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Domani i funerali a Roma

Furio Colombo (Fotogramma)

E' morto Furio Colombo. Il giornalista si è spento questa mattina all'età di 94 anni "assistito dalla moglie Alice e dalla figlia Daria". Ne ha dato notizia la famiglia in una nota in cui si riferisce che i funerali si svolgeranno al Cimitero Acattolico di Roma domani, mercoledì 15 gennaio alle 15.

"Intensissima la sua attività di giornalista - ricorda la nota - che lo ha visto inviato della Rai e corrispondente dagli Stati Uniti, editorialista di Repubblica, direttore de L’Unità, fondatore del Fatto Quotidiano. Parlamentare per tre legislature per i Ds, L’Ulivo e il Pd. Ha svolto un’intensa attività culturale come autore di testi letterari e cinematografici e diretto per tre anni l’Istituto di Cultura di New York, nonché titolare di cattedra alla Columbia University. Ha svolto anche incarichi aziendali prima alla Olivetti e poi come Rappresentante Fiat negli Stati Uniti".

Giornalista, intellettuale e politico protagonista tra Italia e Usa

Protagonista del mondo dell'informazione scritta e parlata e della vita culturale per sette decenni, Furio Colombo è stato particolarmente attento ai mutamenti sociali e culturali contemporanei. Grande conoscitore del mondo statunitense, con memorabili cronache sull'America del presidente John Fitzgerald Kennedy, sulla guerra in Vietnam e sulla presidenza di Richard Nixon finita con lo scandalo Watergate, nella sua vasta produzione saggistica ha analizzato in particolare il rapporto tra realtà e mezzi di comunicazione, con notevole attenzione all'influenza esercitata dalla televisione sull'opinione pubblica.

Dirigente della Olivetti in Italia e negli Stati Uniti (1955-64), in seguito responsabile dei programmi culturali della Rai (1965-72), Furio Colombo ha realizzato numerosi servizi giornalistici e documentari su avvenimenti politici di diversi paesi del mondo. Presidente della Fiat Usa (1989-94) e direttore dell'Istituto italiano di cultura di New York (1991-94), è stato direttore responsabile de "La rivista dei libri" (edizione italiana di "The New York review of books"). Docente presso varie università (Bologna, Columbia University di New York, dove ha insegnato giornalismo internazionale, Berkeley in California), Colombo ha collaborato con numerosi quotidiani e periodici ("La Stampa", "La Repubblica", "The New York Times", "Panorama", "L'Europeo", "L'Espresso") e dal 2001 al 2005 è stato direttore del quotidiano "l'Unità", affiancato da Antonio Padellaro. Dopo avere lasciato "l'Unità" nel 2008, Colombo è stato tra i fondatori insieme a Marco Travaglio e Padellaro de "Il Fatto Quotidiano" di cui è stato editorialista fino al 2022, curando anche la rubrica quotidiana "A domanda rispondo", dove generalmente affrontava temi politici proposti dai lettori.

Furio Colombo ha svolto anche attività politica. E' stato eletto deputato per il gruppo Democratici di Sinistra-L'Ulivo (1996-2001), poi senatore nella lista dei Democratici di Sinistra (2006-08) e rieletto nella lista del Pd nel 2008. È stato autore della legge sul Giorno della Memoria della Shoah, che si celebra ogni anno il 27 gennaio ed è stato presidente della Commissione Permanente della Camera dei Deputati per i Diritti Umani.

Furio Colombo, che per un periodo ha usato lo pseudonimo di Marc Saudade, era nato a Châtillon, in Valle d'Aosta, il 1° gennaio 1931. Laureato in giurisprudenza all'Università di Torino, alla metà degli anni Cinquanta iniziò un'attività parallela tra pratica in avvocatura e partecipazione alla scrittura di programmi culturali della Rai, come vincitore di concorso insieme a un gruppo di giovani intellettuali come Umberto Eco, Gianni Vattimo e Piero Angela.

