2025, da Trump a guerre e gas: gli eventi e i trend da non perdere
Dal G7, passando per la guerra in Medio Oriente ai dazi e prezzi del gas: eventi e previsioni per l’anno appena iniziato
Quali sono i più importanti eventi e le tendenze da tenere d’occhio nel 2025? Ecco una lista divisa per temi: (geo)politica, economia, difesa, tecnologia, per intercettare le grandi “correnti globali” che avranno conseguenze dirette sull’Italia.
(Geo)politica
Stati Uniti: il 20 gennaio Donald Trump giurerà sulla Bibbia per il suo secondo mandato da presidente degli Stati Uniti. A partire dalle 12, ora di Washington DC, avrà pieni poteri per mettere in campo la sua agenda, di cui parleremo nel dettaglio più avanti. Una curiosità: il giuramento è stato pronunciato più di una volta da diversi presidenti, e non solo perché molti hanno servito per due mandati: se il 20 gennaio cade di domenica, il presidente-eletto giura in privato e poi ripete l’atto all’“inauguration” di Capitol Hill il giorno dopo. È successo ad esempio a Ronald Reagan nel 1985.
Germania: le elezioni anticipate si terranno il 23 febbraio, dopo la fine della coalizione semaforo che sosteneva il cancelliere Olaf Scholz. Il paese andrà al voto in un clima teso: l’economia è in difficoltà e la ferita dell’attentato di Magdeburgo è ancora fresca. Il favorito è il conservatore Frederich Merz, candidato della Cdu/Csu, ma dovrà trovare qualcuno con cui governare, e non sarà un negoziato facile. Occhi puntati sul risultato di Afd, il partito di estrema destra che negli ultimi anni ha ottenuto ottimi risultati soprattutto nella ex Germania Est e potrà contare sul sostegno non solo mediatico di Elon Musk.
Bielorussia: le elezioni presidenziali saranno il 26 gennaio. Aleksander Lukashenko, in carica dal 1994, punta al settimo mandato. Dopo aver vinto nel 2020, ha represso con violenza le manifestazioni di protesta. È alleato di Putin nella guerra in Ucraina, e la Russia ha da poco aggiornato la sua dottrina nucleare promettendo di proteggere Minsk, anche con armi atomiche, in caso di aggressione.
Sudafrica: il Paese ospiterà il G20, prima volta per una nazione africana. Nonostante il presidente Cyril Ramaphosa consideri Vladimir Putin “un alleato prezioso”, come ha ribadito durante il loro incontro al summit dei Brics di ottobre, il Paese non lo inviterà alla riunione con gli altri 19 leader, in virtù del mandato di cattura della Corte penale internazionale che pende sulla testa del leader russo. Il Sudafrica è un firmatario dello Statuto di Roma che istituì la Corte.
Canada: Justin Trudeau raccoglie il testimone del G7 da Giorgia Meloni. Sarà un G7 “light” rispetto al fitto calendario del 2024: 8 riunioni ministeriali invece delle 23 italiane. Si parlerà (ancora) di Ucraina, cambiamento climatico e intelligenza artificiale. La riunione tra i leader sarà a giugno nel villaggio di Kananaskis (156 abitanti), in mezzo alla natura incontaminata dell’Alberta, che già ospitò il summit nel 2002. Il primo ministro canadese è al centro di una crisi politica, in particolare dopo l’addio molto rumoroso della sua vice e ministro delle Finanze Chrystia Freeland. Le prossime elezioni dovrebbero tenersi il 30 ottobre, ma anche nella sua maggioranza in molti chiedono dimissioni, e dunque urne, anticipate. Allo scorso G7 canadese, nel 2018, Trump si rifiutò di firmare il comunicato finale, definendo Trudeau “molto disonesto e debole” dopo uno scontro sui dazi.
Francia: in teoria non dovrebbero esserci elezioni, con il mandato di Macron che scade nel 2027. In pratica, a partire da giugno, quando saranno passati i 12 mesi previsti dalla Costituzione dall’ultimo scioglimento delle camere, i francesi potrebbero tornare al voto se il precario governo Bayrou dovesse cadere sotto i colpi di Marine Le Pen e Jean-Luc Mélenchon.
Europa: i due semestri di presidenza toccano a Polonia e poi Danimarca, e nelle capitali c’è chi tira un sospiro di sollievo dopo i sei mesi con l’imprevedibile Viktor Orbán alla guida. La commissione von der Leyen-bis è in carica da un mese e ha stabilito le priorità per quest’anno: competitività, sostenibilità, difesa, sicurezza e tecnologia digitale. Tra gli anniversari rilevanti, i 30 anni dall’ingresso di Austria, Finlandia e Svezia, i 40 anni di Schengen (di cui Romania e Bulgaria sono membri dal 1 gennaio) e i 75 dalla Dichiarazione Schuman, dal nome del ministro degli Esteri francese che il 9 maggio (non a caso festa dell’Europa) 1950 propose l’idea di creare una Comunità del carbone e dell’acciaio. L’AI Act, uno dei regolamenti più importanti degli ultimi anni, dal 2 febbraio avrà i suoi primi effetti su aziende e cittadini, con altri ‘step’ importanti il 2 maggio e il 2 agosto.
