Neil Gaiman respinge le accuse: “Mai fatto sesso non consensuale”
La dichiarazione dello scrittore dopo l'inchiesta del 'New York Magazine'
"Non ho mai avuto rapporti sessuali non consensuali con nessuno. Mai", così lo scrittore, sceneggiatore e fumettista britannico Neil Gaiman, 64 anni, autore bestseller, ha negato tutte le accuse mosse contro di lui dopo che otto donne lo hanno tirato in ballo per cattiva condotta sessuale in un articolo del 'New York Magazine'.
Nella dichiarazione completa pubblicata martedì sul suo sito web, Gaiman ha detto di essersi astenuto dal parlare pubblicamente delle accuse "per rispetto delle persone che stavano condividendo le loro storie e per il desiderio di non attirare ancora di più l'attenzione su un sacco di disinformazione. Ora ho raggiunto il punto in cui sento di dover dire qualcosa". Pur riconoscendo che “ci sono momenti che riconosco a metà e momenti che non riconosco affatto" nell'articolo del 'New York Magazine', l'autore dei romanzi 'Buona Apocalisse a tutti!', 'Nessun dove', 'Stardust', 'American Gods' e 'Il giorno che scambiai mio padre con due pesci rossi' ha negato di aver commesso violenze sessuali, scrivendo: “Sono lontano dall'essere una persona perfetta, ma non ho mai praticato attività sessuale non consensuale con nessuno. Mai".
Pur continuando a ritenere che le sue relazioni con tutte le donne fossero "rapporti sessuali del tutto consensuali" sulla base delle comunicazioni che avevano avuto con lui all'epoca, Gaiman ha detto di aver trascorso mesi a riflettere su come si era comportato in quelle occasioni. "Ero emotivamente non disponibile mentre ero sessualmente disponibile, concentrato su me stesso e non così premuroso come avrei potuto o dovuto essere", ha scritto. "Allo stesso tempo, riflettendo sul mio passato e rivedendo tutto ciò che è realmente accaduto rispetto a ciò che viene affermato non accetto che ci sia stato alcun abuso. Ripeto, non ho mai avuto rapporti sessuali non consensuali con nessuno". Lo scrittore ha detto che alcune delle "orribili" accuse "semplicemente non sono mai accadute" e che altre "sono state così distorte da ciò che è realmente accaduto che non hanno alcun rapporto con la realtà". "Sono pronto ad assumermi la responsabilità di ogni mio errore - ha osservato Gaiman - Non sono disposto a voltare le spalle alla verità, e non posso accettare di essere descritto come qualcuno che non sono, e non posso e non voglio ammettere di aver fatto cose che non ho fatto".
Le accuse
Nel luglio scorso un'inchiesta del podcast 'Tortoise Media' aveva riportato le accuse di due donne di violenza sessuale nei confronti di Gaiman. Una delle aveva affermato che lo scrittore aveva compiuto atti sessuali su di lei senza il suo consenso quando aveva 22 anni e lavorava come baby sitter per la famiglia dell'autore in Nuova Zelanda. All'epoca Gaiman aveva negato con forza qualsiasi illecito, affermando che tutti i suoi rapporti sessuali erano consensuali.
Dopo la pubblicazione del podcast, una donna che aveva lavorato come badante di Gaiman a nord di New York ha affermato che lui le aveva fatto pressioni affinché facesse sesso con lui in cambio della possibilità di vivere nella sua proprietà, facendole poi firmare un accordo di non divulgazione in cambio di un pagamento di 275.000 dollari. All'epoca Gaiman disse che la sua relazione con lei era stata del tutto consensuale. Il 'New York Magazine' ha riportato questa settimana che altre donne hanno mosso accuse contro Gaiman, tra cui quelle di aggressione sessuale, cattiva condotta sessuale e coercizione. La rivista ha intervistato otto donne, sei in via ufficiale, tra cui quattro donne che hanno partecipato alla serie di podcast Tortoise Media.
Tutte le donne che hanno parlato con il 'New York Magazine' hanno dichiarato di aver avuto rapporti sessuali consensuali con l'autore, ma che lui preferiva il sesso violento e pratiche erotiche di dominazione a cui non sempre avevano acconsentito in anticipo. Le due donne che avevano lavorato per lui hanno detto di essersi sentite costrette a vivere una relazione, dato che lavoravano per Gaiman e vivevano nella sua casa.
