Omicidio Mattarella, giudice Balsamo: “Serve rilettura stagione mafia e terrorismo”
"Oggi i tempi sono maturi per costruire una memoria storica condivisa su quella stagione in cui la nostra Repubblica, colpita al cuore, seppe reagire coniugando il massimo impegno nella lotta alla mafia e al terrorismo con il convinto rispetto dei principi dello Stato di diritto. Una rilettura approfondita e complessiva di tutte queste vicende può essere finalmente capace di cogliere quei nessi che sfuggono ad una considerazione isolata dei singoli episodi". A dirlo all'Adnkronos è il giudice Antonio Balsamo, ex Presidente del Tribunale e oggi sostituto procuratore generale della Corte di Cassazione, commentando gli ultimi sviluppi sull'inchiesta sull'omicidio dell'ex presidente della Regione Siciliana Piersanti Mattarella, fratello maggiore del Presidente della Repubblica, Sergio Mattarella, ucciso il 6 gennaio 1980 davanti alla sua abitazione in via Libertà a Palermo, mentre andava a messa con i suoi familiari.
Nei giorni scorsi sono emersi sviluppi, a distanza di 45 anni dal delitto, sulla inchiesta coordinata dalla Procura di Palermo. Ci sarebbero due boss mafiosi nel registro degli indagati, accusati di essere i killer del Presidente Dc. Si tratta di due sicari di Cosa nostra, con un curriculum di delitti eccellenti, entrambi in carcere con più ergastoli da scontare. Il primo è Antonino Madonia, che oggi ha 72 anni e all'epoca ne aveva 28, e l'altro Giuseppe Lucchese, detto 'Lucchiseddu', oggi 67 anni, che all'epoca aveva 22 anni. Il primo avrebbe sparato a Mattarella, ferendo anche la moglie, Irma Chiazzese. Dopo i primi colpi sarebbe andato verso l'auto dove era il complice a prendere un'altra pistola con cui avrebbe sparato nuovamente, mentre il secondo sarebbe stato alla guida della Fiat 127 del commando, rubata il giorno prima, poi ritrovata abbandonata non lontana dal luogo del delitto.
"Per questo- dice il giudice Balsamo - è importante che al lavoro incessante della magistratura si accompagni un impegno altrettanto forte di tutte le istituzioni, per dare attuazione a quel 'diritto alla verità' che – come insegna la Corte europea dei diritti dell'uomo – appartiene non solo ai familiari delle vittime, ma anche all’intera collettività- spiega Balsamo - In questa prospettiva, è importante valorizzare la norma, inserita due anni fa nell’art. 4 bis dell’ordinamento penitenziario, che prevede che il giudice deve obbligatoriamente accertare 'la sussistenza di iniziative dell'interessato a favore delle vittime, sia nelle forme risarcitorie che in quelle della giustizia riparativa', prima di concedere i permessi premio e le misure alternative alla detenzione ai detenuti per reati di terrorismo e di mafia".
Poi, parlando della nuova inchiesta, Antonio Balsamo spiega: "E' del tutto apprezzabile la perseveranza della Procura di Palermo nel voler fare luce sull’omicidio di Piersanti Mattarella, uno degli eventi che hanno segnato drammaticamente la storia del nostro Paese, per la grande statura politica e istituzionale assunta da un Presidente della Regione Sicilia che era divenuto protagonista di un progetto di rinnovamento di amplissimo respiro".
"Quello di Piersanti Mattarella era un progetto capace di mobilitare le migliori energie della società civile e di infondere speranza nel futuro per l’intera comunità, costruendo un forte rapporto di fiducia con le maggiori autorità italiane ed europee: dal Presidente della Repubblica Sandro Pertini al Presidente della Commissione Europea Roy Jenkins", dice ancora Balsamo, giudice estensore della sentenza del processo sulla strage di Via D'Amelio, definita dal magistrato "uno dei più gravi depistaggi della storia giudiziaria italiana".