Con Eco, destinato a diventare filosofo, semiologo e scrittore di fama mondiale, Colombo ha sempre mantenuto un solido legame intellettuale, come da lui stesso ricordato: "Siamo entrati insieme alla Rai; abbiamo creato insieme il Dams, il Dipartimento di arte musica e spettacolo presso l'università di Bologna, la prima disciplina del genere in Italia; e sempre insieme, con altri intellettuali ed Elisabetta Sgarbi, abbiamo fondato la casa editrice La Nave di Teseo; e abbiamo avuto assieme al grande storico francese specialista del Medioevo Jacques Le Goffe l'incarico di preparare un 'Dizionario del comportamento universale': con lui c'è stato un lavoro e un contatto continuo, ravvicinato o a distanza, durato per tutta la vita".

Proprio grazie all'avventura intellettuale vissuta insieme a Umberto Eco, nei primi anni Settanta Furio Colombo è stato tra i primi professori a contratto del corso di laurea in Dams all'Università di Bologna, dove ha insegnato Linguaggio radiotelevisivo tra il 1970 e il 1975. La vastità dei suoi interessi culturali lo ha portato anche ad assumere la condirezione di "Nuovi Argomenti", rivista fondata da Alberto Moravia, e la direzione "Architettura, Cronache e Storia", periodico fondato dall'architetto Bruno Zevi. Nel 1972 partecipò al film "Il caso Mattei" di Francesco Rosi, interpretando il ruolo dell'assistente e traduttore di Enrico Mattei (Gian Maria Volontè) fondatore dell'Eni.

Giornalista professionista dal 1967, Colombo fu autore dell'ultima intervista rilasciata da Pier Paolo Pasolini, che fu pubblicata da "La Stampa", allora diretta da Arrigo Levi, il giorno prima dell'omicidio dello scrittore e regista, avvenuto nella notte tra il 1° e il 2 novembre 1975. L'articolo fu intitolato "Siamo tutti in pericolo": Pasolini esprime una profonda preoccupazione per la deriva autoritaria e la perdita dei valori democratici in Italia, denunciando l'omologazione culturale e l'influenza negativa dei mass media sulla società. Colombo è stato anche corrispondente dagli Stati Uniti per "La Stampa" e per "La Repubblica", di cui fu editorialista.

Colombo è stato presidente nazionale di "Sinistra per Israele", associazione che si pone il compito di "contrastare i pregiudizi antiisraeliani, antisionisti e talora perfino antisemiti che albergano anche in una parte consistente della sinistra italiana". Vincitore di numerosi premi giornalistici, nel 1990 era stato insignito dal presidente della Repubblica dell’onorificenza di Grand'Ufficiale dell'Ordine al merito della Repubblica Italiana.

Furio Colombo è autore di numerosi saggi: "L'America di Kennedy" (Feltrinelli, 1964; ristampato da Baldini Castoldi Dalai, 2004), "Da Kennedy a Watergate: quindici anni di vita americana" (Sei, 1974); "Aspetti della comunicazione visiva nelle società industriali" (Cooperativa Libraria Universitaria, 1975); "Rabbia e televisione. Riflessioni sugli effetti imprevisti della tv" (Sugarco, 1981); "Il Dio d'America: religione, ribellione e nuova destra" (Mondadori, 1983); "Confucio nel computer. Memoria accidentale del futuro" (Nuova Eri-Rizzoli, 1995); "Ultime notizie sul giornalismo. Manuale di giornalismo internazionale" (Laterza, 1995); "Il candidato: la politica senza il potere" (Rizzoli, 1997); "La vita imperfetta. Cronache di un cambiamento" (Nuova Eri-Rizzoli, 1999); "Il libro nero della democrazia. Vivere sotto il governo Berlusconi" (Baldini e Castoldi, 2001; in collaborazione con Antonio Padellaro); "America e libertà. Da Alexis de Tocqueville a George W. Bush" (Baldini Castoldi Dalai, 2005); "Ci sarà un'Italia. Dialogo sulle elezioni più importanti per la democrazia italiana" (Feltrinelli, 2006; in collaborazione con Romano Prodi); "Post giornalismo. Notizie sulla fine delle notizie" (Editori Riuniti, 2007); "La fine di Israele" (Il Saggiatore, 2007); "La paga. Il destino del lavoro e altri destini" (Il Saggiatore, 2009); "No. Brevi interventi in Parlamento 2008-2011" (Sigismundus, 2011); "Contro la Lega" (Laterza, 2012); "Il paradosso del Giorno della memoria. Dialoghi" (con Athos De Luca e Vittorio Pavoncello, Mimesis 2014); "Clandestino. La caccia è aperta" (La nave di Teseo, 2018); "La scoperta dell'America" (Aragno, 2020); "No. L'opposizione di uno" (La nave di Teseo 2021); "Sulla pace. La guerra in Ucraina e l'eterno dilemma" (con Vittorio Pavoncello, Aliberti, 2022). Ha inoltre pubblicato il romanzo "Privacy" (Nuova Eri-Rizzoli, 2001).

