Cecilia Sala liberata dopo 20 giorni, tutte le tappe della vicenda
La giornalista era detenuta in Iran dal 19 dicembre
Torna in Italia Cecilia Sala: la giornalista è stata liberata dopo 20 giorni di reclusione nel famigerato carcere iraniano di Evin, in cui si trovano anche i detenuti per reati politici. Il suo arresto risale al 19 dicembre, come venne comunicato dalla Farnesina otto giorni più tardi.
E' il 27 dicembre, infatti, quando il caso della giornalista del Foglio e di Chora Media, che si trovava in Iran dal 12 dicembre con regolare visto giornalistico, diventa di dominio pubblico. Quello stesso giorno l'ambasciatrice d'Italia a Teheran, Paola Amadei, effettua una visita consolare per verificare le condizioni della reporter, che si trovava in isolamento.
Il collegamento con l'iraniano Abedini
Quella visita rappresenta l'inizio di un intenso lavoro del governo italiano, che si spende a ogni livello per la liberazione di Sala, detenuta in un carcere dove torture fisiche e psicologiche e abusi sono all'ordine del giorno.
Il caso della giornalista viene immediatamente collegato dalla stampa italiana a quello di Mohammad Abedini Najafabadi, cittadino iraniano fermato il 16 dicembre - tre giorni quindi prima dell'arresto di Sala a Teheran - all'aeroporto di Malpensa dalla Digos su richiesta degli Stati Uniti che ne vogliono l'estradizione. Abedini, che si trova ancora in carcere in Italia, è accusato di aver contrabbandato componenti di droni a favore dei Guardiani della Rivoluzione.
Le accuse
Il 30 dicembre vengono formalizzate le accuse contro Sala. L'Ershad, il ministero della Cultura iraniano che si occupa dei media, spiega genericamente che la giornalista ha violato "le leggi della Repubblica islamica".
A inizio anno, il 2 gennaio, la Farnesina convoca l'ambasciatore iraniano a Roma, Mohammad Reza Sabouri. Nelle ore successive la madre di Sala, Elisabetta Vernoni, incontra a Palazzo Chigi Giorgia Meloni. Il caso è al centro di un vertice che vede al tavolo la premier, i ministri Antonio Tajani e Carlo Nordio, il sottosegretario alla presidenza del Consiglio, Alfredo Mantovano e i servizi di intelligence.
Il 3 gennaio l'ambasciatrice Amadei viene convocata dal ministero degli Esteri iraniano, che per voce del direttore generale per l'Europa, Majid Nili Ahmadabadi, critica l'arresto di Abedini definendolo "un atto illegale, che danneggia i rapporti" tra Roma e Teheran.
Il silenzio stampa
La questione, sulla quale i genitori di Sala chiedono il silenzio stampa, assume una dimensione internazionale con il viaggio di Giorgia Meloni a Mar-a-Lago per incontrare il presidente eletto, Donald Trump. Fonti informate spiegano infatti all'Adnkronos che sarebbe stato proprio il caso di Cecilia Sala "il vero motore" della visita lampo in Florida.
Negli ultimi giorni si assiste a un cambio di linea del governo iraniano, mentre secondo la stampa italiana sembrano migliorare le condizioni di detenzione di Sala, che non sarebbe più in isolamento. Il 6 gennaio il portavoce del ministero degli Esteri di Teheran, Esmail Baghaei, sostiene che l'arresto della giornalista non abbia nulla a che fare con quello di Abedini.
Concetto ribadito con ancora più convinzione ieri dalla portavoce del governo iraniano, Fatemeh Mohajerani, la quale durante un punto stampa esclude un nesso tra le due vicende, spiegando che "non è in alcun modo una ritorsione" e auspicando che "la questione della giornalista venga risolta rapidamente".
Esteri
Emergenza incendi a Los Angeles, evacuata Hollywood: Biden...
Il presidente cancella il viaggio in Italia. Almeno 5 le vittime
Joe Biden, presidente degli Stati Uniti, cancella il viaggio in Italia per l'emergenza legata agli incendi che stanno devastando l'area di Los Angeles e che hanno provocato 5 morti.
"Dopo essere tornato da Los Angeles, dove ha incontrato la polizia, i vigili del fuoco e il personale di emergenza che combatte gli incendi senza precedenti che devastano la zona, e dopo aver varato una dichiarazione di grave calamità per la California, il presidente Biden ha preso la decisione di annullare il suo prossimo viaggio in Italia per rimanere concentrato sulla direzione della piena risposta federale nei prossimi giorni", ha annunciato la portavoce della Casa Bianca Karine Jean-Pierre.
Biden sarebbe dovuto partire in queste ore. A Roma avrebbe incontrato Papa Francesco, il presidente della Repubblica Sergio Mattarella e la presidente del Consiglio Giorgia Meloni.
7.500 vigili del fuoco impiegati contro incendi
Sono circa 7.500 i vigili del fuoco impegnati per domare le fiamme che stanno devastando l'area di Los Angeles. Lo ha reso noto su X il governatore della California Gavin Newsom, precisando che il personale impiegato contro gli incendi, che hanno ucciso finora 5 persone, proviene dal bacino locale che da altre area degli Stati Uniti.
