Fisco, cambia la rateazione per i debiti. Leo: “Lo Stato tende la mano”
Si potrà superare l'attuale limite di 72 rate e si potrà dilazionare fino a 84 mensilità
Dal 2025 ci sarà più tempo per saldare i debiti con il fisco. Con il nuovo anno infatti verrà abbattuto l'attuale limite di 72 rate mensili che saliranno fino a 84. Ad annunciarlo è, in una nota, il viceministro dell’Economia e delle Finanze, Maurizio Leo, dopo la pubblicazione del decreto ministeriale che disciplina le rateazioni con l’agente della riscossione, previste dall’articolo 13 del Decreto Legislativo n. 110/2024.
“A partire dal 1° gennaio 2025, - spiega - i contribuenti potranno dilazionare i debiti iscritti a ruolo con il fisco fino a 84 rate mensili, superando l’attuale limite di 72. Si tratta del primo passo di un percorso che punta ad arrivare, gradualmente, nei prossimi anni, fino a 120 rate, permettendo a cittadini e imprese di gestire al meglio le pendenze pregresse con il fisco.”
Leo spiega che "siamo di fronte a un cambiamento radicale di visione rispetto al passato. Il nostro obiettivo è rendere il sistema fiscale più vicino ai contribuenti. È lo Stato che tende la mano a quei cittadini che, nonostante le difficoltà, vogliono tornare a essere in regola. Un aspetto, questo, del quale dobbiamo tenere conto". Inoltre, aggiunge Leo, "per garantire una riforma efficace, abbiamo istituito una Commissione tecnica, guidata dal Presidente Roberto Benedetti, incaricata di analizzare il magazzino della riscossione. È un organo che avrà il compito di proporre soluzioni legislative che evitino l’accumulo di crediti fiscali non riscossi.” "Queste novità – chiosa il Vice Ministro - segnano un passaggio fondamentale verso un sistema fiscale e tributario più equo, efficiente e moderno. È un altro passo verso la costruzione di un fisco amico, non più ostacolo, ma sostenitore e parte attiva del processo di sviluppo della Nazione".
Economia
Gas russo in Europa attraverso l’Ucraina, Gazprom...
Commissione europea: "Interruzione era prevista". Zelensky: "Stop una delle più grandi sconfitte di Mosca". Pichetto: "Scorte adeguate ma valutiamo ulteriori misure"
Lo stop dell'esportazione di gas russo all'Europa attraverso l'Ucraina ''era prevista'' e per questo ''da oltre un anno la Commissione europea si stava coordinando con gli Stati membri'' della Ue per ''garantire forniture di gas alternative''. Lo rende noto la Commissione europea spiegando che l'obiettivo principale è garantire gas ai paesi interessati dell'Europa centrale e orientale. Secondo la Commissione europea, l'infrastruttura del gas della Ue è sufficientemente flessibile da consentire forniture di gas non russo attraverso rotte diverse.
Gazprom ha interrotto da oggi, 1 gennaio 2025, la fornitura di gas naturale attraverso la rete di gasdotti in territorio ucraino alla scadenza degli accordi di transito quinquennali firmati nel 2020. "A causa del ripetuto ed esplicito rifiuto della parte ucraina di estendere questi accordi, Gazprom è stata privata della possibilità tecnica e legale di fornire gas per il transito attraverso il territorio dell'Ucraina a partire dal 1° gennaio 2025", ha annunciato il colosso russo in un comunicato.
Zelensky: "Stop gas russo una delle più grandi sconfitte di Mosca"
L'interruzione del transito del gas russo attraverso l'Ucraina è "una delle più grandi sconfitte di Mosca". Ne è convinto il presidente ucraino Volodymyr Zelensky. "Quando Putin ottenne il potere in Russia più di 25 anni fa, il transito annuale di gas attraverso l'Ucraina verso l'Europa era di oltre 130 miliardi di metri cubi. Oggi, il transito di gas russo è pari a 0. Questa è una delle più grandi sconfitte di Mosca", ha scritto Zelensky in un post sui social media.