Un team di giornalisti altamente specializzati che eleva il nostro quotidiano a nuovi livelli di eccellenza, fornendo analisi penetranti e notizie d’urgenza da ogni angolo del globo. Con una vasta gamma di competenze che spaziano dalla politica internazionale all’innovazione tecnologica, il loro contributo è fondamentale per mantenere i nostri lettori informati, impegnati e sempre un passo avanti.

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Politica

Trump, Giorgia Meloni a Washington per l’insediamento

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Occhi puntati sul possibile faccia a faccia con il tycoon

Giorgia Meloni  - (Afp)

La presidente del Consiglio Giorgia Meloni è arrivata nella notte a Washington. La premier, come i tanti supporter Maga che si sono riversati nella capitale americana, è stata accolta dal freddo gelido che ha avvolto la città alla vigilia dell’inauguration day di Donald Trump.

Oggi la premier è tra gli ospiti d’onore, unica leader europea destinataria di un invito diretto, della cerimonia di insediamento del presidente americano. Occhi puntati sul possibile incontro con Trump, stretto dal rigido protocollo di un evento articolato che ha il suo culmine alle 12 locali (18 italiane), quando il presidente pronuncerà il giuramento di rito e entrerà in carica.

Occhi puntati sul possibile faccia a faccia con Trump

Per un faccia a faccia il momento buono potrebbe essere dopo la firma degli atti esecutivi o, nel pomeriggio, al ballo riservato agli ospiti di Trump, vip e finanziatori.

Intanto, in tutta l’area dalla Casa Bianca al Campidoglio sono scattate già nella notte le misure di sicurezza, con barriere di metallo, dissuasori in cemento e cavalli di Frisia a chiudere le strade. Tutte cose che, come il prezzo delle stanze degli alberghi lievitato a minimo 5-600 dollari a notte, non hanno scoraggiato il popolo Maga, che nei locali che fanno da contorno a Pennsilvanya avenue è andato avanti fino a tarda notte festeggiando e indossando cappellini, sciarpe, spillette griffati ‘Make America great again’.

A fare da sottofondo, dagli angoli delle strade presidiati dai venditori di gadget ai locali traboccanti di fan di Trump, la musica dei Village people, vera e propria colonna sonora della marcia trionfale del neo presidente dai giorni della campagna elettorale fino a questo inauguration day.

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Politica

Follini: “Craxi e De Mita due modernizzatori”

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Il punto di vista di Marco Follini per Adnkronos

Marco Folloni - (Fotogramma)