"Già due giorni dopo il delitto, Pio La Torre, in suo editoriale dal titolo 'Palermo come Roma', pubblicato su L’Unità parlava del barbaro assassinio del presidente della Regione siciliana come del 'delitto politico più grave dopo l’agguato di via Fani e l’uccisione dell’onorevole Aldo Moro' e richiamava l’attenzione sulla 'analogia politica impressionante' tra i due episodi- ricorda Balsamo all'Adnkronos - Sulla stessa linea si poneva un grande intellettuale come Leonardo Sciascia, che in una intervista pubblicata su Panorama il 21 gennaio 1980 rilevava le 'somiglianze impressionanti tra l’uccisione di Mattarella e quella di Moro'”.
E prosegue: "A proposito degli omicidi politici, nell’audizione del 3 novembre 1988 davanti alla Commissione Parlamentare Antimafia - desecretata trentuno anni dopo, nel dicembre 2019 - Giovanni Falcone spiegava: 'si tratta di omicidi di matrice mafiosa (…). Ma il movente (…) non è sicuramente mafioso e comunque non è esclusivamente mafioso'". Il giudice Balsamo sottolinea che "nel DNA della giustizia riparativa c’è l’impegno per realizzare pienamente il diritto alla verità, anche in quei casi in cui non è più possibile aprire un processo penale. Una delle prime, e più significative, esperienze in questo senso è stata quella promossa da Nelson Mandela quando doveva ridisegnare il futuro del suo paese, nel segno di un forte sostegno alle vittime delle più gravi violazioni dei diritti umani e ai loro familiari, consentendo un completo accertamento dei fatti che avevano segnato un’intera epoca storica".
"E’ questo il significato che hanno inteso attribuire alla nuova norma quelle organizzazioni rappresentative della società civile che hanno dato impulso alla sua introduzione, come la Fondazione Falcone- dice ancora Balsamo - Costruire un sistema di giustizia riparativa capace di dare voce al bisogno di verità di tutte le vittime della stagione del terrorismo mafioso è una sfida importante. Se non prenderemo un preciso impegno in questo senso, le preoccupazioni che hanno accompagnato la concessione di benefici penitenziari a persone che non hanno mai compiuto una scelta di collaborazione con la giustizia sono inevitabilmente destinate a crescere. L’intera città di Palermo non più vuole tornare a un passato che ha inferto ferite gravissime all’intera comunità. Il sogno di Piersanti Mattarella e di tanti altri eroi civili che hanno vissuto in questa città è oggi il sogno di tutti i cittadini". (di Elvira Terranova)
Attualità
Scholz ribadisce: “L’inviolabilità delle frontiere è...
BERLINO – In una dichiarazione inaspettata rilasciata presso la Cancelleria federale, il cancelliere tedesco Olaf Scholz ha riaffermato l’importanza dell’inviolabilità delle frontiere, definendola un principio fondamentale del diritto internazionale che “vale per tutti, indipendentemente dalle dimensioni o dal peso geopolitico di un Paese”.
Scholz ha rivelato di aver recentemente intrattenuto colloqui con diversi capi di Stato e di governo europei, con l’obiettivo di affrontare l’impatto delle dichiarazioni controverse provenienti dagli Stati Uniti. Senza menzionare direttamente il nome dell’ex presidente americano Donald Trump, il cancelliere ha fatto riferimento a esternazioni che, secondo lui, hanno sollevato preoccupazioni tra i partner europei. “Dalle discussioni è emersa una certa incomprensione per le affermazioni recenti,” ha dichiarato.
Ribadendo con fermezza la posizione tedesca, Scholz ha sottolineato che le frontiere “non possono essere modificate con la violenza”, un principio che, secondo il cancelliere, rappresenta una pietra angolare della pace e della stabilità in Europa e nel mondo. L’appello è stato chiaro: i partner europei devono restare uniti e coordinati nella difesa di questo valore condiviso. “La coesione tra i Paesi europei è fondamentale per affrontare sfide comuni e garantire che i principi fondamentali del diritto internazionale siano rispettati ovunque”, ha aggiunto.
La dichiarazione arriva in un momento delicato per le relazioni transatlantiche, segnato da tensioni legate a posizioni divergenti su temi di politica estera. L’unità tra gli Stati membri dell’Unione Europea viene vista come una risposta cruciale per rafforzare la credibilità del blocco nel panorama geopolitico globale.