Pichetto: "Scorte adeguate ma valutiamo ulteriori misure"
"In questi mesi, come Mase e come Governo, abbiamo lavorato per mettere in sicurezza il Paese garantendo il completo riempimento degli stoccaggi di gas al primo novembre", afferma in una nota il ministro dell’Ambiente e della Sicurezza energetica, Gilberto Pichetto. "Sebbene attualmente le scorte siano ancora ad un livello adeguato - spiega - si stanno valutando ulteriori misure per massimizzare la giacenza in stoccaggio al fine di affrontare con tranquillità la stagione invernale in corso". "Inoltre, nel giro di pochi mesi è previsto l’arrivo a Ravenna di un’altra nave rigassificatrice che aumenterà ancora la capacità di importazione di Gnl nella nostra rete", aggiunge il ministro.
"L’attenzione resta tuttavia alta ed è nostro dovere tutelare cittadini e consumatori da possibili futuri rincari dei prezzi. L’appello che come Governo facciamo all’Europa è quello di agire con soluzioni concrete, come quella dell’adozione del price cap, in grado di proteggere tutti i Paesi in egual misura con percorsi di regolamentazione e di obiettivo per la riduzione dei prezzi dell’energia", conclude Pichetto.
Cosa è successo, il perché dello stop
La chiusura della rotta di transito del gas verso l'Europa pone fine a un decennio di relazioni critiche, innescate dall'annessione della Crimea da parte della Russia nel 2014. Dopo lo scoppio della guerra in Ucraina nel 2022, l'Unione Europea ha raddoppiato i suoi sforzi per ridurre la sua dipendenza dalla Russia, cercando fonti di approvvigionamento alternative e contratti con altri paesi come il Qatar e gli Stati Uniti che hanno aiutato il Vecchio Continente a mantenere prezzi stabili nonostante la riduzione delle forniture dalla Russia.
Tuttavia, anche Gazprom ha sofferto a causa del taglio degli acquisti di gas da parte dei paesi europei. Nell'ultimo anno, la società statale russa ha registrato perdite per oltre 7 miliardi di dollari (6,727 miliardi di euro), nonostante gli sforzi del colosso russo di cercare di compensare questo calo delle esportazioni verso l'Occidente con la Cina. "L'infrastruttura europea del gas è sufficientemente flessibile da fornire gas non russo all'Europa centrale e orientale tramite rotte alternative. L'infrastruttura è stata rafforzata con nuove significative capacità di importazione di gas naturale liquefatto dal 2022", ha affermato la portavoce della Commissione europea Anna-Kaisa Itkonen .
Nonostante l'interruzione dei flussi, non si prevede che la disconnessione con la Russia avrà ripercussioni sostanziali sul mercato energetico europeo. Il mercato del gas rimane stabile attorno ai 48,50 euro al megawattora ad Amsterdam. Tuttavia, nonostante i progressi dell'Ue nella sostituzione delle forniture russe attraverso l'Ucraina, l'Europa ne ha risentito sotto forma di costi energetici più elevati che hanno influito sulla competitività dell'industria comunitaria, in particolare quella tedesca, rispetto al resto del mondo, Stati Uniti e Cina in primis. Anche l'Ucraina risentirà di questa interruzione delle forniture russe attraverso il paese poiché dovrà far fronte ad una perdita di circa 800 milioni di dollari all'anno in tasse di transito dalla Russia, mentre Gazprom perderà circa 5 miliardi di dollari dalla mancata vendita di gas. La Moldavia, uno dei paesi che dipendeva di più dal gas russo che arrivava dall'Ucraina, ha spiegato che dovrà adottare misure per ridurre di un terzo il suo consumo di gas.
Slovacchia: "Conseguenze drastiche"
Il primo ministro slovacco Robert Fico ha messo in guardia dalle ''conseguenze drastiche'' che si verificheranno per l'Unione europea dopo lo stop della fornitura di gas naturale russo.
"L'interruzione del transito del gas attraverso l'Ucraina avrà un impatto drastico su tutti noi nell'Ue, ma non sulla Federazione Russa", ha affermato Fico su Facebook.
Polonia: "Una nuova vittoria"
L'interruzione di gas naturale russo verso l'Ucraina e i Paesi dell'Unione europea è invece, secondo la Polonia, ''una nuova vittoria''. Lo ha scritto su 'X' il ministro degli Esteri polacco Radoslaw Sikorski, affermando che lo stop alla fornitura di gas russo rappresenta "una nuova vittoria dopo l'allargamento della Nato a Finlandia e Svezia".
Economia
Dieci domande al 2025: dalle crisi internazionali alla...