Ucraina: buona parte degli analisti internazionali prevede una qualche forma di cessate il fuoco durante l’anno. Zelensky ha da poco ammesso che, con le forze attualmente in campo, non è in grado di riconquistare Donbass e Crimea. Trump ha promesso di risolvere la guerra “in 24 ore”. Putin si è dichiarato pronto a sedersi a un tavolo, magari nella Slovacchia del suo “amico” Robert Fico. Entrambi gli eserciti continuano a combattere in modo serrato per avere la posizione più forte possibile al tavolo del negoziato.
Medio Oriente: se a fine 2023 molti avrebbero dato Netanyahu per finito, dopo la tragedia del 7 ottobre, gli ostaggi, e la reazione violenta su Gaza - che si sommavano alle proteste di piazza e alle accuse di corruzione - oggi la situazione è molto diversa: Israele ha messo in ginocchio Hezbollah, decapitato la leadership di Hamas e colpito gli Houthi, isolando il suo nemico numero uno, l’Iran. Con la caduta di Assad, ulteriore segno dell’indebolimento dell’asse guidato da Teheran, Netanyahu ha conquistato un pezzo di territorio che era sotto il controllo siriano. La situazione a Gaza resta disperata, soprattutto per chi vive nei campi profughi, ma se si votasse oggi il Likud di Netanyahu sarebbe di gran lunga il primo partito.
Giappone: l’Expo di Osaka dal 13 aprile al 13 ottobre attrarrà curiosi, aziende e innovatori. Il tema: disegnare la società del futuro. Un laboratorio vivente, “un luogo in cui le conoscenze del mondo saranno riunite, utilizzate per creare nuove idee e condivise, per contribuire a risolvere i problemi globali dell'umanità”. Il padiglione italiano, disegnato dall’architetto Mario Cucinella, è una rivisitazione in chiave moderna della Città Ideale del Rinascimento col teatro, la piazza e il giardino all’italiana. Il tema: “L’Arte Rigenera la Vita”. Il fulcro del progetto sarà un Teatro in legno, immersivo e multisensoriale: metterà in scena suoni, movimenti, colori.
Brasile: dopo la deludente (per gli ambientalisti) Baku, dal 10 al 21 novembre sarà il turno di Belém di ospitare la 30^ Cop (Conferenza delle parti) sui cambiamenti climatici. La capitale dello stato del Parà è stata scelta per il suo essere uno dei principali centri dell’Amazzonia, regione simbolo di un ambiente da difendere, anche se bisognerebbe partire proprio dalla città: solo il 2% delle acque viene trattato, con il resto che viene scaricato nei fiumi generando alti livelli di inquinamento. La carenza di alberghi costringerà molti partecipanti a dormire in navi da crociera attraccate in porto.
Regno Unito: il 1 maggio si terranno le elezioni amministrative per il rinnovo di varie cariche locali. Sulla carta non un appuntamento cruciale, ma con la capacità di avere un forte impatto sulla politica nazionale. Secondo recenti sondaggi pubblicati dal ‘Sunday Times’ se si votasse oggi i laburisti perderebbero circa 200 dei seggi conquistati solo sei mesi fa, e a crescere sarebbero sia i conservatori, ora guidati da Kemi Badenoch, prima donna nera a guidare uno dei principali partiti britannici, sia Reform Uk, il partito di Nigel Farage. Che ha fatto un grande ritorno sulla scena dopo essere sopravvissuto a incidenti aerei, all’abbandono della politica dopo il successo della Brexit, e anche ai reality show nella giungla australiana. Reform UK è in crescita inarrestabile ma alle ultime elezioni il sistema elettorale inglese (first past the post) gli ha garantito solo 5 parlamentari a fronte di oltre 4 milioni di voti, ovvero lo 0,8% dei seggi con il 14,3% dei consensi.
Anniversari: oltre a quelli europei, si celebrano gli 80 anni dalla fine della Seconda Guerra Mondiale e dall’avvio delle Nazioni Unite: il 6 agosto la bomba atomica su Hiroshima, il 15 la resa del Giappone, il 24 ottobre entra in vigore la Carta dell’Onu. Il 30 aprile sono 50 anni dalla caduta di Saigon con la caotica evacuazione di oltre 7mila persone e la fine della guerra del Vietnam.
Decennali: Il 7 gennaio 2015 un gruppo di jihadisti faceva strage nella redazione di “Charlie Hebdo”. Il 14 luglio 2015 si firmava l’accordo sul nucleare iraniano (Jcpoa), da cui Trump si ritirò nel 2018 e che Biden non ha resuscitato. L’Iran è ora considerato in grado di produrre il materiale per un’arma atomica “in una o due settimane” ha detto il segretario di Stato americano Antony Blinken. Il 12 dicembre 2015 si firmarono gli storici Accordi di Parigi sul clima, per limitare l’aumento delle temperature a 1,5 gradi, soglia considerata praticamente già raggiunta.
