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Cultura, l’archeologo Zahi Hawass: “Riporterò in Egitto la Stele Di Rosetta”

Intervista a 'La Ragione': "Renderò miserabile la vita del British Museum, del Louvre e del Neues Museum di Berlino. Ci devono restituire i tre grandi reperti sottratti illegalmente: la Stele di Rosetta, lo Zodiaco di Dendera e il busto di Nefertiti"

Zahi Hawass - (Afp)

Ha 77 anni Zahi Hawass, ma l’energia non gli manca. Non è un caso che nel mondo sia noto come un vero Indiana Jones, complice anche il suo solito cappello a falde larghe e la camicia di jeans dal sapore avventuriero. Volto dell’egittologia mondiale da almeno 30 anni, è entrato nelle case di milioni di persone con le sue comparsate nei documentari sull’Antico Egitto. Ma nella vita, prima che divulgatore, è stato ministro delle Antichità e soprattutto archeologo. E ancora oggi lo è. "Sto curando una petizione - sottolinea a 'La Ragione - che ha già raccolto 300 mila firme. Arrivato a un milione renderò miserabile la vita del British Museum, del Louvre e del Neues Museum di Berlino. Ci devono restituire i tre grandi reperti sottratti illegalmente: la Stele di Rosetta, lo Zodiaco di Dendera e il busto di Nefertiti".

"Abbiamo annunciato una grande scoperta a Luxor – racconta a 'La Ragione' dal suo studio a Il Cairo – Il primo monumento reale trovato in zona dopo l’apertura della tomba di Tutankhamon nel 1922". Il suo team, dopo tre anni di scavo, ha infatti rinvenuto 1.500 blocchi intatti provenienti dal tempio di valle della regina Hatshepsut, una delle poche donne-faraone nella storia d’Egitto. Finora era sconosciuto. "Sono decorati con magnifiche scene e riportano i nomi di Hatshepsut e del suo figliastro e successore, Thutmose III, e ci aiutano a riscrivere la storia".

Per decenni, infatti, si era pensato che Thutmose avesse cancellato dalla storia la matrigna, furioso per essersi visto scavalcare da una donna sul trono quando era solo un bambino. Alcuni sostenevano addirittura che l’avesse uccisa. Ma il nuovo tempio racconta un’altra storia: "Dai geroglifici si evince che, una volta salito al trono, il ragazzo restaurò e curò l’edificio, continuando a venerare la regina". A cancellarne la memoria sarebbero stati, secondo Hawass, gli egiziani stessi: inaccettabile, per loro, che il faraone non fosse un uomo. A raccontarlo oggi fa riflettere: non siamo cambiati poi così tanto.

Ma Hawass non si ferma. Tra le tante scoperte ce n’è una che lo accende: "Abbiamo rinvenuto una stele di un certo Djehuty-mes, direttore del palazzo della regina Tetisheri. Vi dico in anteprima che è dedicata al suo amico Nakhtmin, comandante dei carri dell’esercito del faraone". Perché è così importante? Perché segnala che nella zona, spianata all’epoca di Hatshepsut per costruire il suo tempio, sono sepolti membri delle corti degli ultimi sovrani della XVII Dinastia. Quelli che, attorno al 1550 a.C., scacciarono dall’Egitto gli invasori asiatici Hyksos e diedero vita all’età dell’oro, il Nuovo Regno. "Nei prossimi mesi cercherò le tombe di quei tre re, la cui collocazione è ignota anche se le mummie sono già state trovate: Seqenenra Tao, Kamose e Ahmose", confida in anteprima assoluta.

Parla con la sicurezza di chi è abituato a stare davanti a una telecamera. E la sua presenza sui media, negli anni, gli ha attirato non poche critiche. "Non mi interessano – dice sorridendo – i miei colleghi rincorrono sempre le televisioni, io invece non ho mai chiesto una singola intervista: solo gli altri a cercarmi. Ma io vado avanti come un treno: corro e lavoro, non mi guardo indietro. E se ammassassi i libri che ho pubblicato avrei la pila più alta tra tutti quelli che mi attaccano". Ora vuole concentrarsi sul lavoro, sul tour di presentazione della sua autobiografia 'L’Uomo con il Cappello', che lo porterà anche in Italia a settembre. E il suo lavoro, precisa, non è solo la riscoperta di reperti dimenticati: "Sto curando una petizione che ha già raccolto 300 mila firme. Arrivato a un milione renderò miserabile la vita del British Museum, del Louvre e del Neues Museum di Berlino. Ci devono restituire i tre grandi reperti sottratti illegalmente: la Stele di Rosetta, lo Zodiaco di Dendera e il busto di Nefertiti". Niente paura, ci tiene a sottolineare, per il nostro Museo Egizio di Torino: a lui interessano le opere rubate, non tutti gli oggetti portati all’estero.