Le principali incognite di fronte all'anno che verrà, le risposte possono cambiare lo scenario
Il 2024 si chiude con una lunga lista di incognite che peseranno nell'anno che si apre, il 2025. Le ultime notizie sul fronte internazionale, con l'arresto di Cecilia Sala in Iran e i conflitti in Medio Oriente e Ucraina che cercano una soluzione, continuano ad aggiornare le crisi aperte. Sul fronte interno, la solidità del governo di Giorgia Meloni si confronta con le fibrillazioni nella maggioranza che lo sostiene e, nell'altro campo, la buona salute del Pd non basta a garantire un'alternativa che è ancora tutta da costruire. L'economia, con le contraddizioni sempre più evidenti tra l'andamento dei dati e le condizioni reali di vita, in Italia e in Europa, con i mercati positivi ma sempre pronti a invertire la rotta, si confronta con i rischi legati all'incertezza. Proviamo a sintetizzare lo scenario in 10 domande.
1. Durerà e come si risolverà la detenzione di Cecilia Sala in Iran? La notizia dell'arresto della giornalista italiana a Teheran ha complicato ancora di più lo scenario internazionale. Con una crisi diplomatica che impegna il governo italiano in una difficile trattativa per riportare a casa la reporter e il rischio di restare schiacciati nei complicati rapporti tra Stati Uniti e la Repubblica islamica. Fino a che punto si potrà negoziare, e con quali margini di manovra? Intanto, l'opinione pubblica può fare la sua parte, cancellando con la mobilitazione a favore della libertà e del giornalismo le assurde polemiche da social.
2. Si potrà chiudere, e a quali condizioni, la guerra in Ucraina? E' la domanda che ha accompagnato gli ultimi tre anni, dall'invasione russa del febbraio 2022. Dopo aver lasciato sul campo centinaia di migliaia di morti e accumulato danni per miliardi di euro, il conflitto ha vissuto fasi alterne, con posizioni che sono ormai sostanzialmente cristallizzate: Kiev non è più in grado di riconquistare i territori occupati dai russi e Mosca deve fare i conti con un'economia ormai totalmente consegnata alla guerra. L'arrivo di Donald Trump alla Casa Bianca può favorire l'apertura di un processo di pace. Ma con quali conseguenze, per l'Ucraina e per i futuri equilibri?
3. Potrà trovare un assetto stabile la polveriera del Medio Oriente? Dal 7 ottobre 2023, giorno dell'attacco di Hamas in territorio israeliano, è passato più di un anno. C'è stata l'invasione di Gaza, ancora oggi bersagliata dal fuoco israeliano, rasa al suolo, con una popolazione decimata e attraversata da una gigantesca crisi umanitaria; c'è stato il conflitto in Libano che ha sostanzialmente neutralizzato Hezbollah. Ora l'attenzione di Israele è rivolta anche agli Houthi e quindi allo Yemen e al Mar Rosso. Ci sono 70 anni di storia a raccontare la complessità della crisi in Medio Oriente ma l'ultimo anno è destinato a segnare i prossimi decenni. E' ancora possibile una soluzione che possa affrontare la questone palestinese in una prospettiva di pace?
4. Il crollo del regime di Assad in Siria e il ritorno al potere di forze islamiste, aumenta il rischio terrorismo? Gli anni segnati dalla minaccia di Al Quaeda e dell'Isis sembravano definitivamente archiviati. O quanto meno il rischio del terrorismo di matrice islamica sembrava marginalizzato. Il 2024 si è chiuso però con due fatti rilevanti. Il cambio di regime in Siria è una buona notizia per la fine del regime sanguinario di Assad ma apre diversi interrogativi sull'affidabilità di chi l'ha sostituito, i ribelli jihadisti guidati dal Al Jolani. L'attentato al mercatino di Natale di Magdeburgo in Germania, pure iniziativa di un cane sciolto ispirato dall'odio razziale, ha riacceso la spia rispetto alla possibilità che ci possa essere una nuova fiammata del terrorismo.
5. Il governo di Giorgia Meloni continuerà la sua navigazione senza scontri all'interno della maggioranza? La premier è in carica dal 22 ottobre 2022 ed è entrata nel suo terzo anno a Palazzo Chigi. Può contare su un consenso stabile e può già vantare una longevità significativa guardando alle abitudini degli ultimi due decenni. Ma deve anche fare i conti con la tenuta degli equilibri interni alla maggioranza che la sostiene. Con la Lega di Matteo Salvini e Forza Italia spesso su posizioni diverse mentre si contendono il ruolo di seconda forza alle spalle di FdI. Saranno necessari un rimpasto di governo e la ricerca di un nuovo assetto?