Le fiamme ora minacciano il distretto di Hollywood, i cui residenti hanno ricevuto l'ordine di evacuare. È stata ordinata l'evacuazione della zona mentre ieri sera le fiamme hanno cominciato a divorare le colline, a poche centinaia di metri dall'Hollywood Boulevard e dal famoso Teatro Cinese.
Un altro incendio è scoppiato in serata anche nel vicino quartiere di Studio City, preoccupando le autorità. Circa 1.500 edifici sono stati distrutti e più di 100.000 abitanti sono stati costretti a fuggire di fronte alle fiamme.
Le autorità temono di scoprire altre vittime. Los Angeles è stata spazzata da “venti della forza di un uragano combinati con condizioni di estrema siccità”, ha dichiarato il sindaco Karen Bass durante una conferenza stampa, spiegando in questo modo la causa degli incendi.
Esteri
Ucraina, Zelensky e Biden a Roma: la Svizzera si offre di...
Il presidente ucraino vuole assicurarsi il continuo sostegno internazionale al suo Paese, mentre si continua a combattere sul fronte orientale e nel Kursk
Volodymyr Zelensky è atteso a Roma domani per colloqui con il presidente americano uscente Joe Biden, in visita in Italia nei prossimi giorni, e con la presidente del Consiglio Giorgia Meloni. Per Biden sarà l'ultima visita europea prima del passaggio di consegne, l'insediamento di Donald Trump alla Casa Bianca è il prossimo 20 gennaio. Per Zelensky l'occasione di tornare a chiedere l'appoggio della comunità internazionale al Paese, invaso dalla Russia il 24 febbraio 2022, dove si continua a combattere.
L'ipotesi di una mediazione svizzera
Di possibile negoziato Zelensky ha parlato martedì con la presidente della Confederazione svizzera, Karin Keller Sutter, che ha comunicato al presidente ucraino la sua disponibilità a mediare nel conflitto. "Gli ho assicurato il continuo sostegno della Svizzera all'Ucraina, in particolare attraverso i nostri numerosi progetti umanitari e di ricostruzione a lungo termine, nonché la nostra disponibilità a contribuire al processo di pace attraverso i buoni uffici della Svizzera", ha scritto su X. "È importante continuare a lavorare insieme per raggiungere una pace giusta e duratura", ha affermato Zelensky.
La situazione al fronte
Kiev ha annunciato mercoledì che le sue forze hanno colpito un deposito petrolifero utilizzato dall'aeronautica di Mosca e situato in territorio russo a centinaia di chilometri dal confine fra i paesi in guerra. "Le forze di difesa ucraine hanno colpito il deposito petrolifero russo a Engels" nella regione di Saratov, ha dichiarato lo stato maggiore ucraino in una nota sui social media, aggiungendo che "questo deposito petrolifero forniva carburante all'aeroporto militare Engels-2, dove si trovavano gli aerei strategici nemici".
Domenica Kiev ha sferrato una controffensiva nella regione russa di Kursk, con feroci combattimenti. Mosca ha dichiarato di aver risposto all'attacco con l'artiglieria e l'aviazione e ha affermato che le truppe russe hanno sventato un tentativo di sfondamento da parte dell'Ucraina. Per Volodymyr Zelensky l'operazione Kursk, lanciata con un'incursione in agosto, ha per obiettivo la creazione di una zona cuscinetto che impedisce alle forze russe di essere dispiegate in aree chiave del fronte nell'Ucraina orientale.
Esteri
Biden e la vittoria di Trump: “Presuntuoso dirlo, ma...
Il Presidente però ammette: "Non pensavo di governare a 85, 86 anni, per questo ho parlato di cedere il testimone"
Joe Biden rivendica che avrebbe potuto battere Donald Trump se fosse rimasto lui in corsa per la Casa Bianca, senza cedere il passo a Kamala Harris poi sconfitta a novembre. "E' presuntuoso dirlo, ma credo di sì", ha risposto l'82enne presidente, in un intervista a Usa Today, a chi gli chiedeva se crede che avrebbe vinto.
Ma poi ha aggiunto di "non sapere" se avrebbe avuto la forza di governare per altri quattro anni: "Chi diavolo può saperlo? - ha affermato - finora va tutto bene, ma chi può sapere come starò quando avrò 86 anni". "Quando Trump era candidato alla rielezione, io veramente pensavo di avere le migliori possibilità di batterlo - ha aggiunto parlando delle elezioni vinte nel 2020 - ma anche non pensavo di essere presidente a 85, 86 anni. E per questo ho parlato di cedere il testimone".
Nell'intervista, Biden ha anche confermato che non ha ancora deciso se concedere, prima di lasciare la Casa Bianca il 20 gennaio, grazie preventive, come quella concessa al figlio Hunter, a figure come Liz Cheney, l'ex leader repubblicana che ha guidato l'inchiesta della Camera contro Trump per l'assalto al Congresso, e Anthony Fauci, il virologo che è stato il volto della lotta al Covid della Casa Bianca, per proteggerli da eventuali 'vendette' da parte dell'amministrazione Trump. Biden ha rivelato di aver chiesto a Trump, durante il loro incontro alla Casa Bianca il 13 novembre, di non adottare iniziative punitive che sarebbero "contrarie ai suoi stessi interessi".