Esplosione Tesla e attacco di New Orleans, un filo unisce i due militari: le indagini
Il conducente del Cybertruck e l'uomo che si è lanciato con l'auto contro tra la folla avrebbero prestato servizio nella stessa base. Fbi: "Per ora non c'è collegamento definitivo, ma non escludiamo niente". Biden frena: "Non ci sono prove"
Ci sarebbe un collegamento tra la Tesla Cybertruck esplosa davanti al Trump International Hotel di Las Vegas e l'attentato contro la folla a New Orleans il giorno di Capodanno. Secondo quanto riferito da alcune fonti a Denver7 Investigates, alla guida del pick-up esploso c'era Matthew Alan Livelsberger, un militare dell'Esercito di stanza in Germania che era tornato in licenza in Colorado, e che per un periodo ha prestato servizio nella stessa base militare di Shamsud-Din Jabbar, il terrorista che con la sua auto ha ucciso almeno 15 persone in Bourbon Street.
Secondo le fonti il 42enne Jabbar, che è stato nell'Esercito tra il 2005 e il 2015, e ill 37enne Livelseberger, che la Cbs era rientrato in licenza in Colorado dalla Germania dove era ancora di stanza, sono stati nello stesso periodo a Fort Bragg. Non solo, i due hanno servito in Afghanistan contemporaneamente. Ora gli investigatori stanno cercando di determinare se vi fosse qualche contatto tra i due militari, entrambi morti nei due attacchi.
Un'altra coincidenza su cui stanno lavorando gli inquirenti è il fatto che entrambi hanno affittato i veicoli usati per gli attacchi con la stessa app Turo, che permette di affittare auto direttamente da proprietari privati. In una dichiarazione, un portavoce della società ha tuttavia affermato che "nessuno dei due sospettati aveva precedenti penali che li potevano identificare come una minaccia per la sicurezza".
"Le forze dell'ordine - aveva detto in precedenza il presidente Usa Joe Biden - stanno indagando sull'esplosione del veicolo Tesla “anche per capire se c'è un possibile collegamento con l'attacco a New Orleans” costato la vita a 15 persone.
Fbi: "Per ora non c'è collegamento definitivo, ma non escludiamo niente"
"A questo punto non c'è un collegamento definitivo tra l'attacco qui e quello a Las Vegas", ha detto però, nella conferenza stampa oggi a New Orleans, il vice assistente direttore dell'anti-terrorismo dell'Fbi Christopher Raia, sottolineando che entrambe le indagini sono "alle prime fasi".
"Come voi sapete c'è un'indagine dell'Fbi in corso anche a Las Vegas - ha poi ricordato Raia -, noi stiamo seguendo ogni possibile pista e non escludiamo niente".
Biden frena: "Collegamento? Al momento non ci sono prove"
''Al momento non ci sono prove che i due attacchi'' delle scorse ore ''siano in qualche modo collegati tra loro'', ha confermato quindi il presidente degli Stati Uniti Joe Biden, aggiungendo che ''al momento non ci sono informazioni che altre persone siano coinvolte nell'attacco di New Orleans''.
Gli investigatori "stanno indagando attivamente su eventuali contatti e connessioni nazionali o straniere che potrebbero essere rilevanti per l'attacco" a New Orleans, ha detto quindi il presidente Biden, spiegando che l'aggressore ''aveva un detonatore a distanza nel suo veicolo per far esplodere" due bombe.
"L'Fbi mi ha informato che, al momento, non abbiamo informazioni sul coinvolgimento di nessun altro nell'attacco", ha aggiunto. "Hanno stabilito che l'aggressore è la stessa persona che ha piazzato gli esplosivi nelle ghiacciaie in due luoghi vicini nel Quartiere Francese, solo poche ore prima di speronare la folla con il suo veicolo. Hanno valutato che aveva un detonatore a distanza nel suo veicolo per far esplodere quelle due ghiacciaie", ha spiegato Biden.