6. I rapporti tra Pd e Cinquestelle e la formazione di un polo di centro, sarà possibile costruire una credibile alternativa di centrosinistra? E' la domanda a cui la leader del Pd Elly Schlein cerca risposta da quando è iniziata la sua esperienza da segretaria. La sua vocazione unitaria ha dovuto fare i conti finora con due problemi sostanziali. Primo, la poca affidabilità come alleato di Giuseppe Conte, più impegnato a chiudere la partita interna con Beppe Grillo e a ritrovare il consenso perso che a costruire un asse solido con il Pd. Secondo, l'implosione del Terzo Polo di Renzi e Calenda e la necessità di ampliare al centro il perimetro del centrosinistra. I movimenti di fine anno nell'area cattolica potranno dare una mano?
7. Autonomia differenziata e premierato, sarà l'anno delle riforme? A pesare sul quadro politico ci sono anche le incognite legate alle riforme costituzionali. Da una parte, l'autonomia differenziata che è uscita ridimensionata dalla pronuncia della Corte Costituzionale e che deve trovare una nuova formulazione che rispetti i paletti, sostanziali, imposti dalla Consulta. Dall'altra il premierato, la riforma costituzionale voluta dalla premier Giorgia Meloni per dare più peso e forza all'esecutivo. Sono due riforme che nelle aspettative della maggioranza devono essere tenute insieme e in quelle dell'opposizione vanno neutralizzate.
8. Sanità e istruzione, che fine farà lo stato sociale? Questa è forse la domanda più complessa e articolata che riguarda non solo il nuovo anno, ma i prossimi decenni. I segnali evidenti di ripiegamento dello stato sociale verso una apertura sempre più palese al privato, sia guardando agli ospedali e alle prestazioni mediche sia guardando alla scuola, preoccupano chi ritiene sia necessario che lo Stato continui a fare la sua parte nei servizi essenziali. Per invertire il trend, servirebbero politiche mirate e risorse. In quale direzione si andrà?
9. Torneremo a crescere o dovremo fronteggiare nuove recessioni? L'andamento del Pil, con le stime che per la chiusura del 2024 sono state ridimensionate dall'Istat allo 0,5%, dice che la crescita in Italia si sta nuovamente fermando. E anche la situazione nel resto d'Europa non è incoraggiante, considerate soprattutto le gravi difficoltà della Germania. Dalla crescita e soprattutto dall'inflazione dipendono anche le scelte di politica monetaria. La Bce ha iniziato la discesa dei tassi di interesse e i mercati sono sostanzialmente positivi. Reggerà questo scenario o arriveranno nuove fibrillazioni?
10. La crisi dell'auto, cambieranno le regole e si troverà il modo di invertire il trend? Se c'è un settore che, più degli altri, sta scontando le contraddizioni della transizione green è quello dell'auto. Concorrono una serie di fattori: le regole troppo rigide che dovrebbero portare allo stop di benzina e diesel al 2035; le scelte industriali sbagliate; una corsa dei prezzi, causato anche dall'aumento dei costi delle materie prime, che ha reso il prodotto poco accessibile ai ceti medi. La crisi è conclamata e può avere gravissime conseguenze sociali. A meno che non si trovino le giuste contromosse. (Di Fabio Insenga)
Economia
Agricoltura: nel 2025 luci e ombre da Mercosur e Pac a...
Sarà un 2025 tutt’altro che facile per l’agricoltura italiana e più in generale europea quello che si prospetta all’orizzonte, complice anche il persistere di tensioni geopolitiche in Ucraina, alle porte dell’Europa ed in Medio Oriente. Su tutte le questioni c’è sicuramente la Pac (Politica Agricola Comune) che va rivista e l’accordo della Ue con il Mercosur (mercato comune dell'America meridionale) su cui è importante ci sia reciprocità di regole, come chiedono gli imprenditori agricoli, che potrebbero essere assediati dalla concorrenza sleale. Un accordo che il ministro dell’Agricoltura Francesco Lollobrigida ritiene sia "una potenziale buona carta per le economie europee. Ma tutti i settori devono vederne un vantaggio" secondo quanto ha affermato di recente.
