Gaza, ore decisive per tregua Israele-Hamas. Biden e Trump ottimisti
Media: "Hamas ha accettato la bozza di accordo per un cessate il fuoco e il rilascio di decine di ostaggi"
Una delegazione di alto livello della Jihad islamica è in arrivo a Doha, in Qatar, per discussioni sugli "ultimi dettagli" dell'accordo sul cessate il fuoco a Gaza. Lo ha indicato una nota della stessa fazione palestinese attiva nell'enclave.
Hamas ha informato i Paesi mediatori di aver approvato la bozza di accordo che prevede, tra le altre cose, l'inizio di un cessate il fuoco a Gaza ed il rilascio degli ostaggi, ha rivelato il quotidiano qatariota Al-Araby Al-Jadeed con sede a Londra, citando una fonte vicina ai negoziati che ha preferito restano anonima. Secondo la fonte, Hamas ha avuto contatti e incontri con funzionari del Qatar, egiziani, turchi e con le altre fazioni palestinesi, prima di prendere la decisione.
Poco prima l'organizzazione aveva confermato che i negoziati con Israele avevano ra ggiunto le "fasi finali". Hamas ha anche precisato di aver informato le altre fazioni palestinesi circa i progressi fatti nei negoziati, aggiungendo che i capi delle fazioni hanno espresso soddisfazione per gli sviluppi.
Secondo quanto ha riferito il Financial Times, citando una fonte al corrente dei negoziati, l'accordo potrebbe essere ufficiale già oggi o domani ed entrerà in vigore dalle 48 alle 72 ore successive al suo annuncio. Le parti "sono d'accordo su tutte le principali questioni - ha aggiunto la fonte - Restano ancora da discutere solo questioni minori e logistiche".
La posizione di Israele
Il governo israeliano è "pronto per un cessate il fuoco", ha detto dal canto suo alla Cnn un funzionario israeliano. "Riteniamo di aver raggiunto tutti i compromessi necessari per arrivare a un accordo - ha aggiunto il funzionario - E' nelle mani di Hamas e devono prendere una decisione".
Anche il portavoce del ministero degli Esteri del Qatar, Majed al-Ansari, aveva fatto sapere che le trattative erano arrivate ormai alle "fasi finali" e che erano stati "superati" tutti i principali ostacoli che impedivano l'intesa e che ora si sta lavorando sui "dettagli". "Non posso entrare nei dettagli, gli incontri continuano qui a Doha tra le parti", ha proseguito il portavoce, chiedendo tuttavia di non lasciarsi andare a un ottimismo "esagerato", anche se la soluzione è "vicina". Il Qatar è uno dei Paesi mediatori insieme a Egitto e Stati Uniti.
"L'accordo è davvero catastrofico", ha dichiarato il ministro della Sicurezza Nazionale Itamar Ben Gvir su Telegram. Dopo il ministro delle Finanze di estrema destra Bezalel Smotrich, il membro dell'estrema destra del governo del premier israeliano Benjamin Netanyahu è il secondo ministro a opporsi pubblicamente a un accordo, ma ha affermato che non avrebbe fatto cadere la coalizione al potere. "Ciò cancella di fatto i risultati ottenuti con fatica durante la guerra, ottenuti a caro prezzo del sangue dei nostri soldati a Gaza, ha affermato Ben Gvir. "Si tratta di una decisione consapevole, presa con la volontà di pagare il prezzo con la vita di molti altri cittadini israeliani, che purtroppo dovranno sopportare il peso di questo accordo".
Le parole di Biden
"L'accordo "è sul punto di essere finalizzato", aveva detto ieri il presidente Usa Joe Biden. Anche il presidente eletto Donald Trump si era detto convinto che "ce la faranno": "Siamo molto vicini" alla conclusione di un accordo tra Israele e Hamas, ha detto a Newsmax, "devono farlo, se non lo faranno ci saranno molti guai, come non ne hanno mai visiti". "Ho dedotto che c'è stata una stretta di mano e che stanno concludendo, forse entro la fine della settimana", ha aggiunto.
Cosa prevede l'accordo
Secondo una bozza dell'accordo, Israele pagherebbe un prezzo molto alto per assicurarsi il rilascio delle soldatesse tenute in ostaggio, si legge sempre sul Times of Israel.