Militare alla guida della Tesla forse si è suicidato, chi era
Nell'esplosione di fronte alla Trump Tower di Las Vegas, avvenuta nella notte di Capodanno, Matthew Alan Livelsberger è rimasto ucciso e altre sette persone sono rimaste lievemente ferite. I familiari dell'uomo hanno riferito alla Cnn che la moglie del militare non aveva notizie del marito da giorni e hanno confermato che l'uomo aveva affittato l'auto. L'uomo è stato trovato con una ferita d'arma da fuoco alla testa, ha annunciato lo sceriffo di Las Vegas Kevin McMahill. ''Abbiamo scoperto, grazie all'ufficio del medico legale, che l'individuo aveva riportato una ferita da arma da fuoco alla testa prima dell'esplosione del veicolo'', ha detto lo sceriffo precisando che potrebbe essere morto suicida.
Una pistola è stata trovata all'interno dell'auto e una seconda ai piedi dell'uomo, ha spiegato ancora lo sceriffo. All'interno della Tesla, oltre alla pistola sono stati trovati un passaporto, un documento d'identità militare, un iPhone e uno smartwatch, ha detto McMahill. Il documento d'identità e due tatuaggi sul corpo dell'autista "forniscono una forte indicazione" che fosse Matthew Livelsberger l'autista, anche se l'identificazione formale non è ancora stata effettuata, ha aggiunto lo sceriffo.
Livelsberger aveva 19 anni di carriera militare alle spalle nelle Special Force dell'Esercito. Il 37enne del Colorado era infatti entrato nel gennaio del 2006 nei Berretti Verdi come specialista di comunicazione, diventando poi operation manager e sergente nel febbraio del 2023.
Stando al suo profilo Linkedin, l'ultimo incarico risale al novembre scorso come Remote and Autonomous Systems Manager per l'Esercito. Secondo Cbsnews, Livelsberger era in servizio in Germania - nel 10Th Special Force Group, precisano fonti della Cnn - ed era rientrato in licenza in Colorado. Secondo il suo profilo sui social, Livelsberger si era laureato con lode alla Norwich University in Vermont in Studi strategici e di difesa, ed aveva ottenuto un riconoscimento dal dipartimento di Stato per il suo impegno e lavoro per il coordinamento tra agenzie.
Mentre era militare ha mostrato attenzione per i problemi umanitari, in particolare durante l'anno in cui ha servito in Afghanistan nel 2010, lo stesso periodo in cui era stato inviato nel Paese Shamsud-Din Jabbar, il responsabile dell'attacco di New Orleans. "Fornire assistenza umanitaria continua ad essere uno dei pochi approcci per acquistare la credibilità e la lealtà del popolo afgano e credo che contribuisca al nostro successo sul terreno", dichiarava, appena 22enne, in un'intervista ad un giornale dell'Ohio, stato in cui era nato.
A New Orleans almeno 15 morti
Shamsud Din Jabbar, il 42enne nato in Texas che nella notte di Capodanno ha scagliato il suo pickup contro la folla festante a New Orleans uccidendo almeno 15 persone, durante gli anni trascorsi nell'Esercito aveva ricevuto diverse medaglie, tra i quali la Global War on Terrorism Service Medal, conferita ai militari che partecipavano alle missioni all'estero durante la 'guerra al terrorismo'.
Jabbar, che è rimasto ucciso nello scontro a fuoco con la polizia seguito al suo attacco, era stato nell'esercito dal marzo del 2007 al gennaio del 2015, prima come Human Resource Specialist e poi com Information Technology (IT) Specialist, ed era stato inviato in Afghanistan tra il febbraio del 2009 e il gennaio 2010. Una volta lasciato il servizio attivo era rimasto riservista fino al luglio del 2020, quando ha lasciato definitivamente l'esercito con il grado di sergente.