Un appello all’unità europea
Scholz ha inoltre evidenziato l’importanza di una risposta coordinata alle provocazioni che potrebbero minare la stabilità internazionale. “Non si tratta solo di proteggere le frontiere fisiche, ma di difendere un ordine internazionale basato su regole condivise,” ha affermato il cancelliere.
Il riferimento implicito alle tensioni alimentate da dichiarazioni provenienti dagli Stati Uniti, un partner storico dell’Europa, segnala una crescente necessità per i leader europei di definire una posizione autonoma e coesa. Scholz non ha fornito ulteriori dettagli sui contenuti delle conversazioni avute con i suoi omologhi, ma ha ribadito che “il confronto è stato costruttivo e orientato a rafforzare la cooperazione.”
L’eredità del principio di inviolabilità
Il principio dell’inviolabilità delle frontiere ha radici profonde nel diritto internazionale ed è stato riaffermato in numerose occasioni dopo la Seconda guerra mondiale. Esso rappresenta una delle basi fondamentali del sistema di sicurezza collettiva europeo, come sancito anche dagli accordi di Helsinki del 1975.
Scholz ha concluso il suo intervento ricordando che ogni violazione di tale principio rappresenta una minaccia non solo per il Paese coinvolto, ma per l’intera comunità internazionale. “Dobbiamo continuare a lavorare insieme per garantire che il rispetto delle frontiere e del diritto internazionale rimanga al centro delle nostre azioni collettive,” ha sottolineato.
La posizione del cancelliere tedesco si inserisce in un contesto più ampio di ridefinizione delle alleanze globali, in cui l’Europa si trova sempre più spesso a dover bilanciare il rapporto con gli Stati Uniti e la propria autonomia strategica. Restano da vedere gli sviluppi futuri, ma il messaggio di Scholz è chiaro: l’Europa non può permettersi divisioni interne su questioni di principio fondamentali.
Politica
Il leader siriano Ahmed al-Sharaa atteso in Turchia per un...
Secondo quanto riportato dal quotidiano turco Yeni Safak, il nuovo leader della Siria, Ahmed al-Sharaa, conosciuto con il nome di battaglia Abu Mohamed Jolani, è in procinto di compiere la sua prima visita ufficiale all’estero dopo la caduta del regime di Bashar al-Assad. Al centro di questo viaggio, previsto in Turchia, ci sarebbe un incontro con il presidente turco Recep Tayyip Erdogan.
Un evento simbolico nella transizione siriana
La visita rappresenta un passaggio altamente simbolico nel contesto della complessa transizione politica che sta attraversando la Siria. Ahmed al-Sharaa, figura di spicco nella nuova leadership post-Assad, è atteso ad Ankara in un momento di delicati equilibri diplomatici nella regione. Sebbene non sia stata ancora comunicata una data precisa per l’incontro, fonti vicine all’ambiente politico turco hanno confermato che il viaggio avrebbe già dovuto svolgersi nei giorni scorsi, ma è stato posticipato per ragioni non specificate.
Turchia e Siria: un rapporto cruciale
Il ruolo della Turchia nella crisi siriana è stato centrale fin dall’inizio del conflitto. Ankara ha sostenuto attivamente le opposizioni al regime di Assad e ha ospitato milioni di rifugiati siriani, diventando un attore chiave nella gestione della crisi umanitaria e delle dinamiche geopolitiche dell’area. Questo primo incontro tra Erdogan e al-Sharaa potrebbe rappresentare un momento decisivo per delineare le future relazioni tra i due Paesi, con implicazioni non solo bilaterali ma anche regionali.
Le incognite del nuovo corso
La figura di Ahmed al-Sharaa rimane complessa e divisiva. Conosciuto precedentemente come Abu Mohamed Jolani, è stato per anni associato a movimenti armati attivi nel conflitto siriano. La sua transizione verso un ruolo di leadership politica solleva interrogativi sul futuro della Siria e sulle sue relazioni internazionali. Tuttavia, la sua scelta di recarsi in Turchia per il primo viaggio ufficiale appare come un segnale chiaro dell’importanza attribuita da Damasco ad Ankara in questa fase di ricostruzione e stabilizzazione.