I rappresentanti di Gaiman avevano precedentemente dichiarato a 'Tortoise Media' che "la degradazione sessuale, il bondage, la dominazione, il sadismo e il masochismo possono non piacere a tutti, ma tra adulti consenzienti il Bdsm è lecito". Nel gennaio 2023 è stata presentata alla polizia neozelandese una denuncia che accusava Gaiman di violenza sessuale, ma alla fine l'indagine è stata archiviata.
Tre adattamenti delle opere di Gaiman sospesi o cancellati
Da quando le accuse sono venute alla luce, tre adattamenti delle opere di Gaiman sono stati cancellati o la loro produzione è stata sospesa, tra cui 'Dead Boy Detectives' di Netflix, la terza e ultima stagione del dramma di Amazon 'Good Omens' e un adattamento Disney di 'The Graveyard Book', che era in fase di sviluppo. Nessuno dei servizi di streaming ha confermato che queste decisioni sono state prese a causa delle accuse, ma Deadline ha riferito che Gaiman si è tirato indietro dal suo coinvolgimento in 'Good Omens' a causa delle accuse. (di Paolo Martini)
Cultura
Ritanna Armeni racconta Via Rasella: “I valori della...
Esce il nuovo libro della giornalista: "Descrivo quegli eventi colpita dal fatto che in quella strada non ci sia una lapide e nulla che ricordi quei giovani partigiani"
L'azione di v ia Rasella del 23 marzo del 1944 non è soltanto una pagina di storia imprescindibile nella lotta della Resistenza. I militanti che la misero a segno, ragazzi della classe intellettuale, hanno molto da insegnare ancora oggi. Non enunciarono semplicemente i valori di libertà in cui credevano ma li incarnarono mettendo a repentaglio la loro vita. La giornalista e scrittrice Ritanna Armeni ritorna su uno degli episodi più forti, significativi e tragici dell'occupazione dei tedeschi durante la Seconda guerra mondiale. Nel libro 'A Roma non ci sono le montagne', pubblicato da Ponte alle Grazie, ripercorre quelle ore descrivendole sotto forma di un romanzo da leggere tutto d'un fiato. Mette in luce le vicende personali, i sogni e le speranze dei protagonisti: piccoli tasselli che costituiscono un mosaico composito e variopinto.
Conversando con l'AdnKronos, Armeni sottolinea che il monito più prezioso che l'azione di via Rasella ci ha consegnato è che "i valori della libertà vanno praticati. Quei giovani - che provenivano da una classe sociale non bassa, dal momento che non erano operai ma studenti e professori universitari, avevano degli ideali che praticavano adeguandosi ai tempi che vivevano. Rischiavano la vita tutti i giorni. La loro testimonianza ha anche un grande significato morale per il presente. Noi spesso enunciamo i principi di libertà e di democrazia, ma poi in qualche modo ci adeguiamo alla realtà. A me quello che piace di questi ragazzi è il loro ardore giovanile, un ardore che non fa mai dimenticare che, accanto al principio, c'è l'azione". Certo, puntualizza Armeni, "non sto dicendo che oggi dobbiamo andare a mettere bombe, perché sono una pacifista. Però i valori vanno veramente praticati e ciascuno di noi sa come si può fare. Eravamo in una Roma occupata e sofferente e bisognava dare un messaggio in una situazione di guerra. Ora avremmo tanti modi per fare vivere i nostri messaggi".
Perché, però, concentrare l'attenzione su quei giovani, sulle loro vicende personali? Perché descrivere la grande Storia a partire dalle tante piccole storie che la compongono? "Racconto l'episodio di via Rasella - risponde l'autrice - perché sono rimasta colpita dal fatto che in quella strada non ci sia una lapide e nulla che ricordi il gruppo di partigiani che realizzò l'attacco. Persone eroiche, in qualche modo, perché rischiarono la vita per fare quell'azione contro i tedeschi". Motivo per cui, spiega la giornalista, "ho voluto restituire il loro valore, il loro impegno, la loro abnegazione, la loro passione per la libertà. E' di questo che, in fondo, si tratta. Ho quindi descritto nuovamente i fatti di via Rasella dal punto di vista delle persone che hanno compiuto questo atto".
Un taglio narrativo grazie al quale Armeni ha tratteggiato le esistenze di coloro che misero a segno l'impresa rappresentando "chi erano, quello che avevano fatto prima, i loro sentimenti, le loro letture, i loro amori". La narrazione si sviluppa nell'arco temporale di poche ore ed è scandita da un lento conto alla rovescia che scivola fino al momento fatale. Un espediente che aumenta, mano a mano, il pathos e che mette in luce tutte le fasi dell'evento in modo analitico e avvincente.