"Non potete immaginare quanti segreti si celino sotto le sabbie dell’Egitto", confida. Stima che fino ad oggi sia stato scoperto solo il 30% dei monumenti sopravvissuti ai millenni. E lui, che dice di essere molto fortunato, vuole trovarne ancora. "Troverò le tombe dei tre re, ne sono certo», dice. Quando ci dirà se ha scoperto qualcosa di nuovo? «Presto, molto presto. E saranno notizie belle grosse". Ma non vuole dirci quali. Anche in questo sta l’eterno fascino dell’egittologia: il fare misterioso dei suoi protagonisti.

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Cultura

Corridoio Vasariano, registro con supplica per non...

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Il documento è stato recuperato dai carabinieri e consegnato all'Archivio di Stato di Firenze

Corridoio Vasariano, registro con supplica per non abbattere torre

Un antico registro della fine del XVIII secolo, contenente copie di documenti fiorentini dal XV al XVII secolo, proveniente dal fondo "Mannelli Galilei Riccardi", mancante nell'inventario concluso nel 1946, è stato recuperato e consegnato all'Archivio di Stato di Firenze. L'operazione è il frutto delle indagini del Reparto Operativo del Comando Carabinieri per la Tutela del Patrimonio Culturale. Nel registro sono presenti anche due fogli di carta manoscritta in pergamena riportanti un indice dei documenti raccolti pertinenti la famiglia fiorentina Mannelli, comprensivi anche di una supplica rivolta a Cosimo I de' Medici per evitare l'abbattimento della torre di proprietà della stessa famiglia in occasione della costruzione, al suo posto, del Corridoio Vasariano.

Il bene archivistico, che era stato messo in vendita nel marzo 2024 sul mercato dell'antiquariato per un valore di circa 15 mila euro, non era passato inosservato ai carabinieri che svolgono attività preventiva di monitoraggio nel settore del commercio di beni culturali. Coordinati dalla Procura della Repubblica presso il Tribunale di Firenze, i carabinieri hanno condotto un'accurata indagine al fine di ricostruire il percorso del bene dall'epoca della sua collocazione nell'archivio Mannelli fino all'immissione nel mercato antiquario, permettendo il recupero dell'antico volume e la consegna all'Archivio di Stato avvenuta oggi.

L'attività investigativa, condotta in concertazione tra le Sezioni Antiquariato e la nuova istituita Cyber Investigation, entrambe inserite nell'organigramma del Reparto Operativo Carabinieri Tpc, trae origine dal controllo di un sito on line riconducibile a un rivenditore di libri antichi di Firenze che poneva in vendita il volume miscellaneo. Le immagini pubblicate sul web ritraevano la parte frontale del libro con la scritta "Miscellanea" sul cartiglio ovale sormontato dal disegno di un'aquila, oltre a una parziale immagine della costola dalla quale si comprendeva che si trattava di un documento di archivio.

Il prosieguo delle indagini, svolte anche con l'ausilio tecnico-scientifico della Soprintendenza Archivistica e Bibliografica della Toscana e dell'Archivio di Stato di Firenze, ha consentito di acquisire ulteriori indizi per ricondurre il documento al complesso archivistico "Mannelli Galilei Riccardi", donato per intero dal marchese Riccardo all'Archivio di Stato di Firenze con testamento olografo del 1927. Alla luce degli elementi pro batori emersi, si è proceduto al sequestro di iniziativa del bene culturale presso l'esercizio commerciale fiorentino.

Ulteriori approfondimenti hanno permesso di acclarare che il documento era in realtà di proprietà di un privato il quale avendo dato mandato alla vendita al commerciante intermediario, e che non ha saputo giustificare il possesso legittimo né la provenienza. Il volume sequestrato, esaminato dai funzionari della Soprintendenza Archivistica Toscana e dell'Archivio di Stato di Firenze, è risultato essere coerente e parte integrante, come I volume, con altri di una serie di documenti pertinenti il fondo.

Il registro, databile nel suo complesso alla fine del XVIII secolo, contiene copie di documenti dal XV al XVII secolo, presenti in originale in altre varie unità archivistiche del fondo "Mannelli Galilei Riccardi", ed è costituito da carte in pergamena vergate da un'unica mano, con piccoli decori a penna bruna ed elementi fitomorfi per le lettere iniziali. La documentazione si presenta accuratamente rilegata da coperta in piena pelle marocchino color tabacco, con cornice in tripla filettatura a secco su entrambi i piatti, fregi floreali agli angoli e dorature come la filettatura interna.