Economia
Dazi: la grande domanda che si fanno tutti è: quanto delle promesse/minacce di Donald Trump si trasformerà in realtà? Da candidato ha parlato di dazi del 60% sulle merci cinesi e del 10% sulle altre. Recentemente, se l’è presa anche con i vicini Canada e Messico, nonostante il fortissimo legame commerciale tra i paesi ex-Nafta (oggi il loro rapporto è regolato dal trattato Usmca), ai quali è pronto a imporre “tariffs” del 25%. Il presidente ha il potere di decidere - soprattutto se sotto l’ombrello della sicurezza nazionale - restrizioni su merci e commercio senza dover passare dal Congresso, come fece durante il primo mandato con acciaio e alluminio. Ma per una guerra commerciale totale con la Cina o con il resto del mondo, è necessario un passaggio parlamentare, altrimenti può scattare il ricorso alla Corte suprema contro un possibile ordine esecutivo della Casa Bianca. E nella maggioranza repubblicana, che balla sul filo di tre senatori e due deputati, non mancano i nemici delle politiche protezionistiche.
Mercati: il ritorno di Trump ha galvanizzato la borsa di New York, con l’S&P 500 che ha chiuso il 2024 con un +23% sull’anno precedente, un rally che neanche i “tori” più convinti avevano previsto, e i modelli degli analisti prevedono un altro anno di guadagni, anche se tra il 10 e il 15%. All’orizzonte ci sono tre incertezze: l’agenda economica di Trump, l’inflazione e la velocità alla quale la Fed abbasserà i tassi d’interesse. Di sicuro gli Stati Uniti, grazie alle mosse del governatore Jerome Powell, considerato da molti democratici uno dei migliori di sempre (ma va ricordato che fu nominato da Trump), hanno evitato una recessione annunciata più volte dal 2021. E l’eccezionalismo americano può continuare anche quest’anno grazie al boom dell’intelligenza artificiale, che oltre ad alimentare i titoli di aziende tech come Nvidia e Meta inizia a mostrare i suoi effetti (in tandem con la massiccia adozione del cloud) in termini di aumento di produttività. Da capire gli effetti sulle altre economie, che rischiano di essere indebolite da una possibile guerra commerciale e dall’effetto “attrazione” esercitato dal mercato Usa.
Auto: il 2024 è stato l’anno in cui è crollato il castello della transizione ai veicoli elettrici. In Europa sia Volkswagen che Stellantis hanno disegnato scenari foschi, e quest’anno si parlerà molto delle multe per chi sfora i limiti alle emissioni, stimate dall’Acea, l’associazione dei costruttori europei, in una mazzata da 16 miliardi di euro. La Tesla di Elon Musk ha per la prima volta registrato un calo nelle vendite anno-su-anno. Le case automobilistiche cinesi hanno raggiunto e in molti casi superato i concorrenti occidentali, ma rischiano di scontrarsi contro dazi e limitazioni. Nel 2025 vanno tenute d’occhio nuove operazioni di fusione: non solo Nissan e Honda in Giappone e i progetti di “Airbus dell’automobile” allo studio in Europa, anche General Motors e Ford dovranno trovare partner soprattutto per sviluppare le architetture software che saranno alla base dell’auto di domani. Alcuni marchi, come Mercedes, introdurranno assistenti basati sull’intelligenza artificiale nei nuovi modelli, mentre Kia e altri già si sono affidati a ChatGpt.
Prezzi dell’energia: grande timore sulla questione del gas, condizionata dalla fine dell’accordo tra Russia e Ucraina sul gasdotto verso l’Europa. A Bruxelles mostrano tranquillità sulla capacità di garantire il flusso di metano e di riempire gli stoccaggi durante l’estate, ma autorità e analisti si attendono un aumento dei prezzi durante l’anno, che condizionerà anche il mercato dell’elettricità, legato a quello del gas. Tutti elementi che colpiranno soprattutto l’Europa e renderanno meno competitive le nostre aziende rispetto a quelle statunitensi e cinesi, mentre i cittadini avranno meno reddito a disposizione per i consumi, comprare casa o fare investimeni.
Difesa
Spese militari: il ritorno di Trump risveglia anche il (mai veramente sopito) richiamo degli Stati Uniti agli alleati Nato per la propria sicurezza. Nel 2014, con Obama alla Casa Bianca, si stabilì un obiettivo del 2% del Pil dedicato alle spese militari. Nel 2024 sono stati 23 i membri dell’Alleanza atlantica a superare questa soglia, decisamente un salto rispetto agli 11 del 2023. Tra chi resta al di sotto, spiccano l’Italia (con l’1,5%) e il Canada (intorno all’1,3%), mentre la Polonia viaggia verso il 5% in virtù dell’impegno a sostegno dell’Ucraina. Trump ha parlato di portare anche gli altri al 5%, ma come nel caso dei dazi è una sua tattica negoziale: partire da un numero alto per poi chiudere a una cifra (per lui) soddisfacente, che potrebbe assestarsi sopra al 3%, ovvero il livello raggiunto da Stati Uniti, Grecia e paesi baltici.