L'accordo in tre fasi inizierebbe con il rilascio graduale di 33 ostaggi in un periodo di sei settimane, tra cui donne, bambini, adulti anziani e civili feriti, in cambio di centinaia di donne e bambini palestinesi potenzialmente imprigionati da Israele.
Tra i 33 ostaggi ci sarebbero anche cinque soldatesse israeliane, ognuna delle quali verrebbe rilasciata in cambio di 50 prigionieri palestinesi, tra cui 30 condannati per motivi di sicurezza che stanno scontando l'ergastolo.
Durante questa prima fase, della durata di 42 giorni, le forze israeliane si ritirerebbero dai centri abitati, i palestinesi potrebbero iniziare a tornare nelle loro case nel nord di Gaza e ci sarebbe un'ondata di aiuti umanitari, con circa 600 camion in entrata ogni giorno.
Esteri
Venezuela, cooperante italiano arrestato: chi è Alberto...
Dell'uomo non si hanno notizie dal 15 novembre scorso
Su Linkedin si definisce un "professionista con oltre dieci anni di esperienza nei settori dello sviluppo e umanitario con Ong internazionali in Sud America, Etiopia, Nepal, Grecia e Libano", con "esperienza comprovata nella gestione di progetti e uffici, coordinamento, progettazione e budget di proposte, risorse umane e logistica. Madrelingua italiana, fluente in spagnolo, inglese e francese". Lui è Alberto Trentini, il cooperante italiano della Ong Humanity & Inclusion, di cui non si hanno più notizie dallo scorso 15 novembre, dopo l'arresto da parte delle autorità venezuelane scattata durante la missione umanitaria. Fondata nel 1982, la Ong lavora in una sessantina di Paesi "al fianco delle popolazioni vulnerabili, specialmente quelle con disabilità".
Chi è il cooperante
Laurea in storia moderna e contemporanea all'Università Ca' Foscari, prima di collaborare con Humanity & Inclusion Trentini, di origini veneziane, ha lavorato nel campo della cooperazione internazionale in tutto il mondo: fra il 2023 e il 2024, con il Consiglio danese per i rifugiati, a Barbacoas, località della Colombia. Per gli ultimi 4 mesi del 2022 invece, sempre in Colombia, è stato, per l'Ong francese Solidarités International, field coordinator; stessa mansione che ha ricoperto per Première Urgence Internationale.
Tra il 2017 e il 2020, Trentini ha collaborato con l'organizzazione Coopi in Ecuador, Perù, Libano e Etiopia. Tra gli altri paesi dove ha compiuto missioni umanitarie Grecia, Nepal, Paraguay e Bosnia-Erzegovina.
L'arresto
Trentini, si spiega in una nota dell'avvocato Alessandra Ballerini, si trovava in Venezuela per una missione con la Ong Humanity e Inclusion per portare aiuti umanitari alle persone con disabilità. “Alberto era arrivato in Venezuela il 17 ottobre 2024 ed il 15 novembre mentre si recava in missione da Caracas a Guasdalito è stato fermato ad un posto di blocco, insieme all'autista della Ong - si legge - Dalle scarse e informali informazioni ricevute sembrerebbe che pochi giorni dopo il fermo Alberto sia stato trasferito a Caracas e, ad oggi, ci risulta ‘prigioniero’ in una struttura di detenzione, senza che gli sia mai stata contestata formalmente nessuna imputazione”.
Nella nota si spiega che “nessuna notizia ufficiale è mai stata comunicata da nessuna autorità venezuelana né italiana e di fatto, da quasi due mesi, nulla sappiamo sulle sorti di Alberto, tenuto anche conto che soffre di problemi di salute e non ha con sé le medicine né alcun genere di prima necessità. Dal suo arresto ad oggi, a quanto sappiamo, nessuno è riuscito a vederlo, né a parlargli. Neppure il nostro Ambasciatore è riuscito a comunicare con lui né ad avere sue notizie nonostante plurimi tentativi”.
Farnesina, ambasciata e console al lavoro
L’Ambasciata d’Italia e il Consolato Generale a Caracas, in stretto raccordo con la Farnesina, stanno seguendo la vicenda dell’arresto del cooperante Alberto Trentini con la massima attenzione sin dalla prima segnalazione mantenendo i contatti con la famiglia e i legali del connazionale.