Il volume si intitola, non a caso, 'A Roma non ci sono le montagne'. Una scelta che ha una motivazione particolare: "Nelle montagne - argomenta Armeni - il nemico si avvistava prima, ci si poteva nascondere meglio e si creava maggiore solidarietà tra le persone. A Roma, invece, si era esposti in ogni momento al nemico, al massimo ci si rifugiava in un portone o in un convento. Occorreva quindi una capacità maggiore di nascondersi. Soprattutto era molto importante il fatto di non essere traditi. A Roma chiunque ti poteva denunciare, mentre in montagna si era in qualche modo più protetti". In ogni caso, proprio Roma fu teatro "della più importante azione partigiana dell'Europa occupata dal nazismo. In nessuna capitale europea c'è stata una mossa così grande, né a Parigi, né a Oslo, né a Bruxelles. Quello di Rasella rimane l'atto partigiano più importante dell'Europa occupata dalla Wehrmacht".
I fatti di via Rasella, inoltre, hanno fatto salire agli onori delle cronache ancor più rispetto al passato il ruolo delle donne. Le combattenti, segnala Armeni, furono in grado di "rompere un certo tipo di stereotipo, un certo modo di vedere la partigiana. Prima era una staffetta subalterna che, a costo della vita, trasportava le armi obbedendo alla logica della guerra gestita dagli uomini. Le donne di via Rasella, invece, fecero le cose per conto loro: Carla Capponi se decideva di far esplodere un camion di armi tedesche lo faceva. Idem Maria Teresa Regard che, con una bomba nella valigia, andò alla stazione Termini. La mise in un bar dove c'erano i tedeschi e la fece esplodere. L'altra cosa che mi ha colpito molto è la provenienza sociale di quei ragazzi: Carlo Salinari, che nel racconto è Spartaco, il nome che assunse in clandestinità, era un grandissimo intellettuale. E' stato in seguito anche preside della facoltà di Lettere dell'Università di Roma; Mario Fiorentini è diventato uno dei più famosi matematici a livello mondiale. A Roma la Resistenza la fecero gli intellettuali anche perché non c'era la classe operaia", conclude Armeni. di Carlo Roma
Cultura
Paolo Cognetti sul Tso: “Quello che mi hanno fatto in...
La denuncia alle Iene dello scrittore de 'Le otto montagne'
A dicembre Paolo Cognetti aveva rivelato di aver essere stato sottoposto a un Tso (Trattamento Sanitario Obbligatorio), ora a 'Le Iene' spiega qualche dettaglio. "In ospedale - dice nel servizio di Gaston Zama andato in onda su Italia 1 - mi hanno legato a un letto con delle cinghie, mi hanno sparato un siringone nella coscia senza dirmi cosa fosse. Secondo me, quello che mi hanno fatto era illegale". E aggiunge: "Mi sono svegliato il giorno dopo a casa mia grazie a mia sorella perché mi aveva portato via".
Lo scrittore ha aperto le porte della sua baita, a Estoul in Valle d’Aosta, dove si rifugia per ritrovare se stesso, raccontando: "Ho subito un Tso per una grave depressione". Ripercorre quei momenti e descrive la diagnosi che ha cambiato il suo modo di vedere la vita: "Mi hanno diagnosticato un disturbo bipolare, che significa avere due fasi: una maniacale e una depressiva. Questa cosa l’ho sempre avuta, da quando ero ragazzo sicuramente". E ancora: "Il problema non è la fase maniacale. Il problema è quando arriva la fase depressiva. Stai a letto, pensi a come suicidarti e che tutta la tua vita è stata inutile. Io volevo attaccare una corda da alpinismo a quella trave e impiccarmi. Non mi hanno mai lasciato solo quest’estate, c’era sempre qualcuno con me. I pensieri suicidari sono molto comuni nella depressione". Nonostante tutto, guarda avanti: "Sto cercando di vivere senza farmaci. Non sono un no vax, ma vorrei vivere senza medicine". Cognetti non si limita a condividere solo momenti difficili: "Sto lavorando a qualcosa di nuovo. Credo che il ciclo della montagna, come lo chiamo io, sia per il momento esaurito. Ci sono tante altre cose nella vita".
Ripercorre anche la sua carriera e i suoi successi: "Con il Premio Strega ho capito che agli occhi del mondo ero uno scrittore. Questa unione è stata molto gratificante. Nel 2021 girano il film 'Le otto montagne' con protagonista Luca Marinelli. È stato qui con me due mesi, l’ho portato in montagna e allenato. La scena di cui vado più orgoglioso è quella in cui balla sulla pietraia, gliel’ho insegnata io". Tuttavia, ammette: "Il successo, la gente che ti riconosce… non è facile. Prima sei un tizio qua nella baita che si fa gli affari suoi e poi ti salutano tutti, ti fermano per strada, arrivano i soldi. Non è facile". Infine, parlando di ispirazioni, Cognetti rivela: "Mi piacerebbe parlare con Vasco Rossi. Trovo tanta verità nelle sue canzoni. La persona con cui vorrei parlare di più adesso è proprio lui".