L'uomo aveva due matrimoni falliti alle spalle, uno nel 2012 e il secondo nel 2022. La Cnn rivela che nel tragitto fatto dal Texas e la Louisiana a bordo del furgone usato per l'attacco, Jabbar avrebbe registrato dei video in cui ha ammesso che in un primo momento aveva progettato di riunire la famiglia per uccidere tutti, ma poi aveva cambiato idea e piani, decidendo di unirsi all'Isis.
La polizia di New Orleans ha annunciato la riapertura di Bourbon Street. Sono state posizionate barriere lungo la strada e sul marciapiede per fermare o rallentare chiunque tenti di violarle, ha affermato la sovrintendente della polizia di New Orleans Anne Kirkpatrick aggiungendo che nella zona è presente una forte presenza di polizia per garantire la sicurezza. "La gente non è morta invano", ha detto Kirkpatrick. "Di conseguenza, saremo una città più sicura. Saremo un paese più sicuro", ha affermato.
Esteri
New Orleans, figliastro dell’ex tata di William e...
Edward Pettifer, 31 anni, è tra le 14 persone rimaste uccise a Capodanno
Tra le 14 vittime dell'attacco terroristico di New Orleans, avvenuto nella notte di Capodanno, c'è anche il 31enne Edward Pettifer, figliastro dell'ex tata dei principi William e Harry. Re Carlo, che ha appreso della morte di Pettifer attraverso i canali ufficiali, ne è rimasto profondamente rattristato e si è messo subito in contatto con la famiglia per esprimere le proprie condoglianze.
Secondo la ricostruzione del Telegraph, Pettifer era il figliastro di Alexandra Pettifer, precedentemente nota come Tiggy Legge-Bourke, tata del Principe William e del Principe Harry negli anni '90. Secondo il giornale, Pettifer era il figlio maggiore di Charles Pettifer, ex ufficiale delle Coldstream Guards, e di Camilla Wyatt, figlia di un allevatore di cavalli da corsa. Charles e Tiggy hanno avuto due figli che sono figliocci di William e Harry.
"Io e Catherine siamo tristi e sotto shock per la tragica morte di Ed Pettifer", scrive William sul profilo Instagram dei principi del Galles. "I nostri pensieri e le nostre preghiere sono con la famiglia Pettifer e con tutte quelle persone innocenti tragicamente colpite da questo orribile attacco".
La famiglia di Pettifer ha rilasciato un comunicato in cui dice che “l'intera famiglia è devastata dalla tragica notizia della morte di Ed a New Orleans. Era un figlio, un fratello, un nipote e un amico meraviglioso per tanti. Mancherà terribilmente a tutti noi. I nostri pensieri sono rivolti alle altre famiglie che hanno perso i loro familiari a causa di questo terribile attacco - continua - Chiediamo di poter piangere la perdita di Ed come famiglia in privato. Grazie”. Il medico legale di New Orleans ha indicato la causa preliminare della morte di Pettifer come “ferite da corpo contundente”.
Esteri
Vescovo Aleppo vede al-Jawlani: “Incontro positivo,...
Monsignor Jallouf ha spiegato che il nuovo leader de facto è aperto verso i cristiani e si è detto certo che le cose andranno sempre meglio
E' stato ''un incontro molto positivo'' quello che, lo scorso 31 dicembre, il vescovo latino e vicario apostolico di Aleppo, monsignor Hanna Jallouf, ha avuto con il leader de facto della nuova Siria, Abu Mohammed al-Jawlani. ''Si è dimostrato molto, molto aperto nei confronti dei cristiani e questo ci rallegra'', ha dichiarato Jallouf all'Adnkronos riferendosi all'incontro che al-Jawlani ha voluto con ''tutti i capi religiosi della comunità cristiana in Siria l'ultimo giorno dell'anno''. In quell'occasione ''ci ha assicurato che come cristiani saremo parte integrante della nuova Siria'' e ha detto di voler ''lavorare per il bene di tutti i siriani''.