A quanto si apprende, la Sede ha interessato in modo incessante e attraverso diversi canali le Autorità venezuelane per richiedere con urgenza che sia garantito l’esercizio dell’assistenza consolare nei confronti del connazionale e che vengano comunicati quanto prima i motivi dell’arresto e il luogo di detenzione. In data 13 dicembre è stata convocata alla Farnesina l’Incaricata d’Affari ad interim del Venezuela per richiedere un tempestivo e risolutivo intervento sulla vicenda di Trentini.
Esteri
Principessa Kate: “Sono in remissione dal...
Messaggio affidato ai social dopo la visita all'ospedale che l'ha curata: "Un sollievo ma serve tempo per adattarsi a nuova normalità"
"È un sollievo essere ora in remissione" dal cancro "e rimango concentrata sulla guarigione. Come chiunque abbia ricevuto una diagnosi di cancro saprà, ci vuole tempo per adattarsi a una nuova normalità". Sono le parole con cui la principessa del Galles, Kate Middleton, ha condiviso un importante aggiornamento sulle sue condizioni di salute, in un messaggio sui social postato dopo essere stata in visita all'ospedale che l'ha seguita nei suoi trattamenti contro il tumore, il Royal Marsden di Chelsea, Londra. Nonostante sia difficile lasciarsi alle spalle l'esperienza di malattia, Kate ha spiegato di essere impaziente di vivere "un anno appagante. C'è molto da aspettarsi", ha concluso.
Nel post la principessa Catherine ha esordito ringraziando "tutti per il continuo supporto". E ha aggiunto un pensiero particolare per l'ospedale che si è preso cura di lei: "Volevo cogliere l'occasione per ringraziare il Royal Marsden per essersi preso cura di me così bene durante l'anno appena trascorso. I miei più sentiti ringraziamenti vanno a tutti coloro che hanno camminato silenziosamente al fianco di William e me mentre affrontavamo tutto. Non avremmo potuto chiedere di più. L'assistenza e i consigli che abbiamo ricevuto durante il mio periodo da paziente sono stati eccezionali. Nel mio nuovo ruolo di Joint Patron del Royal Marsden, la mia speranza è che, supportando la ricerca innovativa e l'eccellenza clinica, nonché promuovendo il benessere dei pazienti e delle famiglie, potremmo salvare molte più vite e trasformare l'esperienza di tutti coloro che sono stati colpiti dal cancro".
La sfida del ritorno alla normalità
Dopo la diagnosi di cancro e il difficile percorso dei trattamenti, la sfida del ritorno alla normalità. E' la parabola che anche la principessa Kate racconta di aver vissuto, parlando con chi come lei sta vivendo un'esperienza di malattia: i pazienti in cura al Royal Marsden Hospital di Chelsea. "Pensi che il trattamento sia terminato e che puoi riprendere a lavorare e tornare alla normalità, ma è comunque una vera sfida", ha affermato.
Per Catherine, riporta la 'Bbc' online, è stato l'impegno reale in solitaria più significativo dopo la fine dei trattamenti. La principessa ha confidato a una donna sottoposta a chemio: "È davvero dura...è uno shock...tutti mi dicevano: 'Per favore, mantieni un atteggiamento positivo, fa davvero la differenza'". Alla domanda su come si sentisse, Catherine - che questa volta arrivava nella struttura come visitatrice e non come paziente - ha risposto di stare bene, ma ha ribadito: "A volte dall'esterno pensiamo tutti che hai finito il trattamento e torni alle cose. Ma è dura tornare alla normalità". Fra abbracci e strette di mano, la principessa ha poi detto a una donna: "Mi dispiace. Vorrei poter fare di più per aiutare". "Volevo venire e mostrare il mio sostegno per lo straordinario lavoro che si sta svolgendo qui e per coloro che stanno affrontando un trattamento e stanno attraversando un momento così difficile", ha spiegato sincerandosi che la donna stesse bene. "C'è luce alla fine del tunnel - ha concluso - ti auguro buona fortuna. Sei in ottime mani".
È passato quasi un anno esatto da quando sono stati rivelati per la prima volta i problemi di salute della principessa, con l'annuncio, lo scorso gennaio, di un intervento chirurgico addominale. Catherine ha poi spiegato in una dichiarazione video a marzo di essere nelle prime fasi della terapia contro il cancro e a settembre ha pubblicato un video in cui affermava che la chemioterapia era terminata. Dopo la fine della cura è gradualmente tornata a partecipare a eventi pubblici, il che è stato visto come segnale positivo. Oggi il suo primo grande impegno del 2025: tornare nell'ospedale in cui è stata curata e di cui è diventata patrona reale congiunta, insieme al principe William che ne era già patrono. Al termine della visita in un post social la conferma: "E' un sollievo essere ora in remissione".