Industria della difesa europea: entro la fine di febbraio, il nuovo commissario europeo alla Difesa e allo Spazio, il lituano Andrius Kubilius, dovrà presentare il suo libro bianco, una specie di rapporto Draghi concentrato sull’industria militare. Dovrà affrontare le questioni relative alle capacità del settore, alla competitività e alle esigenze di investimento. Dovrà anche inquadrare l'approccio generale all'integrazione della difesa nell'Unione, con l'obiettivo di rafforzare la capacità di rispondere alle minacce, al momento decisamente insufficiente. Con lo smantellamento del settore automobilistico, lo sviluppo del comparto militare rappresenta una strada per mantenere i livelli di occupazione e garantire fondi per la ricerca industriale. L’impatto sull’opinione pubblica però non sarà altrettanto favorevole.
Droni, droni, droni: gli investimenti militari si concentreranno sulla produzione di UAV, velivoli senza pilota, e sulle armi in grado di abbatterli. L’esempio di Turchia e Iran, due medie potenze che grazie allo sviluppo di queste tecnologie hanno aumentato esponenzialmente la loro capacità di attacco e deterrenza, sarà seguito da molti altri paesi. Quanto accade sul campo in Ucraina, nel Mar Nero contro la flotta russa e nello stretto che divide la Cina e Taiwan dimostra come anche nelle operazioni navali il futuro è senza pilota. Sono strumenti economici, manovrabili con intelligenza artificiale e che garantiscono la protezione dei propri militari. Dall’altra parte, le contraeree dei paesi occidentali hanno assetti molto costosi pensati per abbattere missili e che vengono “sprecati” per colpire velivoli da poche migliaia di dollari (come nel caso dell’attacco iraniano contro Israele).
Armi ipersoniche: dall’altra parte dello spettro ci sono i missili ipersonici, che costano milioni (o decine di milioni) e possono viaggiare oltre Mach 5, cinque volte la velocità del suono, cioè oltre 6.174 km/h. Combinano (idealmente) alta velocità, manovrabilità e capacità di volo a bassa quota, rendendoli difficili da rilevare e intercettare dai sistemi di difesa tradizionali. La Russia è avanti in questo campo, con diversi sistemi, tra cui Avangard (veicolo di rientro basato su missili balistici intercontinentali), Zircon (per impiego navale), Kinzhal (aerolanciato), e Oreshnik. Questi ultimi due sono stati usati contro l’Ucraina, ma il primo è stato in più occasioni intercettato dai sistemi Patriot forniti dagli Stati Uniti, a dimostrazione che non si tratta di un’arma “impossibile da intercettare” come la definì Putin. Gli Stati Uniti sono indietro, con il progetto di Lrhw (Long range hypersonic weapon system) che dal 2023 è slittato al 2025. Il Pentagono ha chiesto al Congresso 6,9 miliardi di dollari di fondi per lo sviluppo di progetti ipersonici, in netto aumento rispetto ai 4,7 miliardi di due anni fa. La Cina invece è in fase avanzata di sviluppo e ha già sistemi operativi. L’India è sta sperimentando, mentre la Francia è in fase iniziale di sviluppo.
Gcap e caccia di nuova generazione: il Global Combat Air Programme (Gcap) è una collaborazione strategica tra Italia, Regno Unito e Giappone per sviluppare un sistema di difesa aerea di sesta generazione entro il 2035. A novembre il Parlamento italiano ha approvato la partecipazione a questo programma, sottolineandone l’importanza per la sicurezza nazionale e l’industria aerospaziale. All’air show di Farnborough i tre paesi hanno presentato un nuovo modello concettuale del caccia, al quale partecipano BAE Systems (Regno Unito), Leonardo (Italia) e Mitsubishi Heavy Industries (Giappone). I lead sub-system integrator sono Avio Aero (Italia), ELT (Italia), IHI (Giappone), Leonardo (Italia e UK), MBDA (Italia e UK), Mitsubishi Electric (Giappone) e Rolls-Royce (Regno Unito).
Gli Usa stanno sviluppando il Next Generation Air Dominance (Ngad), un caccia di sesta generazione destinato a sostituire l'F-22 Raptor a partire dal 2030, mentre Francia, Germania e Spagna collaborano al Future Combat Air System (Fcas), che però ha subito molti stop-and-go e non è ancora detto che sarà realizzato. Tutti questi sono considerati “sistemi di sistemi” e promettono di offrire stealth avanzato, integrazione dell'intelligenza artificiale e capacità di integrazione con droni.
La Cina, dopo aver copiato l’F35 americano (questa l’accusa dell’aviazione Usa, e a vedere le immagini si capisce perché) vuole superare le capacità occidentali con la prossima generazione. Non sarà facile visto che da due anni a questa parte subisce limitazioni sui chip più avanzati, anche se sta sviluppando una filiera Made in China anche in questo settore. La Russia dovrebbe sostituire il MiG-31 ma è molto indietro e al momento non ha progetti conosciuti in questo campo.