Questo incontro, qualora confermato, segnerà una tappa fondamentale nel ridefinire il panorama politico mediorientale. La Turchia, con la sua posizione strategica e il suo peso politico, potrebbe giocare un ruolo determinante nel plasmare il futuro della Siria post-Assad, mentre Ahmed al-Sharaa cerca di consolidare la propria legittimità internazionale. Gli osservatori rimangono in attesa di ulteriori dettagli sulla visita, che potrebbe aprire nuovi scenari diplomatici in un’area storicamente caratterizzata da profonde tensioni.
Politica
Riforma della Giustizia: Nordio blinda la separazione delle...
In un contesto di tensioni interne alla maggioranza, il ministro della Giustizia Carlo Nordio ha ribadito con fermezza l’importanza di garantire un iter solido per la riforma costituzionale che punta alla separazione delle carriere dei magistrati. L’incontro tenutosi a Palazzo Chigi nella mattinata di oggi ha avuto l’obiettivo di ricomporre le divergenze emerse tra le forze politiche coinvolte, assicurando la coesione necessaria per portare avanti una delle riforme considerate fondamentali dall’attuale governo.
“Questa mattina sono stati presentati emendamenti da una forza della maggioranza al testo della legge costituzionale”, ha dichiarato Nordio lasciando Palazzo Chigi. Il riferimento va a modifiche avanzate da Forza Italia che rischiavano di rallentare l’iter legislativo. “Abbiamo raggiunto un accordo: questi emendamenti saranno gestiti in un altro modo”, ha aggiunto il ministro, sottolineando che ogni modifica avrebbe potuto compromettere i tempi della riforma, definita come “la madre di tutte le riforme”.
Una priorità trentennale
Nordio, noto per aver sostenuto a lungo la necessità della separazione delle carriere tra magistratura inquirente e giudicante, ha dichiarato che questa battaglia rappresenta una priorità assoluta nel suo mandato. “Sono trent’anni che mi batto per questa riforma, e attualmente la mia principale preoccupazione è portare avanti questa legge costituzionale”, ha sottolineato.
L’inizio della discussione parlamentare è previsto per le 16.30, un appuntamento che segna un momento cruciale per l’avanzamento della riforma. Nordio ha rimarcato la necessità di blindare il provvedimento per evitare ulteriori rinvii che ne potrebbero compromettere la fattibilità nel breve termine.
Il caso Abedini sullo sfondo
Interrogato sulla questione di Mohammad Abedini Najafabadi, ingegnere iraniano al centro di un procedimento giudiziario che coinvolge anche la richiesta di estradizione da parte degli Stati Uniti, Nordio ha preso le distanze dal tema. “In questo momento, non sto riflettendo su questa vicenda. La mia mente è tutta occupata dalla riforma costituzionale”, ha dichiarato il ministro, ribadendo che la valutazione dell’estradizione segue parametri strettamente giuridici previsti dal trattato bilaterale con gli Stati Uniti.
La richiesta di domiciliari per Abedini, avanzata dal legale del cittadino iraniano, resta nelle mani della Corte d’Appello di Milano, che dovrà decidere in merito. Tuttavia, Nordio ha scelto di non commentare ulteriormente, concentrando l’attenzione sulla necessità di portare a compimento la riforma della separazione delle carriere.
La posta in gioco
La separazione delle carriere è un tema di lungo corso nel panorama politico e giuridico italiano, spesso oggetto di dibattiti accesi per il suo impatto sull’indipendenza della magistratura e sull’equilibrio dei poteri. La riforma proposta mira a garantire una maggiore chiarezza nei ruoli e nelle responsabilità dei magistrati, separando nettamente le funzioni inquirenti da quelle giudicanti.
L’accordo raggiunto all’interno della maggioranza rappresenta un passo importante per assicurare la coesione politica necessaria all’approvazione del provvedimento. Tuttavia, restano da vedere le reazioni delle opposizioni e il grado di consenso che la riforma riuscirà a raccogliere durante il percorso parlamentare.
Con questa riforma, il governo punta a lasciare un segno duraturo nella struttura del sistema giudiziario italiano, un obiettivo che Nordio considera una missione personale e politica di primaria importanza.