Esteri
Ucraina, Kiev: “Sferrata la più massiccia ondata di...
Presi di mira gli impianti chimici, le raffinerie e i depositi di munizioni della base aerea di Engels. Mosca: "Usati missili Usa, reagiremo"
L'Ucraina rivendica di aver sferrato "la più massiccia" ondata di attacchi la notte scorsa su obiettivi situati in Russia dall'inizio della guerra. "Le Forza di difesa ucraine hanno lanciato il più massiccio attacco contro le strutture militari dell'occupante ad una distanza di 200-1.100 chilometri dentro il territorio della Federazione russa", ha postato lo stato maggiore sui social media.
Gli impianti chimici, le raffinerie e i depositi di munizioni della base aerea di Engels sono stati presi di mira con successo, ha riferito al Kyiv Independent una fonte del Servizio di sicurezza ucraino (SBU). I droni ucraini avrebbero preso di mira più regioni, tra cui gli oblast di Saratov, Voronezh e Orel, nonché il Tatarstan.
Il Ministero della Difesa russo non ha specificato il numero di droni coinvolti, ma ha reso noto che Kiev aveva lanciato missili occidentali sul territorio russo in un attacco notturno che ha colpito una base militare. Le forze di difesa hanno abbattuto "sei razzi Atacms di fabbricazione statunitense e sei missili da crociera britannici Storm Shadow", che sono stati lanciati sulla regione di confine di Bryansk, nonché due missili Storm Shadow sul Mar Nero.
Mosca riconquista 2 villaggi nel Donetsk
La Russia ha dichiarato di aver riconquistato due villaggi ucraini nella regione orientale di Donetsk, che Kiev aveva strappato al controllo russo all'inizio del conflitto. Il Ministero della Difesa russo ha affermato in un briefing quotidiano che le sue unità dell'esercito hanno "liberato" i villaggi di Neskuchne e Terny, in due diverse aree della linea del fronte.
Lavrov: "Pronti a discutere garanzie di sicurezza"
La Russia è pronta a discutere le garanzie di sicurezza per il Paese "che ora si chiama Ucraina", ma "nel contesto di accordi più ampi", ha affermato il ministro degli Esteri russo, Sergei Lavrov, nel corso di una conferenza stampa. "Naturalmente, le minacce sul fianco occidentale, ai nostri confini occidentali, devono essere eliminate", ha precisato Lavrov, citato dall'agenzia di stampa Tass. "Solo nel contesto di accordi più ampi, siamo pronti a discutere le garanzie di sicurezza per il Paese che ora si chiama Ucraina, o per parte di questo Paese, che non si è ancora determinata, a differenza della Crimea, del Donbass e della Novorossiya", ha dichiarato.
Lavrov ha anche dichiarato di accogliere con favore i segnali provenienti dal presidente eletto degli Stati Uniti Donald Trump sul conflitto in Ucraina, a meno di una settimana dal suo insediamento. Trump si è impegnato a porre fine rapidamente al conflitto durato quasi tre anni, ha espresso scetticismo sul sostegno militare di Washington a Kiev e ha simpatizzato con le preoccupazioni di Mosca sull'alleanza militare Nato. "Il fatto stesso che le persone stiano iniziando a parlare di più delle realtà sul campo probabilmente merita di essere accolto con favore", ha detto.
La Russia occupa quasi un quinto del territorio internazionalmente riconosciuto dell'Ucraina e ha affermato di aver annesso cinque delle sue regioni: la Crimea nel 2014 e le regioni di Donetsk, Kherson, Lugansk e Zaporizhia nel 2022. Il presidente russo Vladimir Putin ha chiesto all'Ucraina di ritirarsi da tutti questi territori, compresi quelli significativi ancora sotto il controllo delle forze di Kiev, come precondizione per i colloqui di pace.
Nonostante abbia appoggiato la posizione pubblica di Trump, Lavrov ha affermato che la Russia non ha ancora ricevuto proposte specifiche su come intende portare le due parti al tavolo dei negoziati. "Aspetteremo iniziative concrete", ha detto Lavrov. "Una volta che diventerà presidente e formulerà una posizione definitiva sugli affari ucraini, ovviamente la studieremo", ha aggiunto.