"Se esiste, alla maniera di Dante, un purgatorio dove gli antichi leader politici muniti di molte qualità e di qualche difetto stazionano in attesa di essere promossi a miglior destino è probabile che vi si trovino lì insieme, Craxi e De Mita. I quali hanno speso una vita a contrastarsi contando che la vittoria dell’uno dovesse infine coincidere con la sconfitta dell’altro. E però anche collaborando per molti anni nella stessa alleanza politica e di governo. Un’altalena che forse avrebbe dovuto indurli, tutti e due, a uno spirito reciprocamente più costruttivo. E della quale, chissà, potrebbero magari discutere a lungo se solo ne avessero ancora l’occasione. Per entrambi le prove non proprio esaltanti dei loro successori, di tutto (o quasi tutto) il ceto politico che ne ha preso il posto, suonano come una involontaria conferma delle qualità del personale che usciva dalle scuole di partito di una volta. Laddove i due si erano formati, scalando pazientemente, uno dopo l’altro, tutti i gradini dei percorsi che in quelle stagioni erano obbligati. Fino a ritrovarsi appunto a capo dei due partiti principali che animavano le coalizioni di governo negli anni ottanta del secolo scorso. Ora lo sguardo un po’ nostalgico rivolto a quei successori non sempre all’altezza finisce con l’avvolgere le loro personalità e le loro gesta in un alone di gloria. Così De Mita si avvale di quella sorta di nostalgia democristiana che ha preso il posto delle critiche e delle diatribe che a suo tempo ne avevano segnato il lungo e tormentoso declino. Mentre Craxi si trova al centro di una benevola alluvione di libri, film, testimonianze, rivelazioni che ne sottolineano le qualità politiche e lo spessore personale. Nulla che autorizzi ad annunciare il ritorno del passato sotto le mentite spoglie dei loro nipoti e pronipoti. Ma quanto basta a ricordare che quel passato non meritava affatto il vituperio sotto cui si era pensato di sotterrarlo. E’ un fatto che De Mita e Craxi, forti delle loro personalità, abbiano passato più tempo a dividersi che non a sommare alcune delle loro buone intenzioni. Eppure, a dispetto della vulgata, quei due avevano più di qualche pensiero in comune. Erano due modernizzatori, e come tali ci tenevano a venir raccontati. Tutti e due cercavano di liberare i loro partiti da quella fitta ragnatela di correnti, notabili, gruppi e gruppetti di cui soffrivano il condizionamento. Tutti e due respiravano l’aria nuova che spirava nel mondo, cominciando con la dissoluzione del blocco socialista ad opera di Gorbaciov, mentre una nuova Europa e una nuova America sembravano annunciare un futuro di relazioni internazionali più libere, pacifiche e fantasiose. Sapevano, tutti e due, che la nostra economia in quegli anni, aveva bisogno di recuperare efficienza e di emendarsi da alcuni difetti che uno statalismo di vecchio conio vi aveva impiantato. Sapevano e dicevano, tutti e due, che il sistema politico aveva bisogno di venire razionalizzato, modernizzato, liberato da alcune delle sue bardature. Insomma, prescrivevano ricette non proprio uguali, ma neppure così abissalmente diverse. Poi però su queste affinità si metteva all’opera il demone delle loro differenze e diffidenze. Che li faceva infine apparire agli antipodi assai più di quanto non fossero. Accade spesso nella politica italiana che siano proprio le affinità, più che le distanze, a generare il litigio. Con la differenza che mentre una volta il litigio tra i simili veniva compensato dalla sotterranea complicità tra gli opposti, ora invece le due dispute finiscono per sommarsi. Così che tutti si trovano infine in conflitto con tutti. Conflitti dissimulati, si dirà. Nascosti sotto la coltre di parole d’ordine unitarie, inneggianti alla compattezza dei poli e dei partiti. E tuttavia questa dissimulazione nasconde ormai a fatica l’insofferenza che divide le coalizioni e i partiti al loro interno. Tanto più quando essi si rivolgono con bandiere diverse allo stesso elettorato o quasi. Tutte cose che ai loro tempi Craxi e De Mita devono avere ben considerato. E rispetto alle quali però non hanno mai confessato né pentimenti né ripensamenti. Troppo orgogliosi, tutti e due, per confidare che forse avrebbero tratto il loro vantaggio nel capirsi di più e con più pazienza l’uno verso l’altro. Messaggio mai trasmesso ai contemporanei e mai arrivato fino ai posteri". (di Marco Follini)

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Politica

Craxi, 25 anni fa la morte. Mattarella: “Ha impresso...