La consegna dell'antico registro permetterà il ricollocamento del volume nel fondo d'origine. Il documento sequestrato, qualora fosse stato acquistato da collezionisti italiani o esteri appassionati del settore, per le peculiari caratteristiche di rarità ed epoca storica di riferimento, sarebbe stato valutato per un valore commerciale certamente superiore rispetto a quello indicato per la vendita.

"Esprimo grande soddisfazione per l'importante recupero del registro antico appartenente al fondo 'Mannelli Galilei Riccardi' che è stato consegnato all'Archivio di Stato di Firenze e, simbolicamente, all'intera cittadinanza fiorentina", ha dichiarato il direttore generale Archivi del Ministero della Cultura, Antonio Tarasco. "Il registro non rappresenta solo un recupero materiale, ma un ritorno alle radici storiche della nostra collettività. Ringrazio i Carabinieri per la Tutela del Patrimonio Culturale e la Procura della Repubblica presso il Tribunale di Firenze la cui eccellente operazione, coadiuvata dalla Soprintendenza Archivistica e Bibliografica della Toscana e dall'Archivio di Stato di Firenze, ha consentito questo importante risultato".

Conclude la Soprintendenza archivistica e bibliografica della Toscana e l'Archivio di Stato di Firenze: "La collaborazione tra la Soprintendenza archivistica e bibliografica della Toscana e l'Archivio di Stato di Firenze è stata l'occasione per mettere alla prova un metodo di indagine consolidato, come la consegna del documento dell'archivio Mannelli Galilei Riccardi dimostra. L'esame puntuale dei caratteri estrinseci del pezzo, insieme alla ricostruzione della tradizione dell'archivio di origine condotta in stretta sinergia, restituiscono ora la fisionomia di un complesso archivistico servito da un inventario in cui non erano ravvisabili lacune. Il ritorno al fondo di origine del registro recuperato dal Nucleo Tutela dei Carabinieri stimolerà anche nuove riflessioni sul contenuto dell'intero archivio, a iniziare dalla versione su supporto membranaceo in esso contenuto della supplica con la quale ebbe origine la perimetrazione della torre dei Mannelli per costruire il Corridoio Vasariano. L'attuale cerimonia inaugura quindi un nuovo filone di studi su un brano importante di storia della città e sarà l'inizio di un nuovo percorso di trasmissione della sua memoria".

(di Paolo Martini)

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Cultura

Neil Gaiman respinge le accuse: “Mai fatto sesso non...

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La dichiarazione dello scrittore dopo l'inchiesta del 'New York Magazine'

Neil Gaiman - Agenzia Fotogramma / Ipa

"Non ho mai avuto rapporti sessuali non consensuali con nessuno. Mai", così lo scrittore, sceneggiatore e fumettista britannico Neil Gaiman, 64 anni, autore bestseller, ha negato tutte le accuse mosse contro di lui dopo che otto donne lo hanno tirato in ballo per cattiva condotta sessuale in un articolo del 'New York Magazine'.

Nella dichiarazione completa pubblicata martedì sul suo sito web, Gaiman ha detto di essersi astenuto dal parlare pubblicamente delle accuse "per rispetto delle persone che stavano condividendo le loro storie e per il desiderio di non attirare ancora di più l'attenzione su un sacco di disinformazione. Ora ho raggiunto il punto in cui sento di dover dire qualcosa". Pur riconoscendo che “ci sono momenti che riconosco a metà e momenti che non riconosco affatto" nell'articolo del 'New York Magazine', l'autore dei romanzi 'Buona Apocalisse a tutti!', 'Nessun dove', 'Stardust', 'American Gods' e 'Il giorno che scambiai mio padre con due pesci rossi' ha negato di aver commesso violenze sessuali, scrivendo: “Sono lontano dall'essere una persona perfetta, ma non ho mai praticato attività sessuale non consensuale con nessuno. Mai".

Pur continuando a ritenere che le sue relazioni con tutte le donne fossero "rapporti sessuali del tutto consensuali" sulla base delle comunicazioni che avevano avuto con lui all'epoca, Gaiman ha detto di aver trascorso mesi a riflettere su come si era comportato in quelle occasioni. "Ero emotivamente non disponibile mentre ero sessualmente disponibile, concentrato su me stesso e non così premuroso come avrei potuto o dovuto essere", ha scritto. "Allo stesso tempo, riflettendo sul mio passato e rivedendo tutto ciò che è realmente accaduto rispetto a ciò che viene affermato non accetto che ci sia stato alcun abuso. Ripeto, non ho mai avuto rapporti sessuali non consensuali con nessuno". Lo scrittore ha detto che alcune delle "orribili" accuse "semplicemente non sono mai accadute" e che altre "sono state così distorte da ciò che è realmente accaduto che non hanno alcun rapporto con la realtà". "Sono pronto ad assumermi la responsabilità di ogni mio errore - ha osservato Gaiman - Non sono disposto a voltare le spalle alla verità, e non posso accettare di essere descritto come qualcuno che non sono, e non posso e non voglio ammettere di aver fatto cose che non ho fatto".