Tecnologia
Agi, intelligenza artificiale generale: il prossimo passo nell’evoluzione dell’AI. Non si sa bene come definirla né tantomeno quando sarà raggiunta. Più o meno si può dire avremo l’Agi quando un’intelligenza artificiale sarà in grado di fare tutto ciò che un essere umano può fare, così come lo sa fare un essere umano, compresi i meta-compiti come imparare a eseguire nuove attività. Ma per esempio sappiamo da documenti interni di OpenAi che l’Agi è considerata il momento in cui un sistema garantirà 100 miliardi di dollari di profitto. Un traguardo che l’azienda ha inserito nell’accordo con Microsoft per stabilire quando il loro sodalizio si potrà interrompere. Non sembra vicino visto che OpenAi prevede di perdere decine di miliardi prima di raggiungere il primo utile nel 2029. In barba alle definizioni, c’è chi crede che una delle grandi aziende attive in questo campo annuncerà di aver raggiunto l’Agi, anche solo per far vedere di essere arrivata prima. Ma secondo il premio Nobel 2024 Daron Acemoglu, nei prossimi anni solo il 5% dei posti di lavoro rischia di essere sostituito da sistemi di AI.
AI Factories: la Commissione europea punta nel 2025 alla creazione delle prime “fabbriche di intelligenza artificiale”, ecosistemi dinamici per la promozione di innovazione, collaborazione e sviluppo dell’IA. Ci sono sette consorzi ai quali partecipano 15 stati membri. L’Italia è uno dei centri selezionati, grazie al supercomputer Cineca e al Tecnopolo di Bologna, e aggregherà le iniziative di Austria e Slovenia.
Hpc: a proposito di Cineca, quest’anno si parlerà molto di High performance computing, o supercalcolo, sistemi di elaborazione in grado di garantire prestazioni nell’ordine dei petaFLOPS (unità che misura il numero di operazioni per secondo). Eni a novembre 2024 ha avviato Hpc6, che è subito entrato al 5° posto nella classifica mondiale, ed è primo in Europa. Un supercomputer che svolge fino a 606 milioni di miliardi di operazioni matematiche complesse al secondo, installato a Ferrera Erbognone in provincia di Pavia, servirà per ottimizzare l'operatività degli impianti industriali, migliorare l’accuratezza degli studi geologici e fluidodinamici per lo stoccaggio della CO2 e per sviluppare batterie più performanti. Verrà utilizzato anche nel campo dei biocarburanti, sviluppare materiali innovativi e per simulare il comportamento del plasma nella fusione a confinamento magnetico.
Quantum: il 2025 è l’Anno internazionale della scienza e della tecnologia quantistica (IYQ). Secondo le Nazioni Unite, che l’hanno istituita, questa iniziativa mondiale vedrà “attività a tutti i livelli volte ad aumentare la consapevolezza pubblica dell'importanza della scienza e delle applicazioni quantistiche”. Il 2025 è stato scelto perché sono 100 anni dallo sviluppo iniziale della meccanica quantistica (il termine è stato usato per la prima volta in un articolo scientifico del fisico tedesco Max Born nel 1925).
A poche ore dall'annuncio del nuovo chip quantistico Willow, Google ha guadagnato oltre 100 miliardi di dollari in capitalizzazione. Aziende e istituzioni si stanno rendendo conto della potenza di calcolo senza precedenti che i computer quantistici consentiranno di ottenere e il 2025 sarà l’anno in cui queste macchine usciranno dai laboratori e andranno nel “mondo reale”, ovvero nei data center e nelle reti avanzate. Proprio come ChatGpt ha fatto nascere la categoria degli ingegneri dei prompt, nel 2025 ci sarà molta domanda per nuovi ruoli, come gli ingegneri dell'ottimizzazione quantistica.
Sovranità AI: prosegue e si allarga il trend della sovranità tecnologica, dopo gli investimenti in infrastrutture cloud “locali” e le leggi sulla cybersecurity che individuano perimetri di sicurezza nazionali. L’enfasi nel 2025 sarà sull’intelligenza artificiale “sovrana”, anche se per paesi come l’Italia sarà difficile sviluppare LLM (modelli linguistici di grandi dimensioni) in grado di competere con ChatGpt di OpenAI, Copilot di Microsoft, Llama di Meta, Gemini di Google, Claude di Anthropic, Grok di X.Ai. Ma come nel caso del cloud, che oggi è dominato da una manciata di grandi soggetti soprattutto statunitensi, l’obiettivo sarà di integrare funzionalità e sicurezza su misura per i singoli ordinamenti.