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Figlia Stefania ringrazia il capo dello Stato: "Suo gesto passo ulteriore per scrivere bene storia"

Bettino Craxi - (Fotogramma/Ipa)

''Bettino Craxi è stata una personalità rilevante degli ultimi decenni del Novecento italiano. Parlamentare italiano ed europeo, Segretario del Partito Socialista Italiano per oltre un quindicennio, Presidente del Consiglio dei Ministri, ha impresso un segno negli indirizzi del Paese in una stagione caratterizzata da grandi trasformazioni sociali e da profondi mutamenti negli equilibri globali''. Lo dichiara il residente della Repubblica, Sergio Mattarella, in occasione del 25esimo anniversario della morte di Bettino Craxi.

''Interprete autorevole della nostra politica estera europea, atlantica, mediterranea sostenitrice dello sviluppo dei Paesi più svantaggiati, aperta al multilateralismo - prosegue il capo dello Stato - lungo queste direttrici ha affrontato passaggi difficili, rafforzando identità e valore della posizione italiana. Un prestigio che poi gli venne personalmente riconosciuto con incarichi di rilievo alle Nazioni Unite.Le politiche e le riforme di cui si fece interprete sul piano interno determinarono cambiamenti che incisero sulla finanza pubblica, sulla competitività del Paese, sugli equilibri e le prospettive di governo. Una spiccata determinazione caratterizzò le sue battaglie politiche, sia nel confronto tra partiti, sia in campo sociale e sindacale, catalizzando sentimenti contrastanti nel Paese. Raccolse un consenso ampio quando riuscì a portare a conclusione il processo di revisione del Concordato tra Stato e Chiesa cattolica, sul cui inserimento in Costituzione i socialisti si erano espressi, all’epoca della Costituente, in termini negativi''.

''La crisi che investì il sistema politico, minando la sua credibilità, chiuse con indagini e processi una stagione, provocando un ricambio radicale nella rappresentanza. Vicende giudiziarie che caratterizzarono quel burrascoso passaggio della vita della Repubblica. Nel venticinquesimo anniversario della scomparsa del leader socialista - conclude Mattarella - desidero esprimere sentimenti di vicinanza ai familiari e a quanti con lui hanno condiviso impegno politico e personale amicizia''.

Stefania Craxi: "Grazie Mattarella, suo gesto passo ulteriore per scrivere bene storia"

"Un ringraziamento sentito al presidente della Repubblica, Sergio Mattarella. Le parole che ha inteso pronunciare in questo venticinquesimo anniversario della scomparsa di Bettino Craxi, restituiscono uno spaccato di verità sull’opera e sulla figura del leader socialista, rendono meriti e onore a una personalità, tutta politica, che ha segnato in positivo un tratto di storia repubblicana, e rammentano lo spessore e il protagonismo internazionale dell’esule di Hammamet. Il gesto del capo dello Stato, tutt’altro che formale, la sua attenzione, rappresentano un ulteriore passo affinché, come ripeteva Craxi, la Storia sia scritta bene. Grazie presidente". Così in una nota la figlia Stefania Craxi.

Tajani: "Sue idee innovative hanno agito per Forza Italia come bussola"

"Io credo che chi non ha memoria non ha futuro. Guido un partito, Forza Italia, che è cristiano e garantista in cui l'ispirazione molto moderna di Sturzo e le idee innovative di Craxi hanno sempre agito per noi come bussola. Il leader del Psi, Andreotti e Berlusconi sono stati i protagonisti della politica estera italiana negli scorsi decenni e dobbiamo molto a tutti e tre. Le eredità naturalmente vanno attualizzate, ed è quello che noi cerchiamo di fare. Ma la loro lucidità di sguardo e il loro approccio insieme ideale e pragmatico sulle grandi questioni del mondo, e di un mondo che adesso è ancora più in subbuglio rispetto a prima, sono particolarmente preziosi in questa fase", ha detto Antonio Tajani, segretario di Forza Italia, vicepremier e ministro degli Esteri, in un'intervista al Messaggero.

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