I primi passi, concreti, si stanno già vedendo spiega il vescovo. ''Abbiamo diversi segnali che le cose andranno bene, piano piano sempre meglio, direi benissimo'', afferma Jallouf spiegando di aver ''potuto festeggiare tranquillamente Natale e Capodanno''. Inoltre, aggiunge, ''al-Jawlani ha creato una commissione per l'università di Aleppo composta da cinque uomini musulmani e due cristiani''. Per il futuro, verso il quale ''c'è ottimismo'', Jallouf spiega che ''durante l'incontro al Palazzo presidenziale di Damasco abbiamo dato ad al-Jawlani due documenti, uno preparato dai patriarchi di Damasco e uno dei vescovi di Aleppo''.
Nei documenti erano presenti ''i contenuti che come comunità cristiana chiediamo che vengano integrati nella nuova Costituzione'' siriana. Non solo ''i diritti legati alla libertà di culto'', ma anche il rispetto dei ''diritti delle donne, il diritto al lavoro, il diritto alla parità'', spiega.
Rispetto ai timori legati al gruppo jihadista Hayat Tahrir al-Sham (Hts), Jallouf afferma che ''non è certo vero, come si è detto, che sono venuti ad ammazzare i cristiani, a sgozzarli''. Certo, ammette, ''sul terreno c'è gente che è arrivata con al-Jawlani e che non è alla sua altezza''. Tra l'altro ''non sono tutti siriani, né hanno la sua mentalità''. Ma l'ottimismo resta dominate presso il collegio francesano di Aleppo: ''ci vuole un tempo'' e allo stato attuale ''ogni problema che nasce, viene risolto''.
Esteri
Al-Jawlani: “Cristiani parte integrante Siria,...
Il leader siriano a colloquio con il vicario della Custodia di Terra Santa, Ibrahim Faltas
"Stiamo lavorando per riportare in patria chi ha dovuto lasciare la Siria. È nostra intenzione riportare i siriani espatriati alle loro case e i cristiani siriani ritorneranno a vivere e a professare la loro fede in Siria", così il leader siriano Abu Mohammed al-Jawlani al vicario della Custodia di Terra Santa, Ibrahim Faltas nel colloquio tra i due riportato dall'Osservatore Romano.
"Non considero i siriani cristiani una minoranza - ha spiegato al-Jawlani - ma una parte integrante e importante della storia del popolo siriano. Ho vissuto a lungo nel Governatorato di Idlib, dove ho conosciuto l’impegno di due suoi confratelli, padre Hanna e padre Loai, a favore della popolazione di quell’area. Hanno aiutato e sostenuto tutti coloro che si rivolgevano a loro senza nessuna distinzione. Ho provato stima e rispetto per loro. Grande ammirazione, stima e rispetto per Papa Francesco: è un vero uomo di pace, ho apprezzato i suoi appelli e le sue azioni a favore della pace e dei popoli in difficoltà".
Nel colloquio riportato dall'Osservatore romano, il leader siriano spiega che "per anni il popolo siriano ha dovuto subire le conseguenze di una corruzione diffusa a vari livelli. Mancavano i servizi essenziali alla vita della maggioranza delle persone, mancava ogni visione di sviluppo e di crescita per il Paese". "I dissidenti - ha detto - venivano arrestati e, nel peggiore dei casi, eliminati. Abbiamo visitato prigioni che non avevano niente di umano. Il territorio siriano, ricco di storia e civiltà millenaria, è stato quasi completamente distrutto. La divisione fra le persone ha portato a conflitti e a spaccature". Quanto al futuro del popolo che tanto ha sofferto e alla eventualità di altre tensioni, al-Jawlani ha risposto: "Stiamo lavorando per l’unità e la pace. È la nostra ferma volontà. Ci vorrà del tempo ma sono sicuro che arriveremo a dare una stabilità politica e sociale alla Siria".