Summit sull’IA: si svolgerà a Parigi il 10 e 11 febbraio e segue i due incontri di Bletchley Park (Regno Unito) e Seoul (Corea del Sud). Riunirà capi di Stato e di governo, leader di organizzazioni internazionali, dirigenti d'azienda, accademici, ong, artisti e rappresentanti della società civile. I temi principali saranno: promuovere un dialogo inclusivo sull'IA; sviluppare soluzioni pratiche e standard; l’IA per l'interesse pubblico; il futuro del lavoro; innovazione e cultura; tecnologia di cui ci si può fidare e governance globale. La Francia è uno dei pochi paesi europei a poter dire qualcosa nel settore, ma al summit si parlerà molto di princìpi e poco di business. Mentre negli Stati Uniti Trump e Musk sono pronti a stracciare l’ordine esecutivo di Biden sull’AI, dando briglia sciolta al settore, e in Cina i giganti tech lavorano sotto dettatura del partito comunista per sfidare il dominio americano nel settore grazie a sussidi miliardari, dalle nostre parti si continuerà a parlare soprattutto di regole, etica e patrimonio culturale.
TikTok: il 19 gennaio dovrebbe scattare il bando dell’app cinese negli Stati Uniti per motivi di sicurezza nazionale, a meno che ByteDance, la società che la possiede, non la ceda ad altri azionisti “graditi” all’amministrazione Usa. La Corte Suprema il 10 gennaio ascolterà le argomentazioni dell’azienda, secondo cui la vendita forzata o il divieto di operare violano il Primo emendamento e dunque la libertà di espressione dei suoi 170 milioni di utenti americani. Trump, che entrerà in carica il giorno dopo la “tagliola”, ha chiesto ai giudici di rinviare la decisione per permettere al suo governo di negoziare una soluzione. Cosa che al momento fa ben sperare gli azionisti di ByteDance, tra i quali c’è uno dei principali donatori della campagna Trump, Jeff Yass. (di Giorgio Rutelli)
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Iran, al Papa targa con riflessioni di Khamenei su Gesù
Consegnata da ambasciatore Teheran presso la Santa Sede
Papa Francesco ha ricevuto una targa con riflessioni su Gesù da parte della Guida suprema iraniana, l'Ayatollah Ali Khamenei. Secondo quanto rende noto l'agenzia di stampa Irna, la targa è stata consegnata al Pontefice dall'ambasciatore iraniano presso la Santa Sede, Mohammad Hossein Mokhtari, ricevuto nei giorni scorsi.
Cosa scrive Khamenei
''Se Gesù fosse tra noi oggi - scrive Khamenei - non esiterebbe un attimo a combattere i leader dell'oppressione e dell'arroganza globale. Non tollererebbe la fame e lo sfollamento di miliardi di persone spinte dalle potenze egemoniche verso la guerra, la corruzione e la violenza".
Partendo dal fatto che ''l'importanza di Gesù per i musulmani non è senza dubbio inferiore alla sua importanza e stima agli occhi dei devoti cristiani'', il testo sottolinea che ''questo grande profeta divino ha trascorso tutto il suo tempo tra il popolo in lotta per opporsi all'oppressione, all'aggressione e alla corruzione'' e ''a coloro che usavano la loro ricchezza e il loro potere per schiavizzare le nazioni e trascinarle nell'inferno di questo mondo e dell'aldilà''.
Nelle riflessioni di Khamenei è contenuto un invito ai ''cristiani e musulmani che credono in questo grande profeta devono rivolgersi ai suoi insegnamenti per stabilire un giusto ordine mondiale. Devono promuovere le virtù umane come sono state insegnate da questi maestri dell'umanità''. Quindi, prosegue il testo, ''per essere un seguace di Gesù Cristo bisogna sostenere la verità e rifiutare i poteri che vi si oppongono. Si spera che i cristiani e i musulmani in ogni angolo del mondo manterranno viva questa profonda lezione del profeta Gesù nelle loro vite e azioni'', auspica il leader iraniano.
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Charlie Hebdo a 10 anni dalla strage: “Non ci hanno...
Il 7 gennaio edizione speciale di 32 pagine. Imam Chalghoumi all'Adnkronos: "Sono e rimarrò sempre Charlie, la paura ci paralizza"
''Non hanno ucciso Charlie Hebdo''. Questo il messaggio dell'edizione speciale di 32 pagine che sarà in edicola, per due settimane, a partire da martedì 7 gennaio, a dieci anni dalla strage costata la vita a 12 persone nella redazione parigina della rivista satirica francese e rivendicata dall'Aqap, al-Qaeda nella Penisola Arabica. Quando i fratelli franco-algerini Chérif e Said Kouachi, 32 e 34 anni, spararono con i loro kalashnikov all'impazzata mentre era in corso la riunione di redazione, uccidendo ''12 giornalisti che avevano preso in giro l'Islam per vendicare il Profeta'' Maometto, come sostenne l'Isis, lo Stato islamico, che li definì due ''eroi jihadisti''.
I loro nomi erano nella "no fly list" americana, la lista nera in cui sono inseriti i sospetti terroristi a cui gli Stati Uniti vietano l'ingresso nel proprio territorio. Il minore dei due fratelli, Cherif, era stato in Siria, condannato a metà degli anni 2000 per crimini collegati al terrorismo, ulteriormente radicalizzato in carcere. I due erano sotto sorveglianza dell'intelligence francese fino al luglio del 2014, poi non più perché considerati ''a basso rischio''.