Le accuse

Nel luglio scorso un'inchiesta del podcast 'Tortoise Media' aveva riportato le accuse di due donne di violenza sessuale nei confronti di Gaiman. Una delle aveva affermato che lo scrittore aveva compiuto atti sessuali su di lei senza il suo consenso quando aveva 22 anni e lavorava come baby sitter per la famiglia dell'autore in Nuova Zelanda. All'epoca Gaiman aveva negato con forza qualsiasi illecito, affermando che tutti i suoi rapporti sessuali erano consensuali.

Dopo la pubblicazione del podcast, una donna che aveva lavorato come badante di Gaiman a nord di New York ha affermato che lui le aveva fatto pressioni affinché facesse sesso con lui in cambio della possibilità di vivere nella sua proprietà, facendole poi firmare un accordo di non divulgazione in cambio di un pagamento di 275.000 dollari. All'epoca Gaiman disse che la sua relazione con lei era stata del tutto consensuale. Il 'New York Magazine' ha riportato questa settimana che altre donne hanno mosso accuse contro Gaiman, tra cui quelle di aggressione sessuale, cattiva condotta sessuale e coercizione. La rivista ha intervistato otto donne, sei in via ufficiale, tra cui quattro donne che hanno partecipato alla serie di podcast Tortoise Media.

Tutte le donne che hanno parlato con il 'New York Magazine' hanno dichiarato di aver avuto rapporti sessuali consensuali con l'autore, ma che lui preferiva il sesso violento e pratiche erotiche di dominazione a cui non sempre avevano acconsentito in anticipo. Le due donne che avevano lavorato per lui hanno detto di essersi sentite costrette a vivere una relazione, dato che lavoravano per Gaiman e vivevano nella sua casa.

I rappresentanti di Gaiman avevano precedentemente dichiarato a 'Tortoise Media' che "la degradazione sessuale, il bondage, la dominazione, il sadismo e il masochismo possono non piacere a tutti, ma tra adulti consenzienti il Bdsm è lecito". Nel gennaio 2023 è stata presentata alla polizia neozelandese una denuncia che accusava Gaiman di violenza sessuale, ma alla fine l'indagine è stata archiviata.

Tre adattamenti delle opere di Gaiman sospesi o cancellati

Da quando le accuse sono venute alla luce, tre adattamenti delle opere di Gaiman sono stati cancellati o la loro produzione è stata sospesa, tra cui 'Dead Boy Detectives' di Netflix, la terza e ultima stagione del dramma di Amazon 'Good Omens' e un adattamento Disney di 'The Graveyard Book', che era in fase di sviluppo. Nessuno dei servizi di streaming ha confermato che queste decisioni sono state prese a causa delle accuse, ma Deadline ha riferito che Gaiman si è tirato indietro dal suo coinvolgimento in 'Good Omens' a causa delle accuse. (di Paolo Martini)

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Cultura

Ritanna Armeni racconta Via Rasella: “I valori della...

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Esce il nuovo libro della giornalista: "Descrivo quegli eventi colpita dal fatto che in quella strada non ci sia una lapide e nulla che ricordi quei giovani partigiani"

Ritanna Armeni racconta Via Rasella:

L'azione di v ia Rasella del 23 marzo del 1944 non è soltanto una pagina di storia imprescindibile nella lotta della Resistenza. I militanti che la misero a segno, ragazzi della classe intellettuale, hanno molto da insegnare ancora oggi. Non enunciarono semplicemente i valori di libertà in cui credevano ma li incarnarono mettendo a repentaglio la loro vita. La giornalista e scrittrice Ritanna Armeni ritorna su uno degli episodi più forti, significativi e tragici dell'occupazione dei tedeschi durante la Seconda guerra mondiale. Nel libro 'A Roma non ci sono le montagne', pubblicato da Ponte alle Grazie, ripercorre quelle ore descrivendole sotto forma di un romanzo da leggere tutto d'un fiato. Mette in luce le vicende personali, i sogni e le speranze dei protagonisti: piccoli tasselli che costituiscono un mosaico composito e variopinto.

