Trump: “Se Hamas non rilascia ostaggi prima del mio insediamento succederà l’inferno”
Il tycoon in conferenza stampa: "Non escludo l'uso della forza per Panama e Groenlandia". La replica del Canada: "Non soccomberemo a sue minacce, mai negli Usa"
Se gli ostaggi prigionieri di Hamas non saranno rilasciati prima del 20 gennaio, giorno dell'insediamento di Donald Trump alla Casa Bianca, "succederà l'inferno in Medio Oriente". Lo ha detto in conferenza stampa oggi a Mar-a-Lago lo stesso Trump che ha avvertito: "Non sarebbe bene per Hamas e non sarebbe bene, francamente, per nessuno. L'inferno scoppierà, non voglio dire di più ma è questo". Il tycoon ha aggiunto che il 7 ottobre "non ci sarebbe mai dovuto essere".
"Noi abbiamo sconfitto l'Is, non abbiamo avuto guerre. Ora eredito un mondo in fiamme con la Russia, Ucraina e Israele", ha scandito, parlando del "fiasco" di Joe Biden nella gestione della politica internazionale.
"Non escludo uso della forza per Panama e Groenlandia"
Poi il capitolo Panama e Groenlandia. Trump si rifiuta di escludere l'uso di forza militare e misure economiche per portare il canale di Panama e la Groenlandia sotto il controllo degli Usa. "Non posso assicurarlo per nessuna delle due cose", ha detto rispondendo a un giornalista che gli chiedeva se escludeva "la forza militare o la coercizione economica".
"Abbiamo bisogno di sicurezza economica, il canale di Panama è stato costruito dai militari, non mi impegno ora a fare questo, potrebbe essere quello che dovremmo fare", ha aggiunto sottolineando che il canale di Panama "è vitale per il nostro Paese, ora è gestito dalla Cina, noi abbiamo dato il canale a Panama non alla Cina, e loro ne hanno abusato".
Riguardo alla Groenlandia, Trump ha ribadito che gli Usa devono ottenerne il controllo per motivi di "sicurezza nazionale", affermando che là "nessuno sa se la Danimarca ha un diritto legale" e facendo riferimento al fatto che la popolazione dell'isola potrà "decidere sull'indipendenza".
"Cambierò il nome di Golfo del Messico in Golfo di America"
Ancora, ha annunciato l'intenzione di "cambiare il nome del Golfo del Messico", ribadendo le minacce di consistenti dazi contro il Messico e il Canada se questi non bloccheranno il flusso dei migranti. "Noi cambieremo il nome del Golfo del Messico in Golfo d'America, un bellissimo nome, appropriato", ha dichiarato.
Ucraina-Russia
Il presidente eletto ha affermato di "poter capire" perché la Russia non vuole che l'Ucraina entri nella Nato, incolpando Joe Biden per lo scoppio del conflitto. “La Russia per molti anni ha detto che non si sarebbe mai potuto avere un coinvolgimento della Nato con l'Ucraina. Questo è stato come scritto nella pietra. E Biden ha detto che no, dovrebbero poter entrare nella Nato - ha continuato Trump nel suo discorso da Mar-a-Lago - Allora la Russia ha qualcuno proprio sulla soglia di casa. Potrei capire i loro sentimenti al riguardo”.
"Quando ho sentito il modo in cui Biden stava negoziando, gli ho detto: 'finirai in una guerra' e così è stato - ha proseguito il tycoon - Ma potrebbe esserci un'escalation che renderà la guerra molto peggio di come è adesso". "Io sono convinto ci fosse un accordo che Biden ha fatto saltare, e quell'accordo era soddisfacente per l'Ucraina e per tutti gli altri. Ma Biden ha detto 'no, l'Ucraina deve essere parte della Nato'", ha scandito ancora.
Spese Nato
Il tycoon ha confermato che intende chiedere agli alleati della Nato di aumentare fino al 5% del Pil la spesa militare: "Tutti possono permetterselo, ma devono portare la spesa militare al 5% non al 2% del Pil".
"Meloni voleva vedermi"
In conferenza stampa il presidente eletto ha fatto anche riferimento alla visita di sabato di Georgia Meloni a Mar-a-Lago. "Questa sarà l'età d'oro dell'America, avremo di nuovo un grande Paese, al momento abbiamo un Paese sotto assedio, nessuno ci rispetta all'estero, ma ora lo fanno, la premier italiana sapete è venuta qui la notte scorsa, ha fatto toccata e fuga, voleva vedermi", ha detto Trump, che ha poi ricordato "il grande rispetto" che gli è stato mostrato "quando sono andato alla cattedrale", riferendosi alla sua partecipazione alla cerimonia di riapertura di Notre Dame a Parigi.