Uscendo della redazione, la mattina del 7 gennaio 2015, i due urlarono ''Abbiamo ucciso Charlie Hebdo!''. Furono poi uccisi loro, dalle teste di cuoio francesi in un blitz nel paesino di Dammartin en Goele, una cinquantina di chilometri a nord est da Parigi, dove si erano asserragliati in una tipografia tenendo in ostaggio il titolare. A 10 anni da allora, nonostante il trasferimento della sede della rivista in un luogo segreto e altamente protetto, il caporedattore della rivista, Gerard Biard, afferma che no, "non hanno ucciso Charlie Hebdo" e "noi vogliamo che duri mille anni". Fondato nel 1970 sulle ceneri della rivista Hara-Kiri, anarchico e anticlericale, Charlie Hebdo è stato oggetto di minacce jihadiste dopo la pubblicazione delle caricature del profeta Maometto nel 2006.
A perdere la vita durante l'assalto sono stati il direttore della rivista Stephane Charbonnier e i vignettisti Cabu, Honoré, Tignous e Georges Wolinski, la psichiatra e psicoanalista Elsa Cayat, l'economista e consigliere della Banca di Francia Bernard Maris e il correttore di bozze Mustapha Ourrad. Lo scorso ottobre 2024 è morto a 40 anni Simon Fieschi, il primo a essere colpito dai fratelli jihadisti e rimasto gravemente ferito alla colonna vertebrale. A quasi un mese dall'attacco, il 31 gennaio 2015, è stato invece ucciso nel raid di un drone americano sullo Yemen l'imam Harith al-Nazari, leader spirituale di al-Qaeda nella Penisola araba, tra i primi a rivendicare a nome di al-Qaeda, con un file audio, l'attacco contro la sede della rivista satirica.
Charlie Hebdo, uscito una settimana dopo l'attacco il 14 gennaio con una tiratura di 7 milioni di copie e in 16 lingue, sospese le pubblicazioni fino al 25 febbraio successivo. L'attentato fece emergere una solidarietà mondiale e diede origine al famoso slogan: "Je suis Charlie". L'11 gennaio quattro milioni di persone scesero in piazza in Francia a sostegno della rivista e della libertà di espressione, con numerosi capi di Stato e di governo presenti al corteo a Parigi.
Dieci anni dopo l'attentato
Dieci anni dopo, l'attentato "è una pagina di storia", ma c'è ancora un problema di "comunicazione", ha dichiarato il direttore editoriale di Charlie Hebdo, Riss, che vive ancora sotto scorta della polizia. ''Esiste un prima e un dopo Charlie'', sostiene Laurent Bihl, specialista in satira e docente alla Sorbona. ''La paura è evidente'', afferma in una intervista all'Afp citando la decapitazione, cinque anni dopo nel 2020, del docente di Storia Samuel Paty da parte di un estremista islamico ceceno per aver mostrato in aula una caricatura di Maometto. ''Oggi non è più un inasprimento della legge che porta all'autocensura dei vignettisti. La pressione viene dalla vendetta paventata sui social network e dalla minaccia terroristica, non solo in Francia'', spiega Bihl.
Ma Charlie Hebdo va avanti per la sua strada, non cambia linea come dimostra l'edizione speciale che sarà in edicola martedì e che conterrà vignette e caricature selezionate durante un concorso internazionale che si è concluso a metà dicembre intitolato 'Ridere di Dio'. L'obiettivo è quello di denunciare ''l'influenza di tutte le religioni'' sulla società, come ha spiegato la rivista.
Però dal 2015, dall'attentato a Charlie Hebdo, gli spazi di satira e libera espressione si sono man mano ridotti, invece di aprirsi. Il primo luglio del 2019, ad esempio, il New York Times ha deciso di non pubblicare più vignette satiriche. Restando in Francia, un anno prima, nel giugno del 2018, è stato chiuso Les Guignols de l'info, programma satirico sul canale privato francese Canal+. Eppure, ''la caricatura è un occhio sociale, il suo ruolo è combattere l’indifferenza'', sottolinea lo scrittore Bihl.
''Chi si oppone alle caricature non capisce che la cultura della risata prevede di ridere insieme al prossimo e non di lui'', aggiunge, affermando che ''al contrario la cultura del proibizionismo finisce per denunciare il prossimo in modo anonimo su Internet'', da lui definito ''il nostro inconscio collettivo''. Il docente riflette anche su altro ostacolo alla ''libertà di espressione'', ovvero ''un problema a livello economico, con i media che sono molto ricchi e ai quali non possiamo rispondere da pari a pari. I media satirici sono per la maggior parte molto fragili economicamente e questa è l'altra grande minaccia, prima ancora che terroristica, che grava sulle piccole testate".
Imam Chalghoumi all'Adnkronos: "Sono e rimarrò sempre Charlie, la paura ci paralizza"
''Sono e sarò sempre Charlie''. Così, a dieci anni dall'attentato. l'Imam Chalghoumi riprende il famoso slogan con cui l'opinione pubblica mondiale si schierò a sostegno delle 12 vittime e della libertà di espressione. ''Dieci anni dopo, il ricordo di questa tragedia rimane inciso nei nostri ricordi. Questi eventi, seguiti dagli attentati al Bataclan, a Nizza e altri, hanno traumatizzato profondamente la nostra società'', dice all'Adnkronos l'imam del comune di Drancy, già presidente della conferenza degli imam di Francia.