Conversando con l'AdnKronos, Armeni sottolinea che il monito più prezioso che l'azione di via Rasella ci ha consegnato è che "i valori della libertà vanno praticati. Quei giovani - che provenivano da una classe sociale non bassa, dal momento che non erano operai ma studenti e professori universitari, avevano degli ideali che praticavano adeguandosi ai tempi che vivevano. Rischiavano la vita tutti i giorni. La loro testimonianza ha anche un grande significato morale per il presente. Noi spesso enunciamo i principi di libertà e di democrazia, ma poi in qualche modo ci adeguiamo alla realtà. A me quello che piace di questi ragazzi è il loro ardore giovanile, un ardore che non fa mai dimenticare che, accanto al principio, c'è l'azione". Certo, puntualizza Armeni, "non sto dicendo che oggi dobbiamo andare a mettere bombe, perché sono una pacifista. Però i valori vanno veramente praticati e ciascuno di noi sa come si può fare. Eravamo in una Roma occupata e sofferente e bisognava dare un messaggio in una situazione di guerra. Ora avremmo tanti modi per fare vivere i nostri messaggi".

Perché, però, concentrare l'attenzione su quei giovani, sulle loro vicende personali? Perché descrivere la grande Storia a partire dalle tante piccole storie che la compongono? "Racconto l'episodio di via Rasella - risponde l'autrice - perché sono rimasta colpita dal fatto che in quella strada non ci sia una lapide e nulla che ricordi il gruppo di partigiani che realizzò l'attacco. Persone eroiche, in qualche modo, perché rischiarono la vita per fare quell'azione contro i tedeschi". Motivo per cui, spiega la giornalista, "ho voluto restituire il loro valore, il loro impegno, la loro abnegazione, la loro passione per la libertà. E' di questo che, in fondo, si tratta. Ho quindi descritto nuovamente i fatti di via Rasella dal punto di vista delle persone che hanno compiuto questo atto".

Un taglio narrativo grazie al quale Armeni ha tratteggiato le esistenze di coloro che misero a segno l'impresa rappresentando "chi erano, quello che avevano fatto prima, i loro sentimenti, le loro letture, i loro amori". La narrazione si sviluppa nell'arco temporale di poche ore ed è scandita da un lento conto alla rovescia che scivola fino al momento fatale. Un espediente che aumenta, mano a mano, il pathos e che mette in luce tutte le fasi dell'evento in modo analitico e avvincente.

Il volume si intitola, non a caso, 'A Roma non ci sono le montagne'. Una scelta che ha una motivazione particolare: "Nelle montagne - argomenta Armeni - il nemico si avvistava prima, ci si poteva nascondere meglio e si creava maggiore solidarietà tra le persone. A Roma, invece, si era esposti in ogni momento al nemico, al massimo ci si rifugiava in un portone o in un convento. Occorreva quindi una capacità maggiore di nascondersi. Soprattutto era molto importante il fatto di non essere traditi. A Roma chiunque ti poteva denunciare, mentre in montagna si era in qualche modo più protetti". In ogni caso, proprio Roma fu teatro "della più importante azione partigiana dell'Europa occupata dal nazismo. In nessuna capitale europea c'è stata una mossa così grande, né a Parigi, né a Oslo, né a Bruxelles. Quello di Rasella rimane l'atto partigiano più importante dell'Europa occupata dalla Wehrmacht".

I fatti di via Rasella, inoltre, hanno fatto salire agli onori delle cronache ancor più rispetto al passato il ruolo delle donne. Le combattenti, segnala Armeni, furono in grado di "rompere un certo tipo di stereotipo, un certo modo di vedere la partigiana. Prima era una staffetta subalterna che, a costo della vita, trasportava le armi obbedendo alla logica della guerra gestita dagli uomini. Le donne di via Rasella, invece, fecero le cose per conto loro: Carla Capponi se decideva di far esplodere un camion di armi tedesche lo faceva. Idem Maria Teresa Regard che, con una bomba nella valigia, andò alla stazione Termini. La mise in un bar dove c'erano i tedeschi e la fece esplodere. L'altra cosa che mi ha colpito molto è la provenienza sociale di quei ragazzi: Carlo Salinari, che nel racconto è Spartaco, il nome che assunse in clandestinità, era un grandissimo intellettuale. E' stato in seguito anche preside della facoltà di Lettere dell'Università di Roma; Mario Fiorentini è diventato uno dei più famosi matematici a livello mondiale. A Roma la Resistenza la fecero gli intellettuali anche perché non c'era la classe operaia", conclude Armeni. di Carlo Roma

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