Giustizia
Trump in conferenza stampa è tornato ad attaccare il procuratore speciale che ha indagato su di lui e l'ha incriminato dei due casi che sono stati poi ritirati dopo la sua vittoria elettorale. "Ho sconfitto il pazzo Jack Smith, è una persona pazza, immagino che se ne sta tornando all'Aja. E abbiamo vinto questi processi", ha affermato il presidente eletto che si è scagliato poi contro "l'utilizzo politico della giustizia" che l'amministrazione democratica starebbe facendo contro di lui fino all'ultimo. E non ha mancato di attaccare la stampa: "I giornali hanno fatto un gran rumore su questi casi, ma io non avevo fatto nulla di sbagliato".
Canada risponde: "Non soccomberemo a minacce"
Il Canada "non soccomberà alle minacce di Trump". Così il ministro degli Esteri canadese Melanie Joly ha risposto alle parole del presidente eletto degli Stati Uniti di imporre dazi. "Non faremo mai marcia indietro di fronte alle minacce", ha dichiarato il capo della diplomazia canadese, affermando che i commenti di Trump dimostrano ''una totale mancanza di comprensione della forza del Canada''.
''Non c'è la minima possibilità che il Canada diventi parte degli Stati Uniti'', ha poi aggiunto il primo ministro canadese Justin Trudeau, rispondendo al presidente. ''I lavoratori e le comunità di entrambi i nostri Paesi traggono vantaggio dall'essere reciprocamente il più grande partner commerciale e di sicurezza'', ha affermato Trudeau.
Esteri
Da Sgrena a Sala, da Pari e Torretta a Mastrogiacomo: tutti...
Fondamentale il lavoro di intelligence e di diplomazia
Lavoro di intelligence e di diplomazia. Tanti gli italiani trattenuti all'estero e riportati a casa negli ultimi anni. Non ci sono solo gli arresti, come nella vicenda di Cecilia Sala, o la "politica degli ostaggi" di cui è accusato l'Iran, ma tra i casi che tornano alla mente ci sono quelli di sequestri come per le volontarie Simona Pari e Simona Torretta, rapite nel settembre del 2004 a Baghdad e liberate 21 giorni dopo il sequestro. Nella stessa capitale irachena, nel febbraio di dieci anni fa, viene rapita da un'organizzazione della Jihad Islamica la giornalista Giuliana Sgrena. La sua liberazione avviene il 4 marzo, ad opera del Sismi, ma si conclude tragicamente durante il trasferimento all'aeroporto della capitale irachena, quando a un posto di blocco viene raggiunta da un raffica di colpi sparati da militari americani l'auto con a bordo l'inviata e il dirigente dei servizi di sicurezza italiani Nicola Calipari, morto sul colpo nel tentativo di proteggere la Sgrena col suo corpo.
Nel marzo del 2007 viene rapito in Afghanistan il giornalista Daniele Mastrogiacomo, liberato 15 giorni dopo il sequestro. Nell'aprile 2013 viene rapito in Siria il giornalista Domenico Quirico insieme al belga Pierre Piccinin. Assieme vengono liberati a inizio settembre. E' sempre nel nord della Siria che nell'estate del 2014 vengono rapite le cooperanti Greta Ramelli e Vanessa Marzullo, rilasciate poi nel gennaio successivo. Nell'ottobre del 2015 viene rapito nel sud delle Filippine Rolando Del Torchio, ex sacerdote e imprenditore liberato poi nell'aprile del 2016.
Tra aprile e maggio 2019 vengono liberati Sergio Zanotti e Alessandro Sandrini, rapiti in Turchia e portati in Siria. Entrambi tornano liberi a tre anni dal sequestro. Nel marzo del 2020 tornano in libertà in Mali Luca Tacchetto e la compagna canadese Edith Bias, rapiti in Burkina Faso nel dicembre del 2018. Nell'ottobre del 2020 viene rilasciato Padre Pier Luigi Maccalli, sacerdote rapito nel settembre del 2018 a 150 chilometri dalla capitale del Niger, Niamey. Viene rilasciato insieme al turista Nicola Chiacchio, rapito in Mali nel febbraio del 2019.
Nel maggio del 2020 torna in libertà in Somalia la volontaria Silvia Romano, dopo essere stata sequestrata nel novembre di due anni prima in Kenya. Nel febbraio dello scorso anno vengono liberati Rocco Langone, la moglie Maria Donata Caivano e il figlio Giovanni rapiti nella regione del Sahel il 19 maggio 2022.
Nel 2022 anche l'arresto di Alessia Piperno, viaggiatrice per passione fermata a Teheran il 28 settembre e rilasciata il 10 novembre dello stesso anno. Venne rinchiusa nel terrificante carcere di Evin, come Cecilia Sala e durante il periodo della sua detenzione scoppiò un incendio nel carcere, probabilmente innescato da una rivolta, che causò la morte di diversi detenuti.