''E' triste notare che questa violenza ha lasciato parte della nostra società paralizzata dalla paura e dal terrore. E questo ci impedisce di andare avanti. Una società paralizzata non può progredire'', nota l'imam tunisino. Il cui appello è a una ''lotta comune, per proteggere la nostra libertà, i nostri valori e la nostra umanità''.
Promotore del dialogo interreligioso, costretto a vivere sotto scorta perché considerato un ''traditore'' dai fondamentalisti islamici, che lo definiscono ''l'imam degli ebrei'', Chalghoumi ritiene ''fondamentale comprendere che la lotta contro l'estremismo, contro l'islamismo radicale e contro l’odio verso gli altri deve diventare una priorità assoluta per tutti noi''. Naturalizzato francese, il religioso afferma che ''la nostra Repubblica garantisce la libertà di credere o di non credere e tutela i diritti e le libertà di ognuno. Ma va difesa anche contro chi cerca di imporre il terrore''. Insomma, insiste, ''ogni cittadino, in particolare i francesi di fede musulmana, devono prendere coscienza dell'importanza di questa lotta. All'arte dobbiamo rispondere con l'arte, alla critica con la critica, ma mai con la violenza, e ancor meno con il sangue''.
Lui stesso minacciato di morte innumerevoli volte da quando ha condannato la strage di Charlie Hebdo, Chalghoumi ritiene che ''gli attacchi commessi con armi o altri strumenti di terrore hanno un unico obiettivo: seminare paura e dividere la nostra società. Questa è la loro ideologia''. E oggi, ''dieci anni dopo, la lotta al terrorismo è ancora lunga, ma è necessaria. Questo non è solo il ruolo delle istituzioni o delle forze dell’ordine. E' una lotta che riguarda tutti noi: cittadini, educatori, religiosi e leader politici''. Un pensiero particolare viene rivolto al docente di storia decapitato nel 2020 da un estremista ceceno, ''a Samuel Paty, a questi insegnanti, uomini e donne, che sono in prima linea nell'educazione dei nostri figli. L'istruzione deve essere la nostra arma principale contro la radicalizzazione e l'odio''.
Infine, Chalghoumi afferma: ''Dobbiamo denunciare il ruolo dei discorsi vittimistici e conflittuali propagati da organizzazioni come il movimento dei Fratelli Musulmani e altre correnti dell'Islam politico. Queste ideologie hanno seminato odio nei cuori dei giovani nati in Europa, manipolandoli per attaccare i simboli della Repubblica e dell'Occidente. Ecco perché, dieci anni dopo, lo dico con forza: siamo tutti nella stessa lotta, per proteggere la nostra libertà, i nostri valori e la nostra umanità''.
Sport
Butler-Miami, è rottura: da Golden State a Phoenix Suns, il...
L'asso degli Heat è stato sospeso per cattiva condotta dalla sua franchigia. Adesso è ufficialmente sul mercato
La storia tra Jimmy Butler e Miami è ai titoli di coda. Gli Heat hanno annunciato in un comunicato ufficiale di aver sospeso la loro stella per sette partite, "per molteplici episodi di condotta dannosa per la squadra nel corso della stagione e in particolare nelle ultime settimane". Adesso, uno dei giocatori migliori dell’Nba è ufficialmente sul mercato perché - spiega la società - "con le sue azioni e dichiarazioni, ha dimostrato di non voler più far parte di questa squadra. Jimmy Butler e il suo rappresentante hanno indicato che desiderano essere scambiati, quindi ascolteremo le offerte".
Butler, addio a Miami
La cattiva condotta costerà a Jimmy Butler (in scadenza a fine stagione, ma con opzione per rinnovo) oltre 2 milioni di dollari di stipendio da versare agli Heat (ne percepisce circa 52 a stagione), ma la mossa lo porterà a diventare free agent dopo che Miami ha rifiutato di concedergli il rinnovo alle condizioni richieste. E così, la stella Nba potrà andar via prima del tempo e strappare un contratto migliore sul mercato. Sul 35enne non manca l’interesse e in questo senso per Miami la situazione è complicata perché la cessione dovrà avvenire entro il 6 febbraio, data di scadenza degli scambi stagionali. Pochi margini di negoziazione, dunque.
Il futuro di Jimmy Butler
Le squadre che prenderebbero Butler di corsa sono diverse, tutte con ambizioni importanti ma in un momento di difficoltà. Golden State, per esempio, che avrebbe giocatori interessanti da mettere sul tavolo come contropartita (Kuminga su tutti). E poi, gli Houston Rockets e i Phoenix Suns. Franchigie che potrebbero virare su Butler per puntare al titolo. In fondo, l’americano - a Miami dal 2019 - ha trascinato i suoi alle Finals nel 2019-20 e nel 2022-23. Sempre da protagonista. Particolare da non sottovalutare.