sponsorizzazioni: “C’è poi un meccanismo per cui sempre di più i singoli individui si collegano a singoli brand e il valore di uno sportivo si proietta qui oltre le prestazioni". Boccia Artieri tira in ballo il concetto di self branding: "Viene fuori, per esempio, quando online ci si presenta come brand. Dando il via a un certo tipo di narrazione, magari con la pubblicazione di foto. Ciò porta a valorizzarsi come brand, diventando veicoli per marchi che invece pagano per posizionare prodotti”. L’exploit di Sinner, sportivo italiano più ricco del 2024, va letto anche considerando la pioggia di contratti di sponsorizzazione: “Che aumentano perché c'è una connessione più intima con il pubblico. Un rapporto quotidiano, forte, passionale ed emotivo, che permette all’atleta di diventare mediatore per future connessioni".
La sintonia con il pubblico
Boccia Artieri analizza le peculiarità del caso Sinner in termini comunicativi: “Nell’ultimo periodo si stanno costruendo esempi di self branding strutturati, diversi sportivi si raccontano in maniera sostanziale all'interno dei social media, anche su YouTube. E magari intrattengono un rapporto quotidiano con il pubblico, attraverso reel e così via. Inoltre, tanti non usano più i social media manager e preferiscono raccontarsi in prima persona, ma non mi pare il caso di Sinner. Jannik viene ancora raccontato ed esprime una forte sintonia con il pubblico. Non a caso, nel suo profilo Instagram ci sono tante foto scattate da professionisti". Mentre sono pochissimi i selfie. "Vediamo una sorta di mix, perché il racconto è in prima persona. In altri casi, con tanti calciatori, vediamo invece una posizione più spinta". A fare scuola, il caso di CR7: "Ronaldo, da poco sbarcato su YouTube, ha valorizzato ancor di più la sua personalità. Fino a fondare un proprio marchio e a vendere la propria merce. Un comportamento simile a quello di Chiara Ferragni”.
Sinner, icona pop
Il concetto viene ribadito e ampliato da Mario Tirino, docente di Sociologia delle Culture Giovanili presso l'Università di Salerno: “Il punto - spiega all’Adnkronos - è centrato. Soprattutto nell'attuale configurazione dei rapporti tra sport e sponsor, i campioni traggono gran parte dei profitti dal lavoro di testimonial”. Un processo che riporta indietro almeno fino agli anni Ottanta e a Michael Jordan: "Adesso, più che altro, è cambiato il management degli sportivi e c'è un'attenzione rigorosa a questi aspetti. Abbiamo professionisti che curano l'immagine, i contratti, i social e la costruzione del campione passa attraverso una serie di canali mediati”. Il fenomeno sociologico è quello del triangolo S-M-S, tra sport, media e sponsor. “Un elemento che impatta anche sulla natura dei tornei. Con una pressione così forte a capitalizzare la propria immagine attraverso gli sponsor, cambia il senso dell'evento sportivo. Creare un’immagine vincente diventa fondamentale e con Jannik, il nostro unico numero 1, si crea di riflesso un'attenzione spasmodica in ogni competizione. Lo abbiamo visto in Italia con le Atp Finals di Torino, ma anche a Ryadh nel 6 Kings Slam, il torneo delle star. Lì la componente agonistica e sportiva è ridotta al minimo, quella commerciale è spinta al massimo con borse milionarie”. Gli sponsor incidono dunque in maniera pesante, ma il professor Tirino si sofferma su un aspetto: “Oggi Jannik è uno dei pochi sportivi di spicco con un’attenzione perfetta alla gestione della propria immagine. Lascia pochissimo spazio alla narrazione della vita privata e il suo percorso è basato sul successo sportivo, sul sacrificio e sulla dedizione. Cifre cruciali del suo eroismo, adatte a essere poi pubblicizzate con la costruzione di una reputazione quasi intoccabile. Mi viene in mente il caso doping, gestito in maniera eccellente dall’atleta e dallo staff in termini di comunicazione. Nonostante il momento difficile e le frecciatine arrivate da qualche collega”.