Esteri
Cecilia Sala libera, la nobel Mohammadi: “Giornalisti...
"Il regime religioso autoritario mette a repentaglio la libertà di espressione"
"La notizia dell'arresto, dell'isolamento e del rilascio della giornalista italiana Cecilia Sala evidenzia ancora una volta la realtà che giornalisti, reporter e professionisti dei media in Iran sono costantemente sotto pressione e a rischio di arresto, reclusione e tortura". Così la premio Nobel per la pace iraniana, Narges Mohammadi, in carcere dal novembre 2021 e rilasciata temporaneamente a inizio dicembre per motivi medici, commenta all'Adnkronos la notizia della scarcerazione di Sala, attesa a breve in Italia. Mohammadi è stata rinchiusa per anni a Evin, la stessa prigione dove era tenuta la giornalista italiana.
"Ciò evidenzia come il regime religioso autoritario metta a repentaglio la libertà di espressione", aggiunge Mohammadi, raggiunta dall'Adnkronos tramite il marito, il giornalista e scrittore Taghi Rahmani. Quest'ultimo sostiene che l'arresto di cittadini stranieri sia "un metodo usato ripetutamente dal regime iraniano quando vogliono ottenere il rilascio dei loro prigionieri. È la loro forma di diplomazia".
Nel caso di Cecilia Sala, prosegue Rahmani, le autorità puntavano a "scambiare la giovane giornalista con il loro prigioniero in Italia, il signor Abedini. È così che funziona il loro sistema".
Rahmani definisce gli arresti come quello di Sala "una violazione della legge" dal momento che "tenere in ostaggio un cittadino straniero va contro il diritto internazionale dei diritti umani, eppure questo continua a verificarsi in Iran".
"Quando qualcuno viene arrestato, dovrebbe essere sottoposto a un giusto processo - conclude - Ma il regime iraniano ignora i suoi obblighi ai sensi del diritto internazionale".
Esteri
Cecilia Sala libera, quando i fatti pesano più delle...
Il ritorno a casa della giornalista italiana detenuta in Iran era l'unico obiettivo possibile
La liberazione di Cecilia Sala, dopo venti giorni di detenzione in Iran, è una notizia che riporta il sereno in una vicenda che aveva preso una pessima piega. La giornalista del Foglio e di Chora Media è finita in un complicato intreccio internazionale, utilizzata come arma di ritorsione dopo l'arresto in Italia, su richiesta degli Stati Uniti, dell'ingegnere iraniano Mohammad Abedini Najafabadi.
Le prossime ore, e i prossimi giorni, aiuteranno a capire quale siano stati gli accordi presi per arrivare alla svolta di oggi, e quali saranno le conseguenze che ne deriveranno, ma c'è un elemento che è già chiaro: la sequenza dei fatti di queste settimane pesa più di qualsiasi opinione. Si possono discutere le scelte strategiche, le modalità e le procedure che sono state adottate, ma non ci sono dubbi sul risultato finale. La premier Giorgia Meloni, il suo governo, i servizi segreti italiani e la macchina diplomatica che è stata attivata sono riusciti a centrare l'unico obiettivo possibile: riportare a casa, più rapidamente possibile, la giornalista.
Il passaggio chiave è stato evidentemente il viaggio lampo di Meloni in Florida, a Mar a Lago, per incontrare Donald Trump. E' servito a creare le condizioni per un sostanziale via libera alla trattativa con Teheran e a rendere ancora più forte l'asse tra Roma e Washington, a pochi giorni dall'insediamento alla Casa Bianca del nuovo Presidente degli Stati Uniti. Un contatto diretto, faccia a faccia, ritenuto indispensabile per sbloccare una situazione complicata dalla richiesta di estradizione di Abedini e dalle decisioni ritenute necessarie per convincere l'Iran a liberare Sala.
Ci saranno delle conseguenze? Gli Stati Uniti avranno un credito da spendere con l'Italia? Tutto lascia presumere di sì. Quale peso hanno avuto le indiscrezioni sul contratto con Starlink, smentite dal governo almeno nella dimensione di causa ed effetto con l'affaire Sala, e il rapporto con Elon Musk? Andranno verificate e ponderate le prossime mosse, soprattutto in una chiave strategica di più ampio respiro. Ma oggi c'è un innegabile e tangibile risultato da rivendicare: Cecilia Sala è tornata libera grazie al lavoro fatto, su tutti i tavoli disponibili, da chi poteva e doveva farlo: Giorgia Meloni e tutte le altre personalità istituzionali coinvolte. (Di Fabio Insenga)