Del resto il 2024 si è chiuso per il settore primario con perdite di 9 miliardi di euro a causa delle ripercussioni dei conflitti internazionali, del cambiamento climatico e dell'impennata dei costi di produzione, secondo quanto stima la Coldiretti. Dunque, se in Ucraina si arrivasse alla tanto auspicata pace, sarebbe una boccata di ossigeno per chi vive nei campi per i costi dell’energia e delle sementi, arrivati ormai alle stelle.
Quanto alla Pac dovrebbe rientrare nei cardini di una linea che possa dare sostegni alle vere imprese agricole e non solo, si invoca che ci sia una maggiore attenzione al budget: 386 miliardi di euro stanziati in sette anni per gli stati dell’Unione europea sono molto al di sotto rispetto ai 1.350 miliardi di dollari destinati dagli Usa per sostenere il comparto in 10 anni. Dal 1 gennaio, tra l’altro, nuove incombenze attendono i titolari delle imprese con l’obbligo di compilare digitalmente il quaderno di campagna con dati e tempi certi, tutto questo per consentire ad Agea di effettuare doverosi controlli per l'erogazione dei fondi Pac.
E che dire poi delle nuove nubi che si addensano da Oltreoceano con la minaccia di dazi proveniente dall’America di Trump ? Le tariffe sull’agroalimentare made in Italy potrebbero reprimere fortemente l’export in quell’area così importante per le nostre imprese a raggiungere un nuovo record di 100 miliardi di euro nel 2025 dopo il target di 70 miliardi di euro conseguito nel 2024. A tal proposito un messaggio di fiducia è arrivato dal presidente di Coldiretti Ettore Prandini, nel corso della recente assemblea nazionale e Roma. "L’Italia, intanto, visti i buoni rapporti con la nuova amministrazione Trump spero possa giocare una partita diplomatica, mitigando gli effetti di eventuali dazi", ha detto Prandini.
Tra le varie sfide che si giocano c’è anche l’applicazione dell’intelligenza artificiale in agricoltura e nell’agroindustria che dai sindacati viene vista come una minaccia per l’occupazione ma può rappresentare anche una opportunità per far svolgere ai lavoratori nuove mansioni, più qualificate.
Un’altra partita da giocare nel mondo del vino è il prodotto dealcolato o con un ridotto quantitativo di alcol, dopo che il ministro dell’Agricoltura e della Sovranità alimentare Francesco Lollobrigida ha varato l’attuazione del decreto che ne facilita in Italia la produzione, fortemente voluta da molti operatori, ovvero i prodotti il cui titolo alcolometrico non è superiore allo 0,5% e a quelli “parzialmente dealcolati” compresi tra lo 0,5% e lo 0,9%. Si tratta di un’esigenza legata soprattutto all’export in mercati come il Nord America, il Nord Europa, l’Arabia Saudita e l’Indonesia. Mentre non potranno essere dealcolati i vini a denominazione di origine protetta (Dop) e a indicazione geografica protetta (Igp).
In Europa poi c'è ancora la battaglia da vincere contro il Nutriscore, le cosiddette etichette a semaforo, adottate in vari Paesi che penalizzano molti prodotti Dop e Igp made in Italy. In questa situazione, alquanto complessa, per la redditività degli agricoltori ed i paletti posti dal Green Deal, con i trattori pronti a marciare di nuovo a Bruxelles, permangono in Italia sacche di caporalato e lavoro nero su cui il ministro del Lavoro, Marina Calderone, ha promesso che utilizzerà ogni mezzo per sconfiggerlo, una iniziativa su tutte, un assegno di inclusione per le vittime del caporalato che hanno il coraggio di denunciare. Una piaga risolta solo in parte con i flussi regolari di manodopera: nel 2025 sono previsti, nel nuovo decreto flussi, 110mila i lavoratori stagionali regolari che saranno impiegati nel turismo e in agricoltura.
Intanto, nella manovra, appena varata dal governo il ministro Lollobrigida vanta "tra i provvedimenti più significativi" quello di aver "reso finalmente strutturale il Fondo indigenti, garantendo un sostegno continuativo a chi è in difficoltà"; il rifinanziamento della ‘Carta Dedicata a Te’ alle famiglie con redditi più bassi. Ed inoltre, "risorse per affrontare emergenze come la brucellosi e la lingua blu, abbiamo sostenuto l’innovazione finanziando progetti di ricerca su Tecniche di Evoluzione assistita e destinato fondi per il sostegno al reddito dei lavoratori della pesca", come ha sottolineato lo stesso Lollobrigida.