Cultura
Il fotografo Benedusi ricorda Toscani: “Perdo un...
Amico e maestro, il fotografo scomparso a Cecina a 82 anni "era coraggioso e aperto alle novità - racconta -. E' come se la musica perdesse Bob Dylan"
Non solo un maestro. Per Settimio Benedusi, Oliviero Toscani era "un faro", un carissimo amico e una figura fondamentale nella sua carriera e vita privata. "Lo sto onorando nella maniera che a lui piacerebbe di più: lavorando" dice commosso Benedusi all'Adnkronos, ricordando il celebre fotografo scomparso a Cecina all'età di 82 anni. "Chi era Oliviero per me? Ci sono due metà della questione - spiega Benedusi - come fotografo, ovviamente un enorme maestro, colui il quale ha rivoluzionato il mondo e il linguaggio della fotografia. La sua è stata una rivoluzione totale e definitiva e tutto quello che ha fatto è nuovo e diverso rispetto a quello di altri".
A partire dalla fotografia di moda: "Prima di Oliviero - dice - erano solo belle modelle, dei manichini con vestiti addosso e basta. Lui ha usato la moda per raccontare un’etica, una morale, come faceva con la pubblicità. E' stato davvero rivoluzionario e incommensurabile quello che mi ha dato con il suo lavoro". Nella sua cameretta di adolescente, Benedusi aveva attaccato il poster di una campagna pubblicitaria Jesus Jeans, staccato da un muro della città. "Avevo 15 anni - ricorda - mentre gli altri avevano le immagini dei cantanti io avevo una delle sue prime campagne pubblicitarie, che mi aveva scioccato. Una fotografia semplice, efficace e potente che avevo staccato da una parete e attaccato nella stanza. Questo la dice lunga sul fatto che Oliviero fosse già il mio mito a 15 anni".
Mai avrebbe immaginato di diventare un giorno un suo carissimo amico. "Neanche nei miei sogni più rosei - ammette -. Poi nel tempo, al rispetto e alla conoscenza professionale si è unita quella amicale, anche più forte di quella professionale. Oliviero era una persona eccezione, il contrario di quello che pensa la gente: generoso, coraggioso, simpatico e divertente. Un uomo generoso e aperto alle novità. Se penso mi vengono in mente le infinite risate insieme". Durante il lockdown è stato Benedusi ad aprirgli le porte di Instagram: "Si poteva pensare che gli facesse schifo, perché Oliviero non amava i social - racconta - ma ci si è buttato come un adolescente. Facevamo infinite dirette. Aveva questa bramosia di novità, di essere al passo con i tempi".
Sin dal principio, Benedusi aveva coinvolto Toscani nel progetto 'Ricordi Stampati', ritratti fotografici d'autore per tutti a prezzi popolari. "Lui era nel futuro sempre - ricorda il fotografo - anche una settimana fa al telefono mi parlava di Ricordi Stampati e di come farlo al meglio. Fino a 10 giorni fa stava molto meglio. Era tornato pieno di energia. Io personalmente perdo un faro, un riferimento, una persona alla quale chiedere sempre consiglio. E anche se non lo avessi mai conosciuto direi la stessa cosa. Per chiunque fa il mio mestiere c’è un tempo prima e un tempo dopo Toscani. E' come se morisse Bob Dylan, un musicista che ha cambiato il linguaggio della musica e non a caso era il grande amore di Oliviero. Ecco, così come Bob Dylan ha usato la musica per parlare di politica, etica, e morale, in egual misura Toscani ha usato la fotografia per affrontare questi temi".
Tra i tanti scatti di Toscani ce ne è uno al quale Benedusi è particolarmente legato. "Oliviero parlava sempre del ritratto che fece a Carmelo Bene per Vogue - dice -. Era rivoluzionario rispetto a un'epoca in cui per la rivista si fotografavano modelli con la giacca precisa, perbene. Carmelo Bene arrivò negli studi di Vogue con la patta slacciata, tutto scombinato. Toscani sapeva, da un lato, che era sbagliato e non in linea con quello che si doveva fare ma dall’altro era tutto meravigliosamente perfetto, perché rivoluzionario". (di Federica Mochi)