Il confronto con Michael Jordan
Il discorso finale torna sul parallelo con Michael Jordan: “Sono personaggi simili perché paradigmi di una certa epoca e dei rapporti tra sport e media. Jordan ha accompagnato l’esplosione del fenomeno Nba, ha fatto da traino a un'immagine di spettacolo, intrattenimento e grande perfezione tecnica”. Quella del basket americano negli anni Ottanta. “Sinner è invece un prodotto della contemporaneità, un periodo molto diverso. Oggi le federazioni e le organizzazioni hanno perso un po’ di peso, mentre gli atleti acquisiscono in generale una forza maggiore". Anche l’analisi del professor Tirino non dimentica i social: "In passato ho studiato i casi di Ronaldo e Ibrahimovic, molto utili per un confronto visto che sono due campioni che danno grande spazio alla sfera privata e all’ostentazione del loro stile di vita. Sinner no, punta tutto sullo sport e una delle componenti da non sottovalutare è l’esaltazione del fairplay". I suoi social, insomma, sono lo specchio della forza mentale mostrata sui campi di tutto il mondo. "Un tema che viene fuori anche nelle sponsorizzazioni. Lì Jannik diventa un fenomeno pop, ma mantiene la faccia da bravo ragazzo". Una delle carte con cui ha fatto innamorare l’Italia. (di Michele Antonelli)
Cronaca
Giubileo, aperta Porta Santa a San Giovanni in Laterano
Cardinale Reina: "Mondo lacerato da guerre, tendiamo le braccia a tutti"
Aperta la terza Porta Santa del Giubileo della Speranza. Dopo l'apertura da parte di Papa Francesco della Porta Santa nella Basilica di San Pietro e di quella nel carcere di Rebibbia, questa mattina il cardinale vicario di Roma Baldassare Reina ha aperto la Porta Santa della Basilica di San Giovanni in Laterano.
"In questo mondo lacerato da guerre, discordie, disuguaglianze, tendiamo le braccia a tutti, facciamo in modo che attraverso le nostre braccia spalancate arrivi un riflesso dell'amore di Dio. Non ci salveremo da soli ma come famiglia", ha detto il cardinale Reina nel corso dell'omelia.
"Oggi mentre attraversiamo questa Porta che sono le braccia del Padre il nostro pensiero si rivolge con particolare compassione a coloro che, come il figlio minore della parabola, si sentono lontani e indegni. E a quelli che come il figlio maggiore - ha detto - portano nel cuore il peso di amarezze profonde e non si sentono più figli amati. Pensiamo ai malati, ai carcerati, a chi è segnato dal dolore, dalla solitudine, dalla povertà, dal fallimento. A chi si è lasciato cadere le braccia per sconforto o mancanza di senso, a chi è senza speranza, a chi ha smesso di cercare le braccia del padre perché chiuso in se stesso o nella sicurezza delle cose del mondo".
"E' la fraternità che dobbiamo coltivare fino all'estremo delle nostre forze. Varcando la porta di casa proviamo a portare Dio dentro le nostre famiglie, nelle nostre relazioni quotidiane, nel rapporto con i figli, nei legami coniugali, nell'attenzione e nella cura degli anziani. Ogni porta chiusa diventi una porta aperta e ogni cuore lontano trovi la via del ritorno nella casa del Padre", ha concluso.
Esteri
Aereo precipitato in Kazakistan, presidente azero Aliyev:...
"Mosca cerca di nascondere le cause dell'incidente". Nuovo colloquio con Putin
L'aereo passeggeri dell'Azerbaigian Airlines, precipitato questa settimana in Kazakistan, è stato colpito dal territorio russo. Lo ha dichiarato il presidente azero, Ilham Aliyev, all'indomani del colloquio avuto con il leader russo, Vladimir Putin.
"I fatti sono che l'aereo passeggeri azero è stato danneggiato dall'esterno in territorio russo, vicino alla città di Grozny, e ha quasi perso il controllo. Sappiamo anche che i sistemi di guerra elettronica hanno messo il nostro aereo fuori controllo", ha detto Aliyev ai media statali. "Allo stesso tempo, a causa del fuoco da terra, anche la coda dell'aereo è stata gravemente danneggiata", ha aggiunto.
Aliyev ha accusato Mosca di aver cercato di nascondere la causa dello schianto e ha chiesto alla Russia di ammettere la "colpa" del disastro.
Nell'intervista ai media statali, Aliyev ha detto che il governo di Baku si è rammaricato del fatto che Mosca "abbia avanzato teorie" che "mostravano chiaramente di volere nascondere" la questione. "Ammettere la colpa, scusarsi tempestivamente con l'Azerbaigian, che è considerato un Paese amico, e informare l'opinione pubblica di ciò: queste erano le misure e i passi che avrebbero dovuto essere presi", ha aggiunto il presidente azero.
Dopo l'intervista del presidente azero, Putin ha avuto un secondo colloquio telefonico con Aliyev, secondo quanto reso noto dal portavoce del Cremlino, Dmitry Peskov, il quale ha precisato che i due "hanno continuato a discutere varie questioni relative all'incidente dell'aereo dell'Azerbaigian Airlines".